COME / GLI STRUMENTI
Gian Carlo Manzoni (MetaLog)
(NPG 2015-04-52)
Le tecniche di animazione sono un PROCESSO di PROGETTAZIONE INTERATTIVO E TRASFORMATIVO a diversi livelli. Sono un ponte tra il “cantiere” e le “stelle”. Il lavoro fatto nei gruppi durante il convegno con diversi strumenti segue le linee di sviluppo principali, le linee guida che si possono declinare in 5 punti fondamentali:
- Il primo punto è che le tecniche di animazione se ben progettate sono un PROCESSO DI STIMOLO: stimolano il processo di apprendimento attraverso TUTTI I NOSTRI SENSI. In questo modo l’animazione diventa esperienza di un processo di comunicazione, sottolineando aspetti sensorialmente basati (vista, udito, tatto, etc), e quindi rendendo molto viva l’esperienza.
- Il secondo punto riguarda il processo stesso che occorre che sia AMPLIFICATORE DI APPRENDIMENTO. Per fare questo, a parte la bravura e l’energia dell’animatore, occorre che si lavori con METAFORE PRECISE, condivise all’inizio o alla fine del processo stesso. Ossia, occorre focalizzare l’attenzione dei partecipanti su un significato o realtà collegata, contenente ad esempio gli aspetti del divertimento che sono messi in gioco e la voglia di sperimentare cose nuove, voglia che, grazie all’aiuto dell’animatore, inizia a consolidarsi. Le differenti situazioni che si creano attraverso il progetto di apprendimento permette ai partecipanti di portare allo scoperto il loro COMPORTAMENTO AUTENTICO, il comportamento che mostrano nella vita quotidiana, e questo consente di animare ancora di più il gruppo stesso.
- Il terzo punto è legato agli strumenti adottati che facilitano il TRASFERIMENTO DI CAPACITA’ NEL MONDO REALE. Le esperienze così fatte (“sperimentate”) durante l’animazione possono essere facilmente trasferite dai partecipanti nella loro vita quotidiana, focalizzando ciò che occorre migliorare.
- Il quarto punto è che il processo di animazione è di per se stesso un INTERVENTO SISTEMICO, anzi ogni strumento adottato ha valore proprio come mezzo di intervento in un sistema più complesso che può e deve essere descritto e collegato dall’animatore stesso all’interno del gruppo. È infatti la POLICONTESTUALITA’ dell’intervento che deve essere rafforzata, facendo riferimento anche a “sistemi differenti”, “ambienti differenti” che possono essere collegati o risuonare come collegamenti grazie all’attività che viene condotta.
- Il quinto e ultimo punto fondamentale è che il processo di animazione deve CREARE e RINFORZARE STATI POSITIVI. Insieme ai partecipanti, gli strumenti utilizzati ed adottati devono supportare l’animatore del gruppo nell’attivazione delle risorse, nella promozione del dialogo e nella creazione di un ambiente positivo per l’apprendimento.
Accanto a questi punti che definiscono sia gli obiettivi sia le linee guida delle tecniche di animazione ben condotte occorre definire anche delle fasi e delle regole che aiutano e supportano attivamente i partecipanti nelle attività, come quelle che abbiamo visto ben descritte nei lavori di gruppo del Convegno.
La prima fase è quella del FOCUS: ossia focalizzarci sull’attività. Animare prontamente l’attività. In questa fase si gioca, si sperimenta, si cerca di raggiungere insieme l’obiettivo, anche con tempi e passi differenti.
La seconda fase è quella del TRASFERIMENTO: è una fase di transizione verso la realtà che vogliamo sia scoperta, ossia è il momento in cui l’animatore costruisce e fa costruire il ponte metaforico, dall’esercizio alla realtà quotidiana e al risvolto pedagogico, attraverso domande e confronti.
La terza fase è quella dell’ORIENTAMENTO, inteso come momento di supporto nei confronti del singolo e del gruppo, immediato o conseguente. È il momento in cui attraverso riflessioni mirate su ciò che è andato bene o andato meno bene, si declinano quelle competenze COGNITIVE, RELAZIONALI, REALIZZATIVE che devono essere sviluppate e si pensa anche al “come fare”.
La quarta fase è quella del CAMBIAMENTO, ossia il momento della creazione del cambiamento e della riconversione. In molti esercizi il cambiamento di per sé è inconsapevole, ma stimolato dalla riflessione della fase precedente. L’attività di fatto diventa un’ancora di cambiamento perché ha generato movimento interno (interiore) ed esterno (esteriore) nei partecipanti. Il movimento è soprattutto EMOTIVO. Occorre una discussione guidata su come è andata l’attività, su come è stata vissuta a livello emotivo, su come ci si sente, quali emozioni sono emerse e quali ulteriori commenti per un risultato diverso e positivo, sia individuale sia di gruppo, si ritengono ancora opportuni riguardo al progetto di apprendimento realizzato.
È quindi importante in questa fase utilizzare tecniche o domande opportune a stimolare il dialogo e a facilitare l’apprendimento, tecniche tutte orientate alla soluzione.
È all’inizio dell’attività che si creano le armonie (“chi ben comincia è a metà dell’opera”),ossia le condizioni per il raggiungimento dell’obiettivo. L’animatore, se attento, diventa allora il facilitatore dell’apprendimento creando la situazione ottimale per iniziare, adattando il contesto dove si svolge l’esperienza o lo strumento utilizzato all’obiettivo che si vuole raggiungere.
L’animatore diventa “co-creatore” dell’apprendimento (modificando anche lo strumento che si utilizzerà con fogli o disegni ulteriori che possono facilitare il raggiungimento dell’obiettivo) ed anche “arredatore” d’ambiente (introducendo ad esempio “poster aggiuntivi”, nuove lavagne, ed inserendo anche nuovi elementi non previsti per quello spazio di animazione, ma estremamente funzionali all’obiettivo)
Il “WOW!” finale può essere quindi favorito fin dall’inizio, anche anticipando i contenuti dell’attività che verrà descritta, creando uno stato di curiosità e di aspettativa.
L’animatore deve comunque possedere una capacità importante: l’osservazione riflessiva, uno dei modi privilegiati per conoscere ciò che succede nel gruppo. Attraverso questo processo, acquisisce una maggiore consapevolezza dei comportamenti, atteggiamenti e convinzioni delle persone rispetto all’esercizio proposto. È la chiave per il successo del progetto. L’ “osservare” infatti è un atto intenzionale, diversamente dal “vedere”, un verbo di percezione che non implica intenzione.
“Osservare” inoltre è più di “guardare”, è un osservare, un guardare mirato .Con il “guardare” infatti condivide l’intenzionalità, ma diversamente dal “guardare” cerca anche di “serbare”, di registrare quanto visto: per mettere a fuoco ciò che si ritiene significativo e rilevante, ed è insieme un registrare ciò che è rilevante per uno specifico obiettivo.
Saper osservare implica quindi la riflessione. Significa imparare a guardare intenzionalmente in modo da poter “serbare” e cioè conservare i dati osservati, per poterci tornare sopra e riflettere.
Ciò che è importante è osservare riflettendo, capire cosa succede in un dato contesto DISTANZIANDOSI. Occorre cioè disporsi a vedere e a capire una situazione in modo fresco, senza pregiudizi, da distanza, e confrontandosi con gli altri. L’osservazione riflessiva è un’abilità quindi fondamentale per l’animatore.
Il FOCUS quindi per l’animatore è aver chiaro cosa si vuole osservare, alla ricerca della significatività di ciò che succede. In sintesi, l’animatore diventa il buon interprete dell’esperienza osservata nei partecipanti o l’ “angelo amico e custode dell’esperienza”
Infine, se l’osservazione riflessiva è un abilità o competenza a tutto tondo dell’animatore, insieme ad un buon utilizzo degli strumenti, a questa si deve accompagnare una forte competenza comunicativa, soprattutto in relazione alla restituzione dei dati di osservazione con il fine di valorizzare l’importanza della recente esperienza.
Per concludere è importante avere anche un “codice etico” di osservazione riflessiva che indica quelle condizioni e comportamenti che aiutano a fare orientamento dell’apprendimento e protrarlo nel tempo e nel contesto dei partecipanti, oltre che essere legato alla restituzione dei dati di osservazione attraverso un’esperienza costruttiva, divertente e arricchente.