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    Un bue e un asino cantano per celebrare la nascita di un re celeste


    San Francesco di Sales, maestro di vita spirituale per i giovani /10

    Pensieri di Francesco di Sales sopra la musica e il canto.

    Wim Collin

    (NPG 2023-02-71)

     


    Papa Benedetto aveva una grande passione per la bellezza, grazie alla quale non ha mai mancato di spiegare, in molteplici occasioni, il significato profondo di alcune arti in generale, nonché della musica. In occasione del quinto anniversario del suo pontificato, ha detto quanto segue:
    “La musica è capace di aprire le menti e i cuori alla dimensione dello spirito e conduce le persone ad alzare lo sguardo verso l’Alto, ad aprirsi al Bene e al Bello assoluti, che hanno la sorgente ultima in Dio. La festosità del canto e della musica sono altresì un costante invito per i credenti e per tutti gli uomini di buona volontà ad impegnarsi per dare all’umanità un avvenire ricco di speranza”.[1]
    La musica, i dipinti, il teatro, la letteratura e l’arte non solo contribuiscono alla bellezza del mondo in cui abitiamo, ma elevano l’uomo tanto da permettergli di confrontarsi con quelle arti in un più elevato stadio dell’esistenza, affinché l’uomo si apra a ciò che lo trascende e tenda verso il divino.

    L’amore per la musica

    Studiando le opere di Francesco di Sales, è possibile notare come talvolta si parli di arte, musica o canto. La musica porta gioia e piacere, anche a chi non sente bene, scrive san Francesco in un passo.[2] Francesco ama la musica, lo si evince tra le righe delle lettere che scrive. Ad esempio, Quando Rodolphe des Oches, il parroco di Talloirs, un piccolo villaggio sulle rive del lago di Annecy, chiede al suo vescovo se i bambini del villaggio possano cantare nella chiesa del paese durante il periodo natalizio, Francesco acconsente. Tale risposta mostra non solo la sua conoscenza pastorale-teologica e biblica, ma anche la sua personale esperienza.
    Mi avete chiesto se sarebbe possibile per le ragazze cantare in chiesa i canti natalizi che sono stati insegnati o altri canti spirituali. Rispondo positivamente perché si fa nelle chiese di Roma e in tutta Italia, e io stesso l’ho permesso in questa città [Annecy] e a La Roche. [...] So cosa dice Paolo: “Mulier in ecclesia taceat”; ma Paolo in questo caso parla apertamente di “apprendimento” e non di inni [I Cor 14,34-35].[3]
    Francesco offre così, immediatamente, una soluzione al duplice problema presentatogli dal parroco: che le cantate di Natale possano essere intonate in chiesa e che questo sia fatto da ragazze. Probabilmente, quando Francesco si trovava in visita ad limina a Roma, durante il periodo natalizio degli anni 1597/1598, in una delle tante chiese barocche della città eterna, aveva potuto sentire i canti celestiali ed era rimasto incantato dalla loro bellezza. Nella famosa lettera del 1604 a Jeanne de Chantal (Tutto per amore, niente per forza), afferma di amare gli inni ecclesiali, “ma solo se sono cantati con passione”.[4] Incoraggia anche la badessa dell’abbazia di Puits-d’Orbe a permettere alle monache di cantare canzoni quando hanno ricreazione. Una volta al giorno, nel tardo pomeriggio, le suore si riunivano in quella che veniva chiamata “ricreazione”. Il momento della giornata in cui le attività quotidiane erano terminate e si poteva riposare o rilassarsi per un po’. San Francesco scrisse che se avessero potuto, sarebbe stato bene cantare canzoni spirituali francesi.[5]

    Alcune riflessioni a margine

    Quando Francesco di Sales scrive della musica e del canto, ci sono alcune importanti osservazioni che devono essere fatte. La musica, come la caccia, il suonare strumenti musicali o altre forme di svago, possono essere un bene. Alludendo al fatto che il rilassamento è un bene per l’uomo, scrive nell’Introduzione alla vita devota: “Ogni tanto è necessario rilassare lo spirito e il corpo con qualche divertimento”.[6] Ma tutto ha dei limiti: non è tutto opportuno perseverare troppo, o giocare troppo a carte, e neppure dedicarsi troppo a cantare e fare musica.[7]
    Quando, ad esempio, fare musica diventa un’ossessione, o il cantante vuole essere troppo perfetto nell’esecuzione della partitura, si sbaglia. L’uomo deve conoscere i propri limiti. La voce del cantante “diventa rauca praticando un mottetto; [...] e quando arriva il momento dell’esecuzione, non riesce più a cantare”.[8] I perfezionisti sono “come i soldati che, per prepararsi alla battaglia, fanno così tanti tornei tra di loro che, quando finalmente devono uscire a combattere effettivamente, sono troppo stanchi”.[9] Alle Visitandine di Lione, in un contesto simile dice: “Non andremo in cielo perché abbiamo cantato bene durante la preghiera, ma ci andremo perché abbiamo ascoltato la sua volontà. Dio non ci chiederà conto delle tante volte che abbiamo pregato, ma piuttosto della misura in cui ci siamo sottomessi alla sua volontà”.[10] In questo modo, mette un po’ in prospettiva il comportamento perfezionista delle suore.
    Il santo vescovo di Ginevra non ama molto la musica popolare. La musica e il canto, come appare negli scritti di Francesco, servono a cantare le lodi di Dio;[11] in cielo, del resto, non c’è altro ad attendere l’uomo.[12] La musica e le canzoni popolari che risuonavano nei mercati e nelle piazze, nelle commedie o nei teatri di marionette spesso non avevano un contenuto così pio. Le canzoni popolari non raccontavano solo le avventure meravigliose dei crociati o la vita di nobili eroi, spesso raccontavano anche la vita quotidiana in cui si cantava dell’amore, si alludeva alla sessualità o si prendeva in giro tutti in modo satirico. Si trattava di canti che avevano a volte un tono ambiguo o un significato metaforico. Nel sermone tenuto in occasione della festa di Sant’Agostino il 28 agosto 1621, egli dice ai suoi ascoltatori: “Perché come sapete, e se non lo sapete, lo imparerete, ci sono sempre in tutte le città, tra la gente comune, alcuni canti, che certamente dovrebbero essere disprezzati piuttosto che ascoltati”.[13] A un certo punto, Madame de la Croix d’Autherin chiede a Francesco un consiglio per una sua amica che viene ridicolizzata in una di quelle canzoni satiriche. “Come potrebbe rispondere al meglio?”. E il vescovo scrive:
    Lasciate che questa brava signora mi creda! Che non faccia causa a queste canzoni o ai loro cantanti, perché questo non farebbe che moltiplicare il male invece di sopprimerlo. Una donna d’onore non può mai perderlo; nessuno crede a quei noti calunniatori o cantanti: sono considerati dei veri e propri cattivi. Il modo migliore per rimediare al disordine che provocano è disprezzare le loro lingue, che sono loro strumento, e rispondere loro con santa modestia e compassione.[14]
    La musica dovrebbe mirare a rendere tutti felici, non ad oscurare qualcuno o ad accusarlo in modo calunnioso o malvagio. Quindi Francesco non propone di combattere il male con il male, ma di rimanere calmi e tranquilli, di avere compassione per i calunniatori. In questo modo, il male scomparirà in modo naturale.
    No, la musica non serve a confondere l’uomo, a offenderlo o a renderlo triste. La tristezza e il dolore, l’ansia e la depressione possono essere dissipati con il canto e la musica. Quando qualcuno inizia a cantare, con voce allegra e forte, i pensieri oscuri scompaiono e si inizia a pensare ad altre cose.[15] La buona musica emoziona le persone. “Guarda, per esempio, un uomo preso e affascinato dalla dolcezza di una musica armoniosa [...] lo vorresti staccare, e non ci riesci; qualunque cosa accada nella casa sua, non riesci a strapparlo di là, dimentica persino di mangiare e di bere!”, scrive Francesco nel Trattato dell’amore di Dio.[16]

    Musica e amore

    Naturalmente, Francesco di Sales non fa riferimento solo a questioni mondane quando parla di cantare e fare musica. Usa questi termini anche quando vuole parlare di questioni spirituali. Innanzitutto, ci sono innumerevoli volte, spesso attraverso piccole frasi, in cui scrive che l’uomo deve cantare la lode di Dio o la sua grandezza, perché nel canto si serve Dio, lo si onora e lo si glorifica come si deve. Anche i santi in cielo, scrive, cantano costantemente le lodi di Dio.[17]
    Il canto o la musica possono contribuire al benessere spirituale del credente. Il canto è un rimedio per superare l’aridità spirituale. A Madame de Rye, una monaca dell’abbazia di Baume Les Dames, consiglia di cantare canzoni religiosi, perché questo le darebbe un nuovo respiro e servirebbe a lodare Dio allo stesso tempo. Il canto la aiuterà a superare l’amarezza, la malinconia e la desolazione della sua aridità spirituale.[18]
    Francesco utilizza anche il canto o la musica come immagine, in modo simbolico o allegorico, per parlare, ad esempio, del rapporto tra Dio e l’uomo, dei santi e della loro vita spirituale, della preghiera.
    Quando scrive al fratello di Jeanne de Chantal, monsignor André Frémyot, arcivescovo di Bourges, lo incoraggia a salire un po’ più spesso sul pulpito, dandogli consigli su come spiegare il Vangelo alle persone: “Nulla è impossibile all’Amore; io non sono che un predicatore gracile e maldestro, ma devo darvi il mio parere su un buon modo di predicare”.[19] E se il vescovo di Bourges volesse parlare della vita dei santi, Francesco scrive quanto segue:
    ... dobbiamo usarle [le vite dei santi] perché sono gli strumenti con cui Dio ci ha comunicato il vero significato della sua Parola [il Vangelo]. [...] Mio Dio, non c’è niente di così utile e niente di così bello come la vita dei santi. Che cos’è la vita dei santi se non il Vangelo messo in pratica? Così come non c’è differenza tra il Vangelo scritto e la vita dei santi, non c’è differenza tra le note scritte sullo spartito e la musica cantata.[20]
    Quindi il Vangelo agli occhi di Francesco di Sales è lo spartito, l’esecuzione dello spartito è la vita dei santi. La vita di un vescovo è caratterizzata non solo dalle prediche, ma anche dal suo “essere con il popolo”. Questo atteggiamento è descritto in modo mirabile al suo ritorno da un viaggio a Milano nel 1613. Nell’omelia in occasione della Pentecoste, afferma:
    Quando gli uccelli non hanno piccoli nel nido, volano di albero in albero, fermandosi qua e là e cantando meravigliosamente ora qui, ora là. Ma se hanno un nido con dei piccoli o sono in cova, non cantano quasi da nessuna parte se non sull’albero dove si trova il nido. Quando lasciano il nido, molto raramente, è per fare immediatamente ritorno. Il ricordo dei giovani che hanno lasciato li fa tornare il prima possibile e difficilmente possono cantare altrove. L’amore [del Padre] per i figli è ammirevole.[21]
    La stessa considerazione può essere fatta quando si parla di Pentecoste. L’uomo, attraverso la restaurazione dell’alleanza con Dio in Gesù, è tornato ad essere figlio di Dio. L’immagine che Francesco usa nella sua omelia insegna che Dio non lascerà più l’uomo, che Egli, sotto forma di Spirito Santo, viene all’uomo e rimane con lui.
    Una delle più belle immagini simboliche utilizzate da Francesco di Sales si trova nel Trattato. Il “musicista sordo” [22] è l’immagine più bella, ma anche una delle riflessioni teologiche e spirituali più difficili da capire e da mettere in pratica. Uno dei più grandi musicisti del mondo, che suonava perfettamente il liuto, dopo un po’ di tempo divenne così sordo da perdere tutto l’udito. Ma non smise di cantare, né di suonare il suo bellissimo liuto. Dopotutto, la sua sordità non gli tolse la grande abilità che si era costruito nel tempo. Ma poiché non provava alcun piacere nel cantare e nel sentire il suono del suo liuto, non cantava né suonava più per se stesso, se non per soddisfare un principe di cui era suddito fin dalla nascita. Il principe che sentiva la musica era più che soddisfatto del lavoro del musicista, e ciò di conseguenza ha soddisfatto anche quest’ultimo. Ciò significa che il musicista dà semplicemente il meglio di sé, non per se stesso, ma per il bene degli altri. Il musicista simboleggia l’uomo, il principe simboleggia Dio. Il credente loda Dio e con questa lode esprime l’amore per il suo creatore. Dio risponde a queste lode mostrando al credente la sua vicinanza, la sua misericordia e il suo amore.
    Francesco, tuttavia, chiede al lettore del Trattato di fare un passo in più. A volte capitava che il principe, per mettere alla prova l’amore di questo musicista, gli ordinasse di suonare. Ma quando il musicista iniziava, il principe lasciava immediatamente la stanza per andare a caccia. Il musicista però continuava tranquillamente. Il desiderio di adempiere alla volontà del suo padrone lo spingeva a suonare come se il principe fosse stato presente in prima persona. Non c’era nessuno che ascoltasse la sua bella musica, ed egli stesso non riusciva a sentirla, eppure continuava. Francesco di Sales dice in realtà che l’uomo deve amare “per niente”, questo è il grado più puro di “santa indifferenza”. Quindi, anche se Dio non ricambiasse il nostro amore, dovremmo continuare ad amarlo. Fortunatamente, possiamo essere certi che Dio ama l’uomo anche se l’uomo non gli presta alcuna attenzione. Dio, infatti, non lo abbandona mai.

    In fine

    Verso la fine del Trattato, Francesco descrive l’uomo nella sua essenza più profonda. Alludendo al Cantico d’amore, descrive come l’uomo non possa e non voglia fare altro che cantare lodi di Dio.
    Finché o Dio, vedo il Tuo dolce volto che manifesta di gradire il canto del mio amore, quanto sono consolato! Infatti, c’è un piacere uguale a quello di piacere al proprio Dio! Ma quando distogli i tuoi occhi da me e io non percepisco più il grato favore della compiacenza che trovavi nel mio canto, o vero Dio, quanto è afflitta la mia anima! Tuttavia, non cessa di amarti fedelmente e di cantare senza interruzione le lodi della tua dilezione, non perché alcun piacere che vi trovi, perché non ve ne trova alcuno, ma canta per il puro amore della tua volontà.[23]
    Tuttavia, non dobbiamo preoccuparci se queste parole suonano difficili o strane alle nostre orecchie e non comprendiamo il linguaggio poetico che Francesco usa per parlare dell’amore di e per Dio. In tutta la preghiera, come nel paragone con il musicista sordo, riecheggia quello che Francesco considera l’obiettivo più alto della vita: l’abbandono totale a Dio, ossia la “santa indifferenza”. Questo è l’obiettivo della vita, è la fine di un lungo cammino, che ognuno deve percorrere secondo il proprio ritmo. Ognuno a modo suo, con le proprie capacità, può raggiungere questa unità con Dio. E non necessariamente con parole poetiche o difficili. Infatti scrive Francesco di Sales, durante la Notte Santa del Natale, anche il bue e l’asino nella stalla di Betlemme cantano le lodi del neonato Gesù. [24]

     

    NOTE 

    [1] Benedetto XVI, Concerto offerto dal Presidente della Repubblica Italiana in occasione del v anniversario di pontificato (29 04 2010). https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2010/april/documents/hf_ben-xvi_spe_20100429_concerto.html [consultato 25 novembre 2022].
    [2] Cfr. XV. Pour la fête de la Toussaint, OEA IX, Sermons: Vol III, 121; TAD VII, 7.
    [3] Lettre CCCXXVI, OEA XIII, Lettres: Vol III, 135-136. Infatti, Paolo scrive nella seconda lettera ai cristiani di Corinto che le donne devono tacere nelle riunioni e, se vogliono imparare qualcosa, devono chiederlo ai loro mariti a casa. [Per fortuna i tempi sono cambiati!]
    [4] Lettre CCXXXIV, OEA XII, Lettres: Vol II, 359.
    [5] Lettre CCXCII, OEA XIII, Lettres: Vol III, 63.
    [6] IVD III,31.
    [7] Cfr. IVD III,31.
    [8] Cfr. Lettre CLXXIV, OEA XII, Lettres: Vol II, 168.
    [9] Lettre CLXXIV, OEA XII, Lettres: Vol II, 168; cfr. TAD IX, 9.
    [10] E. Recueil des questions, OEA VI, Les vrays entretiens spirituels, 442.
    [11] VII Sermon pour le troisième dimanche de carême, OEA IX, Sermons Vol III, 49.
    [12] XVI Sermon pour la fȇte de la Présentation, OEA IX, Sermons Vol III, 138.
    [13] XLIX Sermon pour la fête de saint Augustin, OEA X, Sermons: Vol IV, 100.
    [14] Lettre MXCIII, OEA XVI, Lettres: Vol VII, 14-15.
    [15] IVD IV, 12; Cfr. X. Quelques avis pour combattre la tristesse, OE XXVI, Opuscules: Vol V, 231.
    [16] TAD VII, 3.
    [17] Cfr. LI. Sermon pour la fête de la Toussaint, OEA X, Sermons: Vol IV, 139-140.
    [18] Lettre CCCXV, OEA XIII, Lettres: Vol III, 112.
    [19] Lettre CCXXIX, OEA XII, Lettres: Vol II, 299.
    [20] Lettre CCXXIX, OEA XII, Lettres: Vol II, 305-306.
    [21] XCIII Plan d’un sermon pour la fête de la Pentecôte, OEA VIII, Sermons: Vol II, 119.
    [22] Cfr. TAD, IX, 9. “Francesco di Sales trova questa immagine simbolica molto appropriata per Giovanna di Chantal, che stava lentamente diventando sorda, e ne scrive in una delle lettere a lei.”. Lettre CMXLVII, OEA XVI, Lettres: Vol VI, 128-129.
    [23] TAD IX, 11.
    [24] XVII Sermon pour la vielle de l’èpiphanie, OEA IX, Sermons: Vol III, 142.


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