A cura di Riccardo Tonelli
(NPG 2009-07-8)
IL TEMA
Riconosciamo tutti che è davvero urgente educarci e educare alla preghiera. L’operazione è tutt’altro che facile. Ci sono infatti serie difficoltà con cui fare i conti.
Alcune provengono dai modelli culturali che caratterizzano questa nostra stagione. Prega chi ha bisogno di ottenere qualcosa. Oppure ci affidiamo alla preghiera come ultima ragione di fronte a problemi insormontabili. E noi ci sentiamo tanto potenti da bastare a noi stessi.
Altre difficoltà nascono da incertezze e complicazioni di sostanza. Due almeno vanno ricordate per la loro serietà.
A pregare si impara… ma non perché qualcuno ce lo spiega, come se si trattasse di una questione oscura, per la cui soluzione cerchiamo maestri esperti. Impariamo a pregare facendo esperienza di preghiera. Per fare esperienza, abbiamo bisogno di frequentare persone e luoghi di preghiera.
Inoltre, sono tali e tanti i modelli di preghiera che facciamo fatica a riconoscere dove si colloca la qualità irrinunciabile di una preghiera da discepoli di Gesù. Tutte le persone religiose pregano: come devono pregare i cristiani? Come tutti o Gesù ci consegna uno stile speciale?
Il contributo di Romanello, su cui stiamo riflettendo, ci suggerisce indicazioni davvero preziose per rispondere a queste domande.
Paolo non ha scritto nessun trattato sulla preghiera. Nemmeno possiamo organizzare il suo pensiero, raccogliendo i brani delle sue Lettere. Lo possiamo fare per molti altri temi. Per la preghiera… non è facile.
Paolo è però un uomo di preghiera: sulla sua esperienza possiamo confrontarci, per imparare da lui a pregare e per scoprire alcune dimensioni fondamentali della preghiera cristiana.
Ci proviamo.
LA PROPOSTA
Proviamo a provocare il testo con le domande che ci stanno a cuore, per imparare a pregare da discepoli di Gesù.
Tre caratteristiche colpiscono, nel nostro cammino alla scoperta della preghiera alla scuola di Paolo, uomo di preghiera.
Nella preghiera di Paolo si intrecciano il rendimento di grazie a Dio per quello che Dio stesso opera, attraverso Paolo, nelle comunità cristiane che ha generato, e la richiesta di intercessione per chiedere a Dio che continui questa presenza. L’esperienza di Paolo ci propone così uno stile speciale di preghiera.
Anche la seconda caratteristica del modo di pregare di Paolo, ha tanto da dire anche a noi.
Paolo, nella sua preghiera, allarga continuamente la prospettiva da se stesso, dai suoi problemi e bisogni, verso le comunità cristiane. Nella sua preghiera Paolo porta le sue comunità davanti a Dio, come dimensione profonda dalla sua partecipazione alla vita delle comunità stesse. L’autore non lo cita… ma è bello pensarci: una delle poche volte in cui Paolo ha pregato per sé… la sua preghiera non è stata esaudita, come lui cercava: «Io ho avuto grandi rivelazioni. Ma proprio per questo, perché non diventassi orgoglioso, mi è stata inflitta una sofferenza che mi tormenta come una scheggia nel corpo come un messaggero di Satana che mi colpisce per impedirmi di diventare orgoglioso. Tre volte ho supplicato il Signore di liberarmi da questa sofferenza. Ma egli mi ha risposto: Ti basta la mia grazia. La mia potenza si manifesta in tutta la sua forza proprio quando uno è debole. È per questo che io mi vanto volentieri della mia debolezza, perché la potenza di Cristo agisca in me» (2 Cor 12, 1-10).
In questo atteggiamento ci consegna qualcosa di veramente speciale: la preghiera di Paolo non è tanto un momento di introspezione personale davanti a Dio; neppure è solo dialogo di richiesta a Dio, quasi per piegarlo ai nostri bisogni. E’ invece riconoscimento dei doni dell’amore di Dio, presenti nella comunità dei suoi figli.
La terza caratteristica – la più decisiva: quella che sta alla radice di tutto – consiste nella certezza che possiamo pregare veramente perché lo Spirito di Gesù ci riempie, alza in noi la voce verso Dio, ci aiuta a sperimentarlo come Padre. Questa dimensione è davvero la grande e bella notizia che Paolo, uomo di preghiera, ci consegna: «Inseriti per mezzo dello Spirito di Cristo in una comunione profonda con Dio, i credenti possono esprimere nella preghiera a chiara voce la loro identità di figli nel Figlio».
Non solo è lo Spirito il nostro unico maestro di preghiera. Lui, che ci insegna a pregare, ci autorizza a pregare con le stesse parole di Gesù: Abbà, Padre.
E OGGI?
Oggi, nel nostro mondo occidentale, facciamo molta fatica a pregare bene… forse perché facciamo fatica a scoprire i doni di Dio che riempiono la nostra vita e, di conseguenza, fatichiamo a ringraziarlo. Ci piacerebbe giocare con Dio a domanda e risposta: se la risposta coincide con la domanda, diciamo grazie… altrimenti ci arrabbiamo. Oppure ci stanchiamo ad aspettare… i tempi di Dio che non sono i nostri.
Inoltre, facciamo fatica a pregare perché ci riesce difficile contemplare, nel silenzio dell’interiorità, il mistero che ci avvolge.
Lo Spirito ci suggerisce le parole della nostra preghiera. Ma lo Spirito parla sempre a voce bassissima e non fa concorrenza alle mille altre voci gridate.
Come sempre, abbiamo bisogno di assicurare condizioni di esistenza per la preghiera. E dobbiamo frequentare, come buoni discepoli, persone e luoghi di preghiera, per lasciarci educare.
UNA BUONA NOTIZIA
Questa volta, la bella notizia è davvero una gran bella notizia. La esprime molto bene la conclusione del contributo su cui stiamo riflettendo: «La preghiera […] ci fa vivere la comunione con Dio anche in mezzo a situazioni in cui, da un punto di vista meramente umano, sarebbe difficile riscontrare immediatamente la manifestazione del suo progetto. È proprio della preghiera, allora, farci far memoria del progetto di amore di Dio Padre verso i propri figli, il quale non è smentito dalle sofferenze presenti. In tal modo nella preghiera riprendiamo continuamente coscienza di esso, e il nostro grido di sofferenza non si tramuta in grido di disperazione, ma diviene grido di speranza verso un futuro in cui si manifesterà compiutamente il nostro essere ‘conformi all’immagine del Figlio’, vivente nella gloria».
DALLA PAROLA ALLA VITA
La preghiera
Prova a pregare, in uno spazio di silenzio e di interiorità pensosa, con le parole del «Padre nostro»: è la preghiera più grande e autentica consegnata da Gesù stesso, secondo la parola dei Vangeli. Preghiamo il «Padre nostro» varie volte al giorno, ma spesso in modo tristemente scontato.
L’impegno
Questo lo devi scegliere tu… con i tuoi amici… per verificare fino a che punto condividi veramente quello su cui abbiamo pensato.