Discepoli della bellezza /9
Maria Scalisi
(NPG 2011-03-76)
Nel precedente articolo abbiamo analizzato come nell’interiorità dell’uomo si trovi un immenso patrimonio di bellezza e verità. Non tutti gli uomini, tuttavia, sono consapevoli del patrimonio spirituale custodito dalla loro anima: occorre prendere coscienza di esso attraverso un continuo lavoro introspettivo che ci immetta sulla strada della Verità e della Bellezza.
La Tradizione teologica cristiana, nella trattazione sulla Santissima Trinità, ha dato ampio spazio all’Amore, mentre non ha dato il posto che merita alla Bellezza.
Il Dio dei cristiani è Amore e Bellezza ed è comunione di Tre Persone, «l’Amante, l’Amato e l’Amore» (De Trin. 8,10,14), il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Credere in questo eterno Amore significa credere che Dio è Uno in Tre Persone. In una comunione così perfetta che i Tre sono veramente Uno nell’amore, ed insieme secondo relazioni così reali, sussistenti nell’unica essenza divina, che essi sono veramente Tre nel dare e ricevere amore, nell’incontrarsi e nell’aprirsi all’amore;[1] in verità: scrive Agostino «ebbene sì, tu vedi la Trinità, se vedi l’amore».[2] Tre Persone, un unico e glorioso Dio.
Ma ricordiamo che S. Agostino scriveva: «Gloria significa bellezza»:[3] dimostrazione anche di un’antica dossologia cristiana dove vi è espressa la formula della Bellezza Trinitaria: «Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo», che si traduce con «Bellezza al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo».
La bellezza del Padre
Il Padre Creatore del cielo e della terra è l’origine inoriginata e la Fonte della Bellezza e dell’Amore. Amore unicamente amante, generativo dell’amato. È «Io amo» non procedente da alcuno. In Lui l’amore divino è paterno: iniziativa pura, mera sorgività, totale gratuità e oblatività. «Il Padre è l’eterna provenienza dell’amore, Colui che ama nell’assoluta libertà, da sempre e per sempre libero nell’amore, l’eterno Amante nella più pura gratuità dell’amore».[4]
Destinatario dell’amore del Padre è il Figlio, consustanziale nell’amore, ma nella singolarità personale dell’Amore amato. Egli è il Tu procedente dall’amore generativo del Padre; il generato dell’Amore; il diletto (agapêtos), l’Amato, nel quale l’amore divino diventa filiale, amore ricevuto e ricambiato. Ma il figlio non è passivo e inerte nell’amore. Egli, «ricevendo tutto dal Padre, ratifica pienamente la sua generazione in un ‘sì’ al Padre che coincide con il suo essere». In realtà il dono del Padre non è trattenuto dal Figlio: Egli «non riceverebbe il donarsi del Padre se tenesse per sé questo dono e non lo donasse a sua volta. Così lui è in quanto si riceve interamente dal Padre e nuovamente al Padre tutto si dona». Pertanto, mentre nel Padre l’amore è «pura origine che si diffonde», nel Figlio è «pura trasmissione e comunicazione»: è amore accolto e corrisposto. Il Figlio è accoglienza riconoscente d’amore.
Si determina così una comunione compiacente del Padre nel Figlio e riconoscente del Figlio al Padre, in cui con-siste l’Amore divino. E questo è lo Spirito Santo: l’Amore sussistente del Padre e del Figlio. «Nella sua vita intima Dio ‘è amore’ (1 Gv 4,8.16), amore essenziale comune alle tre divine persone: amore personale è lo Spirito Santo, come Spirito del Padre e del Figlio». In Dio-Amore lo Spirito è l’Amore. L’Amore ipostatico, l’amore-Persona. Egli è l’Amore vicendevole che unisce nella comunione e il Noi comunionale dell’amore reciproco.
«Per lo Spirito Santo, il Padre e il Figlio sono uno, non soltanto nell’unità della sostanza, né semplicemente in virtù della circuminsessione personale, per la quale, secondo le loro mutue relazioni di paternità e filiazione, il Padre è nel Figlio e il Figlio è nel Padre, né semplicemente nella spirazione attiva che è loro comune, ma di un legame di unità, distinto personalmente dall’uno e dall’altro, e che è la persona stessa dello Spirito, nella sua qualità di Amore procedente dall’uno e dall’altro, come loro mutua dilezione».[5]
Sia la creazione che la venuta sulla terra del Figlio sono da sempre nella volontà e nell’amore di Dio Padre. Amore infinito che diffonde splendore e bellezza sulla terra. Tutto è stato creato nella bellezza affinché il Figlio di Dio trovasse e gustasse l’opera di cosmesi del Padre-Creatore; «guarda l’opera compiuta per mezzo del Verbo (...) per cui è stato fatto il cielo e la terra e tutta la bellezza del cielo, tutta la fecondità della terra, l’estensione del mare, il diffondersi dell’aria, il fulgore delle stelle, la luce del sole e della luna».[6] La Bellezza in sé rende bello il mondo attraverso la Parola che egli pronuncia e la Luce che egli irradia nel Corpo di Cristo e nel tempio dello Spirito. Illuminata dalla Parola e amata dallo Spirito, tutta la creazione irradia la vera bellezza del Dio Uno e Trino.
La Bellezza suprema sin dall’origine sta tutta nella Trinità. Prima che il tempo esistesse, prima ancora dell’atto creativo la Bellezza principio primo sta nel cuore trinitario di Dio; «è nella Trinità infatti che si trova la fonte (origo) suprema di tutte le cose, la bellezza perfetta, il gaudio completo».[7]
La bellezza del Figlio
L’Incarnazione è stato l’evento con il quale Dio si è manifestato al mondo nella persona di Gesù Cristo, Figlio di Dio dall’eternità: «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio» (Gv 1,1); «veniva nel mondo la Luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9): il Logos, Verbo di Dio che è Luce da Luce, come alla stessa guisa Bellezza da Bellezza.
La Bellezza eterna, assumendo la natura umana, si rende accessibile ai sensi dell’uomo esteriore, affinché l’uomo interiore venga raggiunto e rapito dalla grazia che libera e salva. Bellezza sempre in tutti i momenti della «storia» umana di Cristo «il Verbo che si è fatto carne è di una sublime bellezza (…) Bello è Dio, Verbo presso Dio; bello nel seno della Vergine (…). È bello dunque in cielo, bello in terra; bello nel seno (di sua madre), bello nelle braccia dei genitori».[8]
Il Verbo è per Agostino la pura attuazione della Bellezza, perché è la Verità dell’unità perfetta col Primo Principio.[9]
«Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo» (1 Gv 1,1-3).
La bellezza dello Spirito Santo
Nella Trinità lo Spirito Santo è l’Amore, cioè il nesso, l’unione ineffabile tra il Padre e il Figlio; in noi è il dono d’amore, cioè il vincolo divino che ci unisce a Dio. Lo Spirito Santo ci viene donato perché è il Dono del Padre al Figlio e del Figlio al Padre. Proprio perché ci è donato è nostro. Ciò che è dato dice relazione a Colui che ha dato e a coloro ai quali è dato. Per questo lo Spirito Santo non è detto soltanto Spirito del Padre e del Figlio, che lo hanno dato, ma anche nostro, perché lo abbiamo ricevuto. Il passaggio dal concetto di dono a quello di amore o Carità è spontaneo. Lo Spirito Santo è chiamato propriamente Dono, esclusivamente a motivo dell’amore. E proprio perché è Amore, diffonde l’amore nei nostri cuori. Dice l’Apostolo: «La carità di Dio è stata riversata nei nostri cuori, mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). L’Amore di Dio uno e trino, riversato nei nostri cuori attraverso il dono dello Spirito, ci trasforma, consentendoci di vedere con gli occhi di amore-fede tutte le cose alla luce della Bellezza in sé.
Qualche nota per gli educatori
Dove possibile, è opportuno spiegare la scienza dell’icona, dei colori, delle proporzioni e la storia di questa nobile arte sacra, attraverso, ad esempio, opere famose come la Trinità di Andrej Rublev. In questo modo i giovani potranno scoprire sempre di più, nella loro mente e nel loro cuore, la propria struttura trinitaria e la somiglianza con Dio. Arte, canto, musica, poesia, per la gioia e la bellezza di stare insieme.
Ballata per la rosa d’inverno – 2a parte
Nel chiostro della mia vita fiorita,
al mio inverno hai portato una grazia:
sei l’Amata, che ad amare m’invita,
e il cuore di gioia mi sazia.
Ed ecco, una mattina
inatteso
il miracolo gentile:
tre rose dischiuse,
come tre rosse ferite
nelle membra vive
dell’Orante Architettura;
come un flusso di sangue
vitale
dal grembo di una donna
che si sapeva spenta.
- Uomo di poca fede,
perché hai dubitato?
E tu, Donna?...
Rosa d’inverno fiorita,
le tue grazie nascondi nel cuore:
nel mio sei la rossa ferita
che l’accende con il fuoco d’Amore.
Sommessa, queste parole
la Fontana sospira
che fa da specchio al chiostro
come un Rosario mormorate
dallo zampillo
di quel cuore verde
nel quale guizzano intenti
i pesci rossi,
quando al mattino la mia ombra
riflessa
in quel mondo simmetrico
al mio, consueta
annuncia per loro il cibo.
Piccole creature sapete
che anche per me è alimento
ogni fuggitiva immagine
della vita segreta
della Signora di Pietra,
che attende il risveglio:
di Lei così velata
mi sono fatto alunno,
e dei battiti rossi
del suo cuore verde,
che si apre e si chiude
a chi mendica gentile
il pane inconsueto
della mimetica Bellezza
che mostrarsi non osa.
(Padre Marco Darpetti, Ballata per la rosa d’inverno)
(continua)
NOTE
[1] Cf B. Forte, La porta della Bellezza, Per un’estetica teologica, Morcelliana, Brescia 1999, p. 90.
[2] Cf De. Trin. 8,12: CC 50,287, NBA IV, 353.
[3] Cf Serm. 365,1: PL 39,1643, NBA XXXIV (341-400), 443. «Non est aliud ea gloria quam pulchritudo».
[4] Cf B. Forte, Trinità come storia, Saggio sul Dio Cristiano, San Paolo, Roma, p. 97.
[5] Cf M. Cozzoli, Etica teologale, fede carità speranza, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2010, p. 180 – 181.
[6] Cf En. in Ps. 44,3: CC 38,495-496, NBA XXV (1-50), 1081.
[7] Cf De Trin. 6,10,12: CC 50,242, NBA IV, 287.
[8]Cf En. in Ps. 44,3: CC 38,495-496, NBA XXV (1-50), 1079-1081.
[9] Cf B. Forte, La porta della Bellezza, Per un’estetica teologica, Morcelliana, Brescia 1999, p. 17.