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    Giovani, siate aperti agli scherzi di Dio


    Intervista al card. Luis Antonio Tagle

    A cura di Gioele Anni


    (NPG 2019-02-2)

    Da un capannello di cardinali, nell’atrio dell’aula Paolo VI, scoppia una risata. Fragorosa, genuina, inconfondibile. È l’arcivescovo di Manila, Luis Antonio Tagle. O semplicemente “Chito”, pronunciato alla spagnola. Lo chiamano così i giovani delle Filippine e a lui questo nomignolo piace. È giovane: 61 anni, ma ne dimostra anche meno. Figlio di una famiglia della classe media di Manila, ha studiato dai Gesuiti. Dopo l’ordinazione vola negli Stati Uniti: cinque anni di dottorato in teologia all’Università Cattolica d’America, a Washington. Poi le prime chiamate a Roma: nel 1997, a 40 anni appena compiuti, Giovanni Paolo II lo nomina membro della Commissione teologica internazionale. C’è lo zampino di un cardinale tedesco che ne aveva sentito parlare bene: si chiama Joseph Ratzinger. Vescovo dal 2001, designato a Manila dieci anni più tardi e creato cardinale nel 2012, gli zucchetti non cambiano “Chito”. Che continua a cantare le canzoni gospel – straordinari i video sulla sua pagina Facebook – e a stare in mezzo alla gente, soprattutto i poveri. Dal 2015 è anche presidente di Caritas internazionale. Lui sorride: «È tutta la vita che Dio mi fa degli scherzi». E chissà quali altri scherzi il Signore ha in serbo per lui. Di certo, li accoglierà con una risata…

    Cardinal Tagle, il Sinodo riflette sul discernimento delle vocazioni. E lei, quando ha sentito la chiamata a diventare prete?
    Prima di raccontare la mia storia vorrei fare una precisazione. Quando sentiamo la parola “vocazione”, spesso pensiamo a qualcosa che si scopre in un preciso momento e poi, puff: è tutto compiuto. Invece sono sempre più convinto che la vocazione sia un processo che matura nel tempo.

    Immagino allora che la sua vocazione non sia stata chiara fin da subito…
    Come no! Quando ero giovane e pensavo alle mie scelte di vita avevo tutto molto chiaro: volevo fare il dottore. E ho iniziato a fare progetti: a 13 anni leggevo già i libri di medicina per prepararmi a superare il test d’ingresso all’università. Poi un sacerdote della parrocchia che frequentavo mi ha ingannato.

    Prego? Ingannato?
    Sì, mi ha fatto uno scherzo! Mi ha detto che in un’università dei Gesuiti c’era un test per le borse di studio in Medicina, così che io potessi finalmente realizzare il mio sogno. Ci sono andato e solo quando ero già lì ho scoperto che mi trovavo alla prova di selezione per entrare in seminario.

    E la laurea in medicina? Che fine hanno fatto i suoi sogni di adolescente?
    Non era quella la mia strada. La mia storia dice questo: le persone intorno a me probabilmente hanno visto qualcosa che io non vedevo in me stesso. E anche uno scherzo ti può scuotere la vita, ti può far pensare: “Qual è la mia strada?”. Per questo, quando parlo con i giovani della chiamata di Dio, li invito a essere aperti anche agli scherzi e ai trucchi. Perché Dio ti porta sempre da qualche parte, magari anche con qualche piccolo gioco.

    Sono passati tanti anni, ora Lei è cardinale ed è molto vicino sia a papa Benedetto che a papa Francesco. Com’è il suo rapporto con i due pontefici?
    Credo che Benedetto e Francesco abbiano modalità espressive differenti, soprattutto perché vengono da contesti culturali molto diversi l’uno dall’altro. Ma il messaggio che portano è lo stesso. La mia relazione con loro è molto calorosa. Ho conosciuto papa Benedetto quando era ancora il cardinale Ratzinger, e papa Francesco quando era il cardinale Bergoglio. Avevo già con entrambi un rapporto e un confronto pastorale. Quando sono diventati Papi, quel rapporto non è cambiato. Alcune cose sono differenti: loro ora sono Papi e io sono vescovo. Ma la base di tutto è la familiarità umana e questo è ciò che ricordo quando li incontro. E che incoraggia anche noi, vescovi e sacerdoti, quando abbiamo a che fare con i giovani: è lo stile di un incontro aperto, rispettoso ma pieno di gioia che può fare la differenza nella vita dei ragazzi.

    È vero che papa Benedetto la prende in giro, quando vi incontrate?
    Sì! Ogni volta che ci vediamo mi fa sempre la stessa battuta. La prima volta in cui ci siamo conosciuti, alla Commissione teologica internazionale, mi presentò a papa Giovanni Paolo II e disse davanti a lui: «Dimmi la verità, quanti anni hai?». Io, sorpreso: «Quaranta!». E lui: «Ma sembri uno che ha appena fatto la prima comunione!». E ancora oggi quando mi saluta, parte con la battuta: «Eminenza, la prima comunione!».

    Che cosa significa per lei avere un rapporto così intimo con il Papa emerito?
    Trovo speciale che una persona come lui possa scherzare con me. E mi dico: “Vedi? Agli occhi di papa Benedetto tu non sei cresciuto, sei sempre giovane”. È bello, e mi fa piacere, pensare a me stesso come a un bambino che viene continuamente formato. Anche le battute di Benedetto fanno parte degli scherzi che il Signore mi fa, come quello del prete che mi spinse a entrare in seminario. Credo che, attraverso questi scherzi, Dio mi inviti a fare due cose. La prima: rimanere un bambino. E la seconda: essere consapevole che nella vita c’è sempre spazio per crescere. Questo fa parte del processo vocazionale, se guardiamo alla nostra vita con gli occhi di Dio.

    Si dice spesso che l’Asia, la sua terra, è il futuro della Chiesa. Perché?
    L’ho sentito dire molte volte, anche da diversi Papi: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, ora Francesco. All’inizio per me questa espressione era un mistero: non capivo perché avessero questa visione. Noi, dall’interno, ci accorgiamo più facilmente dei nostri problemi che non dei nostri punti di forza. Ma ora inizio a intuire diverse ragioni, e due in particolare. La prima: l’Asia è un continente molto giovane. In diverse nazioni dell’Asia più della metà della popolazione è composta da giovani. Quindi, se pensiamo al futuro, basta guardare alla popolazione per capire che qui ce n’è tanto. La seconda: l’Asia è il luogo di nascita di tante religioni. Praticamente tutti i culti principali sono nati in Asia: induismo, buddismo, confucianesimo, taoismo… E anche il cristianesimo e l’islam, se consideriamo la Terra Santa e il Medio Oriente come parte dell’Asia. Nell’anima delle persone che vivono qui c’è una ricerca di Dio. Non solo tra i cristiani ma in tutta la popolazione. La religione in Asia può essere strumentalizzata dalle ideologie, dai politici o da altre componenti sociali. Ma è anche una terra di conversioni e di dialogo. Così anche se la Chiesa in Asia è solo una piccola minoranza, c’è la potenzialità per riunirsi come umanità. Poi, certamente, in Asia ci sono anche tante persecuzioni contro i cristiani. E dove c’è la persecuzione, lì c’è Dio.


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