Roberto Carelli
(NPG 2014-08-8)
Parlare d’amore
Mi sono accinto a scrivere questo dossier sull’amore con gioia mista a timore. Quando si scrive sull’amore arrivano puntuali, perché è il tema più bello e più difficile, il più inevitabile e il più sfuggente, quello di cui si deve parlare e si vorrebbe tacere. E questo per vari ordini di motivi, che ora accenniamo e poi riprenderemo.
Il primo motivo è l’ampiezza del tema: l’amore designa l’identità di Dio e il nome proprio dell’essere, nomina l’origine e il destino dell’uomo, indica l’impulso radicale del pensiero e l’oggetto centrale del desiderio, realizza il senso della libertà e la pienezza della legge.
Il secondo motivo è la paradossalità: l’amore condivide con Dio il doppio carattere di mistero abissale e di massima concretezza: è al tempo stesso infinito e determinato, inesprimibile e sorgente di ogni espressione, presente in ogni sua forma ed eccedente rispetto ad essa.
Il terzo motivo è la drammaticità: l’incontro con l’amore contrasta e smaschera la debolezza del nostro amore finito e le prigioni del nostro amore ferito. Come osserva Balthasar, «incontrando l’amore divino in Cristo, l’uomo non solo apprende cos’è veramente l’amore, ma apprende pure nel contempo ed irrefutabilmente che egli, peccatore ed egoista, non possiede il vero amore» [1].
L’ultimo motivo, il più radicale e imbarazzante, è la praticità: non si può capire l’amore senza viverlo, separarne la conoscenza riflessa dalla pratica effettiva, perché – dice lapidariamente Chiara Lubich – «nell’amore quel che vale è amare» [2].
Noi cercheremo di aver sempre presente un’idea di amore integrale e teologale, e terremo sempre sullo sfondo la testimonianza e la dottrina dei santi, perché, certo, dice ancora Balthasar, «quelli che amano conoscono Dio meglio di tutti e perciò il teologo li deve ascoltare» [3]. Nondimeno, data l’indole teologico-pastorale del dossier e la necessità di un ordine espositivo, ho cercato di allestire un resoconto della condizione culturale dell’amore [4], e l’ho organizzato in quattro parti, corrispondenti a punti di vista senz’altro convergenti ma anche rispondenti a distinte preoccupazioni della missione ecclesiale. Ecco i titoli delle quattro parti: 1. l’amore fra essere e conoscere; 2. l’amore fra affetti e legami; 3. l’amore fra sessualità e fecondità; 4. l’amore fra eros e agape.
La prima parte offrirà qualche cenno intorno alla dimensione ontologica dell’amore: l’idea di amore emergerà dalla tensione fra gli estremi del logos e dell’alogon. La seconda renderà conto della vicenda culturale dell’amore nella società moderno-postmoderna: qui vedremo l’amore conteso tra forme, informalità e deformazioni. La terza e quarta parte mostreranno rispettivamente la base fenomenologica e il fondamento teologico dell’amore: ci troviamo a vivere in una cultura in cui l’esaltazione del sentimento amoroso si accompagna alla negazione dei sessi e all’emarginazione di Dio, cioè alla mortificazione dei legami familiari e teologali, quando in realtà – come ha osservato F. Hadjadj – fra caro e caritas c’è stretta parentela, poiché entrambe hanno in comune i tratti distintivi dell’esposizione alle ferite e dell’impossibilità del dominio:
«da una parte amare di carità, così come essere carnali, significa avere un debole, provare una certa dipendenza e di conseguenza essere vulnerabili. D’altro canto la carne, come la carità, deborda dalla semplice chiarezza naturale della ragione, quella in basso, questa in alto: entrambe esigono una morale che non sia soltanto quella della padronanza» [5].
Educare l’amore
Tutto il dossier avrà una forte attenzione alla dimensione educativa, perché l’educazione è sempre educazione del cuore. L’intenzionalità educativa non vede l’amore come una dimensione o un settore particolare dello sviluppo umano, ma lo riconosce come suo principio e fine: educare è insegnare ad amare, perché senza amore tutto si confonde, si svuota e fallisce (Cf. 1Cor 13).
Ora, la preoccupazione che intendiamo mettere in primo piano è duplice. La prima è che oggi l’amore viene smarrito nel momento stesso in cui viene perseguito: ridotto generalmente a sentimento, da un lato perde aderenza rispetto alle sue pratiche, dall’altro diventa criterio di legittimazione di qualunque pratica. In breve, o amore autoreferenziale o criterio assoluto di riferimento: «love is love».
La seconda, ancora più delicata, è che oggi l’appello all’amore, essenza del messaggio evangelico, oscura e contesta il carattere di buona notizia della sua forma cristiana. In breve, amore come istanza critica del cristianesimo invece che cristianesimo come redenzione dell’amore: «grazie a Dio, sono ateo». Per essere appena meno allusivi, vediamo bene cosa succede nel rapporto genitori-figli, quando si punta a erogare affetto senza riferimento alle forme della sua giustizia e alla trascendenza della sua verità: si verifica un’attrazione fatale verso il terreno instabile dell’adolescenza, precoce nei bambini, regressiva nei genitori:
«il tempo sembra essersi polarizzato verso l’adolescenza che, come una calamita, attira a sé le altre generazioni mostrando sempre più spesso bambini molto piccoli agghindati da veri e propri teenagers, accompagnati da genitori che quella stessa età faticano, nei modi e nelle mode, ad abbandonare» [6].
Va però anche detto che le risorse dell’educazione sono più forti delle preoccupazioni: la testimonianza dell’Amore, la Parola del suo annuncio e i Sacramenti della sua effusione sono la più adeguata e convincente spiegazione dell’amore e la più persuasiva e incoraggiante spinta ad amare. Tocca alla riflessione pastorale provvedere in maniera riflessa alla ricomposizione del significato integrale dell’amore e al rilancio del carattere di “buona notizia” della sua rivelazione. Cosa che cercheremo di fare.
NOTE
[1] Solo l’amore è credibile, Borla, Roma 1982, 63,
[2] L’arte di amare, Città Nuova, Roma 2005, 54.
[3] Solo l’amore è credibile, 14.
[4] Per approfondimenti all’incrocio fra sociologia, filosofia e teologia suggeriamo R. Sala, L’umano possibile. Esplorazioni in uscita dalla modernità, Las, Roma 2012, e all’incrocio di filosofia, teologia e spiritualità raccomandiamo S. Mazzer, “Li amò fino alla fine”. Il Nulla-Tutto dell'amore tra filosofia, mistica e teologia, Città Nuova, Roma 2014.
[5] La fede dei demoni, Marietti, Genova 2010, 186.
[6] G. Pietropolli Charmet - L. Turuani, Narciso innamorato. La fine dell’amore romantico nelle relazioni tra adolescenti, Rizzoli, Milano 2014, 68.