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    Una "rivoluzione" gentile


    Gioele Anni *

    (NPG 2017-02-16)


    Se il rapporto tra la Chiesa e i giovani di oggi fosse una canzone, potrebbe essere un brano recente di Jovanotti: Pieno di vita. Un pezzo vivace che parla di contraddizioni e sorrisi, di gioia che brilla anche tra le difficoltà. In questo tempo di grazia, in cui Papa Francesco ha deciso di regalare al mondo un Sinodo sui giovani, noi che oggi abbiamo tra i 20 e i 30 anni ci sentiamo immersi in un fermento che genera interesse e speranza. Certo, nella relazione tra Chiesa e giovani ci sono anche fatiche e incomprensioni. E magari qualcuno, d’istinto, può sentire che le ombre oscurano la luce delle cose belle. Ma guardandoci intorno, si vedono i segni di una novità che sta germogliando. Negli ultimi anni la Chiesa si sta interrogando profondamente, e i giovani lo percepiscono. È in atto una “rivoluzione gentile” che, in contrasto con un mondo scosso da fatti traumatici, passa invece da gesti semplici e parole buone. L’Anno santo della Misericordia è stato un segno evidente di questo processo: in ogni angolo del pianeta le opere del Giubileo hanno toccato le vite di tante ragazze e ragazzi, mostrando che sempre più la trasmissione della fede passa per esperienze di vera e profonda umanità. E poi, le parole. Se scorriamo per esempio i titoli dei documenti di papa Francesco, oltre al testo scritto in continuità con Benedetto sulla “luminosità” della fede (Lumen fidei), troviamo sempre in primo piano termini positivi che comunicano entusiasmo: la “gioia” del Vangelo (Evangelii Gaudium), la “lode” per il creato (Laudato si’), la “felicità” dell’amore (Amoris laetitia). Insomma la Chiesa riesce ancora, e con rinnovata forza, a “benedire”: a “dire bene”, appunto, della vita, a far risuonare una gioia a volte un po’ nascosta nella vita delle nostre comunità. Una Chiesa che benedice, che vive e mette al primo posto le esperienze della misericordia e della gioia, è una Chiesa che dialoga coi giovani.

    Una riduzione del "pregiudizio"

    Così, in questo contesto, sembra possibile superare quella sorta di pre-giudizio verso la Chiesa che ultimamente ha tenuto molti giovani lontani dagli ambienti ecclesiali. Sarebbe interessante ragionare su come questo pre-giudizio si sia formato nel tempo: eventi fortemente minoritari come scandali o casi di mala gestione dei beni, spesso cavalcati ad arte dai media, hanno contribuito a “danneggiare” l’immagine della Chiesa tra i giovani. Oltre a questo, in generale, uno spostamento culturale del mondo occidentale ha contribuito a creare distanza. Ma ora la barriera del pre-giudizio si sta riducendo, anche grazie ai gesti e alle parole di cui dicevamo prima. Ed è qui che si crea lo spazio d’interesse e speranza, che avvicina anche i cosiddetti “lontani”. Uno spazio possibile grazie alla combinazione di due fattori, uno strutturale dell’esperienza umana e l’altro specifico di questo tempo. Il primo: la distanza di molti giovani dalla Chiesa, intesa come istituzione, non equivale a una lontananza dalla fede. La domanda di senso è viva nei giovani di oggi, come nelle donne e negli uomini di ogni tempo. Cambiano le forme d’inculturazione della fede, vengono meno (soprattutto nelle città) alcuni spazi di ritrovo comunitario, e per questo si parla di generazione del “Dio a modo mio”. Ma non viene meno quel percorso che in fondo accomuna tutti, anche chi ha un cammino di fede più solido alle spalle: la ricerca dell’Infinito nelle nostre vite, e il tentativo di trovare e lasciare impronte di bene nella quotidianità. E poi, il secondo fattore: la condizione dei giovani oggi è segnata da un tempo di crisi, dalla precarietà lavorativa e abitativa che diventa esistenziale. In un mondo che ci sembra andare troppo veloce, sentiamo il bisogno di recuperare tempi e occasioni di vita spirituale. Immersi in logiche iper-competitive, riscopriamo l’importanza di valori positivi come l’incontro, la condivisione, la solidarietà. Per tutto questo sentiamo che la Chiesa, con la proposta di un Sinodo su “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, intercetta e genera fermento. Per tutto questo, la stagione che si apre è “piena di vita”.

    Un'esigenza, una paura, un desiderio

    Che cosa incontra, dunque, la Chiesa che apre le sue porte ai giovani nel cammino verso il Sinodo? Cosa portano nel cuore le ragazze e i ragazzi che accettano di mettersi in dialogo? Potremmo provare a riassumere individuando tre istanze profonde: i giovani portano alla Chiesa un’esigenza, una paura e un desiderio. Ciascuna di queste istanze va letta e accompagnata, perché le risposte non siano superficiali ma ben radicate.
    L’esigenza dei giovani nei confronti della Chiesa (tutta la Chiesa! sacerdoti e religiosi, ma anche laici e persone impegnate a vario titolo) è quella di coerenza e autenticità. A tutti coloro che si propongono come guide, i giovani chiedono rispetto, ascolto e trasparenza. Nei confronti della Chiesa la domanda di coerenza è ancora più forte, perché accompagnata dalla motivazione di fede che anima chi ne fa parte. Chiedere coerenza non significa che non siano ammessi errori. I giovani sono disposti a perdonare, nel momento in cui chi sbaglia ha agito nella verità e sa ammettere i propri passi falsi. Un rapporto coerente mette in pratica quella “gioia del Vangelo” che la Chiesa annuncia, e non si nasconde dietro maschere di tristezza. Un rapporto coerente riconosce le fragilità di ogni uomo e donna, per condividerle nel percorso comune della vita.
    La paura che i giovani consegnano alla riflessione della Chiesa, oggi, è quella del fallimento. L’età giovanile vibra di entusiasmo, che non viene meno. Ma oggi, soprattutto per noi occidentali, la prospettiva di non riuscire a realizzarsi è uno spettro incombente. Ce lo dicono i dati di un sistema economico in crisi. Ma lo vediamo soprattutto nelle storie di tanti di noi, costretti a partire per la mancanza di opportunità, o fermi nel limbo tra lavori precari e percorsi di studio senza sbocchi. Questa insicurezza fa parte del bagaglio che i giovani portano con sé, è normale. Chi si vuole porre in ascolto dei giovani ha il compito di accoglierla, senza giudicarla. Spesso i percorsi personali non realizzati nascondono ferite profonde, con cui è difficile fare pace. La Chiesa oggi può prima di tutto accompagnare queste fragilità dei giovani, e offrire uno sguardo nuovo, che non è imposto ma condiviso, e aiuta a crescere.
    Infine, il desiderio che anima molti giovani è quello del servizio. L’Anno della Misericordia, come si diceva, ha fatto emergere molte disponibilità al volontariato. Ma ormai da tempo i giovani sono attivi nel sociale: i progetti di accoglienza e inclusione dei migranti, per esempio, vedono il coinvolgimento fondamentale di tanti ragazzi, credenti o laici; così come spazi di attività sono l’aiuto alle povertà e alle disabilità, o l’impegno educativo negli oratori e nei centri estivi. Il servizio nasce magari da una generica intenzione di mettersi a disposizione degli altri per quello che ciascuno può dare. E molte volte, le esperienze di servizio hanno un impatto inatteso sulla vita dei giovani. Perché il contatto con le fragilità e le fatiche degli altri aiuta a dare un nome alle proprie fragilità. Nel servizio scopri chi sei, senti il peso delle tue debolezze e la bellezza di quello, poco o tanto che sia, che metti in gioco. L’esperienza del servizio aiuta a vincere anche la paura del fallimento, perché ci si scopre in profondità e s’impara ad accettarsi. Molti giovani stanno sperimentando la gioia del servizio: su questo desiderio, la Chiesa può contare.

    Aspettativa di coerenza, paura di fallimento, desiderio di servizio. È solo un tentativo di sintesi: nel mondo giovanile c’è tanto altro. Il bello di questo percorso verso il Sinodo sarà proprio far emergere tutta questa ricchezza. Il punto di partenza è quello maturato dalla Pastorale giovanile, ma anche dalle associazioni e dai movimenti, ormai da tempo: non proporre esperienze PER giovani, ma vivere CON loro, anzi con noi, questo tempo, i suoi interrogativi e le sue opportunità. E sarà un percorso “pieno di vita”.

    * Segretario nazionale del Movimento studenti di Azione Cattolica


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