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    La vita comune a ‘Casa Legàmi’ provando a partire dalla comunione


    A cura del gruppo ‘Legàmi’ [1]

    (NPG 2020-03-39)



    Il gruppo ‘Legàmi’ è un gruppo informale di giovani attivo da circa otto anni nella città di Como, nato da un’ispirazione di un sacerdote e di una decina di ragazzi a seguito di una serie di esperienze di servizio per persone senza dimora a Milano, che hanno permesso loro di gustare la gioia dell’incontro con Cristo. Il gruppo ha quindi deciso di portare anche nella città di Como l'esperienza di incontro in strada, ma con un’intenzione ben precisa: incontrare e coinvolgere quanti più giovani possibile. Dopo anni ricchi di bellezza, ad oggi ‘Legàmi’ svolge quattro principali attività: esperienza di incontro in strada, testimonianze, progetti nelle scuole, vita comunitaria. È proprio di quest’ultima che vorremmo scrivere ora.
    “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).
    Se l’essere discepoli si caratterizza per l’amore che scorre nelle relazioni, e se è vero che l’amore, come il dogma trinitario mostra, si manifesta nella comunione, allora è forse necessario riflettere su quanto la vita cristiana si basi e si sia basata su questa pericoresi, piuttosto che su altre questioni più di natura speculativa e intellettuale. Uno dei motivi della perdita di credibilità dell’annuncio cristiano, di cui si continua a sentir parlare, potrebbe cioè essere legato all’oblio di quella comunione fraterna che è esito necessario della vita spirituale. In questa direzione, prima di ogni questione strutturale o formale, il tema da affrontare potrebbe essere il mancato radicamento della propria vita in Cristo, che solo può permettere quella comunione creativa e contagiosa che caratterizza la vita dei discepoli.
    A tal proposito può allora essere utile ammettere innanzitutto che si è educato per secoli a "seguire Cristo", ma non a vivere in Cristo[2]. A seguire un modello morale, e non ad accogliere dentro di sé una persona viva. La vita in Cristo però non è una questione scolastica o dottrinale. Essa è possibile solo sotto la guida dello Spirito, che ci è stato donato come tale da Cristo stesso: “chinato il capo, consegnò lo Spirito” (Gv 19,30). È proprio lo Spirito che conferma la presenza dei figli di Dio: “infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio” (Rm 8,14).
    La situazione attuale di ‘crisi’ ci aiuta a guardare la realtà in modo più consapevole. Una volta caduti gli imperativi morali, e visto che forse la vita spirituale non era poi così radicata, il mondo ha smesso di ascoltare. In modo particolare, ha smesso di credere a chi non è testimone di un desiderio vivo, che fa ardere i cuori (Lc 24,32). Ora il mondo, pur avendo un estremo bisogno di incontrare persone vive, di contemplare vite immerse nell’amore, non ha intenzione di prendere sul serio chi non parla con i gesti. I giovani, in particolare, sono abilissimi nello smascherare i tentativi di condizionamento. Se un contenuto è vuoto, lo sentono. Non serve a nulla attrarre con qualche cosa di sempre nuovo, non serve sedurre. I giovani capiscono se ciò che si presenta non mostra vita nuova. Quindi la forma ha certo una sua parte, ma è il contenuto che deve essere vivo, vitale. Come il pancione, la cui forma nasce a partire dalla vita.
    Su questa scia, a marzo del 2019, dopo qualche anno di riflessione e a seguito di un discernimento personale e ‘pseudo-comunitario’, nasce ‘casa Legàmi’. L’obiettivo di chi ci vive è quello di sperimentare la dimensione fraterna in maniera semplice, provando umilmente a condividere un cammino di fede, rimanendo aperti all’accoglienza quotidiana di chiunque voglia passare. Dopo i primi mesi – otto per l’esattezza – non ci è difficile affermare che la ricchezza gustata non ha precedenti nella nostra vita. Ciò che più ci colpisce è l’aver intuito che la cura quotidiana e semplice per l'altro è il primo passo per aprirsi al soffio vitale, perchè senza l’Amore non è possibile vivere nella comunione. L’apertura costante e necessaria all’altro permette di scalfire giorno dopo giorno il proprio Ego: nel dono di sé ci si scopre liberi da sé, e dunque docili alla voce dello Spirito. Si instaura dunque un circolo virtuoso che ci insegna continuamente ad amare e ad essere amati.
    Concretamente questo si declina nel cominciare e concludere la giornata insieme con una preghiera, nel cercare di aspettarsi a cena, nel condividere le spese e il bucato, nell’essere seguiti a livello spirituale, nel tentativo di impastare il lavoro e lo studio con la preghiera. Non viene quindi data grande enfasi al predisporre incontri, eventi o percorsi particolari per i giovani che ci fanno visita, perché si ritiene che la fede si comunichi a partire dalla condivisione di una vita ordinaria.
    A tal proposito, uno dei doni più grandi di questi mesi è stato proprio l’aver incontrato e ascoltato parecchi giovani. Condividendo con loro la quotidianità, ci siamo accorti che essi sono in continua – e a tratti disperata – ricerca di esperienze comunitarie. Hanno cioè un profondo desiderio di sperimentare modalità di vita ordinaria alternative a quelle di stampo individualista che pervadono questo tempo storico. In mezzo ad esistenze sempre più frammentate, dove anche le relazioni seguono spesso i criteri consumisti ed efficientisti che il mercato impone violentemente, essi cercano dimensioni quotidiane che uniscano, che tengano insieme i legami e diano la percezione di una realtà integra, profonda, accogliente, serena, solida.
    In questo senso, l’“annichilimento del desiderio”[3] è concretamente visibile. L’“uomo senza inconscio”[4], non avendo più bussole per orientarsi nell’esistenza, considerato anche che quel “Dio è morto”[5], ha paura dell’angoscia, causata dall’incontro con l’Altro, la quale è però l’anticamera necessaria del desiderio. Allora fugge, rifugiandosi in un moralismo del godimento egolatra che “svuota la vita di senso”[6], privandola di desideri vivi e autentici. Il desiderio infatti, per essere tale, deve incontrarsi con il desiderio dell’Altro. Si tratta cioè di “rinunciare a esigere vita, a favore della vita dell’altro”[7]. Solo così la vita acquista il suo senso più profondo, riempiendosi d’Amore.
    Sorge allora un’inevitabile interrogativo. I cristiani, se davvero sono “sale della terra e luce del mondo” (Mt 5,13-14), se già sono stati consapevolmente “introdotti nella vita”[8], chi sono se non coloro che possono ‘ravvivare’ la vita stessa, mostrare un desiderio autentico, conferire senso all’esistenza?
    La questione è decisamente complessa, ma in questa direzione, forse, una piccola certezza ci viene donata da San Paolo: "in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito" (Ef 2,22). Noi siamo abitazione di Dio, quando siamo insieme. Dio è comunione, e la vita di comunione non si rivela nell'individuo, ma bisogna essere almeno in due. Essa, allora, può essere molto favorita dalla condivisione di vita, dalla vita fraterna, purché custodita: “erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2,42). I cristiani lo sanno da sempre, ma sembra che ogni tanto se lo dimentichino, seguendo anch’essi correnti religiosamente individuo-centriche.
    Coraggio, allora. Ripartiamo dalla vita fraterna, dalla comunione, per camminare insieme verso le fonti della vita.

     
    NOTE

    [1] ‘Legàmi” è un gruppo informale di giovani attivo da circa otto anni nella città di Como e svolge quattro principali attività: esperienza di incontro in strada, testimonianze, progetti nelle scuole, vita comunitaria.
    [2] Nicola Cabasilas, La vita in Cristo, Città Nuova, Roma 2017, p. 19.
    [3] Martin Heidegger, Oltre la linea, Adelphi, Milano 1989, p. 110.
    [4] Massimo Recalcati, L’uomo senza inconscio. Figure della nuova clinica psicoanalitica, Cortina, Milano 2010, p. 9.
    [5] Friedrich Nietzsche (1882), La gaia scienza, Adelphi, Milano 1965, p. 130.
    [6] Viktor Emil Frankl, Alla ricerca di un significato per la vita, a cura di E. Fizzotti, Morcelliana, Brescia 2005.
    [7] Christos Yannaras, Variazioni sul cantico dei cantici, Qiqajon, Magnano 2012, p. 9.
    [8] Nicola Cabasilas, op. cit., p. 19.


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