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    Giovani e Chiesa scommettono insieme sulla vita comune


    Cristina Pasqualini e Fabio Introini [1]

    (NPG 2020-03-21)



    Nel nostro Paese, quella dei giovani è una questione seria e spinosa, ancora troppo spesso rimandata e derubricata, come se i giovani, in quanto tali, potessero attendere, mettersi da parte rispetto a problemi più urgenti che intasano e monopolizzano le agende politiche. In realtà, i giovani hanno aspettato sin troppo e non hanno tempo da perdere, perché questo è anche il loro tempo. Tra i giovani, in tanti sembrano averlo capito e ne ravvisiamo tangibili segnali nelle loro pratiche. Ragazzi che affollano non soltanto le piattaforme social digitali, ma anche le piazze delle loro città; piazze che diventano luoghi in cui manifestare per i loro diritti, non solo individuali ma collettivi. Sono ragazzi che hanno maturato una sana coscienza planetaria, che li preserva dallo sterile individualismo narcisista imperante nelle passate generazioni e consente loro di pensarsi insieme agli altri nella diversità: collaborativi, virtuosamente interconnessi e meno soli. Questa generazione ha delle cose da dire e un cammino da fare, delle risorse da reperire e da attivare. Ma non può farlo da sola, seppure siano apprezzabili e incentivabili i tentanti di intraprendenza. Da chi deve essere attenzionata, chi se ne deve prendere cura? Chi può fare cosa? Vista la deprivazione generale del contesto sociale in cui si trovano a crescere, la Chiesa non si è tirata certamente indietro e ha fatto la sua parte. Per capire cosa fare per loro, si è messa in ascolto, attraverso l’indizione di un Sinodo a loro dedicato.
    Le ricerche condotte dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, assieme a quanto rilevato dai padri sinodali, convergono su un risultato: i giovani esprimono il bisogno di una Chiesa “più sociale”. Come a una sorta di “impresa multiservizi” alla Chiesa sono state rivolte richieste di aiuto, supporto, accompagnamento rispetto ad alcune fondamentali dimensioni della vita quotidiana e sociale: dal sostegno/indirizzamento alla scoperta e alla valorizzazione dei propri talenti personali (Chiesa come agente di scouting), alla capacità di ascolto e assistenza psicologica (Chiesa-counseling), allo sviluppo di reti di relazione con le altre agenzie e istituzioni del territorio finalizzate ad agevolare la ricerca della propria occupazione (Chiesa-agenzia per il lavoro), alla animazione culturale di alto livello (Chiesa-centro culturale). Il tutto riunito nella dimensione fondante di una Chiesa immaginata come casa, comunità, ambiente “protetto” in cui abitare non tanto per sfuggire alle prove di una società prestazionale sempre più dura ed esigente nei loro confronti, ma per trovare un luogo sano e tranquillo in cui mettersi alla prova e prepararsi ad affrontare quel mondo. Nei desideri dei giovani, in altri termini, c’è una “voglia di società” che si accompagna a una simultanea e necessaria “voglia di comunità”. C’è bisogno di uno spazio che obbedisce a logiche altre, che include e accoglie per lanciare e rilanciare, e che proprio per questo può fare da ponte tra le relazioni calde e dense di tipo comunitario e quelle più formali di tipo societario.
    Spesso ci si chiede cosa la Chiesa possa fare per avvicinarsi ai giovani, per intercettare nuovamente i loro entusiasmi e i loro consensi. Domande come queste tendono spesso a spostare la questione sul piano dei linguaggi e della comunicazione, con il rischio sempre presente di abbandonarsi a operazioni che ricordano molto da vicino il marketing. In base a quello che i giovani ci hanno detto, sembrerebbe invece che la vera partita da giocare sia su un piano diverso; che il cambiamento da produrre non è (almeno in primis) nella sfera della comunicazione, ma in quello dei legami sociali, delle relazioni, delle forme del coinvolgimento dei diversi attori dentro e fuori la comunità, dei luoghi, dei tempi e dei ritmi entro cui la comunità stessa si pensa e si incontra come collettività. Proprio dall’emergere forte di queste tendenze nasce per noi una nuova domanda conoscitiva, che ci porta a indirizzare lo sguardo a quelle forme di vita comune che anche entro la Chiesa stanno nascendo e si stanno diffondendo, a macchia di leopardo, nelle diocesi italiane. Perché molto probabilmente è al loro interno che si trovano i germi di un possibile incontro tra un “popolo” e una “istituzione” in cerca delle proprie future forme, capace di innescare energie partecipative, nuove forme di legame e di appartenenza.
    L’impressione è che la Chiesa e i giovani, nel tempo, si siano reciprocamente allontanati, più per inerzia delle cose che per scelta, a causa di un mood culturale generale e pervasivo. Gli spazi della Chiesa si sono via via svuotati di giovani, di energia e di entusiasmo, venendo meno un sano e naturale ricambio generazionale tra gli educatori, i catechisti e i volontari, presenze canute e instancabili nel tener viva la luce. Perché ci troviamo in questa situazione? Come possiamo ridare senso e densità umana a questi spazi vuoti, in maniera nuova, rispondente al nostro tempo e ai bisogni dei giovani? Sarebbe sbagliato pensare che le giovani generazioni, così diverse ed emancipate rispetto a quelle passate, non abbiano più bisogno della Chiesa e dei suoi luoghi, sia durante l’infanzia sia durante il tortuoso cammino che li porta all’adultità. Dalla ricerca “Dio a modo mio” – pubblicata dall’Istituto Toniolo nel 2015 – sappiamo infatti che quando incontrano le domande – quelle serie della vita – si sentono smarriti, impauriti, paralizzati o allo sbando. Non sanno come leggerle, con chi condividerle, come rispondere. Se da un lato sono capaci di informarsi autonomamente e in maniera orizzontale-informale con estrema facilità, più difficile per loro è il confronto e l’incontro con interlocutori autorevoli, adulti affidabili e maturi, capaci di orientare nel migliore dei modi e in maniera disinteressata e autentica. C’è bisogno di Chiesa, di questo tipo di Chiesa, affinché i giovani possano farvi ritorno o farne la scoperta.
    I tanti spazi della Chiesa, dislocati sui territori – più o meno vuoti, diversamente pieni – sono potenzialmente luoghi di relazioni calde; luci tenaci, sempre accese nella notte delle nostre città e del nostro tempo. Della luce di questa Chiesa c’è bisogno. E in cuor loro, i giovani – più o meno alle prese con le distrazioni e le fatiche del quotidiano – sono a conoscenza di questa possibilità. Di non essere realmente soli, di potersi incamminare verso quelle luci accese; sanno, insomma, che quelle porte sacre sono sempre aperte e mai sbarrate, che sull’uscio ci sono persone misericordiose disponibili ad accoglierli, sempre. Di questi tempi, è proprio nelle prossimità delle parrocchie che alcuni giovani si avvicinano e accendono timidamente la loro lucina, una luce che sa di comunità, resa possibile dalla vita comune. Una lucina, che fa luce insieme alle altre, e rende più bella la vita per i giovani certamente ma anche per la Chiesa, che in questo modo torna ad essere generativa. Questo re-incontro tra giovani e Chiesa è una risposta, da ambo le parti, che merita di essere valorizzata.
    L’Osservatorio Giovani, insieme a Odielle (Oratori Diocesi Lombarde) e Regione Lombardia, ha avviato pertanto nell’anno pastorale 2019-2020 un primo censimento delle nuove forme di vita comune giovanili (temporanee e permanenti) nate in seno alla Chiesa lombarda, che porterà allo studio e al racconto di alcune di queste, in modo che possano essere conosciute e prese in considerazione da altri giovani, che hanno il desiderio di mettersi in cammino con i propri pari. Tra le prime esperienze mappate, segnaliamo “La Rosa dei 20”[2], l’esperienza di vita comune promossa nella Diocesi di Milano, voluta dall’Arcivescovo Mario Delpini e affidata all’Azione Cattolica ambrosiana per la sua realizzazione. Nel mese di ottobre 2019, cinque ragazzi – 3 maschi e 2 femmine, studenti e lavoratori, età media 26 anni – sono andati a vivere insieme in un appartamento di una parrocchia nel quartiere ‘Gallaratese’ di Milano. Questi ragazzi stanno facendo un pezzo di strada fianco a fianco attraverso una esperienza di vita comune permanente che si concluderà dopo circa nove mesi di coabitazione. Come afferma don Cristiano Passoni, Assistente diocesano generale dell’Azione Cattolica ambrosiana, che segue questo progetto con attenzione e dedizione, “la vita comune è una proposta forte che incontra i desideri importanti dei giovani di oggi. La posta in gioco non è qualsiasi. Si tratta di vivere una vita ordinaria secondo il Vangelo”. Bisogna scommettere sul vivere insieme secondo il Vangelo, secondo modalità nuove e innovative.


    Ricerca “Giovani e #VitaComune

    L’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, in collaborazione con Odielle (Oratori Diocesi Lombarde) e con il contributo economico di Regione Lombardia, ha promosso l’indagine annuale Giovani e #VitaComune, che sarà realizzata nel corso dell’anno pastorale 2019-2020. L’obiettivo è quello di mappare e studiare le tracce di un processo di trasformazione, evidenziando nuove forme di vita comunitaria e coabitativa che si stanno generando entro la cornice dell’appartenenza alla Chiesa. Quando si parla di esperienze di “vita comune giovanile” distinguiamo tra “temporanee” e “permanenti”:
    Per esperienze giovanili di vita comune temporanea si intendono le esperienze che coinvolgono giovani di target di età diversi - adolescenti (14-16enni), 17-19enni e giovani (20-29enni) - che hanno una durata limitata nel tempo: da alcuni giorni a qualche settimana. Le proposte prese in considerazione, in genere, sono organizzate in luoghi e tempi specifici dell'anno liturgico-pastorale (nei propri luoghi di appartenenza e non), con la presenza di educatori adulti. Sono invece escluse dalla ricerca tutte le esperienze di campi estivi o vacanze per/con i giovani.
    Per esperienze giovanili di vita comune permanente si intendono le forme di vita comune fortemente caratterizzate dall'elemento della coabitazione, che viene sperimentata come scelta di vita per periodi significativamente lunghi.
    Al fine di censire le esperienze di #VitaComune giovanile presenti sul territorio lombardo, sono stati predisposti due specifici questionari. Chi volesse partecipare, segnalando la propria esperienza di vita comune, può compilare i questionari al link: http://www.odielle.it/it/news/vitacomune-967

     
    NOTE

    [1] Cristina Pasqualini è docente di “Sociologia dei fenomeni collettivi” presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Fabio Introini è docente di “Sociologia delle religioni” presso la medesima Facoltà. Entrambi sono anche membri dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo.
    [2] Per saperne di più circa la ‘Rosa dei 20’ si veda anche l’articolo ‘La Rosa dei 20’ all’interno di questo stesso numero di Note di Pastorale Giovanile.


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