Discepoli della bellezza /4
Maria Scalisi
(NPG 2010-05-70)
Questa rubrica propone a quanti hanno a cuore la formazione dei giovani l’invito a educare attraverso i segni sensibili alla Bellezza Invisibile.
Per questo mese scegliamo come pedagogo Agostino d’Ippona. In lui l’ordine dell’Essere coincide con l’ordine del Bello, come scrive nelle Confessioni: «e allora vidi l’invisibile che è in te reso visibile attraverso le cose create» (Conf. 7,17,23). La bellezza del mondo, secondo Agostino, è una bellezza creata dall’Artefice divino, con quella qualità che ogni ente possiede, cioè con la bellezza che noi vediamo, ma soprattutto con quella bellezza che è l’essenza di ogni cosa.
Nei precedenti articoli abbiamo sperimentato l’inebriante scoperta della Bellezza attraverso gli occhi di artisti, filosofi e poeti; ci siamo appoggiati a loro, poiché a loro è dato il dono della «forma armoniosa» (come scrisse Giovani Paolo II nella Lettera agli Artisti, 4 aprile 1999), della perfezione prodigiosa di capire e di ridire la Bellezza comunicandone il fascino. Essi hanno il potere di afferrare nella loro concretezza la verità vibrante e fulgente della bellezza, e anche il dono di restituirla a noi attraverso le loro opere.
Proviamo ora a pensare quanto più feconda e legittima possa essere la visione «cosmologica» delle cose, se si considerano le immagini in tutta la loro bellezza, nel loro contenuto intrinseco di sostanza e di forma.
Platone scrive nel Fedro che fra tutte le essenze «solamente la Bellezza ricevette questa sorte di essere ciò che è più manifesto e più amabile» (Phaedr. 250 D-E, 119). La bellezza è l’unica realtà che traluce anche nella dimensione del sensibile.
L’ordine del creato
Nella filosofia classica il mondo è prima di tutto cosmo (dal verbo greco «cosmein» che significa ornare, avere armonia, ordine, bellezza). La concezione del mondo come cosmo è il messaggio tra i più significativi che abbia potuto trasmettere la sapienza greca alla spiritualità occidentale. La conferma la troviamo nella Bibbia, là dove si dice che Dio ha creato il mondo dal nulla (caos vuol dire il vuoto, il nulla) e le cose, per un atto libero di Dio, sono apparse in ordine, armonia, bellezza. Dio con la sua azione creatrice ha eseguito un’opera di «cosmesi», mettendo ordine, bellezza dove c’era il caos, il nulla. La fede cristiana della Creazione ha come oggetto la fonte, l’origine del mondo: non già il suo inizio nel tempo, bensì quell’origine che è fuori dal tempo e su cui il tempo stesso si fonda.
Fedele al testo della Genesi, Agostino scrive: «Nel principio originato da te, nella tua Sapienza nata dalla tua sostanza, hai creato qualcosa, e dal nulla (…). C’eri tu e null’altro. Da questo nulla creasti il cielo e la terra» (Conf. 12,7,7). «Dio in principio ha creato cielo e terra»; l’espressione «in principio» è compresa da Agostino come l’inizio del tempo o come il prima di tutto, o come il Principio-Verbo divino.
Da Dio tutte le cose hanno, di continuo, tutto ciò che sono: tutta la loro natura, tutto il loro essere, tutta la loro bellezza. Le bellezze del cosmo sono per Agostino la lettera, il segno, nel quale si coglie l’esistenza di una verità più alta, non nota ai sensi, ma che i sensi indicano come realtà creata nel quale Dio, per speculum, si rivela.
Agostino con meraviglia si chiede perché le bellezze del creato non parlano a tutti gli uomini allo stesso modo, e ci invita a guardare la bellezza «non solo con l’occhio esteriore» (De vera rel. 34,6), un occhio che vede solo ciò che è visibile, ma con un occhio più sensibile, più intimo, un occhio che si stupisce, che è penetrante, che sa cogliere qualcosa di quella bellezza segreta che sfugge allo sguardo superficiale.
Agostino stesso si pone le domande:
«non appare a chiunque è dotato compiutamente di sensi questa bellezza? Perché dunque, non parla a tutti alla stessa maniera? Gli animali piccoli e grandi la vedono, ma sono incapaci di fare domande, poiché in essi non è preposta ai messaggi dei sensi una ragione giudicante. Gli uomini però sono capaci di fare domande per scorgere quanto in Dio è invisibile, comprendendolo attraverso il creato. Senonché il loro amore li asservisce sulle cose create e i servi non possono giudicare. Ora, queste cose rispondono soltanto a chi le interroga sapendo giudicare; non mutano la loro voce, ossia la loro bellezza se uno vede soltanto mentre l’altro vede e interroga, così da presentarsi all’uno e all’altro sotto aspetti diversi; ma, pur presentandosi a entrambi sotto il medesimo aspetto, essa per l’uno è muta, per l’altro parla; o meglio, parla a tutti, ma solo coloro che confrontano questa voce ricevuta dall’esterno, con la verità del loro interno, la capiscono» (Conf. 10,6,10).
Nell’ordine del Creato c’è bellezza, e l’essenza del Creatore è come filigrana, trasparente, per chiunque contempla i segni della natura (bellezze create), dove tutto è ordine, peso, misura e armonia. La creatura che contempla non può non esclamare: Dio quanta bellezza! Per Agostino c’è tanta bellezza nel Creato in quanto «gli attributi invisibili di lui sono scorti dal pensiero attraverso le cose che sono state fatte» (En. in Ps. 103).
La Creazione è infatti, per Agostino, un «gran libro» (Serm. 68,6) aperto a tutti, adatto anche a chi non sa leggere né scrivere. «La stessa bellezza del creato» (cf Serm. 68,6) è una voce che esclama, per così dire silenziosamente, tutta la bellezza del cosmo.
Per questo Agostino afferma:
«la bellezza del mondo è come una voce muta, che si leva dalla terra. Tu ci mediti, vedi la sua bellezza, la sua fecondità, le sue risorse; vedi come si riproduce un seme...Pieno di stupore...scopri una grande potenza, una grande bellezza e uno stupefacente vigore. Ciò che hai scoperto nella creatura è la voce della sua confessione che ti porta a lodare Dio» (En. in Ps. 144,13).
Quest’ordine insuperabile e questa armoniosa bellezza per Agostino d’Ippona sono stati creati e potevano soltanto essere creati dal Dio indicibilmente Bello e «Bellezza di ogni bellezza» (Conf. 3,6,10).
Il teologo Von Balthasar scrive:
«La Bellezza che vediamo è il potere che ha l’essere di dare un’immagine di sé. Il fatto che l’essere ha questo potere lo rende significante, gli dona contenuto e peso sopra ogni elemento immaginoso. Così, vero è che il significante viene del tutto afferrato nell’immagine, tuttavia non si limita alla realtà dell’immagine. In questa indissolubile duplicità il mistero della Verità inizia a rivelarsi come un mistero pieno. L’intero mondo delle immagini intorno a noi è tutto un unico campo di significati. Ogni fiore, che vediamo, è un’espressione, ogni paesaggio ha il suo senso, ogni viso animale e umano parla una lingua senza parole. Sarebbe del tutto inutile voler rendere questa lingua in concetti. Noi potremmo circoscrivere o anche descrivere ciò che vi è espresso; non riusciremo mai a riprodurlo esattamente».[1]
L’uomo, in quanto essere dotato di intelligenza e volontà (libertà), può cogliere in pienezza il valore della bellezza che lo circonda, insieme al messaggio di Verità che è contenuto in ogni cosa. Il creato, infatti, va letto con umiltà e partecipazione, mai con distacco; se letto in «chiave» ragionevole esso parla e proclama la Bellezza di Dio.
Come educare allo stupore?
Come riuscire a destare gli educandi alla meraviglia e allo stupore per la bellezza del creato?
Potremmo semplicemente aiutare i nostri giovani ad osservare attentamente il cielo, la terra, il mare e i colori ridenti dell’intero universo. Oppure potremmo proporre l’esperienza elementare di seminare dei semi, per poi vederli germogliare e diventare piante, fiori, frutti.
Certamente questa esperienza sarà per i ragazzi una scoperta feconda di bellezza e di gioia. Veder sbocciare un fiore non è come assistere ad una meraviglia di Dio? Sarebbe efficace fare tesoro del senso della meraviglia dei più giovani, perfino per suscitare in loro il gusto e l’amore della preghiera.
Il piccolo volume «Immagini per pregare Dio», attraverso tenere illustrazioni e brevi riflessioni dal fascino fresco e gioioso, vuole aiutare genitori e bambini a rendere grazie a Dio per il dono della Bellezza. Il libretto, per introdurre dolcemente alla contemplazione del mistero della Bellezza ed educare attraverso il bello visibile al Bello Invisibile, si apre con la preghiera dal titolo «il vento»:
Il vento soffia forte:
si vedono gli alberi che si piegano
e le vele delle barche che si gonfiano,
ma il vento, lui,
non lo vediamo.
Il vento soffia dolcemente:
lo si sente mentre ci scompiglia
i capelli,
o mentre asciuga
i panni stesi,
ma lui, il vento,
non lo vediamo.
Signore, non ti vediamo,
ma tu sei il soffio che dà la vita.[2]
La creazione, contemplata in tutta la sua bellezza, diviene una scala per giungere a Dio e per lodarlo.[3] È essenziale fare in modo che la vita diventi per i ragazzi presagio, cioè presentimento di qualcosa di Grande e di Infinito.
È fondamentale spiegare loro che la bellezza non obbedisce alla logica dell’utile e della redditività, ma parla un linguaggio totalmente altro: quello dell’amore del Creatore per le creature, un Amore Immenso e senza perché.
NOTE
[1] Cf H.U. Von Balthasar, TeoLogica, Verità del mondo, Vol. I, a cura di G.. Sommavilla, Jaca Book, Milano 1997, p. 144.
[2] Cf M.A. Gaudrat – C.S. Vendrell, Immagini per pregare Dio, Elledici, Leumann (Torino) 1991, p. 8.
[3] Cf M. Scalisi, La Bellezza in Agostino d’Ippona. Poter educare attraverso il bello sensibile al Bello Immutabile, Aracne, Roma 2009.