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    La Comunità cristiana, risorsa per la Scuola


    Chiesa per la scuola /8

    Pierpaolo Triani

    (NPG 2021-01-74)



    Questi mesi così difficili per tutti hanno messo in luce quanto negli attuali sistemi sociali le scuole ricoprano un ruolo fondamentale. È grazie alla capillare rete scolastica che i genitori possono recarsi al lavoro, affidando i propri figli ad altri adulti, dedicati professionalmente al compito educativo; che i bambini e ragazzi possono crescere e imparare insieme. Le nuove tecnologie, infatti, rappresentano una grande risorsa per ‘avvicinare le distanze’, rispondere in modo nuovo ai bisogni di istruzione, ma non possono sostituire la significatività e l’incidenza dell’esperienza scolastica nel suo insieme.
    Accanto alla rilevanza, abbiamo constatato con altrettanta chiarezza quanto le scuole abbiano bisogno di aiuto: di risorse per rendere più adeguati gli spazi e gli strumenti; di forme organizzative e curricolari rinnovate; di uno sguardo didattico e pedagogico di ampio respiro che aiuti gli insegnanti a non chiudersi nella falsa sicurezza delle procedure e del ‘si è sempre fatto così’.
    Si tratta di un bisogno non temporaneo, ma permanente, potremmo dire intrinseco alla vitalità stessa della scuola, che chiama in causa la società civile, le famiglie, le istituzioni, le persone che concretamente abitano un determinato territorio.

    La Scuola: un bene di tutti e per tutti

    Una scuola non è ‘di se stessa’, ma appartiene ad un determinato contesto socio-culturale, di cui è espressione, e ha la sua ragione d’essere nell’essere a servizio della formazione delle persone. È dunque un bene d’ordine che intende contribuire alla crescita di ciascuno. Per poter svolgere questo compito ha bisogno di essere pensata non come un ‘bene individuale’, bensì come una risorsa per tutti e che chiede il contributo di tutti. Il sistema scolastico infatti fa bene la propria parte se il contesto sociale di cui è espressione non ragiona in termine di delega (o di separazione), quanto piuttosto di assunzione di responsabilità (facendo bene ciò che gli compete) e di collaborazione (aiutando la scuola ad esercitare al meglio le proprie funzioni). Anche la scuola perciò va letta congiuntamente come attore e come destinatario di quel rinnovato patto educativo che Papa Francesco da tempo richiama come segno e processo culturale necessario.
    Il sistema sociale si impoverisce senza le scuole; le scuole a loro volta non possono farcela se si percepiscono isolate e non avvertono attenzione e fiducia. Già nel 2015 Papa Francesco ebbe modo di dire con severità: “Il patto educativo rotto significa che sia la società, sia la famiglia, sia le diverse istituzioni, delegano l’educazione agli agenti educativi, ai docenti, che – generalmente mal pagati – hanno sulle proprie spalle questa responsabilità e se non ottengono successo, vengono rimproverati. Ma nessuno rimprovera le diverse istituzioni che sono venute meno al patto educativo, lo hanno delegato alla professionalità di un docente”[1].

    Una Comunità cristiana che ha a cuore la qualità della scuola

    L’impegno comune per un sistema scolastico, di qualità, e coerente con i suoi fini, chiama direttamente in causa la Chiesa (e quindi le comunità ecclesiali dei singoli territori), che non si considera una realtà separata, ma che solidale con tutti gli uomini è particolarmente attenta alla costruzione del bene comune. La cura verso lo spessore educativo delle scuole si pone in stretto contatto con il rinnovato impegno della Chiesa Italiana verso l’educazione espresso chiaramente nel 2010 dai Vescovi; anzi potremmo dire che l’innalzamento dell’attenzione verso la scuola in generale e la crescita della consapevolezza che occorre coltivare nelle comunità cristiane una specifica sensibilità nei confronti di questa realtà così articolata e complessa, sia uno dei frutti più chiari del decennio pastorale che si è concluso. È significativo a questo proposito quanto si legge nel documento ‘Educare, infinito presente’: “Per tali ragioni va risvegliata un’attenzione per la scuola, quando essa appaia indebolita, nei diversi luoghi e contesti della pastorale ordinaria, nelle diocesi e nelle parrocchie, negli istituti religiosi e nelle aggregazioni ecclesiali. Da parte delle comunità cristiane, questo potrà richiedere un cambio di mentalità, così da entrare in rapporto costruttivo col mondo dell’educazione e portare la scuola nella coscienza della comunità ecclesiale”[2].
    Come la Comunità cristiana può prendersi a cuore la scuola? Occorre innanzitutto uscire da una prospettiva che vede le scuole semplicemente come ‘spazi’ dove la Chiesa, in forme diverse, può essere presente, anche se resta, naturalmente centrale la dimensione testimoniale dei cristiani. Si tratta invece di considerare la scuola come un ‘bene’ da coltivare percorrendo congiuntamente due strade. La prima, la più ‘battuta’ tradizionalmente dalla Chiesa, è quella che vede impegnata la comunità ecclesiale nell’esercizio diretto della propria responsabilità educativa, anche attraverso l’attivazione di scuole e servizi educativi di ispirazione cristiana, aperte a tutti. La seconda è quella di prendere parte attiva alla vita del sistema scolastico, per far sì che esso possa rispondere in modo sempre più significativo alla propria mission educativa. Queste due strade chiamano in causa una pluralità di attori: gli insegnanti cattolici (tra i quali, con un ruolo specifico, i docenti IRC), le associazioni professionali cattoliche, gli studenti, le famiglie, gli oratori, i servizi educativi pomeridiani, in definitiva tutta la comunità ecclesiale nella pluralità dei suoi soggetti.

    Diverse linee di lavoro

    La comunità cristiana può essere risorsa importante, per l’esercizio della responsabilità educativa della scuola, su diversi aspetti, che rappresentano delle linee di lavoro di impegno comune e collaborazione. Richiamo brevemente quelli che mi sembrano essere i principali.

    Alimentare il ‘senso’
    È noto il passaggio di Lettera ad una professoressa “Cercasi un fine. Bisogna che sia onesto. Grande”[3]. La scuola, pressata dalla quotidianità, può correre il rischio di perdere di vista il senso della sua azione che è quello di aiutare i bambini e i ragazzi a crescere nella libertà e nella responsabilità. Un primo contributo importante che la Chiesa può dare è quello di continuare ad alimentare la consapevolezza delle ragioni profonde che stanno alla base del lavoro educativo, contro ogni forma di riduzionismo organizzativo, culturale, tecnico. A questo riguardo inoltre può contribuire nell’aiutare culturalmente le scuole a delineare una linea educativa che, nel rispetto del pluralismo culturale, abbia a cuore la formazione integrale della persona umana.

    Tenere al centro le persone
    Per poter svolgere al meglio il proprio compito educativo la scuola ha bisogno di essere pensata come un ambiente e una esperienza ‘umanizzante’, dove ogni persona si sente riconosciuta, accolta, aiutata a crescere, seguita nello svolgere il proprio compito. Tenere al centro le persone non può essere un semplice slogan; è necessario sia un criterio di fondo dell’attività della scuola che chiama in causa sia gli aspetti relazionali, sia gli aspetti formativi. La comunità cristiana può contribuire fortemente alla crescita di una scuola ‘a misura di persone’, sia attraverso un impegno culturale, sia attraverso l’azione diretta di docenti che mostrano nei fatti quanto sia decisivo costruire relazioni attente all’altro e attivare processi educativi che considerano la singolarità d ciascuno.

    Coltivare la dimensione comunitaria
    In terzo luogo la Chiesa può aiutare fortemente la scuola a non perdere di vista il valore di essere una comunità educativa all’interno di una comunità più grande. Si tratta al riguardo di sostenere nei docenti una cultura professionale che legga l’insegnamento come una professione collaborativa e (e non solitaria) e di promuovere nella scuola una visione partecipativa dove il coinvolgimento delle famiglie e l’interazione costruttiva con il territorio è dimensione costitutiva della vita scolastica. La cura di questa dimensione si esplica anche attraverso l’attivazione di progetti integrati tra la scuola e le realtà ecclesiali. Si pensi ad esempio a quanto valore pratico, ma anche simbolico, abbiano le attività pomeridiane di ‘centri educativi’, di ‘dopo scuola’, realizzati nelle parrocchie.

    Allargare le prospettive
    La comunità cristiana ha a cuore inoltre una scuola che tiene aperte le proprie prospettive, perché capace di ascoltare le istanze formative che nascono dalla dinamica sociale, capace di ripensare la propria organizzazione e di sperimentare nuove forme didattiche. Per poter essere risorsa in questa direzione, la Chiesa stessa ha bisogno a sua volta di crescere, dialogando anche con la scuola, nella capacità di apertura e di autovalutazione. La Chiesa potrà in altre parole contribuire alla progettualità della scuola se a sua volta saprà coltivare la propria.
    Allargare le prospettive significa anche tenere aperti i propri orizzonti culturali; in questo senso la Chiesa, anche attraverso le scuole paritarie, può mostrare fattivamente quanto sia arricchente mettere in dialogo le discipline tra di loro e quanto sia importante che la costruzione del sapere sia aperta alla dimensione della trascendenza.

    Sostenere il lavoro dei docenti e dei dirigenti
    Educare richiede molte energie psichiche e motivazionali. Prendersi cura della scuola significa perciò per la comunità cristiana avere a cuore l’aggiornamento e la formazione permanente dei docenti e dei dirigenti, nella prospettiva di creare spazi e occasioni per il confronto e il lavoro comune. È attraverso questi incontri tra persone che operano quotidianamente nel contesto scolastico, che la comunità cristiana può comprendere ancora meglio la scuola, le sue potenzialità e le sue difficoltà.

    Nel segno della reciprocità

    L’attenzione verso la vita della scuola nel suo insieme chiede alla comunità cristiana uno stile di autentica reciprocità. La collaborazione con il sistema scolastico rappresenta infatti una grande risorsa per la Chiesa stessa. Essa può allargare maggiormente i propri orizzonti, capendo meglio la vita delle famiglie, dei bambini, dei ragazzi, degli insegnanti; può crescere nella comprensione della complessità organizzativa della scuola, delle difficoltà che la caratterizzano e insieme nell’apprezzamento dell’impegno quotidiano di molte persone. Attraverso la collaborazione con le scuole può riflettere maggiormente anche sulla propria azione educativa; può crescere nella capacità di lavorare insieme per il bene dell’uomo in una società pluralistica.
    La scuola ha bisogno di comunità e singoli cristiani attenti, appassionati, competenti, disponibili ad imparare sempre.

     

    NOTE

    [1] Francesco, Discorso in occasione della chiusura del IV Congresso mondiale educativo delle Scholas occurrentes, febbraio 2015.
    [2] Conferenza Episcopale Italiana, Commissione episcopale per l’Educazione cattolica, la Scuola e l’Università, Educare, infinito presente, Roma 2020, p. 9.
    [3] Scuola di Barbiana, Lettera ad una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1997, p. 94.


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