Valerio Corradi
(NPG 2015-02-64)
Negli ultimi decenni sta prendendo forma un nuovo rapporto tra i giovani e lo spazio che, se indagato, può portare alla luce molti elementi relativi a come si muovono, cosa fanno e cosa pensano le nuove generazioni.
Posizione, distanza, confini, movimenti, centralità, perifericità e direzione diventano allora categorie che oltre a ricordare come l’esperienza umana sia sempre collocata in uno specifico spazio fisico, evidenziano una simbolica degli spazi che allude all’uso che i soggetti fanno delle morfologie spaziali per richiamare importanti significati del vivere comune e le forme delle interazioni sociali [1].
Sorge così l’esigenza di promuovere alcune riflessioni su questo tema, per sottolineare l’importanza della “dimensione nascosta” e spesso dimenticata dello spazio. Un progetto pastorale ed educativo che non riconosca, anche a fronte delle fughe nel mondo virtuale o delle spinte alla globalizzazione, la significatività del contesto spaziale in cui vivono i giovani e la sua influenza sul loro modo affrontare questa fase della vita è infatti destinato a raggiungere in modo parziale i propri obiettivi.
I giovani, infatti, sono ancorati in diversa misura ai luoghi in cui vivono che stabiliscono opportunità e vincoli per il loro pensiero e la loro azione. Tali luoghi si configurano come “ambiti praticati” [2] dove oggetti, aree, fini, idee, rappresentazioni, edifici ed emozioni si ritrovano in una medesima trama di senso dai tratti più o meno coerenti.
Interessarsi del rapporto tra giovani e spazio significa occuparsi, prima di tutto, di quello che è l’ambito per eccellenza della vita contemporanea ovvero la città, luogo di sintesi delle opportunità e delle criticità della nostra epoca. L’immagine della città come luogo della varietà di persone, architetture, suoni e opportunità continua a esercitare un grande fascino sulle giovani generazioni e alimenta un crescente pendolarismo diurno e notturno verso i maggior centri urbani del nostro paese.
In questa rubrica cercheremo di mettere a fuoco il forte legame che si viene a creare tra i giovani e specifici spazi urbani, in primis i luoghi urbani outdoor (es. piazze, strade, luoghi della movida) e in secundis i luoghi indoor (es. shopping center, multisale) facendoci ispirare nel nostro lavoro dal monito di Papa Francesco sulle sfide poste delle cultura urbane nel quale egli ricorda che “la nuova Gerusalemme, la Città santa (cfr. Ap 21,2-4), è la meta verso cui è incamminata l’intera umanità. È interessante che la rivelazione ci dica che la pienezza dell’umanità e della storia si realizza in una città. Abbiamo bisogno di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze. La presenza di Dio accompagna la ricerca sincera che persone e gruppi compiono per trovare appoggio e senso alla loro vita” [3].
I diversi luoghi della città, e a volte, paradossalmente, proprio quelli più centrali e frequentati, si configurano come ambiti nei quali i giovani si abbandonano a quelle “periferie esistenziali” i cui eccessi e sbandamenti sono portatori di una forte domanda di un “centro” che dia un senso su cui fondare la propria vita.
Partendo da questa premessa, l’intento di questa serie di articoli sarà allora quello di offrire agli educatori visioni, letture e interpretazioni sui nodi della condizione giovanile in ambito urbano avvalendosi di testimonianze dirette e di recenti dati su questa multiforme dimensione.
NOTE
[1] Osti G., Sociologia del territorio, Il Mulino, Bologna 2010, p. 28.
[2] Cfr. Certeau M. de, L’invenzione del quotidiano, Lavoro, Roma 2001
[3] Papa Francesco, Evangelii Gaudium, Esortazione apostolica, Città del Vaticano 2013, n. 71