Orizzonte giovani /12
Domenico Cravero
(NPG 2014-04-4)
I dati del Rapporto Giovani 2013 (ricerca Toniolo) che descrivono la considerazione che i giovani hanno della loro famiglia meritano ancora qualche osservazione, soprattutto per la loro ricaduta nella pastorale giovanile.
I rapporti in casa sono definiti per lo più come soddisfacenti e costituiscono un solido punto di riferimento per oltre l'80% dei giovani del campione.
Il ruolo della famiglia è positivo anche nello sviluppo della sensibilità verso il volontariato e nella motivazione al servizio, smentendo quindi le teorie che tendono a mettere in contrapposizione attaccamento ai legami familiari e azione sociale.
Alla famiglia è riconosciuto un grande valore: essa non è solo lo spazio affettivo del vivere insieme, ma l’esperienza in cui s’impara il valore delle regole e si trasmettono i valori.
Per questo una larga, inaspettata maggioranza (68,6%) condivide del tutto o abbastanza l’affermazione che definisce la famiglia cellula fondamentale della società e la intende fondata sul matrimonio. Il 66,6% la considera anche come “rifugio dal mondo”, poiché si può sempre tornare a casa quando, spiccato il volo, non si riesce più a sostenersi da soli (accade a oltre il 70% dei giovani usciti per lavoro o per studio). Con l’aumentare dell’età dei figli aumentano così, contrariamente alle attese, tutti gli indici di bontà della valorizzazione della famiglia.
Il prolungamento del tempo della crescita, la dipendenza protratta dai genitori, l'incertezza nello sbocco professionale e lavorativo, creano però le condizioni di una giovinezza instabile e imprevedibile. Agli adulti gli attuali adolescenti appaiono persone spigliate e intelligenti, desiderose di indipendenza, curate e ben sviluppate nella loro corporeità, ma poco vivaci, scarse di passioni e di entusiasmo, sempre come “superaffaticate”.
Trasformazioni in atto
In realtà, tutti i rapporti in famiglia sono immersi nel vortice di una profonda trasformazione e ridefinizione. Si è creato un ambiente affettivo che configura l’infanzia e l’adolescenza in modo diverso dal passato. Nel cambiamento radicale del tempo attuale, nella crisi profonda dei riferimenti etici e religiosi, le coppie genitoriali non hanno più le medesime motivazioni di un tempo per il loro comune progetto di vita, non intendono più l’amore alla stessa maniera; non hanno, quindi, più lo stesso modo di vivere insieme.
In passato le comunicazioni tra i genitori erano, forse, più limitate e i ruoli più rigidi. Alle donne erano affidati in prima persona i doveri di casa; fuori della famiglia le madri erano però spontanee, dirette e personali. I padri, per lo più distanti nei rapporti affettivi con i figli, sulla scena sociale erano apprezzati e determinati. Nello stile educativo la valorizzazione del sacrificio favoriva l’instaurarsi di legami affettivi “leggeri” (non possessivi o ansiosi), basati sulla lealtà e sulla fiducia, i grandi valori che sostenevano la fedeltà. I piaceri della vita erano visti come irrisori in rapporto alla sua durezza e all’essenzialità nella lotta per la sopravvivenza.
Oggi le relazioni affettive sono più “pesanti”, perché le persone sono più esigenti circa la qualità dei loro rapporti e delle gratificazioni attese. L’amore incerto è motivo costante di ansia e di controllo.
Si scioglie la rigidità dei ruoli ed emergono nuovi stili di presenza. Si impone, per esempio una nuova figura di donna, attiva e dinamica, capace di molti interessi, distribuiti su vari ambiti della vita: la cura di sé, il lavoro e la professione, l’autorealizzazione.
La famiglia continua a essere come luogo privilegiato di apprendimento di credenze, atteggiamenti, modelli, valori. Questo tuttavia avviene in modo ambivalente.
Il giovane è accompagnato e aiutato, ma non è spinto in avanti, dalla famiglia. La disponibilità all’aiuto può diventare iperprotezione, con risultati negativi sulla motivazione e sull’assunzione di responsabilità nelle scelte di vita.
Costruire legami
La situazione problematica di oggi apre però anche un’altra strada, inedita: la sfida appassionante di costruire solidi legami di affetto in condizioni di libertà, di realizzare la vita etica come impresa evolutiva congiunta e reciproca di genitori e figli. Per distinguersi dai genitori non è più necessario separarsi da loro. La ricerca sociale sembra dare ragione a questa svolta: si può dimostrare che il benessere del figlio è tanto più efficace quanto più la qualità e la soddisfazione del rapporto con gli amici si combinano con la sicurezza dell'affetto familiare. Nella vicenda familiare è possibile osservare un fecondo paradosso: più l’affetto e il legame con i figli sono radicati, maggiormente si stabilizzano le premesse per distinguersi dai genitori. L’autonomia non significa indifferente indipendenza dalla famiglia; il legame che continua e inventa nuove forme d’interdipendenza è, piuttosto, una garanzia d’autonomia. La nuova famiglia permette questo tipo di autonomia. La dimensione della generatività familiare si può estendere fino alla maggiore età dei figli e prendersi cura di progetti tesi a produrre benessere in un ambiente relazionale allargato. Possiamo anzi definire “prosociale” una famiglia che adotta tale codice generativo, creando relazioni sociali caratterizzate da apertura, reciprocità, condivisione e solidarietà.
L’ambivalenza del rapporto del giovane con la famiglia può essere riportata al suo legame con la comunità parrocchiale.
L’adolescente non vuole identificarsi con la parrocchia dell’infanzia, ma ne intende prendere risolutamente le distanze: o si sente riconosciuto nella sua nuova identità o abbandona l’oratorio e la catechesi.
Se in parrocchia, però, il giovane ha il suo ruolo (il riconoscimento), se ha motivazioni proprie e autonome (scelta personale di fede) non si “vergogna” a frequentare la comunità. Lo fa anzi con entusiasmo perché la considera come il suo ambiente, vitale come quello familiare.