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    Con i giovani, per una conversione pastorale


    Europa, giovani e pastorale giovanile /1

    Intervista a père Vincent Breynaert ccn *

    A cura di Renato Cursi **

    (NPG 2022-01-53)

     


    A pochi anni dalla celebrazione della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi dedicata nel 2018 a "I giovani, la fede e il discernimento vocazionale", e dalla promulgazione dell'esortazione apostolica
    Christus Vivit di papa Francesco, la pastorale giovanile è chiamata, da una parte, a ricevere e impiegare i frutti di questo promettente cammino e, d'altra parte, ad unirsi a tutta la Chiesa nella preparazione della prossima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2023), intitolata "Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione". In questa prospettiva, la pastorale giovanile dovrebbe essere già allenata per la nuova sfida che ci attende. Sarà importante allora coinvolgersi in un ascolto stereofonico e intergenerazionale di tutta la Chiesa, chiamata a sua volta a non pensarsi come un gruppo delimitato ermeticamente da confini confessionali o nazionali. Chiamati ad essere sale, lievito e luce nel mondo, ma non del mondo, non possiamo pertanto ignorare il contributo che questa conversione pastorale può offrire anche intorno a noi, nelle società che abitiamo. Sempre più, in questa regione del mondo che chiamiamo Europa, le nuove generazioni ci sfidano a pensare un presente e un futuro comuni, per essere espressione di una visione unitaria capace di ispirare l'umanità tutta, senza però più pretese di stampo coloniale. Nella lettera enciclica Fratelli Tutti, papa Francesco ricorda infatti che "grazie all’interscambio regionale, a partire dal quale i Paesi più deboli si aprono al mondo intero, è possibile che l’universalità non dissolva le particolarità. Un’adeguata e autentica apertura al mondo presuppone la capacità di aprirsi al vicino, in una famiglia di nazioni."
    La presente Rubrica si propone, dunque, di raccogliere interviste rivolte a testimoni privilegiati della pastorale giovanile di Paesi europei differenti, interrogandoli tanto sui frutti del recente cammino sinodale dedicato ai giovani, quanto sul coinvolgimento di questi ultimi nella preparazione del nuovo cammino ecclesiale. Allo stesso tempo, ogni intervista raccolta in questa Rubrica si concluderà chiedendo a questi testimoni di aiutarci a riflettere sul contributo che la pastorale giovanile può offrire al ripensamento della casa comune europea, oggetto in questi mesi di un esercizio partecipativo continentale intitolato, significativamente, "Conferenza sul Futuro dell'Europa".



    1. Quali frutti hanno portato il Sinodo dei Vescovi sui Giovani, la Fede e il Discernimento Vocazionale e l'esortazione apostolica Christus Vivit alla pastorale giovanile in Francia?

    Il primo frutto evidente è stato quello di rimettere i giovani al centro delle nostre preoccupazioni e di ricordarci l'indispensabile contributo dei giovani alla vita della Chiesa e del mondo.
    Il secondo frutto è stato quello di farci lavorare insieme. In primis, durante la preparazione (in tutte le diocesi, comunità e movimenti), poi durante la ricezione dei due documenti: il Documento Finale del Sinodo e poi l'Esortazione Apostolica Christus Vivit. Nelle equipe di pastorale giovanile si è lavorato molto su questi due testi, sia a livello nazionale che nei vari gruppi diocesani. Sulla base degli scritti del Sinodo, abbiamo determinato dodici campi di conversione pastorale per la Francia, di cui potrei parlare più tardi: questi percorsi alimentano oggi il nostro rinnovamento pastorale.
    Il terzo frutto è un cambiamento di atteggiamento nel nostro modo di lavorare non solo “per” i giovani, ma soprattutto “con” i giovani, basato sulle tre parole che Papa Francesco ha sottolineato nella sua omelia alla fine del Sinodo: ascolto, prossimità, testimonianza.
    L'ascolto prima, quello che il Papa chiama "l'apostolato dell'orecchio". Sento che stiamo ascoltando di più le nuove generazioni, siamo attenti a dare voce e a rispettare il punto in cui si trova ciascuno.
    In secondo luogo, la prossimità. In una società più secolarizzata, le storie sono più varie, i percorsi diversi... Il caso tradizionale in cui un giovane è cresciuto in una famiglia cattolica e ha percorso le diverse tappe della formazione cristiana, il modello che ha segnato generazioni di giovani francesi, non esiste più. Stiamo imparando ad essere vicini alle storie particolari, ai cammini personali.
    Infine: la forza della testimonianza. È uno dei frutti di questo Sinodo quello di dare più spazio nei nostri discorsi alla forza della testimonianza personale dei giovani.
    Il quarto frutto per noi è la creazione di processi missionari. Questo è ciò che il magistero di Francesco ci invita a fare (e anche il bellissimo documento di Aparecida). Siamo attenti alla formazione del discepolo missionario. E così uno dei frutti di tutto questo processo sinodale è che stiamo lavorando molto sull'articolazione dei "cinque elementi essenziali" evidenziati dalla Parola di Dio (preghiera, formazione, servizio, fraternità, evangelizzazione) e sull'impostazione dei processi che permetteranno a un giovane di diventare veramente questo discepolo di Cristo e anche questo missionario inviato da Cristo. Quindi lavoriamo di più su questi processi, ci lavoriamo con i giovani. Si inizia stabilendo la nostra visione per le nostre piccole cappellanie, le nostre parrocchie, e poi vedere quali sono i percorsi, qual è la strada che dobbiamo seguire per realizzare questa visione.
    Infine, c'è anche un frutto nel lavoro con i vescovi. Sentiamo che i vescovi sono più attenti alla pastorale giovanile, con il desiderio di dedicarle più energie. Questo tema è stato sollevato all'Assemblea Plenaria dei Vescovi nel 2019 e di nuovo nel 2020. Quindi c'è un lavoro reale e molto interessante in corso, in un approccio autenticamente missionario.

    Le sfide della pastorale giovanile

    2. Quali sono le sfide che la pastorale giovanile deve affrontare oggi in Francia?

    Il tessuto ecclesiale del nostro paese è ricco e diversificato, frutto di una lunga tradizione cattolica: c'è la parrocchia, naturalmente, e ci sono anche tutti i movimenti e le comunità che lavorano con i giovani. La nostra preoccupazione è di permettere ai giovani di trovare il loro posto in parrocchie che spesso invecchiano. E anche per articolare armoniosamente il lavoro di tutte queste comunità e movimenti con le pastorali diocesane. La Chiesa è il famoso poliedro di cui parla Francesco, "non è un’unità monolitica, ma una rete di svariati doni che lo Spirito riversa incessantemente in essa" (CV 207). Quante ricchezze vengono condivise! Affinché i giovani trovino il loro posto e vi portino le loro ricchezze, vedo diverse grandi sfide.
    La prima sfida è quella di responsabilizzare i giovani. Siamo guidati da un principio: non fare nulla per loro senza di loro. Scegliere con loro le priorità. Ovunque ci rendiamo conto che siamo chiamati a fare di più con loro. Siamo tutti d'accordo sul principio... ma in realtà si tratta di un'autentica conversione pastorale! Con la generazione Z e i Millennials, che hanno una buona conoscenza della cultura digitale, c'è bisogno di farli entrare presto in scena. Senza aspettare che abbiano 19 o 20 anni, ma affidando loro autentiche responsabilità nel cuore dell'adolescenza (quelle che sono capaci di assumere). Come dice Francesco: "i giovani sono capaci di creare nuove forme di missione, negli ambiti più diversi" (CV 241).
    La seconda sfida è seguire l'iniziazione cristiana e la grazia di Pentecoste. Dobbiamo riconoscere che la nostra trasmissione della fede spesso non arriva fino alla formazione di un autentico discepolo missionario. I giovani non sono sufficientemente attrezzati. Non hanno la capacità di riconoscere pienamente Gesù come Signore e Salvatore della loro vita. Dobbiamo lavorare su quelle tappe in cui il giovane può veramente dare la sua risposta alla chiamata di Cristo. Questo comincia con l'annuncio kerigmatico (così ben evidenziato nel cuore del capitolo 4 di Christus Vivit) ma anche per dare ai giovani ciò che permetterà loro di dire sì alla chiamata di Cristo, di entrare in un movimento di offerta e di accoglienza dell'opera dello Spirito Santo in loro.
    Una terza sfida è quella dell'accompagnamento. Dopo il Sinodo, abbiamo istituito un corso di formazione nazionale per l'accompagnamento spirituale dei giovani nel 2020/2021, a cui hanno partecipato circa 120 persone l'anno scorso, in due appuntamenti di due giorni ciascuno. Data l'alta richiesta di formazione, stiamo ripetendo l'esperienza quest'anno. In collaborazione con diverse comunità religiose, stiamo cercando di formare degli accompagnatori lavorando su questioni importanti: l'ascolto, la postura dell'accompagnatore, le tappe della vita spirituale, le questioni della vita affettiva e naturalmente il cammino vocazionale.
    Fondamentalmente, più in generale, la sfida è quella di accettare che ci siano strutture che si esauriscono e di essere molto attenti alle strutture e alle iniziative che emergono. Lo Spirito Santo è in sintonia con le sfide del nostro tempo. Per esempio, nelle campagne francesi, si è sviluppato un movimento su iniziativa di due giovani di città, chiamato Missione Isidoro, e i WEMPS (servizio parrocchiale di evangelizzazione dei week-end): si tratta di un movimento di evangelizzazione che riunisce oggi diverse centinaia di giovani disponibili per uno, due o tre week-end di missione nelle parrocchie rurali (cioè la maggior parte del territorio francese!). Insieme ai parrocchiani a volte anziani di questi piccoli villaggi organizzano una serata di preghiera, un'evangelizzazione porta a porta, un'eucaristia e una festa tutti insieme.
    Durante il lockdown ci sono stati "lockdown missionari" che hanno coinvolto diverse centinaia di giovani (universitari o giovani professionisti): pur continuando le loro attività, si sono confinati in piccole fraternità di quattro o cinque persone nelle parrocchie. C'erano circa 90 parrocchie rurali che accoglievano piccole confraternite di giovani durante il periodo dell'epidemia.
    Per la formazione dei discepoli missionari, incoraggiamo l'istituzione di percorsi. Molte cappellanie si affidano al percorso ALPHA per gli studenti universitari, o al percorso "Phare" per la formazione dei leader. Penso anche al corso EVEN, un percorso che ci permette di coprire una vasta gamma di temi biblici e teologici. Il vantaggio dei percorsi è che danno un inizio e una fine e propongono un vero e proprio accompagnamento del giovane nel tempo (in équipe o in fraternità) affinché si possa camminare insieme, stando attenti alle tappe del suo progresso.
    Per affrontare tutte queste sfide, l'équipe nazionale del Servizio Nazionale per l’Evangelizzazione dei Giovani e per le Vocazioni (SNEJV) ha lavorato su "dodici cammini di conversione pastorale": si tratta di percorsi concreti per attuare le raccomandazioni del Sinodo, in una trentina di pagine.
    Nel nostro lavoro con le équipe pastorali di questa o quella diocesi, proponiamo di lavorare insieme su alcuni campi di conversione pastorale.
    Ecco i temi principali: 1/Riconoscere le nostre mancanze. 2/Accogliere i giovani e la loro responsabilità. 3/Favorire la sinodalità missionaria e scegliere le nostre priorità. 4/Uscire verso i giovani. 5/Annunciare la misericordia. 6/Andare fino in fondo all'iniziazione cristiana attraverso una nuova Pentecoste. 7/Offrire esperienze di vita comunitaria. 8/La vocazione come proposta d'amore. 9/L'accompagnamento individuale e comunitario. 10/ Vivere il discernimento come stile di vita 11/ Investire in nuovi campi privilegiati di evangelizzazione 12/ Formare giovani discepoli missionari per il mondo.
    Così lavoriamo ogni volta su due o tre proposte secondo quanto richiesto dalla diocesi o dalla comunità, dove sentiamo che c'è una conversione da vivere.
    Ci piace molto la parola "conversione pastorale". Influisce sul nostro modo di fare le cose. Si tratta di cambiare il nostro software, di non contare su ciò che sappiamo fare, ma di ascoltare la chiamata a una conversione e a una nuova evangelizzazione.
    Non vorrei dimenticare altre sfide: in particolare quelli che chiamiamo "i punti ciechi" del nostro lavoro pastorale. Sì, c'è una parte dei giovani che non raggiungiamo, per esempio, tra i 18-25 anni, raggiungiamo molti studenti (attraverso la nostra presenza nelle Facoltà o nelle Grandes Ecoles), ma non raggiungiamo tanti giovani in formazione più breve o che lasciano prima il sistema scolastico. Sono soprattutto ragazzi, giovani uomini. In Francia, 1/3 dei giovani maschi non ha il diploma di maturità.
    Un'altra area di attenzione pastorale: lavorare sul legame tra la parrocchia e l'insegnamento cattolico (che fornisce istruzione a più di 2 milioni di alunni), in particolare incoraggiando la creazione di nuovi oratori (“patronages” in francese). Dal XIX secolo, la storia degli oratori in Francia è stata segnata da una grande fecondità, nella tradizione di Vincenzo de’ Paoli e Don Bosco, certo, ma anche di belle figure francesi (Timon David, Henri Planchat). Tuttavia, dobbiamo riconoscere che negli ultimi 50 anni, con l’avanzare della secolarizzazione, abbiamo lasciato alla società civile il compito di offrire ai bambini attività sportive o culturali.
    Oggi ci rendiamo conto della necessità di ricreare luoghi di vita, spazi di vita comunitaria dove i giovani crescono nella loro umanità e dove si prega anche: "qui si gioca, qui si prega".
    Stiamo lavorando attivamente per promuovere gli oratori. Nel febbraio 2022, sarà lanciata ufficialmente una nuova Unione degli Oratori. Ci stiamo lavorando da diciotto mesi, con il maggior numero possibile di partner: parrocchie, comunità, associazioni, per dare sostegno logistico, pedagogico e anche finanziario a tutti coloro che vogliono creare un oratorio. E tu conosci l'oratorio meglio di me, è un luogo di vita. Personalmente, vivo in un ostello per studenti e giovani professionisti, ma funge anche da oratorio per i bambini del quartiere, e accogliamo i bambini ogni mercoledì e sabato.
    Queste sono alcune delle sfide che stiamo cercando di affrontare.

    Le buone pratiche nella pastorale giovanile

    3. Quali sono le buone pratiche nella pastorale giovanile in Francia?

    La prima cosa riguarda le nostre strutture. Nella maggior parte delle diocesi abbiamo ora un unico servizio chiamato "Giovani e Vocazioni": con la preoccupazione di integrare la dinamica vocazionale con la pastorale giovanile. Quindi non si tratta di due servizi separati (anche se questo esiste ancora in alcune diocesi) ma di un unico servizio con diverse responsabilità condivise: tutta la pastorale è vocazionale e quindi siamo tutti preoccupati per le vocazioni.
    Il nostro Servizio Nazionale si chiama "Servizio Nazionale per l'Evangelizzazione dei Giovani e per le Vocazioni". All’interno di questo servizio, una religiosa è la persona più coinvolta direttamente nella pastorale vocazionale, in modo trasversale, per adolescenti, universitari e giovani professionisti.
    Tra le buone pratiche, sottolineo anche il fine settimana di formazione per gli studenti universitari che assumono ruoli di responsabilità. All'inizio dell'anno scolastico, all'inizio di settembre, questo fine settimana riunisce gli studenti universitari con ruoli di responsabilità nelle cappellanie. Quest'anno, c'erano circa 150 giovani di tutte le cappellanie universitarie di Francia. Questo fine settimana è un'opportunità per lavorare insieme sui processi missionari, che permettono ai giovani di formarsi in connessione con i loro cappellani. Una parte del fine settimana è trascorsa con i cappellani (i cappellani sono presenti il venerdì e il sabato, gli studenti il sabato e la domenica). Ci sono circa 200 cappellanie nelle Università o nelle Grandes Ecoles in Francia, che riuniscono 12.000 giovani. Dappertutto insistono nel formare delle vere e proprie équipe e nel dare la responsabilità a 3, 5 o 10 giovani che portano avanti la dimensione missionaria... e questo produce dei bei frutti!
    Una terza pepita riguarda gli "anni per Dio" o anni missionari. Questa è una ricchezza della Chiesa in Francia: un certo numero di nuove comunità, comunità più antiche o diocesi offrono anni di formazione biblica, comunitaria, spirituale e, naturalmente, missionaria durante un intero anno scolastico. In totale, circa 200 giovani all'anno fanno queste esperienze: per esempio, la Scuola di Discepolato di Hautecombe (HDS) all'Abbazia di Hautecombe con Chemin Neuf (50 giovani all'anno), ma anche CapMissio, Jeunesse Lumière, l'anno di San Francesco, ecc. Sono anni di fondazione spirituale, discernimento e missione. I giovani si prendono il tempo necessario per conoscere meglio la loro fede e per proclamarla.
    Un altro luogo di fecondità e di comunione è la formazione nazionale organizzata dalla CEF (Conferenza Episcopale Francese) per tutti i giovani responsabili di movimenti e comunità: la formazione Timothée, istituita su richiesta dei vescovi. Giovani di 23 movimenti e comunità camminano insieme in un corso di formazione. Coinvolti nello scoutismo, nell'Azione Cattolica, nelle Nuove Comunità, nell'Arche di Jean Vanier, negli Apprendisti di Auteuil, nel Movimento Giovanile Eucaristico, si ritrovano insieme per condividere, formarsi e pregare: quattro fine settimana in due anni per affrontare temi importanti come l'ecclesiologia, la morale fondamentale, l'antropologia e poi la dottrina sociale della Chiesa. Questa formazione Timothée porta molti frutti di comunione tra i giovani di questi diversi movimenti, che imparano a conoscersi, a scoprire i rispettivi carismi, a saper apprezzare la ricchezza dell'altro e poi, per alcuni, a costruire progetti insieme.
    Uno dei bei progetti di quest'anno sarà il "Congresso delle Vocazioni" nel maggio 2022. È il frutto del desiderio di diffondere il Vangelo della vocazione. Con gli attori della Pastorale, cominceremo con un colloquio e poi con tutti i giovani vivremo un grande cammino di santità nelle strade di Parigi con tutte le comunità, movimenti e congregazioni. Vogliamo anche evidenziare la bellezza di vocazioni specifiche (vita religiosa, sacerdozio). La parola "vocazione" a volte spaventa i giovani, e il nostro lavoro è quello di rimuovere queste paure in modo che la chiamata del Signore possa essere ascoltata.
    Un altro luogo che ci porta gioia consiste nel sostenere l'impegno dei giovani. In particolare, sosteniamo il servizio civile, un programma proposto dal governo francese da dieci anni per i giovani dai 16 ai 25 anni: il servizio civile permette ai giovani di impegnarsi per una media di 8 mesi in diversi progetti al servizio degli altri. La Chiesa è pienamente coinvolta in questo schema, accompagnando ogni anno migliaia di giovani che si impegnano in grandi progetti, in collegamento con comunità o diocesi: i giovani vivono l'impegno, si mettono al servizio degli altri, con una dimensione di donazione, generosità e gratuità.
    In Francia, abbiamo anche la fortuna di avere dei "luoghi sorgente". Due sono molto conosciuti: Taizé e Lourdes, che attirano molti giovani. Giovanni Paolo II amava dire di Taizé che è una sorgente, dove i giovani francesi ma anche di tutta l'Europa vengono a dissetarsi. Lourdes, santuario nazionale, accoglie anche molti giovani in pellegrinaggio; è anche un luogo vocazionale. Altri luoghi sorgente sono emersi negli ultimi anni: l'abbazia di Hautecombe, Paray-Le-Monial, i santuari... Stiamo lavorando molto per rendere questi luoghi, che sono radicati nella storia della fede del Paese, luoghi dove i giovani possono incontrare l'amore di Dio e scegliere di seguire il Signore.
    Ogni anno, la SNEJV offre una ventina di corsi di formazione per coloro che si occupano della pastorale degli adolescenti, degli universitari e dei giovani professionisti. Per esempio, uno dei corsi di maggior successo è un fine settimana sulla comunicazione, chiamato "Boost ta Com", specialmente per universitari e giovani professionisti responsabili della Chiesa. Lavoriamo alla costruzione di un sito web, sulla nostra presenza sui social network, su campagne di comunicazione o alla costruzione di manifesti. Siamo ansiosi di annunciare Cristo con i mezzi che i giovani usano!

    4. Come saranno coinvolti i giovani nel processo di preparazione della prossima assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi?

    Nel mese di settembre 2021, abbiamo accolto il cardinale Grech e suor Nathalie Becquart (Segretario Generale e Sottosegretario del Sinodo dei Vescovi) per parlare con i vescovi e i direttori dei servizi nazionali. Questo ci ha messo in cammino. La speranza è che i giovani siano parte integrante, in quanto giovani, delle riflessioni. Dal Sinodo sui giovani (2018), l'approccio sinodale è al centro delle nostre preoccupazioni. Nei nostri gruppi, siamo incoraggiati prima di tutto a lavorare in gruppo, ad ascoltare insieme lo Spirito Santo, a far emergere sempre una visione: che il Signore ci mostri ciò che è appropriato per la nostra città, la nostra cappellania, la nostra parrocchia, il nostro gruppo giovanile... Ogni volta è diverso. Trovo che questo approccio sinodale universale conferma ciò che stiamo incoraggiando ad attuare nelle Pastorali Giovanili. Ma ci vuole tempo per convertirsi. Tutti devono rinunciare a una postura e non è facile. Le tre parole "Partecipazione, Comunione e Missione" sono esattamente le tre parole che abbiamo dato ai nostri leader all'inizio dell'anno pastorale. Quindi, sì, ci sentiamo in piena comunione con questo processo. Ne abbiamo bisogno. Il processo sinodale ci permetterà prima di tutto di accogliere ciò che i giovani di fuori hanno da dire. Questo è molto importante. Nelle Costituzioni di Chemin Neuf, come nella grande tradizione benedettina, si dice che l'ultimo che arriva deve essere ascoltato attentamente: arriva con un punto di vista esterno, la sua parola ha un peso speciale. È prezioso. Concretamente, per il Sinodo, i gruppi di giovani saranno associati al processo in ogni diocesi. Verrà chiesto loro di "fare casino".

    Il futuro dell’Europa

    5. I cittadini dell'Unione Europea stanno partecipando in vari modi a una Conferenza sul futuro dell'Europa. Quali prospettive può offrire la pastorale giovanile del suo paese per ripensare il futuro dell'Europa?

    In concreto, otto giovani francesi hanno partecipato alla grande riflessione organizzata dalla COMECE (Commissione delle Conferenze Episcopali degli Stati Membri dell’Unione Europea, ndr) durante le tre conferenze del 3, 10 e 17 giugno 2021. Ci siamo presi il tempo di condividere i nostri punti di vista con questi giovani nel mese di maggio e poi li abbiamo incontrati all'inizio di luglio per fare un debriefing sulla loro esperienza di questi "webinar". È stato molto interessante. Hanno apprezzato molto la qualità del lavoro e gli scambi. Per noi, la costruzione europea è un dovere. È anche senza dubbio una conversione. Dobbiamo guardare avanti ma anche ricordare e riconoscere le nostre radici. Una nuova generazione è qui, che deve riappropriarsi dell'ideale del progetto europeo, e non rinviare ancora sempre e solo ai padri fondatori. C'è la necessità di riconsegnare un fascino all'impegno europeo. In concreto, stiamo incoraggiando un gruppo di giovani, la "fraternità politica", che riunisce i giovani impegnati in politica - sono di destra o di sinistra, ci sono entrambi. E poi, più in generale, tutti coloro che nei movimenti e nelle comunità portano questa nozione di impegno. L'interesse di questo grande organismo dell'Unione Europea è anche quello di ricordarci, come dice Papa Francesco, che non possiamo farlo da soli. Abbiamo anche bisogno della forza degli altri. Come la Chiesa, l'Europa è un poliedro. Nessuna persona ha tutte le ricchezze della Chiesa, ma insieme possiamo mostrare qualcosa del Regno di Dio. Questa sfida dell'impegno politico è anche una conversione: i giovani sono a volte più preoccupati del loro sviluppo personale che di dare se stessi al servizio di una causa comune. Ma sono anche capaci di un impegno impressionante e molto sincero. È un lavoro pedagogico che dobbiamo fare: è sempre un buon momento per ricordare ai giovani la bellezza dell'impegno politico, soprattutto con questo importante anno elettorale che inizia in Francia. Mi piacciono molto le parole (di Paolo VI, ndr) riprese da Papa Francesco: "La politica è la più alta forma di carità, perché ha come oggetto il bene comune".

    * Dal 2018 Direttore del Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile e per le Vocazioni della Conferenza Episcopale di Francia.
    ** Segretario Esecutivo del Don Bosco International a Bruxelles.


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