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    Meditazione. Il lavoro delle api


    San Francesco di Sales, maestro di vita spirituale per i giovani /2

    Invito alla meditazione nella vita quotidiana

    Wim Collin

    (NPG 2021-07-47)

     


    Meditazione e meditare possono essere considerate quasi delle parole d’ordine, sebbene talvolta sembra che esse siano proprie soltanto del pensiero buddista e che non abbiano nulla a che fare con la tradizione e con la fede cristiana. Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. La meditazione ha dato e può dare ancora oggi un grande contributo alla spiritualità dell’uomo; del resto sono molteplici i santi che vi ricorrevano per approfondire la propria vita spirituale. Essa, tuttavia, non mira soltanto alla conoscenza di sé, all’introspezione e all’esposizione delle emozioni più profonde e intime dell’anima, e neppure alla conoscenza astratta o teologica di Dio attraverso la lettura di un libro: dopotutto “nella meditazione non pensiamo o immaginiamo affatto Dio”, come afferma John Main. “Nella meditazione cerchiamo di fare qualcosa di incommensurabilmente più grande; cerchiamo di stare con Dio, di stare con Gesù, di stare con il suo Santo Spirito. Nella meditazione andiamo oltre i pensieri, anche i pensieri santi”[1]. La meditazione non si occupa del pensare, bensì dell’essere. Questa considerazione su cosa sia effettivamente la meditazione, proposta dal benedettino inglese, è molto vicina a ciò che Francesco di Sales scrisse sulla stessa 400 anni fa.
    La prima cosa da sottolineare quando si parla di meditazione negli scritti di San Francesco è che essa non costituisce la parte principale del suo pensiero, della sua scrittura o delle sue riflessioni, benché, come dimostreremo, debba essere ritenuta di estrema importanza, quasi vitale per essere considerati buoni cristiani. Molto spesso nella sua corrispondenza o nelle sue prediche è possibile leggere piccole frasi, che si ripetono in modo ricorrente, ad esempio: “e non dimenticare la meditazione” o “quanto alla meditazione...”. “La meditazione dovrebbe essere preferita a tutte le altre preghiere, perché ti sarà più utile e più gradita a Dio” ha scritto, per l’appunto, alla badessa di Puits-dOrbe.[2]
    La seconda cosa che è possibile notare, dopo aver fatto una lettura integrale di ciò che concerne la meditazione tanto nelle lettere quanto in opuscoli e trattati, è che essa appare sempre differente, e ciò conduce ad una importante premessa. Le indicazioni pratiche sulla meditazione negli scritti del vescovo di Ginevra si adattano alla situazione e al contesto di ciascuno: tutte le persone sono diverse, vivono in contesti diversi e dunque anche il loro rapporto con Dio è di fatto diverso, dal momento che quest’ultimo è strettamente personale. Lo scopo della meditazione e il modo di praticarla è, tuttavia, per Francesco sempre uguale.
     
    Scopo della meditazione

    Francesco di Sales possiede il dono di spiegare le cose in modo semplice. Egli, parlando della meditazione, distingue tra: pensiero, studio, meditazione e contemplazione.[3]
    “Il pensiero è un’operazione dell’intelligenza che somiglia all’evoluzione delle mosche”.[4] Perché, scrive, le mosche volano da un fiore all’altro senza sapere realmente cosa stiano facendo, senza essere realmente interessate al polline per produrre il miele. Pensare è la stessa cosa: si passa da un pensiero all’altro senza, però, attuare un reale approfondimento.[5] Lo studio, e dunque studiare, ricorda invece il lavoro del coleottero.[6] Studiamo le cose o pensiamo alle cose per accrescere la nostra conoscenza, per comprendere, per capire e, dunque, per essere in grado di spiegare. “In questo somigliamo ai coleotteri che vanno a posarsi sulle rose, solo per ubriacarsi e riempirsi lo stomaco”.[7] O ancora ai “maggiolini che si posano indistintamente sui fiori e sulle foglie per mangiarli e nutrirsene”.[8]
    La meditazione, infine, somiglia al lavoro delle api.[9] La meditazione si compie quando poniamo la nostra attenzione su un mistero o una tematica, dalla cui riflessione pretendiamo di ottenere buoni risultati, perché se non avessimo questa intenzione non sarebbe più meditazione ma studio.[10]
    “Quando pensiamo alle cose divine, non per conoscerle, ma per amarle, questo si chiama meditare, e l’esercizio della meditazione, ove il nostro spirito non si comporta come una mosca che semplicemente si diverte, né come un maggiolino che vuole soltanto mangiare e saziarsi, ma come una sacra ape che si posa qua e là sui fiori dei sacri misteri per ricavarne il miele dell’amore divino”.[11] Infatti Francesco scrive nella Filotea: “I bambini, a forza di ascoltare le mamme e balbettare dietro loro, imparano la loro lingua; avverrà lo stesso per noi se ci terremo vicino al Salvatore con la meditazione: osservando le sue parole, le sue azioni e i suoi affetti, impareremo, con il suo aiuto, a parlare, agire e volere come Lui”.[12] E ancora il 22 luglio 1601 scrive in parole molto semplici alla Mademoiselle de Soulfour quali sono le conseguenze della meditazione, ovvero: servire e onorare Dio, servire il prossimo e vivere sempre secondo la sua volontà, soltanto in questo modo l’uomo è capace di fare grandi cose e di raggiungere la perfezione.[13]

    Breve metodo per la meditazione

    Il vescovo savoiardo nel Trattato dell’amor di Dio scrive: “la meditazione non è altro che un pensiero attento, ripetuto o mantenuto volontariamente nello spirito, per incitare la volontà a santi e salutari affetti e propositi”.[14] La meditazione é di fondamentale importanza per la vita quotidiana, in quanto la fede senza le opere è morta (Gc 2:26).[15] Mentre San Francesco nel Trattato illustra principalmente il concetto teoretico sulla meditazione, nell’Introduzione alla vita devota presenta il metodo della meditazione, evitando una spiegazione lunga, perché secondo il vescovo è soprattutto con la pratica che si raggiunge una conoscenza più profonda e completa della meditazione.[16] Tale considerazione ricorre più volte nelle lettere del santo.[17]
     
    La scelta della tematica: il mistero
    È importante iniziare la meditazione essendo ben preparati sugli argomenti da trattare. Secondo Francesco di Sales non è opportuno pensare all’argomento su cui dibattere nel momento preciso in cui si inizia la meditazione, in quanto qualora ci si accinga a tale pratica è necessario sapere o aver stabilito in anticipo ciò su cui meditare, così come scrive a Marie Brûlart il 3 maggio 1604.[18] Secondo Francesco esistono differenti argomenti su cui è possibile meditare, i quali vengono definiti “misteri”. Solitamente possono riguardare episodi inerenti alla vita di Cristo, oppure temi come la creazione, il peccato, un articolo del catechismo, una virtù da affinare, un peccato ricorrente.

    Primo: riconoscere la presenza di Dio
    Prima di avviarsi verso la vera e propria meditazione è importante essere consapevoli della presenza di Dio. Ci sono quattro modi per riconoscerla:
    - Essere consci che Dio è dappertutto in quanto essere onnipresente. Gli uccelli, come dice San Francesco, possono volare dove vogliono ma non possono fuggire dalla presenza di Dio;
    - Tenere a mente che Dio non è soltanto nel mondo, ma è presente nel cuore e nello spirito di ciascuno;
    - Ricordare che Gesù dal cielo presta attenzione a tutte le persone su questa terra, in modo particolare alle persone che pregano;
    - Sentire e immaginare la reale presenza di Cristo.[19]

    Secondo: chiedere l’assistenza di Dio
    Colui che medita deve invocare l’assistenza divina per l’impresa che si appresta a cominciare.[20] Le indicazioni a tal proposito sono semplici: “Mettiti alla presenza di Dio, pregalo che ti ispiri”.[21] L’invocazione dell’aiuto divino si realizza con una piccola preghiera, perché l’uomo è consapevole della piccolezza e della grandezza di Dio e che senza il suo aiuto non può nulla.

    Terzo: l’attualizzazione del mistero
    Il passo successivo trova un ampio riscontro nell’esperienza degli esercizi spirituali di Sant’Ignazio. Francesco di Sales propone di scegliere un brano biblico e di “presentare all’immaginazione il mistero su cui si vuole meditare, ricostruendolo nella sua realtà storica”. Quando, ad esempio, si vuole meditare sulla crocifissione è necessario immaginarsi sul monte Calvario come spettatore della scena; quando, invece, si vuole meditare sull’episodio delle nozze di Cana è opportuno attraverso l’immaginazione ma occorre rimanere fedeli ai fatti così come sono presentati nei racconti degli evangelisti. Colui che medita deve ascoltare cosa dicono Gesù e gli astanti, deve capire cosa stanno facendo e il perché lo fanno, i motivi, le ragioni, il significato dell’evento. Deve, in qualche modo, divenire spettatore dell’evento divino. L’attualizzazione d’una tematica non biblica, conferma San Francesco, è più difficile perché si tratta di realtà invisibile, ma è sempre possibile usare qualche similitudine o paragone per facilitare il compito.[22]

    Quarto: la meditazione
    Questo passo rappresenta il culmine del processo. Si tratta del momento in cui si giunge nel cuore della meditazione. Non si tratta di un lavoro intellettuale, come è stato già accennato, ma piuttosto di una fase di riflessione e considerazione fondamentale per comprendere determinati aspetti, come la presenza di Dio, il suo modo di agire o ancora di interagire. Quando qualcosa, che sia essa un’idea, un’impressione o un’intuizione, attraversa la mente e conduce a Dio o alle cose divine è opportuno fermarsi.[23] Ad esempio, riguardo alla meditazione sulla crocifissione di Cristo, Francesco scrive: “considero il comportamento del Salvatore, nel quale vedo estrema dolcezza e bontà. I suoi occhi non sono affatto spaventati dai dolori, né infiammati dagli insulti. […] Sì mi darà la grazia che, tra il lavoro e gli insulti, io posso comportarmi allo stesso modo?”[24]

    Quinto: affetti, propositi e risoluzioni
    La meditazione produce, senza ombra di dubbio, una serie di sentimenti e di emozioni in colui che la pratica, il quale più tardi avverte il bisogno di tramutare queste sensazioni in azioni. Gli affetti spingono ad avvicinarsi di più a Dio, ad allontanarsi da ciò che fa male, a prendersi cura degli altri, a diventare misericordiosi con se stessi, a ristabilire il legame con un amico dimenticato, o ancora a pregare di più. Spingono a cambiare vita, a diventare persone diverse, con piccoli passi e con semplici e raggiungibili propositi. È Dio stesso che interpella colui che medita e lo esorta a prendere decisioni e a metterle in pratica.[25]

    Sesto: conclusione e il mazzetto spirituale
    Alla fine del percorso intrapreso è opportuno compiere quattro azioni:
    - Ringraziare Dio per l’opportunità che ci ha concesso di stare vicino a lui;
    - Offrire i propositi e le risoluzioni a Dio, in quanto non si pratica la meditazione per se stessi, ma per poter collaborare al meglio al suo Regno;
    - Chiedere aiuto e supplicare Dio di benedire il lavoro e le intenzioni, concludendo con una preghiera semplice come il Padre Nostro o una preghiera alla Madonna;
    - Raccogliere un mazzetto spirituale. Come scrive il vescovo savoiardo, quando si va per una passeggiata si raccolgono alcuni fiori da porre sulla tavola, i quali con i loro colori e i loro profumi ricordano la passeggiata fatta, allo stesso modo è necessario ricordare durante l’intera giornata uno, due o tre punti salienti della meditazione compiuta.[26]
     
    Alcune considerazioni pratiche attorno la meditazione

    È di primaria importanza, terminata la meditazione, mettere immediatamente i propositi e le intenzioni in pratica. “Occorre con ogni mezzo, dare sforzi per metterli in atto, approfittando di tutte le occasioni sia piccole che grandi”. Se così non fosse, la meditazione[27] sarebbe inutile e si creerebbe la falsa convinzione di aver concluso qualcosa di fruttuoso. Per Francesco di Sales la preparazione è importante, così anche il monitoraggio, l’elaborazione e la realizzazione hanno il medesimo valore.
    Riguardo al momento in cui è opportuno fare meditazione, il vescovo di Ginevra è abbastanza chiaro: il momento per eccellenza è la mattina, prima che la mente sia occupata da altre questioni.[28] In ogni caso prima di uscire da casa e, quando non c’è tempo, prima della cena, non dopo pranzo o dopo cena in quanto sono momenti difficili e comprometterebbero la salute.[29] “Se poi non riesci a fare […] nemmeno nel corso di tutta la giornata, rimedia al vuoto moltiplicando le orazioni giaculatorie, leggendo qualche passo di un libro di devozione, facendo qualche penitenza che elimini il difetto e prendi una ferma risoluzione di rimettere in carreggiata il giorno dopo”.[30]
    Come scrive anche a Brûlart, è conveniente meditare ogni giorno. Qualora venga saltata la meditazione, Francesco, con tono più severo, esorta a porre rimedio in questo modo: “Per quanto riguarda la meditazione le medicine hanno la loro ragione: mentre sei malato, devi servirti di esse. E per riparare a questa mancanza, devi affrontare il doppio delle orazioni giaculatorie”.[31]
    Non c’è uniformità nelle opere del santo su quanto tempo sia opportuno meditare. Il tempo che si dedica ogni giorno alla meditazione varia da persona a persona e in base al contesto specifico, al progresso nella vita spirituale e a numerosi altri fattori. Le indicazioni oscillano da mezz’ora a 45 minuti, preferibilmente meno di un’ora.[32] È consigliabile cercare di preservare l’atmosfera creatasi durante la meditazione, in quanto la pace e la serenità del cuore non devono essere disturbate troppo bruscamente e il lavoro quotidiano non può che trarre beneficio dalla stessa.[33]
    Infine Francesco di Sales, dopo la descrizione del breve metodo, esorta a non seguire con forza e violenza, passo dopo passo, il metodo e, dal momento che è lo Spirito Santo che opera e lavora nella meditazione, invita ad affidarsi e seguire lo Spirito di Dio.[34]

    NOTE

    [1] L. Freeman, Light Within. Meditation as pure prayer, London, The Canterbury Press, 2008, 1-11. [traduzione nostra]
    [2] Pétits traités: I. Avis a Mme Rose Bourgeois, Œuvres: XXVI, Opuscules: Vol IV, 166.
    [3] TAD, 338-348; Sermon CV, Œuvres: Tome VIII, Sermons: Vol II, 167-168; Sermon VII, Œuvres: Tome IX, Sermons: Vol III, 47-48.
    [4] Sermon CV, Œuvres: Tome VIII, Sermons: Vol II, 168.
    [5] Sermon VII, Œuvres: Tome IX, Sermons: Vol III, 47.
    [6] Sermon CV, Œuvres: Tome VIII, Sermons: Vol II, 168.
    [7] Sermon VII, Œuvres: Tome IX, Sermons: Vol III, 47.
    [8] TAD, 344.
    [9] Sermon CV, Œuvres: Tome VIII, Sermons: Vol II, 168.
    [10] Sermon VII, Œuvres: Tome IX, Sermons: Vol III, 47.
    [11] TAD, 344-345.
    [12] IVD, 75-76.
    [13] Lettre CXC, Œuvres: XII, Lettres: Vol II, 203-204.
    [14] TAD, 345.
    [15] Cfr. IVD, 84.
    [16] IVD, 78.
    [17] Lettre CCXXXI, Œuvres: XII, Lettres: Vol II, 333 ; Lettre CCXLII, Œuvres: XII, Lettres: Vol II, 395; Lettre CCXVII, Œuvres: XII, Lettres: Vol II, 268.
    [18] Lettre CCXVII, Œuvres: XII, Lettres: Vol II, 268-269; cfr. Lettre CCXXXIV, Œuvres: XII, Lettres: Vol II, 357; Lettre CCXXXI, Œuvres: XII, Lettres: Vol II, 333.
    [19] Cfr. IVD, 78-80.
    [20] Cfr. IVD, 80-81.
    [21] Pétits traités: III. Fragments d’avis sur la manière de méditer, Œuvres: XXVI, Opuscules: Vol IV, 177-178.
    [22] Cfr. IVD, 81-82.
    [23] IVD, 82.
    [24] Pétits traités: III. Fragments d’avis sur la manière de méditer, Œuvres: XXVI, Opuscules: Vol IV, 177-178.
    [25] IVD, 83.
    [26] IVD, 84.
    [27] IVD, 84.
    [28] IVD, 77.
    [29] Pétits traités: VIII. Divers avis pour l’oraison, Œuvres: XXVI, Opuscules: Vol IV, 205; Cfr. IVD, 77.
    [30] IVD, 77.
    [31] Lettre DXXXV, Œuvres: XIV, Lettres: Vol IV, 167.
    [32] IVD, 78 ; cfr. Lettre CCXXXI, Œuvres: XII, Lettres: Vol II, 334; Lettre CCXXXIII, Œuvres: XII, Lettres: Vol II, 350.
    [33] IVD, 84-86.
    [34] IVD, 77; 85-86.


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