Alessandro Brescia
(NPG 2014-06-62)
Non ricordo quale fu il giorno in cui presi la decisione, né saprei mettere a fuoco un episodio particolare che mi spinse a farlo, ma - se ripenso a quei momenti - è un libro divorato in pochi giorni (gli Scritti corsari di Pier Paolo Pasolini) che associo alla mia scelta di fare politica. Di fare politica in prima persona. Nella mia città, per la mia città: Venaria Reale.
In realtà, a ripensare a quei giorni lontani, non si trattava ancora di una scelta matura e consapevole, quanto di una suggestione, di un “sentire” qualcosa di diverso e di nuovo che richiamava la mia attenzione ma che necessitava di prendere forma. Il mio era stato, e continuava ad essere, un percorso di crescita e poi di animazione in oratorio, ed alcuni temi erano sempre stati marginali, se non addirittura dei tabù. Forse per questo, anche su consiglio del mio parroco, per capire di più e meglio, accettai di frequentare un corso biennale di formazione sociale e politica che organizzava la Diocesi di Torino. Il primo e importante momento formativo che cominciava a dare una forma alle mie idee in fermento. Una bella esperienza di conoscenza dei “classici” del pensiero politico ma anche di approfondimento della dottrina sociale della Chiesa, nonché di confronto diretto con persone impegnate politicamente.
Così nel 1995 passai anche io dal desiderio all’impegno attivo che però non trovò sbocco all’interno di un partito ma nell’adesione ad un diverso progetto locale e cioè la nascita di una lista civica, denominata Uniti Per Cambiare. Non fui eletto, ma quello fu un modo per capire cosa voleva dire partecipare alla vita, non più e non solo del mio oratorio e della mia parrocchia, ma dell’intera comunità cittadina. Capire anche i tempi, i metodi e le regole dell’apparato amministrativo.
Continuando a guardare con gli occhi dell’oggi quegli anni, posso dire che al quel mio “agire” mancava ancora qualcosa, perché oltre ad un “fare” diventasse anche un “essere”. Era il 1999, cominciavo l’anno di obiezione di coscienza e scelsi i Salesiani (che non conoscevo se non marginalmente per via di un oratorio del mio comune loro affidato), senza sapere cosa mi aspettava: l’incontro con don Bosco.
Fui destinato al Comitato VIS di Torino, a Valdocco.
Fu un anno di incontri con persone speciali, sia laiche che salesiani, un anno in cui le mie idee si consolidarono e trovarono conferme nella scoperta di Don Bosco e poi don Milani. Era il completamento delle mie “ricerche” di senso, le cui motivazioni non sono così facili da spiegare. È come se, mutuando le loro parole, mi avessero detto: questa tua nuova passione va coltivata insieme al resto; a noi interessa tutto ciò che riguarda l’uomo, perché per essere buoni cristiani e onesti cittadini la nostra dimensione di crescita deve essere integrale, per cui occorre guardare all’uomo nella sua totalità. La nostra condotta individuale, il nostro agire ha, nella forma e nella sostanza, una valenza sociale e politica che si radica (e si esprime) nella vita comunitaria, sia essa l’oratorio e/o il comune. Essere testimoni, credenti e credibili, ogni giorno, in famiglia, al lavoro, con gli amici.
In quest’ottica, il mio “fare politica” diventava così “essere presente”, “mettersi al servizio” dei più giovani, dei più poveri, dei più deboli.
Tutto questo apriva una nuova prospettiva al mio impegno: non era solo pallino post-adolescenziale, né qualcosa di “estraneo” al mio modo di vivere la fede piuttosto che al mio percorso d’oratorio. Una dimensione traversale che abbracciava tutte le altre arricchendole così di una luce nuova.
Tant’è che l’anno successivo, al termine del servizio, la mia vita cambiò (e non solo politicamente): accettai di ricoprire la carica di assessore alle politiche giovanili e allo sport nel mio comune e, nel contempo, accettai di lavorare in Pastorale Giovanile (a Valdocco).
Oggi, dopo 14 anni, sono ancora qui a Valdocco (per lavoro), dove tutto è cominciato anche per me, sempre impegnato nella mia città (per politica) e, sempre impegnato con e per il VIS (per volontariato).
E proprio qui sta forse, l’origine di ogni cosa, lavoro, politica e volontariato: non tre scelte diverse, ma tre diverse scelte di un unico modo di vedere il mondo, con spirito missionario e quindi salesiano.