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    Riscoprire la fede della Chiesa nell’Italia dei santi


    I CAMMINI /2

    La Via Francigena dalle Alpi a Roma

    (NPG 2017-05-85)

    1. Il percorso
    Monica D’Atti

    La Via Francigena è nostra storia ed eredità: è il cammino italico tra Santiago e la Terra Santa, è il “cammino di mezzo”, parte del grande pellegrinaggio che unisce le tre mete più importanti della cristianità: Santiago, Roma e Gerusalemme. I pellegrini che hanno cominciato a percorrerla le stanno ridando vita e loro stessi ritrovano la vita lungo la Via.
    Il pellegrino sa che un cammino non è un’icona da ammirare o un luogo turistico da visitare o un monumento da celebrare. Il cammino è un’esperienza da affrontare con serietà e responsabilità e che ti porta dove neanche pensavi di arrivare se lo affronti con spirito aperto, con fiducia, con Fede. Un cammino ti mette in gioco, fino in fondo. Se tu gli lascerai te stesso lui ti darà di più.
    La Via Francigena storicamente è il percorso che nasce dalle “France”, che proviene da ovest, dal territorio dei Franchi: varca le Alpi attraverso i passi del Monginevro o del Moncenisio o del Gran San Bernardo, arriva alla pianura padana e passa Vercelli, Pavia e Piacenza e Fidenza; valicando il Passo della Cisa, scende in Toscana; poi da Pontremoli, lungo la valle del Magra, giunge a Massa; si prosegue per Lucca, Siena, Bolsena, Viterbo e infine si arriva a Roma, il cuore della cristianità. Roma non è solo la Memoria degli Apostoli Pietro e Paolo. È il luogo dove ogni santo ha trovato una casa. È il centro della devozione e del ricordo di ogni passo che la cristianità ha compiuto dal suo inizio.
    Camminando lungo la Via ci prepariamo a questo. Ad ogni tappa incontriamo qualcosa di importante, una devozione, la memoria di un santo: San Michele in val di Susa, la Sindone a Torino, Sant’Agostino a Pavia, il Volto Santo a Lucca, Santa Caterina a Siena, ad Acquapendente la memoria dell’edicola del Santo Sepolcro, Bolsena con il Miracolo Eucaristico. Non si possono elencare qui tutti i tanti altri luoghi che ci danno occasione di riflettere sulla ricchezza e varietà del messaggio cristiano. Tanti passi che ci portano a crescere, a interrogarci, a credere.
    Sicuramente partire per la Francigena richiede preparazione se non si vuole perdere una grande occasione. Preparazione non solo logistica, ma soprattutto consapevolezza, conoscenza della sua storia e del suo presente. La profondità e la ricchezza di questo cammino non merita di essere persa in una superficiale esperienza turistica o escursionistica. Da più di 15 anni pellegrini e abitanti dei territori attraversati si stanno impegnando per fare in modo che la Via sia percorribile e conosciuta. Questo è accaduto tanti anni prima che diventasse famosa e che fosse presa in considerazione da politici e amministratori. La Francigena prima di tutto è stata amata. Fin dall’inizio varie parrocchie e associazioni di volontariato si sono preoccupati di accogliere i pellegrini, hanno pulito e segnalato i sentieri, individuato il percorso migliore, sottolineato i punti importanti. In ogni luogo della Via c’è una persona o un gruppo di persone che ha dato tanto e tutta questa attenzione ha permesso a questo cammino di rinascere dopo secoli di dimenticanza. È importante sottolineare questo e rendere merito a tutti coloro che, anche dimenticati, hanno fatto e ancora tanto fanno perché la Via esista veramente.
    Così lungo il nostro pellegrinaggio, se saremo attenti e aperti agli incontri, ci potrà capitare di incontrare anche questa santità diffusa, povera e quotidiana. Gente di Via, al servizio della Via e pellegrini in cammino che regalano alla strada speranze, visioni, gioie, tristezze, preghiere. In fin dei conti questa è anche una occasione che ci aiuta a mettere a fuoco il senso del nostro itinerario su questa terra: condividere la strada insieme a tutti quelli che il Signore ci mette accanto, come fecero all’inizio i primi cristiani, quelli che venivano chiamati “Quelli della Via” (At. 9,2).
    Buon cammino e Ultreya, semper!

    2. Considerazioni pastorali. Restare pellegrini
    Andrea Migliavacca, Vescovo di San Miniato

    Agenda, giornata di martedì 7 febbraio…, nel pomeriggio, appuntamento di dialogo con un giovane…
    Il suo è il racconto di una storia di “conversione”. Dopo anni di indifferenza rispetto alla fede e di esperienze di vario “divertimento”, la decisione, dopo aver avvertito un senso di pochezza e di vuoto, di mettersi in cammino… La via Francigena.
    Inizia così il percorso di questo giovane alla ricerca di pace, di ragioni di vita, di speranza, di spiritualità.
    Nel cammino verso Roma al nostro amico capita di trovare, in uno dei luoghi di ospitalità, un vangelo. La curiosità lo spinge ad iniziare a leggero. Ne nasce una lettura tutta d’un fiato, in quella notte, pagina dopo pagina, senza fermarsi. La scoperta del vangelo, la lettura e il fascino di quelle pagine, di Gesù, cambia il suo cuore e da quel momento il cammino verso Roma diventa itinerario di conversione, di incontro con il Signore, un nuovo percorso di fede che ancora lo accompagna nell’oggi…
    È così che capita. L’attenzione alla via Francigena diventa racconto di storie, di vicende di vita, di volti, di esperienze, di conversione, di amicizia, di gioia nella fede.
    Tante sono le voci, le parole, i racconti della via Francigena che accompagnano la mia esperienza di fede, di prete e ora di vescovo.
    È questa allora la domanda che ora mi accompagna: chi mi parla della vita Francigena?
    È il racconto anzitutto di due città, Pavia e San Miniato, entrambe situante nel percorso della via Francigena. Pavia è la città dei miei studi giovanili, del cammino di seminario, del diventare ed essere prete. San Miniato è la città in cui sono stato inviato da Papa Francesco come Vescovo, città dunque che incrocio con sorpresa, con stupore e che diventa luogo di nuovi incontri ed esperienze di vita. Con Pavia e San Miniato c’è il cammino della mia vita che assume, grazie anche al tracciato della via Francigena, immagine di un percorso di sequela del Signore, di ascolto della Parola, di cambiamento e rinnovamento della vita che è conversione e anche avventura.
    Della via Francigena parla anche la storia. Sassi, polvere, sentieri, boschi… sono testimoni di una storia che racchiude il cammino di tanti, pellegrini, santi e peccatori, cercatori di mete agognate e assetati di incontro e di Dio, con lo sguardo verso Roma. C’è su questa via non solo la storia nel suo svolgersi cronologico, ma la storia di tanta gente che nel cammino ha incontrato, cambiato vita, assaporato i suoni della natura, incontrato Dio. E’ un percorso che appartiene ad una tradizione, che viene, nel tempo, da lontano. Tempi passati e cammini di tanti pellegrini parlano dunque di questa via e ne fanno un monumento di esperienza e di orizzonti.
    Della via Francigena ci parlano i giovani. Ne ho visti tanti, con lo zaino sulle spalle, sia per le strade di Pavia, ospitati anche nel bellissimo Seminario vescovile dove ero rettore e altri li ho visti nella scorsa primavera ed estate sulle strade dello splendido borgo di San Miniato, alla ricerca di panorami da catturare, di chiese da visitare e di cibi da gustare. Sono stati i giovani ad averci aiutato a riscoprire questi percorsi che sono itinerari geografici e soprattutto di vita e per loro diventano avventure. I passi dei giovani sono accompagnati da aspettative, esperienze di vita, ricerca di risposte a domande mai sopite, scelte da compiere o già assodate, revisione di vita ed esigenza di rinnovamento. Tutto questo ci raccontano i giovani della via Francigena e ne fanno una grande scuola di esistenza e di spiritualità. Su queste strade si cammina anche da soli, nel silenzio, pensosi e attenti ai particolari, ma certo sempre disposti ad accogliere esperienze, panorami e volti nuovi.
    Sulla via Francigena parla la Strada. Ne ho fatto esperienza nei tanti cammini e nelle route con gli scout. Anche con loro, un tempo, sulla via Francigena dal passo del Gran San Bernardo… E si impara come la strada ci parla e ci educa. La strada è scuola di condivisione, di fraternità, di ascolto e di trasformazioni personali; la strada è esperienza di fatica e di sudore, di scoraggiamento talvolta e insieme di gioia per le mete raggiunte. La strada racconta la spiritualità della via Francigena, un tracciato che è capace di mettere a fuoco e di valorizzare un’arte pedagogica e insegna che la vita entra a partire dai piedi.
    Ci parla della via Francigena anche la meta, Roma. Si cammina per andare a venerare la tomba dell’apostolo Pietro e per incontrare il suo successore, il Papa. Roma la si raggiunge alla fine, ma la città, la meta svela il senso di tutto il cammino intrapreso. Roma racconta che la via Francigena è un percorso orientato, con una meta appunto, con una capacità quindi di richiamo, portatrice di una promessa. La meta ci ricorda che gli incontri decisivi vanno preparati, sognati nel tempo, richiedono la pazienza dell’attesa e la fiducia e il coraggio del saperci arrivare. La meta racconta che sulla via vale la pena camminare, sudare, sfidare l’imprevisto, coltivare il desiderio. Roma è capace di evocare che si cammina non per se stessi soltanto, non per esigenza di introspezione, ma per aprirsi all’incontro, all’abbandono, alla comunità.
    Roma e l’incontro con Pietro ci aiutano a scoprire che la Chiesa è la narrazione più bella e autentica del significato della via Francigena. Si tratta di camminare come esperienza di Chiesa. Si arriva a Roma per incontrare la comunità cristiana, la Chiesa e si scopre che tutto il percorso è esperienza di Chiesa. L’incontro con i fratelli, la preghiera, il silenzio, la lettura del vangelo, il cammino, la conversione, la fatica…: è la Chiesa. Nel cammino si incontrano altri come amici del Signore o cercatori di Dio, si sperimenta anche la presenza e la custodia dei santi e degli angeli, si respira la storia di altri credenti, santi e peccatori, che hanno mosso gli stessi passi, si attende l’incontro con l’Apostolo Pietro e la Chiesa vivente: è davvero un cammino di Chiesa e se anche vissuto in solitudine è in realtà abitato dai volti e dalla storia della comunità cristiana.
    Di via Francigena mi hanno parlato anche i cavalieri del Tau: un gruppo di gente volenterosa che si dedica allo studio di questo percorso, alla custodia della sua esistenza e alla promozione di esperienze di cammino su di esso. Questi amici ci ricordano che la via Francigena è percorso che richiede cura e che va tenuto vivo e appetibile. Il loro racconto dice che la strada spesso va preparata, va studiata, va resa possibile… Così anche quella della vita. Questi amici ci raccontano che la via Francigena è capace di suscitare dedizione e volontariato, e sul percorso si scoprono i tanti doni personali che rimangono tali solo se vengono condivisi. I cavalieri del Tau ci ricordano che si cammina maturando anche gratitudine per i tanti che pensano a noi.
    Di via Francigena ci parlano infine altre vie… Proprio a San Miniato si congiunge la via Romea che portava i pellegrini dall’est Europa. Ma di altre vie sono noti racconti e memorie: la via dei pellegrini verso la Terra Santa, il cammino di Santiago de Compostela… Mete diverse, incroci di strade, avventure che un tempo mettevano a rischio anche la vita e che oggi mantengono tutto il loro fascino. Le diverse vie, con differenti mete ci ricordano che diverse sono le tappe della esistenza e le ragioni che spingono a partire. Qualsiasi via si percorra, per tutti c’è però la via del ritorno a casa e da qui la meta è la stessa per ognuno: la casa. Percorrere le vie, la via Francigena è invito a riprendere successivamente i percorsi della propria esistenza: è la via della nostra vita. Le diverse strade parlano della via Francigena come dell’esperienza che ha cambiato al vita di tanti, l’ha resa più ricca, più solare e generosa. Forse questo percorso rende la vita un cammino, sempre, consapevoli delle mete raggiunte e dei doni raccolti, ma determinati verso il cammino che prosegue e della ricerca da coltivare.
    Sono a San Miniato, sulla via Francigena… Non può questo non essere per me un invito: percorrila, cerca, cammina e non perdere lo spirito del pellegrinaggio, del restare pellegrino…

    3. La testimonianza
    Le vie misteriore della Provvidenza

    Sono un’amante del pellegrinaggio, per questo ho proposto diverse volte alle ragazze del mio gruppo scout di percorrere tratti della via Francigena; un po’ per un motivo pratico - si presta meglio per i campetti invernali di strada - e un po’ perché trovo che questo modo di vivere il cammino sia una buona scuola per insegnare alle ragazze a trovare la meraviglia nel quotidiano, nell’ordinario. Ed è la differenza profonda che trovo con la strada vissuta in montagna. Lì c’è una sfida fisica e mentale che è più evidente, con i suoi dislivelli e passaggi magari complessi: c’è una bellezza chiara, a tratti sconvolgente della natura, di un Dio che è magnificamente possente, bellissimo ma anche duro. Camminare in montagna poi ti porta fuori dalla tua routine, ti porta in un mondo lontano, dove il quotidiano non c’è più, completamente sparito dalla tua visuale.
    Il pellegrinaggio è tutto un altro affare. Essendo il cammino “più semplice” ti costringe a camminare per molto più tempo, e a percorre delle distanze maggiori di quelle che si possono fare in montagna: mentre qui ogni l’altezza ti dà subito la percezione di quanto hai fatto, il pellegrinaggio richiede giorni, chiede che tu sia giunta alla meta finale per renderti conto di quello che hai fatto. Insegna la vera pazienza. Mi ricordo che alla fine di tre giorni sulla via francigena per giungere a Siena, le ragazze si sono guardate tra loro incredule di avere camminato per una cinquantina di chilometri con i loro pesanti zaini: mi guardavano e mi chiedevano “Ma davvero? Davvero così tanti?”. Guardarsi alle spalle e vedere quanta strada è possibile fare semplicemente mettendo un piede davanti all’altro dà ai ragazzi una profonda fiducia in loro stessi, mette alla prova non solo la loro forza fisica ma soprattutto la volontà. Molto spesso le mie ragazze di fronte ad altre difficoltà usavano dire: “Se siamo arrivate a Siena possiamo tutto”, perché avevano testato la loro forza d’animo su quella strada. Come dicevo, è una forza diversa che bisogna mettere in atto perché a tratti il cammino è monotono e lungo, può arrivare ad essere logorante, hai bisogno di essere accolto da qualcuno, di chiedere indicazioni. Riporta ad una condiziona umana antica, quando questo modo di spostarsi era quotidiano, e a sentirsi parte non solo della storia ma anche della Chiesa stessa: fratelli di quanti hanno percorso quella stessa strada prima di noi. Non ci si può non chiedere il perché quei pellegrini si mettessero in viaggio.
    La strada di un pellegrinaggio è monotona e lunga: si possono percorrere chilometri vedendo sempre lo stesso paesaggio. Si può camminare per tanto tempo su una strada trafficata dove bisogna rimanere in fila e attenti. In silenzio. In queste condizioni se non si ha una meta nel cuore, un obiettivo chiaro, tutto diventa molto più duro e può apparire insensato. E questo succede, ed è giusto e bene che succeda perché la vita stessa può essere così e i ragazzi non tardano a capirlo. Nella monotonia di osservare i propri piedi andare sempre allo stesso ritmo, sulla stessa terra battuta per ore, si apre la porta del loro animo e sono costretti a pensare a loro stessi; “il cammino mi pettina i pensieri” mi diceva qualcuna di loro. Oppure si cerca il conforto di un compagno di strada, si canta per farsi animo e si prega: tante volte abbiamo sperimentato che “a bordo” del Rosario si arriva alla tappa successiva più facilmente.
    Uno degli aspetti più significativi però è l’aspetto umano. Mentre attraversi la via francigena la vita ti scorre accanto. Incontri ogni giorno tante persone immerse nel loro quotidiano: i contadini nelle campagne salutano il tuo passaggio, le persone al lavoro…e tutte sono immerse nelle loro vite, che tu attraversi, più o meno silenziosamente. Gli sguardi curiosi e le loro domande. La francigena è bellissima, perché l’Italia è davvero ricca di bellezze, ma la cosa più bella è l’umanità che vivi, il cuore delle persone che incontri, la provvidenza che le ragazze hanno raccolto dalle loro mani, ma anche la perfetta letizia sperimentata di fronte ai rifiuti, alle strade sbagliate, alle difficoltà. Passi davanti la fermata dell’autobus e puoi portare un briciolo di gioia nel cuore di quelle persone che vedono dei ragazzi vivere in modo diverso, sia pure per qualche giorno. E immagini che quando torneranno a casa lo racconteranno alla loro famiglia.
    Quando sei in montagna hai la tua tenda. Ti basta una fonte e puoi dormire lì.
    Quando sei pellegrino ti è necessaria l’accoglienza, hai bisogno che qualcuno si occupi di te, ti dia un posto dove stare. Impari così che non puoi bastare a te stesso, così come i ragazzi imparano che non tutto gli è sempre dovuto. A volte capita di incontrare qualcuno che è abituato ad accogliere e allora ti senti atteso: qualcuno che nemmeno ti conosceva attendeva il tuo arrivo e ha preparato per te la sua casa nel migliore dei modi. Altre volte magari non c’è più posto e devi chiedere o camminare ancora. E impari che la provvidenza a volte passa per vie misteriose e l’ha pensata giusta, adatta proprio a te. Una suora ci disse che lei accoglieva tutti i pellegrini, anche se non aveva più posto trovava il modo, perché rivedeva in ognuno il suo amato, Gesù. Per lei avevamo il volto di Cristo. Proprio noi? Zuppe dalla testa ai piedi, con le vesciche per il troppo asfalto, affamate e stanche… noi!
    La prima volta sulla Francigena, per arrivare a Siena da Santa Caterina nostra patrona, avevamo come obiettivo quello di arrivare a mezzogiorno per la Messa. Tante piccole disavventure lungo il percorso, e tanto tantissimo asfalto, ma le ragazze premevano perché volevano la meta. Ricordo l’entrata a Siena, che sembrava non finire mai, e l’arrivo tutte zoppicanti in chiesa per la Messa: era la fine del nostro pellegrinaggio! Posati gli zaini e sedute nei banchi… finalmente la Pace. Lo sguardo degli altri fedeli su di noi, che dalle nostre andature sofferenti avevano capito e ci sorridevano. I nostri volti soddisfatti e sorridenti, nel cuore tanta immensa gratitudine per le difficoltà e l’amore incontrato… uscite da quella Messa, malgrado la stanchezza, fu un’esplosione di Gioia Vera!
    Lo scorso anno per il Giubileo abbiamo scelto di fare l’ultimo tratto della Via Francigena per arrivare a Roma e varcare la Porta Santa. Una scelta particolare per noi che siamo romane: il motto di quei giorni era “Quaranta chilometri per tornare a Casa”. Le ragazze conoscevano benissimo San Pietro, qualcuna aveva anche già fatto il passaggio della Porta Santa, ma l’emozione di vedere la Cupola da Monte Mario, dal “Mons Gaudi”... indescrivibile! Qualcuna di loro si è commossa… cantavano saltellando “Questa è la mia fede: proclamarti mio Re” sulla discesa di Monte Mario. Le facce dei passanti!! Forse per i ragazzi non è sempre semplice astrarre un pensiero da queste avventure, comprendere il significato esistenziale a cui risponde il mettersi in cammino, ma sono certa che alleni il cuore al quotidiano. Alla fatica e al bello delle loro vite, e sono certa (per me è così) che adesso San Pietro ha tutto un altro sapore!
    Simona D’Amico (33 anni)

    4. Informazioni aggiuntive

    - Monica D’Atti, Scout d’Europa bolognese, appartiene alla Confraternita perugina di San Jacopo di Compostella; insieme al marito Franco Cinti da oltre vent’anni percorre in lungo e in largo la Via Francigena, di cui ha realizzato la prima guida per pellegrini già nel 1999. Oggi ha all’attivo diverse pubblicazioni – principalmente con Terre di Mezzo - sulla Via Francigena, sulla Via della Costa (variante che percorre la Liguria per arrivare in Francia) e sulla Via Francigena del Sud (prosecuzione fino ai porti della Puglia, imbarchi per la Terra Santa).
    - Mons. Andrea Migliavacca, originario di Pavia, è oggi vescovo di San Miniato. Da responsabile della pastorale giovanile della sua Diocesi e oggi da pastore di un territorio attraversato dalla Via Francigena, ha sempre prestato attenzione alle potenzialità educative e al valore pastorale del pellegrinaggio a piedi.
    - Per andare a Roma lungo la Via Francigena suggeriamo le seguenti guide dell’editore Terre di Mezzo, che pubblica anche altri itinerari francigeni:
    * F. Cinti, M. d'Atti, Guida alla Via Francigena.
    * F. Cinti, M. d'Atti, Via Francigena. Cartografia e gps.
    * L. Callegari, R. Ferraris, S. Frignani, La Via Francigena. 1.000 km a piedi dal Gran San Bernardo a Roma.
    * F. Cinti, M. d'Atti, La Via della costa.
    * F. Cinti, M. d'Atti, La Via Francigena del Sud. Da Roma ai porti d’imbarco per la Terra Santa.
    * M. D'Atti, F. Cinti, La via Francigena. Guida di spiritualità, Edizioni San Paolo.

    Proposta di attività in cammino
    Nel 2015, in occasione del Giubileo, la confraternita di San Jacopo ha lanciato un “censimento” lungo la Via Francigena. La proposta prosegue ed è aperta a nuovi contributi. È un momento di servizio ma anche principalmente di “incontro” con i santi lungo la Via. Per un gruppo giovanile in cammino crediamo sia interessante prendere in considerazione questa idea per approfondire la Comunione dei Santi e collaborare per realizzare insieme ad altri pellegrini qualcosa di bello e utile per tutti gli altri che passeranno.
    https://www.confraternitadisanjacopo.it/Vita/Pellegrinaggi/Misericordia2015/indexGiubileo2015.htm


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