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    Quel prete che mi ha insegnato ad ascoltarmi



    Massimo Schiera *

    (NPG 2015-01-47)

    Il senso di appartenenza alla comunità

    “Il giorno in cui andrò via da questa parrocchia, se mi seguirete invece di continuare a lavorare nella vostra parrocchia, io avrò fallito!”

    Con queste parole Piggì (nome coniato da noi giovani parrocchiani dalle iniziali del suo nome, Padre Giuseppe) riprendeva me e molti dei miei amici su alcuni discorsi riguardanti i trasferimenti dei parroci o l’amicizia di un giovane con un sacerdote.
    Personalmente non capivo cosa volevano dire quelle parole quando le sentii per la prima volta e con la testardaggine di quella età, ribattevo affermando l’importanza di una figura sacerdotale costante nel tempo e nella quotidianità per la crescita umana e di fede.
    Eppure oggi, a distanza di 14 anni, comprendo bene il significato di quel richiamo, di quelle stesse parole che a noi apparivano aspre e dure, di quei richiami che non volevamo ascoltare. Per lui invece rappresentavano il principale obiettivo, la sua “mission” nella nostra parrocchia: farci innamorare di Gesù e insegnarci a servirlo nel luogo e nel tempo nel quale eravamo, dove vivevamo, studiavamo e lavoravamo… e non dove o con chi avremmo voluto essere!
    Sarebbe impossibile scrivere tutto ciò che P. Giuseppe ha detto, fatto o pensato nella mia parrocchia per i 10 anni in cui è stato con noi, ma posso dire con certezza che Piggì ha detto, fatto e pensato da uomo, da padre di famiglia, da amico, fratello maggiore e tanto altro…
    Negli anni da parroco, Piggì ha cercato di far percepire il senso di appartenenza di ogni parrocchiano alla propria comunità servendola attraverso l’amore per Gesù e secondo le proprie competenze, i propri talenti e la propria vocazione!

    Il prete-guida

    Piggì è stato per molti adolescenti della parrocchia una guida alla scoperta del mondo, una guida alle relazioni sane tra coetanei e con gli adulti, all’amore tra due fidanzati, all’intimità con il buon Dio e alla scoperta della propria chiamata. Una guida che ha saputo indicare la giusta strada, la giusta direzione, ma soprattutto ha saputo rispettare i tempi di crescita di noi giovani. H saputo attendere il mio ‘sì’, il mio ‘proviamoci’, il mio volermi mettere in gioco.
    Piggì è arrivato nella mia parrocchia quando avevo 14 anni. Dopo poche settimane, in una delle numerose chiacchierate informali tra me e lui fatte nel piazzale antistante la parrocchia, mi confessò di vedermi portato alla vita sacerdotale. La mia prima risposta, secca e immediata fu un bel ‘no’.
    In realtà dentro di me sentivo da tempo un’attrazione al sacerdozio, ma a quell’età e per il fatto di essere cresciuto in parrocchia, pensavo fosse solo un’infatuazione o un pensiero mosso dal “fascino” della figura del prete. Un’ Idea che speravo andasse via dalla mia mente in poco tempo…
    In questi 10 anni, Piggì ha ripreso più volte l’idea di un mio cammino di discernimento: nei campi scout, che mi hanno accompagnato fino ad oggi, negli incontri di preghiera, nelle adorazioni eucaristiche, ma soprattutto nel sacramento della confessione. Piggì con delicatezza e con pazienza ha provato a farmi prendere coscienza di me stesso.
    Ma in questi dieci anni, la mia risposta è stata sempre la stessa. La mia attenzione si concentrava su altre scelte, dallo studio alle fidanzate fino al lavoro... Piggì era sempre li ad incoraggiarmi e a sostenermi, a gioire ed esultare con me e con la mia famiglia per i traguardi raggiunti…. ma allo stesso tempo era sempre puntuale nell’augurarmi un buon discernimento.
    Eppure il coraggio di “volerci provare”, di lasciare la mia vita “movimentata” e di “fermarmi ad ascoltare il mio cuore” è arrivato proprio dopo che Piggì è andato via.

    Aspettare per conoscersi

    Ho sempre considerato la mia personalità e quella del mio parroco molto simili. Eppure la sua pazienza e la sua capacità di saper aspettare i tempi altrui, mi ha lasciato il segno! Proprio come fa un insegnante a scuola… Piggì mi ha IN-SEGNATO, ha lasciato il segno dentro di me tramite il suo esempio, il suo comportamento e il suo modo di essere sacerdote, tramite il suo amore per Dio e per la Chiesa che manifestava sempre. E io ho imparato ad aspettare.
    Adesso mi ritrovo a vivere un tempo di discernimento all’interno della comunità del Propedeutico del Seminario Arcivescovile di Palermo, a vivere un tempo di attesa, di ascolto, di pazienza. Un tempo nel quale ti fermi a pensare, a riflettere e a condividere i tuoi sentimenti e le tue emozioni. Un tempo e uno spazio che credevo di non riuscire a vivere mai, perché forse fermarmi ad ascoltare ciò che Dio vuole dirmi mi faceva - e continua a farmi – paura. Forse perché so già quale può essere la domanda e quale la mia risposta.
    Ma il buon Dio mi chiede adesso di sapere attendere e di sapere vivere con calma e serenità il discernimento alla mia chiamata. Nelle mie preghiere, chiedevo sempre di indicarmi la strada, la direzione giusta e il modo con il quale affrontarla… il segno lasciato da Piggì su di me, l’ascolto e la capacità di saper attendere, è la risposta al mio primo passo.

    * 27 anni, Assistente sociale e responsabile del Servizio Diocesano di Pastorale Giovanile di Palermo


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