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    L’incontro con Gesù Cristo vivo: due icone bibliche



    José A. Pagola

    (NPG 2013-02-28)


    Dopo l'esecuzione di Gesù, i suoi seguaci hanno vissuto un processo che li ha condotti a «credere» in Gesù risorto, superando dubbi, incertezze, interrogativi e sconcerto. Alla luce di questa fede andarono via via approfondendo, non senza difficoltà, il mistero racchiuso in Gesù, fino a confessarlo in maniere diverse come incarnazione del mistero di Dio nella fragilità di un essere umano.
    Quale via possiamo percorrere noi uomini e donne di oggi per seguire un processo simile? Questa non fu una questione ignorata agli inizi della fede cristiana; i credenti della seconda e della terza generazione pensano a coloro che un giorno crederanno senza essere stati protagonisti diretti degli eventi vissuti intorno a Gesù;[1] offrono persino delle piste per accedere alla fede in Gesù Cristo. Di quali esperienze possiamo disporre noi per unirci alla fede dei primi discepoli di Gesù?

    Il racconto dei discepoli di Emmaus

    Questo racconto offre alcuni suggerimenti di grande importanza.[2] Due discepoli abbandonano il gruppo che è riunito a Gerusalemme; camminano con «aspetto triste»; il loro stato d'animo dopo la crocifissione di Gesù è di tristezza, desolazione e disperazione. La loro fede in Gesù si e spenta; non si attendono più nulla. In apparenza dispongono di tutto ciò che avrebbe potuto condurli alla fede in Gesù Cristo: conoscono le Scritture d'Israele, sono vissuti con Gesù, hanno ascoltato il suo messaggio, lo hanno visto agire come un «profeta potente», hanno ascoltato l'annuncio pasquale delle donne, che dicono che il crocefisso «è vivo» e quello dei loro compagni, che confermano che il sepolcro è vuoto. Tutto è inutile; la loro fede rimane morta; manca loro l'aspetto più decisivo: riconoscere la presenza dei Risorto nelle loro vite, incontrare personalmente Cristo vivo.
    Sebbene camminino tristi e scoraggiati, quei discepoli continuano a ricordare Gesù e «conversano e discutono su di lui». Mentre camminano, il Risorto «si avvicina», si rende presente nella loro conversazione e si mette a camminare con loro. Gesù li invita a ricordare «quanto è accaduto». I due discepoli ravvivano i loro ricordi e fanno memoria di tutto; parlano allo sconosciuto di «Gesù di Nazaret»: è stato «un profeta potente in opere e parole davanti a Dio e a tutto il popolo»; tuttavia i dirigenti religiosi lo hanno crocifisso; in loro si era destata la speranza che «sarebbe stato lui a liberare Israele», ma la sua esecuzione ha posto fine a tutte le loro aspettative; neppure la notizia che Gesù è vivo è riuscita a ravvivare la loro fede in lui. È allora che Gesù comincia a spiegare loro, alla luce delle Scritture, l'autentico significato degli eventi e del destino di passione e risurrezione del Messia.
    Quanto Luca suggerisce è di grande importanza. Lì dove un gruppo di persone cammina per la vita cercando di scoprire il significato delle parole e delle opere del profeta Gesù di Nazaret, lì dove si fa memoria della sua passione e si ascolta la notizia della sua risurrezione... lì si rende presente il Risorto.
    È una presenza reale di qualcuno che ci accompagna nel cammino; una presenza non facile da cogliere, poiché i nostri occhi possono essere incapaci di riconoscerlo; una presenza che ci invita a riconoscere che siamo «tardi di cuore nel credere». Ma è una presenza che va destando la speranza nei discepoli. Più tardi confesseranno che, mentre Gesù parlava loro per la strada, «il cuore ardeva in loro».
    Una via per incontrare Cristo risorto e sentire che il nostro cuore si accende alla sua presenza è quella raccoglierci in suo nome, leggere i Vangeli cercando di scoprire il significato profondo delle sue parole e delle sue azioni, far memoria della sua crocifissione e ascoltare dal di dentro, con cuore fiducioso, l'annuncio della sua risurrezione.
    Non basta. È necessaria anche l'esperienza della cena eucaristica per riconoscere la presenza del Signore risorto non tanto come qualcuno che illumina la nostra vita con la sua Parola, ma anche come qualcuno, che ci nutre nella sua Cena.
    È quanto suggerisce il racconto di Luca. I discepoli chiedono al viaggiatore sconosciuto di non abbandonarli, e Gesù «entra per restare con loro». I tre viaggiatori si siedono a tavola per cenare insieme come amici e fratelli. Quando Gesù prende il pane, pronuncia la benedizione, lo spezza e glielo dà, «si aprono loro gli occhi e lo riconoscono». È sufficiente riconoscere la sua presenza, anche soltanto per alcuni istanti. L'esperienza di sentirsi nutriti da lui trasforma la loro vita. Ora si rendono conto del fatto che le speranze che avevano riposto in Gesù non erano eccessive, ma troppo piccole e limitate. Recuperano il significato della loro vita. Tornano alla comunità dei discepoli e «raccontano quel che era successo loro per via e come lo avevano riconosciuto nello spezzare il pane».[3]
    La nostra fede in Cristo risorto non è soltanto frutto del segno del sepolcro vuoto, né della testimonianza di coloro che hanno vissuto l'esperienza dell'incontro con lui. È necessario anche riconoscere la presenza di Cristo vivo della nostra stessa vita. Luca suggerisce due esperienze privilegiate per la comunità cristiana: l'ascolto personale della Parola interpretata da Cristo e in Cristo, e l'esperienza della cena fraterna dell'eucarestia.

    L'incontro di Maria con il Risorto

    Anche questo incontro offre alcuni suggerimenti importanti per accedere alla fede in Gesù Cristo.[4] Maria di Magdala è triste e desolata; il suo cuore è in lacrime. Il racconto sottolinea soprattutto che Maria è una donna che cerca Gesù; non si rassegna a vivere senza di lui. La sua vita non avrebbe senso. A tutti ripete più volte l'origine del suo pianto: «Hanno portato via dal sepolcro il mio Signore e non so dove l'abbiano messo». Vi è una progressione intenzionale nella risposta che riceve. Simon Pietro e il discepolo amato le rispondono con il loro silenzio: neppure loro sanno dove sia il Signore. I «due angeli» che sono presso il sepolcro le rivolgono una domanda invitandola a iniziare una ricerca interiore: «Donna, perché piangi?». Maria ricorre allora a colui che pensa essere l'«incaricato del giardino». In realtà, si tratta di Gesù. Egli è lì, davanti a lei, ma Maria «non sa che è Gesù». Egli le rivolge allora la domanda completa: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?».
    Il racconto di Giovanni suggerisce che, per incontrare Cristo risorto, non basta una ricerca qualsiasi, bisogna compiere un processo interiore ponendosi le domande decisive dell'esistenza.
    Tale ricerca interiore può risultare insufficiente. Maria riconosce Gesù soltanto quando si sente personalmente interpellata da lui: «Gesù le dice «Maria». Ella lo riconosce e gli dice Rabbunì, che significa «Maestro»».
    Per incontrare Gesù risorto è necessario ascoltare dalle sue labbra il nostro proprio nome, sentirci chiamati personalmente da lui. Allora la nostra vita cambia radicalmente. Maria deve ancora scoprire che Gesù non è soltanto il Maestro che ella ha conosciuto: è il Figlio di Dio che sale a colui che è suo Padre e nostro Padre. Deve imparare a vivere con il Signore risorto senza poter godere della sua presenza fisica, come in Galilea. Lo abbraccerà nei suoi fratelli, cui il Risorto la invia per comunicar loro la Buona Notizia: tutti siamo fratelli, tutti abbiamo, con Gesù, un unico Dio e Padre. Gesù è il Figlio unigenito, il nostro fratello maggiore; tutti formiamo la famiglia di Dio. Gesù Cristo è la nostra speranza: con lui e per lui giungeremo un giorno al seno del Padre.

    NOTE

    [1] Secondo Giovanni 20,29, Gesù risuscitato dice a Tommaso: «Hai creduto perché mi hai visto. Beati coloro che credono senza aver visto».
    [2] Luca 24,13-35. Il racconto è assai particolare; viene evitato il linguaggio tradizionale delle «apparizioni» e si insiste sul riconoscimento di una presenza. È l'unico racconto nel quale il Risuscitato trascorra delle ore con i discepoli, vivendo con loro (li accompagna per strada, discute con loro, si trattiene a cena...).
    [3] «Frazione del pane» è il termine tecnico usato nella comunità cristiana per designare l'eucaristia (Atti degli Apostoli 2,42).
    [4] Giovanni 20,11-18.

    (José Antonio Pagola, Gesù. Un approccio storico, Borla, pp. 527-531)


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