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    Segni dei tempi e anno della fede /4

    Prenditi tempo

    Luigi Guglielmoni – Fausto Negri

    (NPG 2013-04-44)


    «Esiste un grande eppur quotidiano mistero. Tutti gli uomini ne partecipano, ma pochissimi si fermano a rifletterci. Quasi tutti si limitano a prenderlo come viene e non se ne meravigliano affatto. Questo mistero è il Tempo. Esistono i calendari e gli orologi per misurarlo, misure di ben poco significato, perché tutti sappiamo che, talvolta, un’unica ora ci può sembrare un’eternità, e un’altra invece passa in un attimo… dipende da quel che viviamo in questa ora, Perché il tempo è vita. E la vita dimora nel cuore».
    Queste perle di saggezza sono scritte nel primo capitolo di Momo, un romanzo per ragazzi di Michael Ende (l’autore noto per La storia infinita). Il racconto narra di Momo, una bambina che, donando tempo e attenzione a tutti diventa la principale «nemica» dei Signori Grigi, gli operatori della Cassa di Risparmio del Tempo. Essi propongono alla gente di risparmiare sulle ore della giornata e di depositarle nella loro banca; trattasi però di un imbroglio che consente loro di vivere da parassiti, grazie al tempo rubato agli uomini. In effetti, coloro che entrano nella «logica» dei Signori Grigi, iniziano a correre sempre più velocemente ma senza alcun risparmio; anzi, la loro vita si va impoverendo progressivamente, diventando arida e vuota. È una splendida immagine dell’attuale epoca, frenetica e convulsa.

    Oggi la velocità e la fretta

    Dal personal computer al cellulare, dal fast food (cibo veloce) all’«alta velocità»: tutto è oggi sotto il segno della fretta. Viene esaltato chi «parte in quarta», chi brucia le tappe: la vita assomiglia sempre più a una gara olimpionica di resistenza, a una specie di maratona quotidiana. Pare che tutti indossino un cronometro invisibile che batte il tempo: e si diffonde la convinzione che, più si è rapidi, più la vita diventa ricca di divertimento e di significato. Siamo invece caduti nella mentalità dei Signori Grigi. Infatti più aumenta il ritmo della vita, più diminuisce il tempo per sé e per il prossimo.
    Quando la velocità diventa fretta, è fatale. Un professore, visitando un museo con i suoi alunni, diceva loro: «Svelti, svelti! Se vi fermate a guardare tutto, non vedrete nulla».
    Passiamo la vita cercando di economizzare tempo e così perdiamo la vita stessa.
    Il Vangelo dice: «Hai guadagnato il mondo e hai perso la tua anima».

    La vita «liquida»

    Col termine «liquida-moderna», il sociologo Bauman indica «una società nella quale le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure». Gli atteggiamenti, la mentalità, gli interessi mutano a velocità sempre più sostenuta. Un’espressione di Ralph Emerson visualizza bene questo concetto: «Pattinando sul ghiaccio sottile, la nostra speranza di salvezza sta nella velocità». Oggi ciò che conta è la velocità, non la durata (anche in amore). Bisogna modernizzarsi o si è presi in giro. Gli atteggiamenti, la mentalità, gli interessi mutano a velocità sempre più sostenuta. Una delle grandi paure moderne è quella di «non essere al passo con i tempi». Conseguenza: nella società del «tempo libero», nessuno ha più tempo: nemmeno i bambini!
    Il tempo non è più ciclico né lineare ma puntillistico, cioè frammentato in tante particelle. I punti non hanno lunghezza, larghezza o profondità. Il frammento prende il sopravvento.
    Nell’epoca della connessione facile vengono poi amputate le due estremità: il passato e il futuro.
    Infine, la velocità non favorisce la pazienza né la perseveranza. Si sviluppa così una cultura dell’adesso e della fretta. La vita dell’«adesso» tende ad essere una vita di corsa. Un comico tedesco ha ideato questa battuta, arguta e tragica allo stesso tempo: «È proprio perché non so dove sto andando, che ci vado così forte!».
    Se non ho un obiettivo da raggiungere, resta solo l’emozione. L’unico modo per sapere chi sono, o meglio per sentirmi vivo, è provare emozioni. Più forti sono, più esisto. Ecco le parole di un ragazzo in «Tre metri sopra il cielo»: «Il mondo mi vuole rapido, veloce, per ricordare il rumore del mio passaggio. Al mondo non interessa nient’altro di me, non conto per nessuno, non sto andando da nessuna parte… Allora che faccio? Accelero, accelero, accelero…!». Per sapere di essere vivo, a volte non resta che la sfida con la morte.
    L’aspetto paradossale è che non c’è più un momento di tranquillità da nessuna parte. Le cose da vedere, da sperimentare e da acquistare che ci vengono proposte sono così tante, che abbiamo sempre il terrore di perderci qualcosa. L’inquietudine ci perseguita, bene accompagnata da ansia, fatica e stress.
    Al virus della velocità possiamo opporre l’antivirus del «più adagio».

    L’invenzione ebraico-cristiana della festa e del riposo

    Dalla fede ebraico-cristiana ci viene una preziosa indicazione. Noi consumiamo il tempo per guadagnare lo spazio. Invece, l’Ebraismo e il cristianesimo sono le religioni del tempo, che mirano alla santificazione del tempo. Per sei giorni noi viviamo sotto la tirannia delle cose dello spazio: la festa ci richiama a guardare non ai risultati della creazione, ma al mistero della creazione. Più che un obbligo, il sabato ebraico è un’atmosfera di pace (shalom), per dare più attenzione a Dio, agli altri e a se stessi. È la scuola di vita offerta dal Signore all’umanità. «Riposarsi» non equivale a noia o lassismo egoistico, ma ad armonia, pace e gioia. La vita interiore ha bisogno di intervalli. Gesù dà l’esempio: non è mai agitato dalla fretta. Quando tutti lo cercano, lui si ritira sul monte (Lc 5,16), e spesso invita gli apostoli a «non affannarsi» e ad «andare in disparte», a pregare nel silenzio della propria casa.
    La festa viene donata, dunque. Come un tempo per ri-crearsi: non è solo divertimento, ma riposo, svago, un lasciarsi riplasmare.
    I cristiani non partono dall’idea che Dio si trovi da qualche parte. La conoscenza fondamentale è quella di essere insieme con Dio, suoi contemporanei. Ogni momento presente è vicinanza di Dio, presenza di Dio. Questo il compito dell’uomo: santificare il tempo e conquistare lo spazio… ogni giorno.

    Più piano! Rallenta! Prenditi tempo!

    Oltre alla domenica, le feste e le vacanze, è importante valorizzare tutte le occasioni di sosta e di indugio durante la quotidianità più normale.
    Un’antica poesia suggerisce i seguenti consigli, che brevemente commentiamo qui di seguito:

    – Trova il tempo di lavorare e studiare, è il prezzo del successo.
    Solo nel vocabolario il termine sudore viene dopo il termine successo. Nella vita reale, mai! L’impegno è la base di una vita riuscita per sé e per il prossimo. Oggi le situazioni sono molto diverse tra loro: c’è chi non trova lavoro, chi ha una occupazione «indecente» e chi lavora troppo. Il lavoro o lo studio vanno fatti con impegno e con passione, ma occorre un giusto equilibrio, come quando si respira: si può vivere solo inspirando ed espirando.

    – Trova il tempo di riflettere: è la fonte della forza.
    La definizione più famosa che l’uomo ha dato di se stesso è: «animale ragionevole». Pascal diceva che noi «siamo deboli come canne al vento, ma siamo esseri pensanti». Tutta la nostra dignità e la nostra forza deriva dal pensiero, cioè dalla nostra capacità critica. Quest’ultima non significa che è intelligente chi critica tutto e tutti, ma chi è capace di ragionare con la propria testa, chi non vive la propria esistenza come un pacco postale. Uno dei grandi problemi di oggi è, purtroppo, la minaccia di un plagio collettivo e del «pensiero unico». Scrive I. Lepp: «La pigrizia mentale rappresenta il maggior pericolo per l’odierna umanità».
    Occorre dunque tenete il cervello allenato. Se, come dice il proverbio, «il pesce inizia a marcire partendo dalla testa», l’uomo comincia a morire addormentando il cervello.

    – Trova il tempo di leggere: è la base del sapere.
    Siamo il Paese che ha più telefonini al mondo, che spende più soldi in pizze, che per le ferie si ferma un mese intero. In compenso siamo al terz’ultimo posto tra i 15 Paesi d’Europa rispetto all’acquisto di libri. Spendiamo solo 65 euro l’anno, contro (per esempio), i 209 della Norvegia. Solo un italiano su due legge un libro all’anno; uno su venti legge un libro al mese.
    Oggi le gelaterie battono le librerie; mentre la gastronomia è alle stelle, l’editoria è in crisi. Si apprezzano più i titoli bancari che i titoli dei libri. Eppure, mentre la televisione offre quello che gli studiosi chiamano «pensiero veloce», il libro è occasione di «pensiero profondo». Guardare la televisione è come andare in treno o sfrecciare in macchina, leggere un libro è come andare a piedi: è vedere di più, è gustare di più.
    Leggere è per la mente quello che è la ginnastica per il corpo. Leggere è premiare l’intelligenza. «L’uomo che legge ne vale due», affermava l’editore Bompiani.
    Chi legge può viaggiare nei paesi più lontani, stando seduto.
    I libri sono l’autogrill dell’anima, l’antiruggine del cervello.
    I libri sono il segreto perché il tempo libero non diventi tempo vuoto.

    – Trova il tempo di giocare: è il segreto della giovinezza.
    Ogni persona ha bisogno di divertirsi, un termine che deriva dal latino «divertere», e che significa percorrere una strada diversa da quella solita. Perciò si può divertire veramente chi è impegnato seriamente. Se un ragazzo vive solo per divertirsi, non si diverte più. Il gioco rende piacevole la vita, spinge a socializzare, libera le emozioni e le tensioni accumulate. L’importante è il giusto equilibrio tra impegno e gioco, senza rimbecillirsi con videogiochi. Il problema è che lo svago è diventato un’enorme macchina controllata dal mercato e che alimenta il mercato. È dunque importante praticare un gioco, o una qualsiasi disciplina sportiva. Qualcuno ha scritto che, invece di 22 giocatori che corrono dietro a un pallone e 80.000 spettatori, sarebbe bello che la realtà fosse al contrario: 22 spettatori e 80.000 persone che giocano. Nella società dello spettacolo, infatti, pochi sono gli attori protagonisti: anche della propria vita.

    – Trova il tempo di essere gentile: è la strada della felicità.
    Mentre il clima atmosferico della terra si va sempre più riscaldando, quello dei rapporti tra le persone si va paurosamente raffreddando, col rischio di un lungo inverno dello spirito. Il ritorno della gentilezza sarebbe come un’improvvisa esplosione di primavera dopo un interminabile inverno.
    Comportarsi con affabilità fa bene: anzitutto alla salute (la persona litigiosa e scontrosa è più esposta alla malattia, al vicinato e parentado (la benevolenza e il buon umore rendono tutti più sereni ed ospitali), ma anche all’economia (il lavoro d’équipe richiede fiducia reciproca e collaborazione), alla pace nel mondo (la civiltà dell’amore nasce dalla tenerezza del cuore) e alla vita cristiana (la cordialità è il primo gradino della carità e il segno distintivo della testimonianza di fede).
    È significativo che, in molti comuni e province d’Italia, si celebri «il mese della gentilezza» e la Campagna «salva il saluto».

    – Trova il tempo di sognare: è il sentiero che porta alle stelle.
    Chi vive solo sognando, rischia di staccarsi dalla realtà. D’altra parte, se si affrontano le piccole cose di ogni giorno senza un grande progetto, il rischio è di rimanere «impantanati nelle sabbie mobili» quotidiane. È stato scritto: «Solo chi è abbastanza folle da pensare di poter cambiare il mondo, lo cambia davvero». Uno dei discorsi più belli del secolo scorso è quello di Martin Luther King, il «Mosè nero», che inizia così: «Io ho un sogno». Egli credeva nell’uguaglianza dei diritti tra i neri e i bianchi in America. Per questo «sogno» ha dato la vita. Quarant’anni dopo, Presidente degli Stati Uniti è un uomo di colore. Il segreto della vita è tutto qui: pensare in grande e agire nel piccolo.

    – Trova il tempo di pregare: è il più grande potere della terra.
    La preghiera è come l’area di servizio per il rifornimento quotidiano.
    Carlo Carretto, Piccolo Fratello di Charles de Foucauld, ha scritto: «Io so che se non prego sono morto, sono muto, sono incapace di dire qualcosa di valido. Io so che se non cerco l’amore personale di Dio sono titubante e fiacco nel mio agire. Io so che se non contemplo sono senza profezia, senza cielo, senza novità».
    Il giorno è fatto di 1440 minuti: prenderne 10 per «connettersi» con Dio rende profondi, ricarica, dona serenità, spinge verso gli altri.

     


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