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    Perché il bisogno religioso ha seppellito le profezie che ne annunciavano la morte?


     

    a cura di Ufficio PG-ILE – Giancarlo De Nicolò – Cristiana Freni

    (NPG 2009-08-08)

    Non soltanto perché è la scheda iniziale di tutto il percorso, ma perché definisce il senso e le modalità in cui la proposta procede, essa è particolarmente sviluppata e ricca di spunti per la riflessione (personale e di gruppo) e discussione (e, possibilmente, per l’invito a ulteriori approfondimenti). Ovviamente tale conversazione può andare avanti per varie «puntate» (nelle scuole di religione e per i gruppi formativi e culturali)… almeno fino al prossimo numero di NPG con il secondo tema.

    Preliminari

    Analizziamo l’impostazione stessa del tragitto proposto.
    – L’ipotesi del bus genovese «Dio non esiste e non ne hai bisogno». È una sensazione diffusa in mille modi nell’esistenza sociale e personale. Quali i segni e le manifestazioni? Come viene «fondata» e giustificata? Quali altri richiami storico-filosofici (e qui una ricerca filosofica e in psicologia e sociologia
    sarebbe utile) si possono rintracciare, e con quali motivazioni l’asserzione viene giustificata? (C’è anche un interessante richiamo nel testo all’uomo preilluminista, fino al postilluminista). Tanti scienziati oggi parlano della non necessità dell’ipotesi Dio. Pensiamo a R. Dawkins, S. Harris, C. Hitchens. M. Onfray, A. Comte-Sponville. Volendo, aggiungiamo pure l’onnipresente (in tv) P. Odifreddi.
    Vale la pena confrontarsi anche con loro, se pur, a volte, più dogmatici dei «credenti». – I dieci perché: il percorso proposto. Ne vedi una certa logica? Quali i grandi temi che saranno dunque messi sotto esame? Quale altro pensi sia importante e non toccato? Ti convince l’idea di un procedimento
    «per pura ragione»? Cosa aggiungerebbe o escluderebbe un percorso «teologico» (basato sulla fede e sulla rivelazione)?

    IL BISOGNO RELIGIOSO

    Enucleiamo alcuni temi «notevoli» di questo primo approccio al fatto religioso. 
    * Anzitutto la «pretesa» della «secolarizzazione» a insistere sulla conflittualità-opposizione tra Dio e uomo, e ovviamente (per ragioni «umanistiche» e per una piena maturità dell’uomo) a eliminare il primo termine.
    È questo l’unico possibile bilancio della secolarizzazione? Nella nota di pag. 4 si prende posizione circa la visione positiva della secolarizzazione stessa, che alla fine farebbe diventare l’esigenza della distinzione un postulato della separazione. È un tema che è possibile discutere a fondo. Partendo soprattutto dalla personale percezione e riflessione, alla verifica nella cultura sociale, alla posizione stessa dei propugnatori della secolarizzazione, che ne vedono gli effetti benefici e positivi anche nei confronti della religione stessa. Viene posto anche un problema di fondo, circa l’esperienza (o la coscienza) religiosa in sé, e nel rapporto tra libertà creata e Libertà creatrice. I giovani potrebbero iniziare a porre qui problemi e riflessioni circa il rapporto tra queste due libertà (e vedere praticamente tutte le possibili posizioni del confronto uomo-Dio). Dal momento che questo primo sguardo è sulla situazione socioculturale che viviamo, alcune parole di uso comune potrebbero essere discusse, esemplificate, confrontate: secolarismo, relativismo, pluralismo, nichilismo, ateismo…
    * Un altro tema è il «ritorno del sacro» oggi con il suo potenziale di «nostalgia di Dio» (di perenne vitalità) e i suoi rischi, come emerge dai vari fondamentalismi e strumentalizzazioni (psicologiche o sociopolitiche) della religione. Un confronto sul tema sarà quanto mai pertinente. 
    * Emerge infine l’obiettivo di questo capitolo: il mostrare cos’è e cosa implica il «bisogno di Dio» («questa strana inestirpabile inclinazione ad entrare in rapporto con Dio»). Si parla di mistero, di profondità di esperienza, «memoria di una relazione», di un uomo «in radice religioso». Forse sono le direttrici attorno a cui iniziare a comprendere l’esperienza religiosa e il suo senso, che interpella, coinvolge, affascina. Esso si esplicita nella direzione di un fare esperienza che l’uomo non è la misura di sé né del mondo, anzi è consapevole di aver ricevuto in dono, da Altrove, se stesso e il mondo e ne scruta le ragioni.Su questo occorre fermarsi, indagare, confrontarsi, discutere.
    A questo può aiutare il lavoro di gruppo che segue. 

    Attività 

    1. Canzone-forum 
    A partire dall’ascolto in gruppo della canzone «Fango» (magari debitamente accompagnato dalla proiezione di alcune immagini a commento), si può innescare un dibattito a partire dalla pista di discussione che segue:

    FANGO
    Lorenzo Jovanotti Cherubini, Safari 2008

    Io lo so che non sono solo
    anche quando sono solo
    io lo so che non sono solo
    io lo so che non sono solo
    anche quando sono solo
    sotto un cielo di stelle e di satelliti
    tra i colpevoli le vittime e i superstiti
    un cane abbaia alla luna
    un uomo guarda la sua mano
    sembra quella di suo padre
    quando da bambino
    lo prendeva come niente e lo sollevava su
    era bello il panorama visto dall’alto
    si gettava sulle cose prima del pensiero
    la sua mano era piccina ma afferrava
    il mondo intero
    ora la città è un film straniero senza sottotitoli
    le scale da salire sono scivoli, scivoli, scivoli
    il ghiaccio sulle cose
    la tele dice che le strade son pericolose
    ma l’unico pericolo che sento veramente
    è quello di non riuscire più a sentire niente
    il profumo dei fiori l’odore della città
    il suono dei motorini il sapore della pizza
    le lacrime di una mamma le idee di uno studente
    gli incroci possibili in una piazza
    di stare con le antenne alzate verso il cielo
    io lo so che non sono solo
    io lo so che non sono solo
    anche quando sono solo
    io lo so che non sono solo
    e rido e piango e mi fondo con il cielo
    e con il fango
    io lo so che non sono solo
    anche quando sono solo
    io lo so che non sono solo
    e rido e piango e mi fondo con il cielo
    e con il fango
    la città un film straniero senza sottotitoli
    una pentola che cuoce pezzi di dialoghi
    come stai quanto costa che ore sono
    che succede che si dice chi ci crede
    e allora ci si vede
    ci si sente soli dalla parte del bersaglio
    e diventi un appestato quando fai uno sbaglio
    un cartello di sei metri dice tutto è intorno a te
    ma ti guardi intorno e invece non c’è niente
    un mondo vecchio che sta insieme
    solo grazie a quelli che
    hanno ancora il coraggio di innamorarsi
    e una musica che pompa sangue nelle vene
    e che fa venire voglia di svegliarsi e di alzarsi
    smettere di lamentarsi
    che l’unico pericolo che senti veramente
    è quello di non riuscire più a sentire niente
    di non riuscire più a sentire niente
    il battito di un cuore dentro al petto
    la passione che fa crescere un progetto
    l’appetito la sete l’evoluzione in atto
    l’energia che si scatena in un contatto
    io lo so che non sono solo
    anche quando sono solo
    io lo so che non sono solo
    e rido e piango e mi fondo con il cielo
    e con il fango
    io lo so che non sono solo
    anche quando sono solo
    io lo so che non sono solo
    e rido e piango e mi fondo con il cielo
    e con il fango
    e mi fondo con il cielo e con il fango
    e mi fondo con il cielo e con il fango

    Nella canzone di Jovanotti c’è un passaggio interessante: «… ma l’unico pericolo che sento veramente / è quello di non riuscire più a sentire niente / il profumo dei fiori l’odore della città / il suono dei motorini il sapore della pizza / le lacrime di una mamma le idee di uno studente / gli incroci possibili in una piazza / di stare con le antenne alzate verso il cielo / io lo so che non sono solo …».
    Quanto vi sentite vicini a questo pensiero? Perché? Che relazione c’è tra questo «sentire» e il bisogno religioso? Quali i rischi di un rapporto con Dio che «dà i brividi»? 

    2. Un racconto. «A nascondino»
    Il nipote di Rabbi Baruch, Jehiel, giocava un giorno a nascondino con un altro ragazzo. Egli si nascose ben bene e attese che il compagno lo cercasse. Dopo aver atteso a lungo uscì dal nascondiglio, ma l’altro non si vedeva. Jehiel si accorse allora che quello non lo aveva mai cercato. Questo lo fece piangere; piangendo corse nella stanza del nonno e si lamentò del cattivo compagno di gioco. Gli occhi di Rabbi Baruch si riempirono allora di lacrime
    e disse: «Così dice anche Dio: Io mi nascondo, ma nessuno mi vuol cercare» (Dai «Racconti dei Chassidim» di Martin Buber).
    Già, Dio si «nasconde» («gioca a nascondino»), ma è un gioco vitale, ne va della vita del cercatore (e di Dio?). Si lasci ai giovani libertà di intervento e commento su questa storia: essa porrà interrogativi, sul perché del nascondimento (l’uomo non cerca più perché Dio è troppo nascosto?), ma anche sul perché questo bisogno di cercare resta assoluto e determinante per l’uomo.

    3. Il cardinal Etchegaray diceva qualche anno fa: «Il problema dell’uomo non è sfondare il muro del suono, ma sfondare il muro del senso». Cosa ne dite di questa affermazione decisa, visto che sono in molti oggi a sostenere che «ciascuno è libero di concepire il senso della vita a modo suo»?
    Il tema del senso è filosoficamente quello maggiormente utilizzato per approcciarsi al tema di Dio (sia al negativo che al positivo).
    Che relazioni vedi tra senso (della vita…) e Dio? Quali altri «sensi» vedi possibili nella vita, indipendentemente dal grande Senso?
    Su questo punto l’animatore dovrà essere in grado di consolidare sempre più la premessa antropologica del senso religioso. L’homo religiosus non è un accidens della specie umana, ma l’anelito al sacro è scritto nel dna metafisico del cuore dell’uomo. Agostino in questo è stato un maestro di analisi e di sintesi, specie con le Confessioni, un testo su cui vale la pena tornare a far riflettere i giovani. La parabola di Agostino è attuale; il giovane attratto dai beni, ma distratto rispetto al Bene. E così la crisi, la domanda su se stessi, l’apertura al mistero.
    Nelle parole dell’Autore: «Piuttosto… l’uomo è in radice religioso, ma non è detto che a questa radice del suo essere arrivi con matura consapevolezza; per arrivarci deve fare esperienza di non essere la misura né di sé né del mondo: ecco il vero mistero. Solo un paziente discernimento e un accompagnamento sapiente possono aiutare il cuore dell’uomo a riconoscersi misurato dalla vita, misteriosamente più grande di lui e delle sue sicurezze tecniche. La forza dell’uomo che si riconosce religioso sta nell’umile virilità di chi non sfida la vita giocando con il pericolo per eccitare il senso della propria grandezza, e neppure motiva attraverso le proprie paure la ricerca affannosa di consolazioni magiche. L’uomo religioso è colui che, sapendo di aver ricevuto in dono, da Altrove, se stesso e il mondo, scruta le ragioni del legame con questo Altrove, radice di ogni fiducia e termine di ogni
    gratitudine». Qui si può aprire un dibattito-confronto sui beni e sul Bene, sui bisogni e desideri e il Senso, sui misteri (della natura) da scoprire e sul mistero che è l’uomo… Il libro di Giussani, Il senso religioso, offre interessanti stimoli al riguardo.

    4. I Nomadi cantavano nel 1967 «Dio è morto». Giorgio Gaber nel 1980: «Io se fossi Dio». Ligabue nel 1995: «Hai un momento Dio». Il Cardinal Ratzinger, prima di diventare Papa Benedetto XVI, in una conferenza ha detto: «Il tentativo portato all’estremo, di plasmare le cose umane facendo completamente a meno di Dio, ci conduce sempre di più sull’orlo dell’abisso, verso l’accantonamento totale dell’uomo». Parole severe che fanno riflettere sul fatto che l’uomo rischi di venire annullato se Dio viene «ucciso». Qual è il vostro parere? E che ne dici dell’uso di Dio e del suo nome che nella storia ha prodotto violenze e stermini? Vedi per esempio tutte le critiche (a volte estremamente pedanti e ossessive) di Augias nel suo libro-dialogo
    con Mancuso, di cui sotto.

    5. Un accostamento letterario. George Steiner in Vere presenze afferma che se si abolisse quella che egli chiama la «necessaria possibilità» di questa domanda, bisognerebbe rinnegare tutta la nostra letteratura, poesia e musica, insomma ogni forma di espressione culturale dell’uomo occidentale.
    Sei d’accordo? Puoi fare delle esemplificazioni? A questo proposito e sul senso della vita (che alla fine è fondamentalmente religioso), cf Cristiana Freni
    «La questione del senso della vita. Approcci letterari» in NPG 7/2009, pp. 58-68), dove si parla di Leopardi, Dostoevskij, Sartre, Camus, Kafka, Ungaretti, Frankl. Cf anche L. Giussani: «Il fattore religioso rappresenta la natura del nostro io in quanto si esprime in certe domande: «Quale è il significato ultimo dell’esistenza?», «Perché c’è il dolore, la morte, perché in fondo vale la pena vivere?». O, da un altro punto di vista: «Di che cosa e per che cosa è fatta la realtà?». Ecco, il senso religioso si pone dentro la realtà del nostro io a livello di queste domande: coincide con quel radicale impegno del nostro io con la vita, che si documenta in questa domande» (Il senso religioso, Rizzoli 1999, p. 61). 6. E allora, quale la tua risposta convinta e convincente alla domanda di partenza: Perché il bisogno religioso ha seppellito le profezie che ne annunciavano la morte?
    Per continuare (o materiali da sfruttare)… 

    Film (schede film scaricabili da www.acec.it)

    • NON È MAI TROPPO TARDI, di Bob Reiner, USA 2007, Warner Bros Italia.
    • AMADEUS, di Milos Forman, usa 1984, Warner Home Video.
    • IL PRANZO DI BABETTE, di Gabriel Axel, Danimarca 1987, MGM.
    • L’INCHIESTA, di Giulio Base, Usa/Bulgaria/Italia/Spagna 2006, Italian International Film (miniserie televisiva,
    remake dell’omonimo film del 1987 di Damiano Damiani)
    • LA SETTIMA STANZA, di Marta Mészaros, Italia/Francia/Polonia/Ungheria 1995, 20th Century Fox
    Home Entertainment (su Edith Stein: facilmente si evince come l’apertura al sacro sia un dato costitutivo
    e che ogni animo umano è strutturato a dimensioni sempre più profonde… Basta volerle frequentare).

    Libri

    • C. Massarotto, Il mio nuovo amico Dio, Sonzogno 2009.
    • L. Marigo, La stanza del cuore, Editrice Santi Quaranta 2004.
    • M. Cagnotti, U. De Vanna, Cerco un ateo per parlare di Dio, Ancora 2006.
    • M.D. O’Brien, L’isola del mondo, San Paolo 2009.
    • M. Robinson, Gilead, Einaudi, 2008.
    • I. Matthew, L’ impatto di Dio. Risonanze in Giovanni della Croce, Edizioni OCD, 2005.
    • A. Grün, Lo spazio interiore, Queriniana 2008.
    • A. Grün, Spiritualità. Per una vita riuscita, Queriniana 2009.
    • H.J. Nowen, La via del cuore. La spiritualità del deserto, Queriniana 2007.
    • H.J. Nowen, Sentirsi amati. La vita spirituale in un mondo secolare, Queriniana 2005.
    • L. Giussani, Il senso religioso, Rizzoli 1999.
    • L. Giussani, Il cammino al vero è un’esperienza, Sei, 1995.

    Libri più impegnati e con andamento filosofico

    • Hans Küng, Dio esiste?, Mondadori 1979
    • Michel Onfray, Trattato di ateologia, Fazi 2005.
    • André Compte-Sponville, Lo spirito dell’ateismo, Ponte alle Grazie 2007.
    • Richard Dawking, L’illusione di Dio. Le ragioni per non credere, Mondadori 2007.
    • AA.VV. Il Dio della ragione e le ragioni di Dio, Albo Versorio 2009.
    • John F. Haught, Dio e il nuovo ateismo, Queriniana 2009.
    • C. Augias – V. Mancuso, Disputa su Dio e dintorni, Mondadori 2009.
    • P. Barcellona – F. Ventorino, L’ineludibile questione di Dio, Marietti 2009.


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