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    Europa, giovani e cristianesimo



    Una proposta di pastorale missionaria

    Luis Rosón

    (NPG 2008-09-39)


    L'Europa si unifica e lo fa attraverso un grande processo, con i suoi tempi. Questa è una realtà che si fa strada, a livello politico, economico e sociale. Allo stesso tempo si allargano gli orizzonti dei cittadini che si vedono arrivare, ormai da anni, persone provenienti da altri continenti attratti dalla speranza di una vita più umana e di qualità.

    L’Europa non nasce oggi, ma ha profonde radici che la configurano come continente. Alle sue spalle ha storie di guerre e di contrasti, totalitarismi, nazionalismi, lotte di classe, lotte di popoli in cerca della libertà. Nonostante tutto questo l’Europa si è configurata intorno a dei valori che l’hanno identificata come un continente, con una sua grande storia e tante contraddizioni.
    I giovani fanno esperienza di un continente pieno di attrattive e di sfide, dove si ritrovano a confrontarsi con diversità di popoli, lingue, culture e religioni che si trovavano già in Europa, mentre tante altre nuove realtà arrivano portate dai diversi popoli che cercano in Europa un futuro di prosperità e pace.

    I giovani, colori dell’arcobaleno europeo

    Possiamo veramente caratterizzare i giovani europei come la generazione dei colori dell’arcobaleno, perché hanno imparato che non ci può essere futuro per l’Europa senza la pace e la libertà delle persone e dei popoli, ma anche che non si può essere se stessi senza gli altri: l’Europa che si presenta come un grande progetto politico è vissuta dai giovani come un grande ventaglio di possibilità.
    La grande varietà di contesti diversi all’interno delle diverse zone che vanno da est ad ovest, da nord a sud dell’Europa, interpella il cristianesimo a fare un esame attento della situazione. Ma al di là di queste differenze che il continente presenta, ci sono degli elementi comuni e trasversali che interpellano il Vangelo e la fede cristiana, vero elemento di strutturazione della realtà europea lungo la storia.
    Vediamo alcuni degli interrogativi e delle sfide che il vissuto dei giovani pone alla fede cristiana oggi e che provengono da una nuova situazione: un’Europa monetaria e politica, non sempre accompagnata da uno sviluppo solidale, dove la laicità è spinta da certe correnti verso un laicismo esasperato e dove, per certi versi, assistiamo alla nascita di una nuova cultura europea.

    * La diffusione di una religiosità «light».
    Risulta chiaro ed evidente il fatto del calo numerico di europei che frequentano le chiese meno di una volta al mese. Sono molto abbondanti i titoli sul futuro del cristianesimo. «Siamo gli ultimi cristiani?» intitolava, ormai alcuni anni fa, Jean-Marie-René Tillard in uno dei suoi studi:[1] l’invecchiamento della popolazione in Europa è una realtà, cui segue l’invecchiamento nella pratica della vita cristiana.
    Alcuni pensano che il cristianesimo in Europa sia diventato meno numeroso, ma dall’altra anche più personale e impegnato, finendo di essere una realtà imposta dalle convenzioni sociali. Vediamo quindi imporsi, particolarmente tra i giovani, una religiosità comoda, poco esigente, che convive senza problema con delle convinzioni e stili di vita poco accordi con l’ortodossia e ortoprassi cristiane. Questo fenomeno viene definito dal sociologo González-Anleo come religione «light».[2]

    * La cultura dell’immediatezza e della soddisfazione.
    L’Europa si presenta nell’insieme come uno spazio geografico molto sviluppato, tanto tecnicamente come economicamente, e gli abitanti sembrano innestati nella «cultura della soddisfazione»,[3] il che influisce sul disinteresse per le questioni religiose: non si ritiene fondamentale credere in una salvezza «religiosa».
    Questa cultura dell’immediatezza si manifesta in una vita centrata nella soddisfazione, nel sapere produttivo, nella sessualità gratificante, nei rapporti di accoglienza e comunicazione spontanea, nella fuga verso la festa e delle esperienze forti e nuove. Alcuni giovani cercheranno di riempire il vuoto con molteplici stimoli e sensazioni, mentre altri troveranno nell’amicizia positiva e nella solidarietà un senso più profondo e soddisfacente.

    * Il pluralismo religioso.
    La Chiesa cattolica ha goduto in Europa di una situazione di monopolio fino alla Riforma protestante. Questo, però, è passato. Oggi l’islam ha un peso importante nella nostra società e questo è dovuto all’immigrazione e, in numero più esiguo, alle conversioni. Le religioni orientali sono minoritarie: tuttavia abbiamo in Europa dei buddisti di terza e quarta generazione. Sono apparsi anche i cosiddetti «nuovi movimenti religiosi», molti dei quali considerati dagli esperti come «sette distruttive».
    La proliferazione dei nuovi movimenti religiosi e il ritorno ad un neopaganesimo, con il suo sincretismo e l’accento fortemente edonista, risponde molto bene alla mentalità postmoderna. Nietzsche («Ecce homo»), più di cento anni fa, criticava il fatto della centralità della croce, e rivendicava il bisogno dell’uomo di trovare l’energia vitale mediante il delirio della festa, la danza, l’ubriachezza e l’eccesso di sensazioni.

    * L’emarginazione sociale e la crisi dell’utopia.
    I giovani europei sono colpiti da molte necessità oggettive e soggettive. Molti ricevono scarse opportunità professionali e lavorative. La sproporzione tra necessità e opportunità produce in loro disperazione, angoscia e insicurezza di fronte al futuro.
    D’altra parte i giovani non sono più una forza d’innovazione sociale, critica e operativa nella società. Mancano dei progetti aperti alla vita adulta, il che genera una adolescenza prolungata e una fuga verso delle compensazioni rimanendo chiusi, però, nel loro mondo.

    * La centralità del privato e la cultura dell’esperienza.
    Molti dei giovani europei d’oggi vivono più incentrati nel privato che nel sociale: la loro principale preoccupazione è l’autorealizzazione. Spesso questa è vissuta con un forte accento individualista: vivono molto incentrati nella cultura delle loro necessità immediate. La società li stimola al consumo, e questo riduce le loro possibilità di promozione e autonomia personale. Da qui nasce il rifiuto dei modelli istituzionalizzati dominanti e la tendenza a vivere la loro propria esperienza in rapporti chiusi nel proprio mondo.
    Vivere per i giovani è sperimentare, e sperimentare significa scoprire la realtà attraverso azioni, rapporti e sensazioni nuove. A seconda della qualità e il senso di queste sensazioni, i giovani potranno aprirsi a dei valori, atteggiamenti e sentimenti peculiari.

    Giovani e cristianesimo oggi in Europa: come si diventa cristiani

    La Chiesa ha avuto durante i secoli di paganesimo un processo d’iniziazione solido, ben costruito, completo, che accoglieva i candidati alle porte della fede, li accompagnava lungo varie tappe e li conduceva ad una fede adulta. Offriva ai nuovi cristiani un’adesione a Cristo e alla Chiesa e un programma morale.
    Certo, quello era un mondo pagano, ma religioso. Oggi l’atmosfera che avvolge i nostri giovani è molto propizia per generare una fitta indifferenza religiosa.
    Di fronte a questa situazione ci rendiamo conto che lamentarci del presente o avere nostalgia del passato non aiuta a convertirci in veri evangelizzatori che portino il lieto messaggio del Vangelo ai giovani dell’Europa. Crediamo che il Signore Risorto ci precede ed è presente nei nostri ambienti dove siamo chiamati a far rivivere il Vangelo, come un tempo Gesù aveva fatto con i suoi discepoli in Galilea.
    Il bisogno più urgente oggi per i cristiani evangelizzatori dei giovani, è quello di riconoscere la sua presenza in ognuna delle situazioni e convertirci in portatori della Buona Notizia per tutti. Come per i discepoli di Emmaus, lo stesso Signore Risorto è l’evangelizzatore principale.[4]
    Che cosa significa «iniziare alla fede»? Consiste nell’aiutare la persona a prestare attenzione, a prendere coscienza e aprirsi a una presenza – Dio – che fino a quel momento è rimasta ignorata nel suo mondo interiore: c’era dentro, ma non era stata percepita (Sant’Agostino). Non si tratta di donare ad un altro una grazia, o una fede che gli erano estranee e che, quindi, potrebbero considerarsi come qualcosa che viene dall’eserno. Trasmettere la fede è fondamentalmente educare la persona a fare esperienza di Dio, presente nel suo interno, provocando in essa l’adesione della fede e l’esperienza di questa adesione.[5]

    * Incarnazione, radice del protagonismo del giovane cristiano.
    L’Incarnazione è la radice di ogni discorso che voglia avere il giovane come protagonista della sua persona, in quanto è presenza gratuita del dono di Dio che interpella e salva l’uomo. È Dio che sollecita l’uomo e, allo stesso tempo, lo invita ad un’accettazione personale del dono e ad una risposta d’amore: il giovane si sente persona unica, singolare, che dovrà rischiare la sua vita e la sua parola per continuare o sospendere il dialogo con Dio.
    La persona del giovane deve essere capace di scoprire, nel profondo di se stesso, che ci sono delle domande nella sua esistenza che non sono indifferenti e alle quali nessuno può rispondere al posto suo. Dio, protagonista della rivelazione, cerca delle persone che siano co-protagoniste della storia della salvezza, stabilendo con loro un rapporto personale di amicizia, di comunicazione e di dialogo: Dio si avvicina all’uomo perché questo sia pienamente se stesso, prenda la vita nelle sue mani e intraprenda un cammino di realizzazione personale.

    * Umanesimo oggi, responsabilità e autonomia.
    È una caratteristica dell’umanesimo attuale la responsabilità verso i fratelli e la storia (GS 55): sono ogni volta di più gli uomini e le donne che prendono coscienza di essere autori e promotori della propria cultura nella propria comunità. Autonomia personale e responsabilità acquistano un nuovo significato nell’Europa di oggi: non si accetta oggi un’educazione che non abbia nel suo orizzonte le frontiere della responsabilità e dell’autonomia. Si rifiuta tutto quanto sostituisce e impedisce la presa di decisione delle persone.

    * Comunità credente, fraterna e solidale.
    La persona, ogni persona, può iniziare ad essere protagonista della propria vita quando un’altra persona, o gruppo di persone, l’interpella. È la parola dell’altro che provoca la risposta personale e fa in modo che il soggetto prenda posizione e si situi da protagonista dell’evento.
    La comunità credente è quella che sveglia il giovane europeo di oggi con le sue azioni e la sua testimonianza, chiedendogli di intraprendere e consolidare un cammino di fede: in questo cammino è insostituibile il protagonismo del giovane.

    * Ascolto della realtà e la vita del giovane.
    Gli uomini hanno potuto ascoltare Dio perché lui si è fatto Parola umana in mezzo agli uomini: si è seduto alla nostra tavola per svelare la profondità del cuore di Dio e le più profonde pieghe del cuore umano. I discepoli del Dio incarnato saranno parola interpellante per il giovane se ci mettiamo a fianco ai giovani europei di oggi e camminiamo con loro nella condivisione, ripetendo le parole e gli atteggiamenti del Maestro. I giovani, ogni uomo, hanno bisogno di una presenza comprensibile e accessibile.

    Una pastorale missionaria per i giovani: criteri e proposte

    La situazione dei giovani d’Europa sollecita la pastorale giovanile ad essere: una pastorale giovanile missionaria, rinnovata e rinnovatrice. Il che suppone una serie di criteri significativi sui quali dovrebbe fondarsi l’azione veramente evangelizzatrice con i giovani. I diversi progetti di pastorale giovanile in atto ci presentano una serie di intuizioni che devono stare alla base di qualunque progetto di evangelizzazione dei giovani europei di oggi. Questo fa della pastorale giovanile:

    * Una pastorale dell’annuncio esplicito di Gesù Cristo…
    Annunciare Gesù Cristo, far fare esperienza della persona di Gesù, Signore e Salvatore. Promuovere delle occasioni dove i giovani possano vivere esperienze d’incontro e di preghiera, dove imparino ad ascoltarsi tra loro e insieme ascoltare il Vangelo: solo in questo modo i giovani europei potranno fare fronte alle diverse seduzioni che propone loro la cultura attuale, con i suoi valori effimeri, e tante volte contrari al Vangelo.

    * … con un atteggiamento missionario…
    Nell’Europa di oggi convivono molti tipi di giovani in una grande varietà di ambienti e situazioni e con modi d’intendere la vita molto diversi fra loro. Una realtà, però, si impone come unificante: la poca conoscenza del Vangelo come proposta integrale di vita, di felicità e di salvezza offerta al giovane. Il nostro annuncio è missionario: va a cercare i giovani là dove si trovano, giovani che non provengono da ambienti di socializzazione religiosa e che tante volte non hanno vissuto un primo approccio alla fede.

    * … con il metodo e il modello dell’Incarnazione…
    Ogni modello di pastorale giovanile fa leva sui valori umani che descrivono la maturazione personale e sociale dei giovani. Oggi più che mai, tenendo conto della realtà giovanile europea, possiamo affermare che il modello e metodo dell’Incarnazione diventano paradigmatici nel lavoro educativo-pastorale con i giovani: Cristo si è incarnato nella natura umana per salvare l’uomo. L’incarnazione passa da essere un mistero contemplato a costituirsi in opzione normativa per la pastorale:[6] dialogare dall’interno con le diverse situazioni giovanili in Europa, ascoltando e facendo il cammino con i giovani nelle diversità e pluralità dei contesti vitali.

    * … fatto presenza in ogni ambiente giovanile…
    La pastorale giovanile che richiedono oggi i giovani europei è più che mai non un lavoro con dei gruppi d’élite, per pochi privilegiati, ma una «pastorale di presenza»: stare con i giovani, insieme a loro, nei diversi e contrastanti ambienti in cui vivono, incarnandosi nelle loro realtà, nelle loro culture, nella loro vita di ogni giorno. Ne conseguirà una formazione di animatori, giovani tra i giovani, capaci di farsi presenza cristiana nei diversi ambienti, senza paura e senza complessi, capaci di saper guardare e sottolineare quanto di buono (e pertanto, aperto al Vangelo), c’è in essi.

    * … favorendo il protagonismo dei giovani…
    In questa Europa unita, democratica e plurale, i giovani sono di volta in volta più consapevoli del loro protagonismo. È una sfida e una vera ricchezza che nei gruppi cristiani dei giovani i membri siano resi ogni volta più capaci di prendere le loro decisioni, siano pure esse a volte sbagliate: è molto importante e non sempre facile animare il processo educativo alla fede dei giovani contando su di loro, facendoli diventare dei veri protagonisti della loro crescita spirituale e nell’impegno cristiano.[7] Bisogna evitare di fare qualcosa per i giovani senza coinvolgerli in prima persona, in modo da diventare animatori del loro protagonismo: essere loro accanto e non davanti.

    * … nel gruppo come luogo di evangelizzazione…
    Il gruppo è sempre un mezzo privilegiato per la vita e la speranza dei giovani nel loro sviluppo umano e cristiano. È il luogo educativo per eccellenza dove possono trovare e sentirsi Chiesa, diventando parte di essa. Il gruppo di amici è sempre stato un mezzo dove crescere, maturare, sentirsi implicati e corresponsabili nella crescita e nella maturazione personale. È un luogo di socializzazione giovanile primario:[8] mettersi a fianco, farsi compagni di cammino dei giovani significa mettersi al loro livello interpellandoli e lasciandosi interpellare da loro in modo nuovo, «rischiando», nella vita oscillante del gruppo, sulla crescita di un cammino di fede.

    * … attraverso dei processi organici e armonici…
    Ogni lavoro pastorale con i giovani in un cammino di fede deve perseguire l’integrazione fede-vita, rispondendo pertanto ad un progetto e non diluendosi in molteplici attività che rimangono sconnesse e non conducono il giovane ad una educazione integrale. Ogni progetto educativo-pastorale con giovani dovrà sviluppare delle tappe o momenti indicativi, generando degli itinerari diversi per aiutare il giovane dell’Europa frammentaria, pluralistica e tante volte relativistica, a fare esperienza del cammino cristiano, che culminerà con l’opzione libera e responsabile di seguire Gesù, impegnato in comunità al servizio del Regno, Vita piena e speranza per tutti.

    * … educando all’invocazione…
    Educare-evangelizzando ed evangelizzare-educando resta fermo proposito e opzione di metodo nella pastorale, sapendo che non possiamo rimanere soltanto in una educazione senza evangelizzazione, troppo povera per un cristiano; ma neanche possiamo ignorare le logiche esigenti dell’educazione multiculturale e interculturale dell’Europa di oggi. Educare all’invocazione consiste nel fare esperienza della trascendenza, sebbene non risulti facile, vera «rottura di livello» che porti dall’ammirazione di Gesù all’incontro con Cristo. L’invocazione viene educata in un processo pedagogico adeguato che aiuta la maturazione della persona e la spinge verso l’attenzione e l’apertura sul trascendente.[9]

    * … incentrata sull’accompagnamento personale…
    Il gruppo non esaurisce le grandi ricchezze della persona. È una vera sfida di oggi il fatto di passare dal gruppo alla persona individuale: ogni giovane è diverso e bisogna fare attenzione ai suoi diversi processi di crescita e maturità. Si tratta di accompagnare il giovane nella sua propria realtà quotidiana, portando avanti dei processi individualizzati per raggiungere l’adeguata integrazione fede-vita. Questo accompagnamento deve essere personalizzato, integrativo, progressivo e graduale, avendo sempre il giovane come protagonista e l’accompagnante come testimone, guida e sostegno di questo processo verso Cristo, nonostante che il giovane cammini nella sua vita spirituale più come un procedere concentrico che non lineare secondo delle tappe. Accompagnare in particolare gli animatori di altri giovani ci darà sempre delle nuove chiavi d’interpretazione e adattamento pastorale alla mutevole situazione dei giovani europei di oggi.

    * … vocazionale e di impegno…
    L’orientamento vocazionale è una dimensione da avere sempre presente nel lavoro educativo pastorale con i giovani: senza questa dimensione la pastorale con i giovani sarà sempre incompiuta e incompleta. Oggi è urgente, in mezzo alla realtà dei giovani europei, diverse volte sottolineata, insistere sulla centralità della vocazione ad essere persona chiamata a sviluppare in pienezza quel germe vocazionale che porta in sé e che lo porta a mettersi al servizio degli altri.[10] Educare alla vocazione cristiana nelle diverse vocazioni specifiche o stati di vita, diventa imprescindibile se vogliamo presentare ai giovani la vita illuminata dalla persona di Gesù in tutta la sua ampiezza. Le difficoltà dell’accoglienza della vocazione e la fragilità nel rispondere e viverla non possono tirarci indietro nella presentazione di un messaggio evangelico che si vive in pienezza di orizzonte e in ampiezza di proposte.

    * … con la comunità cristiana all’origine e nell’orizzonte…
    Non c’è vita cristiana da soli. Si vive in comunità e come comunità. La vita dei giovani non si può sviluppare ai margini della comunità cristiana: la pastorale è pastorale della comunità e per la comunità. Se i giovani singolarmente, o gruppi di giovani, vivono e camminano senza il riferimento della comunità cristiana, non hanno orizzonte di futuro ecclesiale: nessuno può camminare da solo, al margine della comunità. La chiamata alla vita cristiana è una chiamata personale in una comunità per la vita e la speranza di tutti, da veri testimoni di Cristo vivo e risorto. Sapere presentare e aiutare a condividere i diversi gradi della dimensione comunitaria della fede, è una bella sfida alla gradualità accompagnata dell’esperienza giovanile del gruppo e all’impegno personale.

    * … favorendo una vera pedagogia dell’azione.
    Abbiamo detto che l’azione pastorale con i giovani è sempre un processo educativo e di crescita, fatto da una coerenza, un metodo e una pedagogia. Si dovrà sempre partire dall’esperienza concreta dei giovani che, confrontata con la proposta del Vangelo, porti il giovane a sviluppare delle esperienze di vita coerenti con quanto vissuto. Per questo abbiamo bisogno di una pedagogia capace di trasformare e liberare, favorendo la partecipazione, contribuendo così alla crescita del senso di responsabilità del giovane nella propria vita. Strumenti validi e riconosciuti di questa pedagogia nella crescita cristiana sono il progetto comunitario o di gruppo, il progetto personale di vita cristiana e la revisione di vita… Senza dubbio strumenti fondamentali per i giovani dell’Europa di oggi per personalizzare e integrare la propria crescita personale da discepoli e apostoli di Cristo nella realtà che ci tocca vivere.

    Conclusione. Cristiani in Europa, aperti al mondo

    Lo sappiamo bene: l’Europa non è la culla di origine del cristianesimo. Ma, allo stesso tempo, nessuno può neanche dubitare che il cristianesimo abbia contribuito grandemente alla composizione dei valori, degli ideali e delle speranze che formano parte della realtà e delle persone in Europa oggi. La storia dell’Europa non ha senso senza il cristianesimo, tanto nei suoi punti di forza, come nelle sue debolezze del vissuto storico.
    I grandi padri dell’Europa di un tempo, e dell’Europa unita di oggi, sono stati cristiani convinti e hanno attinto alla loro fede per costruire l’Europa. Questo ci auita a ricordare, a noi per primi, e anche ai giovani di qualunque razza, lingua, popolo e nazione, che non bisogna mettere tra parentesi la fede cristiana, ma al contrario, attingere dal proprio credo i fondamenti di una coerenza di vita. Senza arroganza e senza esibizionismi, ma anche senza nessun tipo di complessi, oggi i giovani cristiani si sentono europei e cristiani, sfidati a vivere il presente costruendo il futuro comune di questo vecchio continente ma tanto ricco di iniziative di accoglienza e sviluppo per altri popoli.
    Ma è anche vero che l’Europa unita che sta nascendo non è soltanto un grande mercato integrato che permette tante possibilità di sviluppo per la vita dei suoi diversi popoli. L’Europa è stata sempre riferimento di altri popoli, e oggi non può e non deve chiudersi in se stessa e neanche vivere una sorta di imperialismo sfruttatore di altri continenti meno sviluppati. Ci attende da vivere con i giovani il grande tema del multilateralismo: bisogna superare la logica dell’unilaterale, che nel tempo è stato un meccanismo che ha provocato contrasti e guerre, per imboccare la via del multilateralismo attraverso le grandi organizzazioni internazionali, ma anche attraverso una cultura sempre più aperta al mondo. È caduto il muro che divideva l’Europa dell’est e dell’ovest. Adesso tocca abbattere un muro molto più difficile: quello che separa il nord dal sud.
    In questa nuova sfida si trova chiamato in pieno il cristianesimo, una religione che non permette di «europeicentrarsi», ma, al contrario, di aprirsi al mondo globale della giustizia e della solidarietà. Ed è una bella e grossa sfida al lavoro educativo-pastorale con i giovani: bisogna aiutarli a superare le schizofrenie che nascono dall’essere incentrati su se stessi e aprirli ai grandi orizzonti dell’umanità. Soltanto così impareranno dal cristianesimo la grande utopia: Cristo è la felicità per tutti.
    Dobbiamo ricordarci che non esiste più l’idea di «Europa» che ha caratterizzato i tempi passati, anche recenti: il «Vecchio Continente» si sta ristrutturando dal punto di vista sociale, culturale, economico e religioso. Stiamo vivendo uno «stato nascente» che si sta «mondializzando» e, per tanto, decentrandosi. Il che ci costringe a ripensare l’annuncio del Vangelo non solo in termini «europei», ma mondiali.

     

    NOTE

    [1] TILLARD, Jean-Marie-René, Nosaltres, som els darrers cristians?, in Qüestions de vida cristiana 190 (1998).

    [2] GONZÁLEZ-ANLEO, Juan, Los jóvenes y la religión «light», in Cuadernos de realidades sociales 29-30 (1987) 28-33.

    [3] Cf GALBRAITH, John Kenneth, La cultura de la satisfacción, Ariel, Barcelona 1993.

    [4] Cf Europa, Tierra de Misión. Seminario europeo de las inspectorías salesianas. Roma, 16-20 novembre 2006, 5.

    [5] Cf MARTÍN BARRIOS, Juan Luis, La transmisión de la fe hoy, in Catequética (nov-dic 2003, pp. 322-328).

    [6] Cf Equipo Misión Joven, Pastoral Juvenil en tiempos de nueva evangelización, in Misión Joven 178 (1991) 29-30).

    [7] Cf K. W. Vopel, Manuale per animatori di gruppo, Leumann (Torino), Elledici, 1998, 119.

    [8] Cf M. Pollo, Il gruppo come luogo di comunicazione educativa, Leumann (Torino), Elledici, 1996.

    [9] Cf R. Tonelli, Per una pastorale giovanile al servizio della vita e della speranza. Educazione alla fede e animazione, Leumann (Torino), Elledici, 2002, 69-71.

    [10] Cf A. Sánchez Romo, Caminar con los jóvenes para ayudarles a optar, in Misión Joven 188 (1992).


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