Orizzonte giovani /13
Domenico Cravero
(NPG 2014-05-04)
Il titolo potrebbe apparire un’inopportuna provocazione, in un tempo di polemiche e contrapposizioni anche feroci a proposito della “teoria del gender” che investono soprattutto la scuola e gli approcci di un’educazione sessuale che si spinge fino all’abolizione dei generi. Il dibattito che si è creato, invece, è un’occasione importante per la pastorale giovanile, non solo per intensificare l’impegno a contrastare le "discriminazioni di genere" e il bullismo nelle scuole, ma anche per riconsiderare, in termini nuovi, la pratica ormai consolidata della coeducazione negli oratori e nella conduzione dei gruppi giovanili.
La sessualità è l'esperienza più intima e personale che si conosca. Sentire il corpo sessuato è percepirlo al livello più intenso della sua presenza. La sua definizione e comprensione esaustiva sfuggono a uno specifico dominio della scienza: la sessuologia è stata fin dalla nascita, interdisciplinare, trasversale a diverse discipline, luogo d’incontro di punti di vista diversi.
I cambiamenti degli ultimi decenni sono stati così radicali da essere giustamente descritti come "rivoluzione sessuale": trasformazioni impreviste nelle abitudini, nelle attese, nei comportamenti degli individui. A questi cambiamenti hanno contribuito numerosi fattori che si sono reciprocamente influenzati. Rilevanti sono stati, innanzi tutto, gli apporti della scienza medica. Le scoperte e le sperimentazioni nei campi della genetica, della biologia molecolare, le biotecnologie applicate alla procreazione, hanno modificato radicalmente il rapporto della sessualità con la procreazione, la posizione dell’uomo nei confronti della donna, l'esperienza della sessualità nelle diverse età della vita.
Anche le scienze umane hanno avuto un ruolo importante nella nuova visione della sessualità, descrivendola come fatto umano che coinvolge tutta la persona nel suo ambiente di vita. La psicanalisi ha contribuito a illustrare il complesso lavoro mentale e simbolico sulle pulsioni sessuali, che l'individuo compie fin dalla prima infanzia, e ha descritto come, da quel lavoro, dipenda il benessere o la patologia.
A livello più generale, l'evoluzione culturale della nostra società ha evidenziato una nuova sensibilità a proposito del rispetto e della dignità della persona: valori come il dialogo, l'accoglienza della diversità, il diritto di ogni persona sono diventati punti di riferimento universalmente riconosciuti. Questa sensibilità ha contribuito, in modo consistente, a una lettura più ampia e comprensiva della sessualità, considerata molto più per la sua funzione relazionale che procreativa.
La confluenza dei diversi fattori modifica alle radici la visione della sessualità, che diventa più libera, pluriforme, sciolta dai vincoli della riproduzione. La sessualità è vissuta e resa accessibile alle diverse età, a tutti gli stili di vita: è un’attitudine da coltivare, una risorsa da sperimentare, una forma di espressione di sé, più che, semplicemente, una disposizione naturale. Comportamenti sessuali, un tempo condannati severamente, diventano oggi diffusi e anche incoraggiati. La sessualità assume un’importanza mai prima riconosciuta perché presentata e vissuta come possibile compensazione di quanto gli individui hanno perso (nei loro legami, nei loro valori, nelle loro gratificazioni...) in cambio dei vantaggi tecnologici offerti nella vita quotidiana.
La rivoluzione dei costumi sessuali ha posto sotto processo il sentimento del pudore, considerato come il residuato di una mentalità incentrata sulla svalutazione del corpo e sulla rimozione del sesso, ritenendolo responsabile della frustrazione delle possibilità di espressione di sé. In una società divenuta improvvisamente permissiva e tollerante, dove la libertà sessuale è un dato di costume e non è più un traguardo per cui battersi, e dove i rapporti tra i sessi si stanno radicalmente trasformando, si modificano anche le strategie della seduzione e, quindi, gli approcci, i ruoli femminili e maschili, le attese, le mode, i costumi. Nonostante i tanti luoghi comuni che annunciano la fine del tabù del sesso, a dispetto dei comportamenti più liberi ed espliciti, la sessualità non è un’esperienza facile. Più avanza la banalizzazione del sesso, più emergono lati oscuri e inquietanti come le violenze e gli abusi, i comportamenti ossessivi e dipendenti, le nuove forme di sessualità polimorfa e perversa, la caduta del desiderio. Molta della disinvoltura e della sicurezza, ostentata nelle parole e nelle provocazioni, è un maldestro tentativo di negare il carattere inafferrabile dell’esperienza sessuale. La sessualità rimane una realtà affascinante ma ambivalente e rischiosa: non è soltanto piacere e attrazione, è anche possibile amarezza e turbamento.
Maschi e femmine
La sessualità non è univoca ma bivalente: femminile o maschile. I genitori forniscono il materiale genetico che struttura fisicamente il sesso ma non si limitano a questo: in quanto donna e uomo essi diventano, nel loro comportamento, i modelli in cui i figli s'identificano, nella lunga costruzione dell'identità di genere. Nell’indeterminatezza dei generi, nella confusione dilagante delle tappe dell'età evolutiva, della stessa perdita delle età, i figli fanno fatica a identificarsi. Alle difficoltà della coppia, poi, si aggiunge oggi (causa e conseguenza al tempo stesso) la crisi dell’identità maschile. Tra i tanti, si possono facilmente identificare due segnali preoccupanti dell’imporsi di questa crisi: il dilagare della pornografia e l’esplodere di forme gravi e preoccupanti di violenza contro le donne. Si tratta di due fenomeni tipicamente maschili.
La soluzione prospettata dalla “teoria del gender” consiste nel ridefinire drasticamente il femminile e il maschile, distinguendo il sesso dal genere e considerando il gender una pura costruzione storica e sociale. Ogni adolescente si costruisce così soggettivamente il suo genere che lo orienta verso l’eterosessualità, l’omosessualità, il transessualismo… Si è imposta un’ideologia che confonde l’uguaglianza dei sessi (che non è possibile) con la parità delle persone.
In questo modo è messa in causa la famiglia come specifica e stabile relazione di reciprocità e complementarietà. La diversità di genere non esiste solo come funzionale alla procreazione, ma è una caratteristica ontologica della persona come tale per realizzare l’umano attraverso una dualità originaria in tutti gli ambiti di vita. L’educazione al senso dell’altro e alla differenza tra donna e uomo è il punto nodale della scoperta del vero senso dell’alterità.
L’oratorio è sempre stato un’importante palestra di coeducazione. Educare insieme i ragazzi e le ragazze si rivela però oggi insufficiente. La coeducazione non ha contribuito, come si era sperato, a sviluppare un rapporto paritario e qualitativamente migliore tra donne e uomini. Non è riuscita a prevenire la confusione delle identità sessuali e la precarietà relazionale.
L’educazione deve essere pensata in termini di psicologia differenziale e di pedagogia della complementarietà. Si pongono, infatti, domande le cui risposte non sono più scontate: “Che cosa significa che sono femmina, che sono maschio?”, “Che cosa comporta esserlo?”, “In vista di quale fine riconosco la mia differenza di genere?”. “Sexus”, infatti, significa, “tagliato”, incompleto, fatto per l’altro (l’altra) in quanto “altro”.
Per educare alla differenza è utile prevedere anche tempi e forme in cui ragazze e ragazzi rispondono separatamente a queste nuove domande, per riconoscersi nella rispettiva identità, acquisire il senso della differenza e rapportarsi da persona a persona. La relazione matura avviene, infatti, in un incrocio delle identità e delle differenze: “Io, maschio, riconosco e sviluppo in te la donna che tu sei; io, donna, riconosco e sviluppo in te l’uomo che tu sei”.
Le “settimane comunitarie”, alternate per genere, sono già un primo tentativo innovativo. Mancano però ancora strumenti didattici e buone prassi incoraggianti.
Nell’amore, l’altro non limita la mia libertà e non annulla la differenza, ma le rivela.