Attesi dal suo amore
    Proposta pastorale 2024-25 

    MGS 24 triennio

    Materiali di approfondimento


    Letti 
    & apprezzati


    Il numero di NPG
    luglio-agosto 2024
    600 cop 2024 2


    Il numero di NPG
    speciale sussidio 2024
    600 cop 2024 2


    Newsletter
    luglio-agosto 2024
    LUGLIO AGOSTO 2024


    Newsletter
    SPECIALE 2024
    SPECIALE SUSSIDIO 2024


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Pensieri, parole
    ed emozioni


    Post it

    • On line il numero di LUGLIO-AGOSTO di NPG sul tema degli IRC, e quello SPECIALE con gli approfondimenti della proposta pastorale.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: luglio-agostospeciale.
    • Attivate nel sito (colonna di destra "Terza paginA") varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2020 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2020: 118 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2024 


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2024 


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

     


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 


    Animazione,
    animatori, sussidi


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV


    NPG Facebook

    x 2024 400


    NPG X

    x 2024 400



    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email

    Dodici anni di PG /3. Il futuro. Sognando PG


    Intervista a d. Fabio Attard, consigliere generale uscente della PG Salesiana

    A cura di Renato Cursi – Giancarlo De Nicolò – Jesús Rojano

    (NPG 2020-03-46)

     

    Eredità ricevute, cammini aperti

    13. Torniamo alla Sua esperienza.
    Cosa pensa di lasciare in eredità alla PG salesiana dei prossimi anni?
    Pensando all'eredità ricevuta, cosa pensa di aver maggiormente consolidato o "innovato"?
    Quali sono i nodi irrisolti o comunque costitutivi della PG, che devono trovare ad ogni stagione (sociologica, culturale, teologica...) percorsi diversi e nuovi?

    Sinceramente sento che la più bella eredità che abbiamo è il cammino della Congregazione. Il santo John Henry Newman ha una preghiera dove dice che si sente come un anello in una catena. È il mio stesso stato d’animo.
    In questi anni tante volte ho letto e riletto i vari Capitoli Generali, specialmente quello ‘Speciale’ (CGS 20) e quello del 1990 (CG 23) che sono dei punti di riferimento irrinunciabili. Poi mi sono spesso trovato a studiare le grandi lettere di Don Egidio Viganò e Don Juan Edmundo Vecchi in un momento bello e allo stesso tempo critico della Congregazione nell’immediato post-Concilio Vaticano II. Accanto a questi giganti io sono nessuno. Mi sento semplicemente un salesiano al quale è stato affidato il tesoro, vivo e vivificante della nostra amata Congregazione.
    In questi anni ho cercato di non sotterrare o nascondere il tesoro! In quest’ottica leggo il servizio che ho compiuto: nello spirito dell'Evangelo, davvero, siamo soltanto servi! Mi sento benedetto da Dio per l'opportunità avuta di approfondire il carisma salesiano così da vicino. Questa benedizione è stata la vera energia per il mio impegno. Ho cercato di non sottrarmi mai alle sfide del cammino. Come in tutti i cammini pastorali si incontrano resistenze, fatiche, perfino opposizioni, qualche volta anche arroccamenti ideologici. Bisognava affrontarli con serenità ma anche con quella visione che non è mia, ma della Congregazione e della Chiesa.
    Camminare con la Chiesa e con la Congregazione: credo che sia stato questo ciò che mi ha dato forza, e spero che rimanga per tutti noi come un richiamo fondamentale. Il Dicastero non è altro che un servizio, e coloro che ne fanno parte entrano nello spirito del servizio, non del prestigio o potere. Dunque: seguire il cammino tracciato dalla Congregazione nei suoi Capitoli Generali senza paura, con chiarezza, e con molto rispetto per le persone. Ma il mandato non cambia: ricevere e trasmettere il carisma incarnato da Don Bosco e nei Salesiani che lo hanno reso sempre contemporaneo a tutte le latitudini, e che è stato trasmesso a noi perché lo teniamo sempre vivo e fecondo.

    Un secondo punto chiave che ho cercato di promuovere trova il suo punto di partenza da un saggio consiglio che mi ha dato il mio predecessore, don Antonio Domenech il giorno della mia elezione a consigliere. Mi ha raccomandato di seguire le regioni, progettare processi sistematici di animazione e accompagnamento della ispettorie, dei delegati di pastorale giovanile. Alla fine di 12 anni di esperienza, vedo molto più chiaramente la saggezza di questo consiglio. Ho cercato di viverlo, io e i miei collaboratori, con cura e regolarità. I delegati PG riconoscono che il sentirsi accompagnati dal Dicastero è stata una fonte di sostegno umano, spirituale e pastorale. E qui non è di prammatica un sentito grazie ai membri del Dicastero per il loro eccellente lavoro di vicinanza e di presenza animatrice.
    Un altro elemento chiave su cui ci siamo molto impegnati è la Scuola dei delegati ispettoriali di pastorale giovanile. La “scuola” per sé è stata una proposta indovinata. Ma quello che più conta è che questo ha dato il via a una serie di proposte di formazione pastorale a livello ispettoriale, agendo dunque come un paradigma formativo. Un passo che ritengo sia stato molto apprezzato.

    Cito un ultimo esempio di proposta che ha lasciato un segno molto positivo. Come Dicastero in tutti i processi abbiamo favorito un approccio che dà priorità alla riflessione basata sull’ascolto della realtà. Nei vari documenti prodotti, nelle differenti consulte fatte, nel congresso "Pastorale Giovanile e Famiglia" e nei vari seminar sull’accompagnamento spirituale salesiano, il paradigma è stato sempre lo stesso: ascolto della realtà. La metodologia del Sinodo sui giovani ci ha trovati in piena sintonia. La sua dinamica era segnata dalla presenza di persone da tutti i contesti: salesiani, laici, uomini e donne, anche giovani. Il pensare e riflettere insieme a livello mondiale è stata sempre un’esperienza ricca e profondamente valida. Siamo una Congregazione mondiale. E questo non è un vanto ma una grossa responsabilità che va presa sul serio. Qui abbiamo vissuto sempre un’esperienza di sinodalità, dove i vari temi erano discussi e condivisi in maniera globale. Le varie competenze e le differenti letture sociali e culturali erano sempre e immancabilmente illuminate dalla luce del Vangelo, del Magistero e della Congregazione.

    Cammini da compiere e nuove sfide

    A proposito dei nodi irrisolti, io preferirei parlare di cammini ancora da compiere, proprio perché sono costitutivi della pastorale giovanile. Qui completo solo quanto già abbondantemente detto.
    Senza dubbio la Comunità Educativo-Pastorale (CEP). È il nodo centrale circa cui non mi sono stancato di insistere in questi anni. Chi verrà avrà ancora da confrontarsi e "lottare" su questo punto. Perché questo è una crocevia, una sintesi o concentrato di ciò che noi siamo. A coso di annoiare, ribadisco alcuni concetti chiavi.
    Nel Capitolo 5 del Quadro di Riferimento abbiamo una buona sintesi di ciò che la CEP rappresenta per noi. Non è una struttura pedagogica, ma una mentalità pastorale. La CEP è l’espressione del cuore pastorale in una determinata presenza. Insieme vogliamo riconoscere, insieme vogliamo interpretare le sfide, insieme vogliamo fare delle scelte che rispondano ai bisogni dei giovani. La CEP è il nostro modo salesiano di essere Chiesa!
    Quali sono le sfide? Esse non si pongono tanto a livello di comprensione teorica, già abbastanza assodata. La sfida è che la CEP tocchi e coinvolga il cuore dell’educatore/pastore. La CEP sfida tutti i suoi membri a camminare insieme, e servire, non a comandare. La CEP chiede a tutti di mettersi in ascolto reciproco. Qui abbiamo ancora una strada da fare… che va fatta.
    Non c’è un punto di arrivo. C’è solo un cammino che non deve fermarsi. Un cammino che quando trova resistenze, le chiama per nome e le affronta seriamente. Perché c'è di mezzo il bene dei giovani che non può dipendere dalla mancata capacità di camminare.
    Di conseguenza un secondo cammino necessario è l’applicazione del Progetto Educativo-Pastorale Salesiano (PEPS). Stiamo certamente facendo dei progressi che vanno riconosciuti, ma la strada è ancora lunga. Progettare insieme va di pari passo con una mentalità di comunione perché il PEPS è frutto della CEP. Se la CEP funziona, se cammina bene, il frutto è una proposta integrale assunta collegialmente da tutti gli operatori pastorali.

    Il sogno

    14. A parte i risultati ottenuti e comunque la "pesanteur" (direbbe Simone Weil) e la fatica del cambiamento, cosa sogna per la PG, salesiana e non? Sognare PG, dicevano d. Vecchi e d. Tonelli, nostri riferimenti "sempre vivi". Cosa sogna d. Fabio?

    Avrei dovuto dirlo all'inizio, ma lo faccio ora con grande gioia: quelli che sono venuti prima di noi, oltre ad idee e contenuti, ci hanno lasciato un forte esempio di dedizione che oggi io apprezzo tanto e che mi incoraggia nel mio cammino. Se per noi oggi è impegnativo accompagnare il cammino della Congregazione, sicuramente lo era ancora di più per loro. Noi raccogliamo quello che hanno seminato. La mia gratitudine per tanti volti e nomi è vera e sincera.

    Nella fedeltà continuo un sogno comune, e lo coloro con tre sfaccettature.
    La prima è di vedere educatori/pastori innamorati di Gesù. Sogno persone - impegnate nei percorsi pastorali con i giovani - che nel profondo del loro cuore sono persone mistiche. Mi sovviene l'intuizione di Karl Rahner: “Bisognerà dire che il cristiano del futuro o sarà un mistico, cioè una persona che ha sperimentato qualcosa, o non sarà cristiano.” Sono sempre più convinto (e l’ho detto e scritto più di una volta) che i giovani sono assetati di relazioni con adulti veri, autentici. Vogliono rapportarsi con adulti che “hanno sperimentato qualcosa”. Ce lo stanno dicendo in tutte le maniere. Lo stesso possiamo dire dei nostri collaboratori, che aspettano da noi salesiani una testimonianza limpida e sincera che li rafforzi nel loro cammino.
    Una seconda sogno è di vedere esperienze segnate dallo spirito di Valdocco, lo spirito oratoriano, lo spirito di famiglia. Confesso che sono stato molto fortunato in questi anni a visitare presenze in ambienti difficili e impegnativi dove "si sente" lo spirito di Valdocco. Rimane sempre una gioia per me vedere salesiani e laici che riescono a vivere una vera esperienza oratoriana segnata dallo spirito di famiglia. Non è dappertutto così. In alcuni luoghi preferiamo “gestire” l’opera, più che “animarla” dal di dentro della CEP; in altri preferiamo più “l’ufficio” che il “cortile”, più il “potere” che il “servizio”. I giovani insieme ai nostri collaboratori non vogliono salesiani manager! Cosa direbbe Don Bosco se visitasse queste presenze?
    La terza sfaccettatura è di vedere educatori e pastori testimoni capaci di proporre cammini di crescita integrale. E qui mi rifaccio alle insistenze di don Viganò e di don Vecchi che la nostra proposta pastorale educativo-pastorale non vada frammentata: siamo educatori e evangelizzatori, educatori perché evangelizzatori!
    Sogno salesiani e laici collaboratori che in maniera intelligente e rispettosa propongono cammini di fede, senza vergogna e paura. Con rispetto del livello della libertà di ogni giovane, non dobbiamo sottrarci alla proposta di fede come se dovessimo chiedere scusa perché siamo cristiani!
    Sogno salesiani e laici collaboratori capaci di offrire esperienze culturali senza superficialità. Non possiamo permetterci di lasciarci trascinare da una cultura mediocre, che rende tutto banale.
    Sogno presenze chiamate a dare un messaggio che segna in maniera nobile la cultura del tempo. I nostri giovani, specialmente quelli più poveri, hanno diritto ad una formazione culturale che li fa diventare persone colte, capaci di esprimersi con chiarezza.
    Sogno salesiani e laici collaboratori capaci di moltiplicare le proposte di gruppi segnati dalla solidarietà a tutto campo, specialmente oggi dove il povero, l’immigrato e il rifugiato stanno diventando sempre di più "oggetto" rigettato, più che persone che vanno rispettate nella loro dignità già ampiamente calpestata.
    Infine sogno salesiani e laici collaboratori che “sfidano” i giovani con proposte vocazionali che li aiutino a diventare protagonisti, assumendo con coraggio il proprio progetto di vita.
    È un sogno ampio, ma è il sogno del nostro PEPS!

    Ringiovanire nel cuore

    15. Siccome il "sogno" ha un linguaggio simile a quella della profezia, vogliamo ricordarLe che Lei aveva già parlato della "profezia" di educatori-testimoni. Può confermarla o comincia – per ragioni di stanchezza, età, insignificanza di certi educatori o opere educative – a pensare che sia proprio qui il problema oggi di una PG che arranca e fatica a tenere il passo del mondo giovanile, che da una parte cerca vitalità di proposte/esperienze, e dell'altra vive bene anche senza?

    Il fatto della sfida, della stanchezza e altri fattori, assolutamente non cambia l’obiettivo della nostra missione che è quello di metter sempre al centro della nostra chiamata la persona del giovane. Certo, vedendo alcune realtà sociali, è molto facile il pericolo di cadere in un certo pessimismo. Siamo tentati di lasciarci condizionare da una certa “inutilità” che ci fa credere che siamo dei “perdenti”. E così ci viene meno lo zelo, smettiamo di sognare.
    Ma è proprio in questo crocevia della nostra esistenza che viene fuori il nostro “credere”. Non vorrei spiritualizzare la sfida, vorrei solo metterla sotto la luce che ci aiuti a scoprire il vero senso della nostra speranza. Tenere il passo con il mondo giovanile non è questione di formule, ma di una conversione, prima di tutto, ad intra, per poi procedere ad extra. È vero che c’è una parte dei giovani che non hanno nessun interesse nella Chiesa, ma nell'Instrumentum Laboris è anche venuto fuori che il volto di una Chiesa vicina non è mai disprezzato, non è mai insignificante.
    Questa missione che ci è affidata, lo ripeto, si gioca a vari livelli. Innanzitutto, nel cuore della persona dell’educatore/pastore. È qui che comincia o fallisce tutto. Credere nei giovani, essere determinati di non abbandonarli, essere decisi di camminare con loro, nella stessa logica di Gesù sulla strada di Emmaus, è una scelta del cuore. Come frutto di questa scelta e di questa determinazione emergono due conseguenze che segnano la nostra risposta: il desiderio di incarnarci nella storia dei giovani. La loro storia diventa lo spazio dove cerchiamo di offrire esperienze a cammini che facilitino l’incontro. Ma, a sua volta, tale incontro si costruisce attorno ad un progetto. È un camminare insieme che porta da qualche parte. Un’esperienza che aiuti gradualmente ad una crescita con dei punti di riferimento che danno senso alla loro vita.
    Una pastorale giovanile stanca, compromessa, superficiale, non è un’alternativa. È il vuoto. Non interessa a nessuno, meno di tutto ai giovani.

    Nei diversi contesti territoriali

    16. Lei ha avuto contatti con tante persone e realtà pastorali nel mondo e conosce quanto si svolge nella Chiesa e nella Congregazione in Italia e Spagna. Cosa suggerisce ai “cammini pastorali” vissuti e proposti in questi contesti?

    Il primo suggerimento è una parola: “coraggio”!
    Nei contesti secolarizzati, e qualche volta molto aggressivi, è facile lasciarci scoraggiare da quella stanchezza che abbiamo commentato prima. Invece, la mia esperienza in questi anni mi dice altro. Conosco e partecipo a dei cammini pastorali dove è evidente il senso dell’appartenenza dei giovani. Saranno pure una minoranza, ma sicuramente sono una minoranza non élitista e molto convinta.
    Sto vedendo esperienze dove giovani animatori nei vari paesi stanno facendo un cammino di fede molto maturo. Giovani che stanno vivendo un cammino segnato dalla Parola di Dio, dai sacramenti, arricchito dalla formazione nel carisma salesiano e vissuto in esperienze pastorali molto significative. Giovani che nei nostri cammini trovano una casa dove sanno che noi vogliamo loro bene. Giovani che esprimono il desiderio di crescere, di scoprire il loro progetto di vita, il valore della solidarietà. Vogliono sperimentare l’amore di Gesù.
    Come facciamo a non vedere l’aspetto positivo di queste esperienze e lasciarci guidare da questi giovani?
    I giovani ci vogliono bene. Questa sola verità non è solo commovente, ma costituisce una chiamata fortissima e solida a non lasciarci trascinare da un deleterio pessimismo. Da quello che vedo e da quello che vivo, specialmente in Europa, vedo segni che vanno coltivati.
    Dove si semina bene, il seme non va mai perso. Ma abbiamo bisogno di seminatori convinti, di seminatori che hanno il seme del vangelo nel loro cuore.

    Il secondo suggerimento è ricordare l’ovvio: i giovani ci vogliono vedere come autentici testimoni: non solo gente che propone ma gente che testimonia. I giovani "vogliono vedere Gesù" in noi, in mezzo a noi. In una cultura effimera, dell’attimo, dell’immediato, solo quello che tocca profondamente il cuore rimane. Tutto il resto è un “attimo che passa”, una cosa consumata, che deperisce. E noi, se non siamo autentici, diventiamo persone come tanti altri nella vita dei giovani: un incontro, un ricordo fuggitivo, a volte inutile o dannoso. Invece, quando c’è l’autenticità della vita, questa si presenta come una fonte d’acqua in un deserto spietato – i giovani ci ritornano perché sono assetati di senso, sono cercatori di verità.

    Per ultimo, incoraggio in maniera forte a un impegno a vivere, prima, e a offrire, poi, l’esperienza dell’accompagnamento. Papa Francesco in una sua omelia (2 febbraio 2015) dice: “Guidiamo il popolo a Gesù lasciandoci a nostra volta guidare da Lui. Questo è ciò che dobbiamo essere: guide guidate.” Riusciamo ad accompagnare veramente i giovani se, prima siamo noi stessi accompagnati a livello personale, per poter poi credibilmente proporre ai giovani quello “che abbiamo veduto e udito” (1Gv 1, 3).
    Per questo il tema del discernimento va approfondito a due livelli: il discernimento nella vita dei giovani e il discernimento all’interno della CEP, come educatori e pastori. Questo è un tema fondamentale, insieme a quello precedente sull’accompagnamento, che il Documento Finale ha trattato in maniera molto chiara in due momenti: Parte II, Capitolo IV: L’arte di discernere; Parte III, Capitolo I: La sinodalità missionaria della Chiesa.

    Il ritorno alla realtà locale

    17. Adesso tornerà in una realtà locale. Quali sono i cammini che farà d. Fabio educatore locale per “mettere in pratica” quanto diceva d. Fabio “consigliere generale”?

    Con una risposta "secca": don Fabio continuerà a fare quello che faceva prima! Sono sempre la stessa persona. Fin dall’inizio della mia vita salesiana, tanti salesiani e laici impegnati mi hanno insegnato che la vita salesiana è una esperienza di famiglia. In tutte le case dove sono stato ho avuto la grazia di lavorare con équipe di salesiani e laici, uomini e donne, giovani e adulti. Forse senza che io lo sapessi, il Signore mi ha dato questa opportunità e mi ha messo in opere e presenze dove questo era vissuto in maniera strutturale e anche naturale.
    Io, grazie a Dio, ho avuto sempre accanto gente generosa che mi ha voluto bene, mi ha aiutato a vivere la mia vocazione con serenità con rispetto. Anche quando ho dovuto assumere un ministero nell’arcidiocesi di Malta, quella di fondare e dirigere l’Istituto di Formazione Pastorale, mi ricordo che la prima cosa che ho chiesto all’arcivescovo è stata di formare un’équipe, sacerdoti, religiosi, laici, uomini e donne. Sono stato sempre guidato da questo principio che oggi riconosciamo come “sinodalità”.
    Ecco: terminato questo ufficio di “consigliere”, la vita continua. Non ho dovuto cambiare pelle prima, diventando consigliere, non vedo il motivo perché la debba cambiare adesso! Come salesiano sono e resto "servo" dei giovani!
    In questi anni ho fatto del mio meglio per vivere e mettere in pratica a livello della Congregazione il mio essere salesiano. Ho cercato di vivere la mia vocazione di salesiano, in primis, nel Dicastero, con i miei collaboratori. Insieme ai membri del Dicastero, ci consideriamo come una piccola CEP. La presenza di un laico all’interno dell'équipe ci ha portato un allargamento di vedute e di interpretazione delle sfide. Avrei voluto altri laici, specialmente donne, nel Dicastero. Sarà compito e gioia del prossimo Consigliere!
    In che modo mi ha cambiato questa esperienza? Questi 12 anni mi hanno rafforzato nelle mie convinzioni salesiane più profonde! Salesiano non è solo "essere di" Don Bosco, ma "essere come" Don Bosco. Insieme ai miei collaboratori, abbiamo cercato di guardare alle sfide con lo stile che ci ha insegnato Don Bosco: cioè vedere la storia dei giovani come chiamata alla quale dobbiamo rispondere con tutto noi stessi. Ce lo siamo chiesti spesso come leggerebbe Don Bosco le sfide che dobbiamo affrontare oggi, e quali scelte farebbe lui, educatore e pastore dei giovani.
    Nutro l'umile speranza che non l'abbiamo tradito troppo.

     


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

    Main Menu