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    Gli oratori in Italia: una rilettura


    Marco Moschini

    (NPG 2017-04-56)

     

    I tempi in cui noi viviamo richiedono di scoprire di nuovo l’attualità dell’oratorio: un ambiente educativo antico di cinque secoli. L’oratorio – e questo è un dato storico – è una grande e longeva realtà educativa del nostro paese non per un caso. La sua presenza ci testimonia di un grande e secolare impegno educativo della Chiesa italiana verso i giovani.
    L’eredità dell’Oratorio, dalle sue origini romane, lombarde e salesiane e in altre mille forme che la creatività pedagogica ha suggerito, pone l’esperienza e la realtà oratoriana come una delle più originali realizzazioni di vicinanza tipiche della passione educativa e formativa della Chiesa e delle comunità cristiane. In essa le comunità cristiane del nostro paese, insieme alle realtà religiose e di carisma specifico, hanno profuso energie per assicurare ad ogni ragazzo spazi d’espressione, occasioni di crescita, di socialità e scuole di animazione, capaci di dare concretezza al sogno di futuro che alberga in ogni ragazza e ragazzo da sempre.

    Uno spazio per l'educazione

    Lo spazio dell’oratorio è uno spazio educativo ancora vivo e fecondo; è una proposta seria e rilevante, perché si sviluppa in esso la sfida dell’educare nel segno di un’antropologia chiara e delineata. Le sue proposte sono tutte svolte a partire dalla visione di uomo e di vita buona che ciascuno può rintracciare nella lettera dell’annuncio divino, nella lettera d’amore del Vangelo. L’impegno educativo in un contesto oratoriano e giovanile deve farci gustare il dovere di custodire la consapevolezza che nella persona che incontriamo, nel giovane con cui camminiamo, risplende il volto della verità che ci invita ad un amore gratuito e al dono di sé. Siamo chiamati a custodire con fedeltà il desiderio di felicità e di salvezza che ogni uomo e ogni donna sentono nel profondo. L’uomo cresce con gli altri nella scoperta della sua unicità e al contempo della sua responsabilità, verso sé stesso e verso gli altri, tutti aperti alla vita autentica.
    L’oratorio è un’espressione comunitaria e sociale di un modello di educazione speciale: l’educazione alla “vita buona del Vangelo”. Non ha orpelli, si costituisce quando adulti animati da profonda passione e ragazzi della propria comunità si raccolgono, per scoprire insieme l’essenziale bontà della vita. Ci si ritrova vivendo momenti semplici di relazione, di confronto, di gioco, di riflessione, nell’espressione delle capacità personali e la grandezza di prospettive insite nella storia di ognuno.
    L’oratorio mantiene vivo oggi il senso della sua ispirazione e vocazione plurisecolare: una vocazione alla fedeltà all’uomo, alla sua educabilità. Questa realtà educativa forse è tanto più necessaria oggi che siamo in un tempo complesso; essa è un segno per l’oggi, per i giovani, per questa giovane generazione coraggiosa ed esposta di fronte a sfide che le generazioni precedenti non hanno mai dovuto assumere.
    L’oratorio vive nel cuore e nella vocazione educativa dell’annuncio cristiano, ed è necessario comprendere in che senso questo sia vero. La radice dell’oratorio e della sua proposta educativa è rintracciabile solo nel terreno fecondo del cristianesimo.
    Ma cosa vuol essere cristiani oggi? A questa domanda non si può che rispondere ripetendoci che essere cristiani oggi ha lo stesso valore che ha sempre avuto in tutti i tempi: il cristianesimo siamo noi cristiani, che con le nostre vite siamo annuncio vivo, contemporaneo ad ogni uomo. Il cristiano è inserito nella rete della comunione cioè in un legame di carità con tutti gli uomini di tutti i tempi.
    Questo particolare carattere dell’essere cristiano – l’essere contemporaneo ad ogni uomo – è estremamente indispensabile che sia vissuto in questo tempo. Oggi siamo chiamati ad esercitare l’amore vicendevole, la carità fraterna, con una prossimità speciale all’uomo. Una prossimità a questa umanità che Gabriel Marcel vedeva “prigioniera, esiliata, incurabile”. Ogni cristiano deve sapersi indirizzare ai propri fratelli, agli uomini, facendosi responsabile di tutti e di tutto. Il cristiano deve sapere liberare, ricondurre alla casa, e alleviare la sofferenza e la povertà. Ognuno dei credenti in Cristo deve farsi carico di delineare una nuova dimensione della speranza.
    Per questo motivo è bello essere cristiani oggi: imparare e conservare in noi lo sguardo nuovo sul mondo; la possibilità di accompagnare l’uomo solo, scacciato dalla sua patria e dolente, ferito dalla storia e dalle incomprensioni, piagato dalle ferite della solitudine e della ricchezza, bisognoso e povero. È un tempo ottimo per camminare su strade oggi non impervie ma deserte, insieme all’uomo, sostenendo il suo cammino con parole di fiducia e di speranza. Oggi, come non mai, è il tempo dell’uscita del cristiano dalle proprie nicchie, dalle proprie comodità e facili approdi, come ci ripete papa Francesco. Non è tempo di restare chiusi, ma di percorre, con l’uomo di oggi, le strade della vita.
    È questo un tempo favorevole; è il tempo del cristiano che può far sentire meglio la sua voce nell’attuale condizione di solitudine dei nostri compagni di strada che hanno bisogno di noi. Hanno bisogno della Parola che portiamo e che abbiamo saputo udire e trasmettere negli ambienti che ci hanno accolto, educato, formato e nei quali abbiamo assunto un mandato verso i fratelli. Noi dobbiamo esserci, esserci con fedeltà, esserci sempre. La nostra forza sta in queste tre dimensioni. Stare con l’uomo e starci con fedeltà e con costanza.
    Questo è il tempo in cui il Signore chiede a tutti noi di essere veramente prossimi ai prigionieri, agli esiliati, agli incurabili, del nostro tempo. E spesso i più feriti sono proprio i nostri giovani. Allora avviciniamoci ad essi, cerchiamo di trovare uno spazio vivo perché i nostri ragazzi possano crescere nell’esprimersi. Questi giovani oggi sono il volto del Cristo che ci chiede di essere prossimi ai più piccoli di questo mondo.

    Un inalterato valore

    Se interroghiamo la realtà dell’Oratorio – così come hanno fatto le più recenti inchieste compresa l’ultima commissionata nel 2015-2016 dal Servizio di Pastorale Giovanile nazionale a IPSOS – ci dicono una cosa chiara: la comunità oratoriana mantiene intatta la sua funzione strategica, la sua decisa rilevanza, l’urgenza del consolidamento della sua presenza.
    Quali le ragioni del suo inalterato valore? Certamente sono rintracciabili nei motivi di fondo che hanno richiesto un impegno educativo così vasto e di cui ho detto.
    La forza dell’oratorio consiste nel non avere un modello prestabilito, una formula predeterminata. L’oratorio si modella sulle esigenze di chi vive in esso, sulle esigenze della comunità che lo vuole, lo impianta, lo custodisce. Le persone fanno l’oratorio e la comunità non è un astratto insieme di individui, ma è quel insieme di persone che vivono con significato e oblazione lo stare insieme, l’incontrarsi intorno alla Parola di vita che fa della comunità il luogo dove si assume insieme ad altri la sfida di trovare il senso della vita stessa.
    La fonte dell’oratorio è la relazione interpersonale; è l’esperienza della comunità, la sua concreta presenza sociale, l’insieme delle storie che si incontrano in essa; è l’attività e la cooperazione che si mettono in gioco su comuni obiettivi e su attenzioni per le persone, specie le più deboli; è l’informalità di un crescere insieme che non è mai casuale ma sempre programmato prima nei cuori di ciascuno e poi nelle scelte intelligenti e condivise. L’oratorio, inoltre, ha la sua fonte nello scambio di esperienze ove sono le diverse generazioni che si aiutano le une con le altre a dare e ricevere capacità, narrazioni e stimoli diversi; dove tutti si abituano a assumere la domanda della vita e favoriscono l’incontro con testimoni che possono aiutare a dare avvio ad una risposta.
    Il luogo dell’oratorio non è mai un luogo specifico e organizzato (sebbene possa essere identificato con uno spazio preciso) ma il suo posto è la strada, il cortile, la piazza… insomma il suo situarsi più proprio e vero è nella relazione.
    Da queste fonti specifiche deriva all’oratorio uno stile, delle modalità, dei tratti che permettono di riconoscerlo. L’oratorio è un’esperienza di generatività educativa, che a sua volta educa uomini e donne aperte e responsabili, capaci di accogliere l’altro, imponendo alla comunità che li accoglie di rimodellare la sua dimensione sulla richiesta di vicinanza, che esprimono i giovani oggi.
    L’oratorio è in aggiunta uno spazio di incontro di giovani, che non sanno fare a meno di essere presenti responsabilmente nel loro territorio; c’è oratorio laddove ci si fa carico, con solidarietà, delle sfide poste dalla realtà del proprio quartiere, del proprio paese e città, della società tutta attraverso i giovani.
    Ed allora nei tempi di solitudine che viviamo come non vedere che l’oratorio diviene lo spazio dove i giovani insieme si fanno speranza per gli altri? Come non vedere che l’oratorio è in definitiva ciò che anima la comunità ad animare? Come non vedere che l’Oratorio è il luogo dell’uscita e non della chiusura?
    In ultimo non mi fa paura di dire che l’Oratorio è la risposta ai problemi della comunità cristiana e non un problema per essa.
    È risposta perché, se lo si intende nel suo valore profondo, oratorio vuol dire educarsi all’ascolto delle domande, all’accoglienza delle aspirazioni e dei sogni dei giovani. Esso è ambiente dove si formulano percorsi di vita capaci di dare risposte concrete a quelle istanze che sgorgano dal cuore. Oratorio è il luogo dove si fa esperienza insieme. È risposta alle sfide del tempo moderno, perché oggi è luogo privilegiato della testimonianza e dell’annuncio. La sua informalità, la sua carica di esperienze significative, può offrire un’occasione speciale di dialogo, di testimonianza e di missionarietà.
    L’oratorio, quindi, per questa sua specifica natura, non può che coinvolgere tutte le realtà educative di una comunità, di una parrocchia, di un territorio. Catechisti, animatori, realtà associative, movimenti, religiosi, volontari… tutti dovrebbero vedere nell’oratorio una opportunità di annuncio: lo spazio adeguato per mettere in gioco i propri doni carismatici, le proprie peculiarità e talenti, le prospettive e le capacità. Tutti insieme chiamati nell’oratorio a vivere lo spirito della cura per l’altro.
    L’oratorio così non solo è risposta ai problemi dell’oggi; non solo luogo dell’annuncio e forma dell’annuncio, ma anche spazio dove impegnarsi per costruire delle solide e feconde alleanze educative. Proprio la costituzione delle reti e lo sviluppo delle cooperazioni educative è il compito che dobbiamo assumerci. Non servono più comunità frantumate, egoismi individuali e di gruppo, ma sinergie e modi nuovi di camminare insieme. Una mentalità sinodale autentica. Il che vuol dire che è il momento dell’impegno e non dell’attardamento; che non si può rimandare oltre un cammino vero per ascoltare i giovani e aiutarli a scegliere una vita buona: quella del Vangelo.


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