Pasquale Fracasso *
(NPG 2015-01-43)
Essere prete per me oggi è come vivere la gioia di un seme che porta frutto.
Percepisco sempre con chiarezza che nella mia vita ci sono tracce lasciate da persone incontrate per lo più per caso. Ritengo che la mia vita sia stata "segnata": per me questo è chiaro.
Non sarei mai diventato sacerdote se, durante le scuole elementari, nella mia "carriera" da chierichetto, non avessi avuto davanti agli occhi ogni giorno e accanto nei momenti difficili un prete semplice, ma con uno slancio missionario incredibile.
Una passione per il Regno di Dio
Provenendo dall'esperienza missionaria – interrotta per motivi di salute – questo giovane sacerdote trasferiva nella mia piccola parrocchia una passione per il Regno di Dio grande quanto ... il mondo! Sempre pronto a partire, nonostante la salute glielo impedisse. Questa "spinta ad andare" la porto dentro, la avverto ogni giorno, riaffiora ogni volta che inizio un'attività coi ragazzi, un percorso coi giovani o con le famiglie. Sembra quasi essersi impressa nel mio "DNA spirituale"! Tante volte torno a quell'esperienza di ragazzo che restava affascinato dal coraggio di quest'uomo, rapito quasi dall'ansia di andare ... Quella prontezza è passata in me, ha contagiato la mia vita e mi ha fatto decidere di spendere la vita per Cristo: "Non dire: sono giovane. Ma va' da coloro a cui ti manderò ..." (Ger 1, 7).
Sulle tracce di Dio
Oggi capisco con lucidità quanto quelle "tracce" lasciate in me dall'incontro con il mio "parroco-missionario" siano di fatto diventate il "tracciato" sul quale Dio mi ha chiamato, ha educato con pazienza il mio cuore, mi ha atteso, mi ha "portato in braccio", mi è stato accanto e continua a sorprendermi. Oggi lo capisco! Ed avverto quanto sia fondamentale per i ragazzi poter avere "tracce" sulle quali rintracciare il passo di Dio. A tale proposito, mi capita più volte di raccontare la mia storia vocazionale a gruppi di ragazzi o ad adolescenti interessati a sapere come e perché sono diventato prete. Domande scaturite dalla semplice curiosità, ma che nascondono un desiderio che ha radici nel loro cuore, sempre in tumulto e ricerca. Trapela da loro una voglia di "capire" come Dio parla, come Dio ti intercetta, come Dio arriva proprio a te e perché, alla fine, tu abbia potuto scommettere su di Lui.
Un seme che porta frutto
Sono questi, in definitiva, i momenti in cui mi sento davvero uno "strumento" nelle mani di Dio e mi è assolutamente chiaro come tutto dipenda da Lui. E non posso fare a meno di ripensare a quel "seme", seminato negl'anni della mia infanzia, da quel parroco che sognava la missione. E guardo i "frutti" che Dio ha tratto dalla mia vita e continua a trarre da quel seme. Davvero Gesù aveva ragione: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12, 24).
* 44 anni; parroco, vice direttore della Pastorale Giovanile diocesana (Otranto), per 8 anni docente in una scuola media