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    L’invito alla festa della Bellezza


     

    Discepoli della bellezza /1

    Maria Scalisi [1]

    (NPG 2010-01-64)


    L’uomo di oggi vive in una cultura in cui si è perduto il senso per la bellezza e in cui i cuori, svuotati di senso, non riescono più nemmeno ad amare; ciò che è bello viene confuso con l’orrido, che a volte assume il nome di bello. Oggi, per molti, l’idea del bello si svilisce in un abito firmato, un’automobile sportiva, un oggetto tecnologico ultimo grido, e mille altre cose. Ma hanno questi a che fare con la vera Bellezza?
    L’uomo avverte un disagio, ma spesso non si spiega il perché. Succede così che ogni bellezza appare sempre più velata agli occhi di coloro che non hanno interiorizzato un’educazione al bello; e persino quel dono «intuitivo» innato che di solito permette all’uomo di elevarsi alla Trascendenza, all’Amore e alla Vera Bellezza, corre il rischio di essere soffocato, oscurato, nascosto.
    Allo stesso tempo però l’uomo ha un disperato bisogno di autentica Bellezza.
    Un invito quanto mai attuale è giunto per la festa della Bellezza, una festa per tutti i suoi «discepoli»: genitori, figli, nonni, educatori, catechisti, perché la Bellezza è per tutti. Tale invito ci viene dai papi che negli ultimi anni si sono succeduti.
    Già Paolo VI, con il suo celebre discorso rivolto agli artisti e pronunciato nella Cappella Sistina il 7 maggio del 1964, sottolineava la fondamentale importanza della bellezza.
    Poi Giovanni Paolo II, in particolare con la sua Lettera agli Artisti del 4 aprile 1999; e dopo ancora con Benedetto XVI, il quale, citando spesso s. Agostino come cultore appassionato della Bellezza, ma anche Platone, Cabasilas e Von Balthasar, fa continui appelli alla bellezza, come nel Messaggio al Meeting di Rimini del 2002 e ora in numerose omelie. Tutti ci invitano e ci spronano ad amare la Bellezza.
    Educare alla bellezza non è un compito facile, ma necessario, perché la bellezza è dentro di noi, in ognuno di noi. Essa è come un tenue fiore dal profumo delicato, che vive nel nostro animo, ma va coltivato, amato ogni giorno, giorno dopo giorno. Far conoscere la bellezza che c’è in ogni persona significa amare l’altro, perché è fargli riscoprire le sue dimensioni più profonde.
    Ma come tirar fuori la bellezza che c’è in noi e negli altri? I mezzi ci sono e sono tanti. Impareremo a conoscerli a poco a poco, come i gradini di una scala che conduce alla vera Bellezza.
    S. Agostino, scrivendo sui gradi della bellezza, afferma: «Primo grado animazione, il secondo sensazione, il terzo arte, il quarto virtù, il quinto serenità, il sesto ingresso, il settimo contemplazione, (…) ma si possono anche denominare in questo modo: con bellezza dall’altro, con bellezza mediante l’altro attorno all’altro, con bellezza al bello, con bellezza nel bello, con bellezza verso la bellezza, con bellezza presso la bellezza».[2]
    Parleremo spesso di S. Agostino, perché egli è stato un discepolo appassionato della Bellezza. Le sue numerose opere sono intrise di riferimenti alla Bellezza.
    Nelle sue Confessioni S. Agostino ci introduce ad una Bellezza che «sovrasta l’anima» (Conf. 10,34,53), cioè che sta sopra la bellezza dell’anima umana.
    Possiamo immaginare una Bellezza superiore all’anima? È difficile, eppure esiste: infatti, come esiste la Verità, così esiste anche la Bellezza: una Fonte di Bellezza inimmaginabile, inesprimibile, inestimabile che ci è stata data in dono.
    Il Meeting di Rimini del 2002 dice che la bellezza «possiede una certa misura di mistero, per questo è difficile da definire esattamente: infatti non si può dire la bellezza è, seguita da parole che la definiscono, perché le parole risulterebbero sempre insufficienti e ogni definizione sarebbe passibile di sottrazione o aggiunte».[3]
    Per cercare il significato profondo della bellezza e per poterne fare un percorso di educazione dei ragazzi e dei giovani, useremo quei mezzi di cui abbiamo detto, e li tradurremo in articoli per questa rubrica, dove prenderemo in considerazione ogni segno di bellezza come si dà nella poesia, nell’arte, nella musica, nelle immagini, nelle cose belle della natura: insieme possono concorrere a formare alla bellezza, così da poterne gioire e gustare in modo immediato ma anche riflesso. Ogni Forma Bella verrà cercata e visitata, per far capire, comprendere e interiorizzare la bellezza di cui è espressione. Ci verranno in aiuto autori famosi, che hanno scritto, parlato ma soprattutto amato la Bellezza.
    Kahlil Gibran scrive che «la bellezza nel cuore di chi la cerca è più sublime che negli occhi di chi la vede».[4]
    S. Agostino, invece, da principiante, intraprese i primi tentativi speculativi con la bellezza scrutando nei manuali sulla conoscenza e si chiese se «le cose sono belle perché piacciono» o «piacciono perché sono belle» (De vera religione 32,59). Con il passare degli anni, a mano a mano che i criteri di verità diventeranno in lui sempre più chiari nella mente, si accorgerà del suo ingenuo pensiero iniziale, e attraverso una crescita graduale scoprirà, in fine, l’amore per la vera, unica e sola bellezza: «Bellezza tanto antica e sempre nuova» (Conf. 10,27,38).
    Johann Christoph Friedrich Schiller scrive che «l’educazione estetica è l’unica via per l’educazione». La via estetica è vista da Schiller come l’unica arma per umanizzare l’umanità caduta in basso. Per questo filosofo è necessario ristabilire l’armonia attraverso il bello per vincere le deviazioni umane, la perversione, la rozzezza, la superstizione, ecc...
    Dicevamo che la bellezza è per tutti, ma va presa a piccoli sorsi, come una medicina.
    Ecco allora un primo sorso di bellezza, racchiuso in una storiella: la possiamo usare per aprire un dibattito in un’aula scolastica o in un incontro di catechismo, o per raccontarla questa sera ai nostri figli.

    Un giorno Bellezza e Bruttezza s’incontrarono sulla spiaggia.
    «Facciamo un bagno in mare» si dissero.
    Si svestirono e nuotarono. Dopo un poco Bruttezza tornò a riva, si vestì con gli abiti di Bellezza e andò per la sua strada. Anche Bellezza uscì dall’acqua e, non ritrovando gli abiti, troppo pudica per rimanere nuda, indossò le vesti di Bruttezza. E anche Bellezza andò per la sua strada.
    Ancora oggi uomini e donne scambiano l’una per l’altra; benché ci sia chi ha visto il viso di Bellezza e la riconosce nonostante gli abiti, e c’è chi riconosce il volto di Bruttezza che l’abito non nasconde ai suoi occhi.[5]

    Spesso che non sappiamo riconoscere la vera Bellezza e scambiamo per bello ciò che bello non è: questo certamente avviene nell’esperienza quotidiana… ma anche il pensiero speculativo si è lacerato in uno sconcertante relativismo: la Bellezza invece esige l’unità.
    La profonda valenza educativa che la Bellezza possiede può tradursi in un vero e proprio ripensamento della pedagogia (operando, per gradi, il passaggio da una pedagogia estetica a un’estetica pedagogica) al fine di realizzare, da parte dell’educatore, il compimento della più alta educazione, sapendo che l’obiettivo da raggiungere è di far conoscere e stimolare ad attingere alla Fonte della vera Bellezza nell’Unità, nella Bontà e nella Verità.
    Il tema della bellezza è come un’orchestra che suona all’unisono. Gli strumenti suonano e ognuno ha una sua bellezza, ma solo suonando insieme raggiungono l’armonia.
    Genitori ed educatori hanno come compito di condurre figli e giovani per mano, gradino dopo gradino, sui sentieri del Bello, per migliorare l’anima e per giungere a percorrere insieme la Via Pulchritudinis, fino a sentire quell’armonia interiore che solo la vera Bellezza è capace di offrire.
    Si deve essere certi del risultato, poiché ogni essere umano possiede nell’intimo la legge della Bellezza.[6] Quella proprietà che è di Dio e che ci è stata donata nell’atto della Creazione fa sì che ogni persona rechi in sé l’impronta del Creatore.
    Per questo tutti siamo capaci di Bellezza, così come siamo capaci di Dio.

    NOTE

    [1] L’autrice è membro del Coordinamento Teologhe Italiane.
    [2] Cf De quant. an. 35,79: PL 32,1079, NBA III/2, 129.
    [3] Cf Tracce Meeting di Rimini, n. 8 «Il sentimento delle cose, La contemplazione della Bellezza», a cura di M. Bona Castellotti, Rimini Settembre 2002.
    [4] Cf K. GIBRAN, Spiritual Sayings, Mappano, Torino 1996, p. 30.
    [5] Cf K. GIBRAN, Le parole non dette di Kahlil Gibran, a cura di I. Farinelli, Paoline, p. 194-195.
    [6] «Senza questi determinati criteri estetici» non potrebbe «giudicare né bello né deforme l’oggetto sensibile» (Agostino, De lib. arb. 2,16,41).


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