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    La bibbia nell’educazione dei giovani


    Una proposta per un cammino alla scuola di Benedetto XVI [1]

    Cesare Bissoli

    (NPG 2007-07-14)

    «È necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla Sacra Scrittura» (DV 22). È un imperativo del Vaticano II che non può esimerci di aprire la porta della Bibbia all’elemento giovanile nella Chiesa. È quanto sta facendo con determinazione, a 40 anni da Dei Verbum, Benedetto XVI:
    «Cari giovani, vi esorto ad acquistare dimestichezza con la Bibbia, a tenerla a portata di mano, perché sia per voi come una bussola che indica la strada da seguire».
    È la sintesi operativa del suo Messaggio rivolto ai giovani di tutto il mondo in occasione della XXI Giornata Mondiale della Gioventù celebrata nelle diverse diocesi il 9 aprile 2006, domenica delle Palme. È una breve, ma densa espressione che mette emblematicamente in rilievo diversi elementi che riguardano il nostro tema, raggruppabili in due poli: la relazione diretta del mondo dei giovani con la Bibbia; l’intento pastorale del Papa a questo riguardo.
    È oggetto di questo articolo sviluppare entrambi i poli, sottolineando specificamente codesto contatto diretto dei giovani con la Bibbia, di cui il Papa afferma il valore necessario («come una bussola»), ed insieme indica la prima, necessaria condizione: «acquistare dimestichezza», «tenerla a portata di mano».

    GIOVANI E BIBBIA. UN DISTACCO DA SUPERARE

    Sono pensieri che, dicendo implicitamente una situazione di carenza e bisogno, prima di ogni altra cosa invitano a riflettere sul reale rapporto Bibbia e giovani in questo nostro tempo; in secondo luogo viene sollecitata l’attenzione su precise indicazioni magisteriali, segnatamente di Papa Benedetto in questo avvio del suo pontificato; in terzo luogo, in misura più ampia, si tratta di presentare delle indicazioni per la prassi.
    In quel 80% e più degli italiani che non tiene alcun contatto con la Bibbia, si trova in prima fila il mondo giovanile,[2] anzitutto la fascia degli adolescenti (tra i 14-15 e i 18-19 anni), ma anche la fascia dei giovani in ambito universitario. La loro specifica condizione di fede, tanto fragile, per molti sonnecchiante e quasi assente, ed insieme potenzialmente aperta ad un ritrovamento, determina uno specifico interesse teorico e pratico per il nostro tema. È facile intuire che è proprio entro quest’ottica che si pone la «consegna» della Bibbia ai giovani da parte del Papa.
    Ebbene, per superare la vigente marginalizzazione biblica tra i giovani, da alcuni praticamente pensata come impossibilità di valorizzare direttamente la Bibbia, mettiamo brevemente a fuoco quale sia l’atteggiamento degli adolescenti verso la Bibbia e d’altra parte cosa la Bibbia può dare ad essi.

    Giovani verso il Libro Sacro

    Presa a sé stante, la Bibbia non riesce a suscitare agli occhi di un giovane, tanto più se adolescente, una particolare attrazione ed affezione: si registra quindi una sostanziale indifferenza per una fede comunicata tramite la Sacra Scrittura, rispetto invece alla testimonianza di una persona credente, indifferenza che si accompagna, causa ed effetto insieme, ad un notevole tasso di ignoranza e soprattutto alla difficoltà di avvertirne un valore vitale. La Bibbia non gli appare popolata di persone significative, se si sottrae forse la persona di Gesù. Insomma per lui, immerso nel suo mondo sovente «virtuale», polarizzato da interessi di studio e proteso ad un tempo libero soddisfacente, mediato da linguaggi espressivi in cui non prevale né la forma scritta ed ancor meno la memoria storica... la Bibbia appare quanto meno un canale di comunicazione disturbato, asintonico, «non pro, né contro, ma fuori». Del resto nello stesso mondo biblico, i contenuti che la Scrittura veicola appaiono come cosa per adulti, che giungono alle giovani generazioni soltanto tramite una relazione intergenerazionale, segnata dal flusso vitale della tradizione vivente, mantenuta tale da persone vive (cf Es 12, 8;12, 36; 2Tim 3, 14).
    Vi è una ragione sostanziale che determina questo atteggiamento di indifferenza: è il profondo rimescolamento di tutti i valori ricevuti, anche religiosi, che il giovane prova, come per un vestito inadatto, e dunque il suo dire no al dato religioso può voler dire «voglio le cose in altro modo». Il suo essere «bastian contrario» che tanto irrita (lui stesso per primo) è di chi rifiuta il cammino, ma per avere un’altra strada. Questo vale anche per l’incontro con il Libro Sacro. Non è il no a cosa sentita negativa, ma a cosa non significativa, dentro un mondo religioso e di valori diventato poco o affatto attraente e convincente. L’indifferenza tra i giovani può essere anche indice di un’attesa.
    Ed infatti, terzo atteggiamento, si nota in tanti di questi ragazzi una sorprendente disponibilità verso la Bibbia dove la sintonia si raggiunge, meno, almeno all’inizio, per l’autorevolezza di una pagina biblica detta Parola di Dio, ma per degli adulti che li accostano come educatori pazienti e testimoni credibili del personaggio più grande che è la figura di Gesù, di persone insomma che quando dicono Parola di Dio, la mostrano nella loro vita.
    È quanto dimostra proprio l’esperienza di Benedetto XVI, e prima ancora di Giovanni Paolo II, che mentre consegnano la Bibbia ai giovani, integrano con la loro personale credibilità il bisogno di orientamento e di certezze di costoro. Si dovrebbe qui aggiungere quella ricca gamma di effettivi contatti dei minori con il Testo Sacro. Ne faremo cenno nella terza parte. Qui vengono subito alla mente due circuiti privilegiati: per qualità, vanno ricordati almeno i percorsi di fede nei campi estivi e nell’associazionismo; per quantità di presenza, l’insegnamento della religione cattolica.[3]
    Entro questo incrocio di distacco esteriore, di rivolgimento umano e religioso profondo e di disponibilità all’ascolto grazie a testimoni convincenti, si può parlare di una risurrezione «giovanile» della Scrittura come voce interessante, capace di significati ed aperta a percorsi inediti nella storia della spiritualità giovanile.

    COSA PUÒ OFFRIRE LA BIBBIA AD UN GIOVANE CHE CRESCE

    Se l’adulto, da educatore-amico, riesce a farsi aprire la porta del cuore del giovane, allora la Scrittura si propone come un dono che porta con sé tutte le qualità della Parola di Dio secondo la codificazione biblica, con una peculiare caratterizzazione a riguardo dell’anima giovanile. Distinguiamo quindi i due livelli.

    A livello generale

    Esso è valido per tutti i fruitori del Libro Sacro si può sintetizzare così il «potenziale della Bibbia nell’educazione della fede».[4]
    - Assunzione dei «contenuti» della fede alla sorgente, nella esperienza fondante di Gesù Cristo e della prima comunità (a sua volta nel quadro essenziale del popolo di Dio dell’AT).
    Ciò favorisce la formazione al senso della radicalità cristiana, del discernimento e gerarchizzazione delle verità della fede.
    - Riconoscimento della memoria come dimensione costitutiva dell’esistenza cristiana.
    Ciò determina contemporaneamente:
    - la coscienza del distanziamento e del non possesso da parte nostra della Parola, e quindi del carattere gratuito e trascendente del suo donarsi. Ciò fonda l’animus del povero e dell’ascolto;
    - di qui anche la percezione del carattere permanentemente profetico e di promessa della Parola di Dio per l’esperienza della fede: una Parola che ha futuro e che fa futuro!
    - Apprendimento del linguaggio proprio della fede dei cristiani (come il simbolismo, la testimonianza, l’appello, la dossologia, la narrazione, ecc.).
    È questo uno degli aspetti peculiari del contributo biblico all’educazione della fede: imparare ciò che è il contenuto tramite la modalità della comunicazione, come mediazione non accidentale, ma costitutiva del messaggio stesso.
    Per cui non si apprende soltanto ciò che è da credere, ma anche il modo di esprimerlo a se stesso e agli altri. La Bibbia non soltanto «dice Dio», ma anche «come si dice Dio».
    - Percezione del ruolo di documento di fondazione che spetta alla Bibbia nella religione ebraico-cristiana.
    Significa che a chiunque vuol crescere nella fede, è dato il diritto-dovere della documentazione oggettiva, dell’incontro diretto e personale con i testi originali, di sceverare la storia degli effetti della Bibbia nel tempo, e perciò di raccogliere lo spessore biblico di tante oggettivazioni postbibliche, sia cristiane che laiche (arte, letteratura, diritto, massmedia...), in particolare nel proprio ambiente di vita.
    - Infine - ed è la finalità più alta - l’incontro con la Bibbia fa entrare in comunione con Dio, perché la Bibbia non soltanto contiene, ma è veramente Parola di Dio, primo avvio alla sua esperienza di amore.
    È la dimensione «pneumatica» del Libro, la sua codificata e permanente ispirazione. I valori specifici sono bene descritti da Dei Verbum: «Nella parola di Dio è insita tanta efficacia e potenza, da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza della fede, cibo dell’anima, sorgente pura e solenne della vita spirituale» (n. 21). Evidentemente qui si ottiene un contributo non soltanto alla conoscenza corretta della Bibbia, ma alla formazione spirituale del fruitore, a quella mentalità di fede che è presupposto ed obiettivo insieme di un efficace annuncio del Vangelo.
    In sintesi, andare alla Bibbia è andare alle radici, donde proviene la linfa della fede; è ritrovare la grammatica per una autentica ortodossia e ortoprassi; è riscoprire la segnaletica che indica la direzione di marcia dell’esistenza cristiana nel tempo e gli effetti conseguenti; è entrare in dialogo con Dio, perché «nei libri sacri il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli e discorre con essi» (DV 21); è andare incontro a Gesù di Nazaret, il Signore risorto.
    Ma qui si inserisce il profilo caratterizzante la Bibbia per i giovani.

    A livello specifico

    Scoperta di Gesù Cristo nel suo «diario dell’anima».
    Così infatti è stato pensato e voluto dalla prima chiesa, il Vangelo nelle sue quattro forme: non come arsenale di verità, ma esperienza di vita di un grande comune Amico, di cui il mondo della Bibbia è insieme sua patria e sua storia. Perciò tutta la Bibbia andrà intesa in una prospettiva cristocentrica, per cui il mistero di Gesù (la sua identità storica e trascendente) fa da guida alla scoperta di Lui stesso e della Scrittura nella sua totalità. È il principio della personalizzazione dei contenuti biblici, che è insieme essenziale criterio teologico e metodologico di accostamento alla fonte biblica. Entro questa affermazione di principio si deve poi snodare la lettura dei vangeli come scoperta e incontro con una persona nella sua dimensione corporea, spirituale, affettiva, religiosa, sottolineando le tante domande che altre persone fanno su di lui e che Gesù stesso fa agli altri. L’abbiamo chiamato il suo «diario dell’anima».
    Grazie alla scoperta di Gesù e del suo mondo di relazioni, va messa a fuoco la scoperta necessaria e del resto inevitabile, che il ragazzo viene a fare di se stesso e delle sue relazioni, insomma a ritrovare tra le righe del Vangelo, un invito, ed anzi traccia suggestiva per un proprio «diario dell’anima».
    Sappiamo come sia proprio della condizione giovanile la ricerca della propria identità e di una giusta impostazione relazionale con l’altro.
    Ebbene, per il mistero dell’Incarnazione della Parola, l’umanità entra in totale sintonia e sinergia con la verità della divinità, per cui «Cristo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo Amore, svela anche pienamente l’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione» (GS 22).
    Nella proposta della fede non si potrà trascurare di leggere «Gesù secondo il giovane» e «il giovane secondo Gesù», rispettando l’alterità e la prossimità, in un intreccio di due rivelazioni, di Gesù al ragazzo e del ragazzo a se stesso alla luce di Gesù.

    Una scoperta di Gesù e di se stesso all’interno di una comunità.
    La Bibbia ha un luogo vitale di rilettura nella comunità. Questa infatti, trasmettendo la memoria di Gesù, ha fissato anche il diario dell’anima di se stessa: i vangeli, e globalmente la Bibbia, sono indissolubilmente voce del Cristo e della chiesa (del popolo di Dio), trasmessi come eredità per le generazioni future. Si trova dunque fissato nella Scrittura il mondo di una comunità di persone, cui il giovane è chiamato a ritrovarsi come nella sua famiglia. È importante questa terza dimensione per un rapporto corretto tra Bibbia e mondo giovanile. La concentrazione esclusiva su questi due poli, senza coinvolgimento sociale (il terzo polo, o la comunità di fede, e più ampiamente il mondo ambiente che è per tanta parte mondo di poveri) rischia la strumentalizzazione della Parola, la sua ghettizzazione che non porta a maturità il soggetto.
    Dunque scoperta di Gesù, scoperta di se stesso, scoperta della comunità: ecco tre risorse della Bibbia - tramite i Vangeli - proposte al giovane perché superi felicemente la sua crisi di crescita, giungendo ad una nuova, decisiva opzione di fede come ragione di vita.[5] Ciò che non è dell’ordine della vita non è del giovane, ma ciò che non è dell’ordine della vita non lo è nemmeno della Bibbia.

    MAGISTERO, BIBBIA E GIOVANI. UN RAPPORTO DA RAFFORZARE

    Suona indubbiamente nuova questa prospettiva. Ma va ben precisato il senso di questa novità.
    Il risveglio biblico nella pastorale ha suo punto di riferimento obbligato nella Costituzione conciliare Dei Verbum. Il Magistero successivo altro non ha fatto che sviluppare le conseguenze pastorali in termini generali, quindi comprensivi anche del mondo giovanile, ma senza farne discorso esplicito.[6] In verità questo livello di genericità è stato voluto, perché il Magistero universale ha sempre demandato alla pastorale in loco, quindi alle singole chiese locali, di pensare e realizzare l’incontro Bibbia e giovani nel modo più confacente. Una risposta autorevole della Chiesa italiana è avvenuta attraverso il Catechismo nazionale dei giovani, primo e secondo volume (Io ho scelto voi, 1993; La verità vi farà liberi, 1997), ove il substrato biblico, incentrato sul Gesù dei Vangeli, è dominante, senza alcun paragone con i Catechismi preconciliari. Mancava l’anello della catena per un invito esplicito all’incontro diretto dei giovani con la Bibbia, come invece si stava affermando nella fascia degli adulti con i gruppi di ascolto, e a suo modo nel mondo dei piccoli con il cammino dell’iniziazione cristiana.
    Qui si inseriscono due protagonisti, diversi in autorità, ma tra loro espressamente collegati.

    Gli anni Ottanta e l’esperienza di Martini

    Il cambio a favore di un impegno biblico giovanile, almeno in Italia, cominciò a profilarsi negli anni ’80 con la venuta del Card. C. M. Martini a Milano. È a tutti noto - e lo stesso Benedetto XVI ne ha fatto esplicito richiamo ai giovani radunati a S. Pietro il 6 aprile - il suo originale, costante, prolungato impegno perché giovani e Bibbia avessero ad incontrarsi. Ne è derivata una pedagogia biblica propulsiva, cui riferirsi con sicurezza.[7] Citiamo dalla sua stessa esperienza: «I giovani sono venuti sempre più numerosi: si sono sentiti capiti, interpellati, aiutati, amati e così tornavano ogni primo giovedì del mese. La parola familiare, profonda dell’Arcivescovo li faceva riflettere e dal testo della Scrittura li guidava alla preghiera adorante, al silenzio, all’Eucaristia… Poco a poco i giovani trovavano le risposte che avevano cercato e che non cercavano più. Gli incontri del giovedì sono stati, in più occasioni, lo spunto per dire a compagni di scuola, di lavoro, delusi e scettici: «Vieni in Duomo e vedrai».[8] Non vi è bisogno di aggiungere che il Card. Martini parlando ai giovani ha sempre mantenuto la centralità della figura di Gesù come contenuto ultimamente significativo, all’interno della globalità della Bibbia, dalla Genesi all’Apocalisse, ovviamente con una metodologia tanto corretta, quando semplice e diretta.
    Come pure, non vi è bisogno di ricordare - ma merita farlo - che la scelta dell’Arcivescovo di Milano ha riguardato sempre la lectio divina, realisticamente configurata in «Scuola della Parola».

    Il papa attuale

    Chiamiamo secondo protagonista, ancora più autorevole, sul nostro argomento lo stesso Benedetto XVI. Nel breve arco di tempo del suo pontificato, si è spinto avanti nel tema più di ogni altro suo predecessore. Se Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte, con una inedita, storica novità aveva invitato tutto il popolo di Dio ad un «rinnovato ascolto della Parola di Dio… nell’ascolto assiduo e nella lettura attenta della Sacra Scrittura… un incontro vitale, nell’antica e sempre valida tradizione della lectio divina» (n. 39), il successore ha fin qui orientato tale scelta in relazione al mondo giovanile.
    Ricordiamo tre interventi di peculiare rilevanza.

    * Alla conclusione della Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia, nell’agosto del 2005 ebbe ad affermare alla sterminata platea di Marienfeld.

    «Aiutate gli uomini a scoprire la vera stella che ci indica la strada: Gesù Cristo! Cerchiamo noi stessi di conoscerlo sempre meglio per poter in modo convincente guidare anche gli altri verso di Lui. Per questo è così importante l’amore per la Sacra Scrittura e, di conseguenza, importante conoscere la fede della Chiesa che ci dischiude il senso della Scrittura. È lo Spirito Santo che guida la Chiesa nella sua fede crescente e l’ha fatta e la fa penetrare sempre di più nelle profondità della verità (cf Gv 16, 13). Papa Giovanni Paolo II ci ha donato un’opera meravigliosa, nella quale la fede dei secoli è spiegata in modo sintetico: il Catechismo della Chiesa Cattolica. Io stesso recentemente ho potuto presentare il Compendio di tale Catechismo, che è stato elaborato a richiesta del defunto Papa. Sono due libri fondamentali che vorrei raccomandare a tutti voi».

    Possiamo ritrovare in queste parole il fondamento teologico dell’incontro dei giovani con Scrittura secondo Papa Benedetto: la Bibbia attesta la Rivelazione o Parola di Dio in una codificazione ispirata e fissata in forma scritta, cui si affianca, senza dicotomie né antinomie, l’altro segno della Tradizione viva, di cui il Catechismo è codice eminente.
    Quindi, sì ad un incontro diretto con il testo, ma non un incontro isolato e chiuso in se stesso.

    * Successivamente nel già citato Messaggio per la GMG del 2006, il Papa propone quello che possiamo chiamare il fondamento pastorale dell’incontro. Volendo spiegare il leit-motiv della Giornata «Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (Sal 118 [119], 105), e dunque con l’intento evidente di orientare un mondo giovanile confuso, insicuro perché privo di certezze assolute, Benedetto XVI perviene a raccomandare «dimestichezza» con la Bibbia «come una bussola che indica la strada da seguire». E prosegue:

    «Leggendola, imparerete a conoscere Cristo. Osserva in proposito San Girolamo: «L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo» (PL 24, 17; cf Dei Verbum, 25). Una via ben collaudata per approfondire e gustare la parola di Dio è la lectio divina, che costituisce un vero e proprio itinerario spirituale a tappe. Dalla lectio, che consiste nel leggere e rileggere un passaggio della Sacra Scrittura cogliendone gli elementi principali, si passa alla meditatio, che è come una sosta interiore, in cui l’anima si volge a Dio cercando di capire quello che la sua parola dice oggi per la vita concreta. Segue poi l’oratio, che ci fa intrattenere con Dio nel colloquio diretto, e si giunge infine alla contemplatio, che ci aiuta a mantenere il cuore attento alla presenza di Cristo, la cui parola è «lampada che brilla in luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori» (2 Pt 1, 19). La lettura, lo studio e la meditazione della Parola devono poi sfociare in una vita di coerente adesione a Cristo ed ai suoi insegnamenti… Costruire la vita su Cristo, accogliendone con gioia la parola e mettendone in pratica gli insegnamenti: ecco, giovani del terzo millennio, quale dev’essere il vostro programma! È urgente che sorga una nuova generazione di apostoli radicati nella parola di Cristo, capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo e pronti a diffondere dappertutto il Vangelo».

    Raccogliamo quattro indicazioni significative per una pratica successiva:
    - l’incontro con la Bibbia vale come incontro con Parola di Dio, in un cosciente clima di fede, in vista di un orientamento esistenziale tanto vero quanto sicuro;
    - in secondo luogo, l’approccio più confacente è «l’itinerario spirituale» determinato dalla Lectio Divina, quindi non riducibile ad approccio puramente umano, laico;
    - è un incontro per la vita, più precisamente per la costruzione della propria vita su Cristo, ancora una volta definito chiave di volta dell’esperienza biblica;
    - ciò in vista di una testimonianza capace di rispondere « alle sfide del nostro tempo», e quindi dotata di una adeguata competenza culturale.

    * Finalmente incontriamo quello che possiamo definire il fondamento metodologico dell’insegnamento papale. Si riferisce all’incontro di Benedetto XVI con i giovani di Roma e del Lazio il 6 aprile 2006.
    Per l’ampiezza e l’originalità dell’intervento come risposta immediata del Papa alla domanda di un giovane,[9] la riportiamo in termini sostanziali.

    «Rispondo sottolineando intanto un primo punto: si deve innanzitutto dire che occorre leggere la Sacra Scrittura non come un qualunque libro storico, come leggiamo, ad esempio, Omero, Ovidio, Orazio; occorre leggerla realmente come Parola di Dio, ponendosi cioè in colloquio con Dio. Si deve inizialmente pregare, parlare con il Signore: «Aprimi la porta». È quanto dice spesso sant’Agostino nelle sue omelie: «Ho bussato alla porta della Parola per trovare finalmente quanto il Signore mi vuol dire». Questo mi sembra un punto molto importante. Non in un clima accademico si legge la Scrittura, ma pregando e dicendo al Signore: «Aiutami a capire la tua Parola, quanto in questa pagina ora tu vuoi dire a me».
    Un secondo punto è: la Sacra Scrittura introduce alla comunione con la famiglia di Dio. Quindi non si può leggere da soli la Sacra Scrittura. Certo, è sempre importante leggere la Bibbia in modo molto personale, in un colloquio personale con Dio, ma nello stesso tempo è importante leggerla in una compagnia di persone con cui si cammina. Lasciarsi aiutare dai grandi maestri della lectio divina. Abbiamo, per esempio, tanti bei libri del Cardinale Martini, un vero maestro della lectio divina, che aiuta ad entrare nel vivo della Sacra Scrittura. Lui che conosce bene tutte le circostanze storiche, tutti gli elementi caratteristici del passato, cerca però sempre di aprire anche la porta per far vedere che parole apparentemente del passato sono anche parole del presente. Questi maestri ci aiutano a capire meglio ed anche ad imparare il modo in cui leggere bene la Sacra Scrittura. Generalmente, poi, è opportuno leggerla anche in compagnia con gli amici che sono in cammino con me e cercano, insieme con me, come vivere con Cristo, quale vita ci viene dalla Parola di Dio.
    Un terzo punto: se è importante leggere la Sacra Scrittura aiutati dai maestri, accompagnati dagli amici, i compagni di strada, è importante in particolare leggerla nella grande compagnia del Popolo di Dio pellegrinante, cioè nella Chiesa. La Sacra Scrittura ha due soggetti. Anzitutto il soggetto divino: è Dio che parla. Ma Dio ha voluto coinvolgere l’uomo nella sua Parola. Mentre i musulmani sono convinti che il Corano sia ispirato verbalmente da Dio, noi crediamo che per la Sacra Scrittura è caratteristica - come dicono i teologi - la «sinergia», la collaborazione di Dio con l’uomo. Egli coinvolge il suo Popolo con la sua parola e così il secondo soggetto - il primo soggetto, come ho detto, è Dio - è umano. Vi sono singoli scrittori, ma c’è la continuità di un soggetto permanente, il Popolo di Dio che cammina con la Parola di Dio ed è in colloquio con Dio. Ascoltando Dio, si impara ad ascoltare la Parola di Dio e poi anche ad interpretarla. E così la Parola di Dio diventa presente, perché le singole persone muoiono, ma il soggetto vitale, il Popolo di Dio, è sempre vivo, ed è identico nel corso dei millenni: è sempre lo stesso soggetto vivente, nel quale vive la Parola.
    Così si spiegano anche molte strutture della Sacra Scrittura, soprattutto la cosiddetta «rilettura». Un testo antico viene riletto in un altro libro, diciamo cento anni dopo, e allora viene capito in profondità quanto non era ancora percepibile in quel precedente momento, anche se era già contenuto nel testo precedente. E viene riletto ancora nuovamente tempo dopo, e di nuovo si capiscono altri aspetti, altre dimensioni della Parola, e così in questa permanente rilettura e riscrittura nel contesto di una continuità profonda, mentre si succedevano i tempi dell’attesa, è cresciuta la Sacra Scrittura. Infine, con la venuta di Cristo e con l’esperienza degli Apostoli la Parola si è resa definitiva, così che non vi possono più essere riscritture, ma continuano ad essere necessari nuovi approfondimenti della nostra comprensione. Il Signore ha detto: «Lo Spirito Santo vi introdurrà in una profondità che adesso non potete portare».
    Quindi la comunione della Chiesa è il soggetto vivente della Scrittura. Ma anche adesso il soggetto principale è lo stesso Signore, il quale continua a parlare nella Scrittura che è nelle nostre mani».

    Dal lungo intervento, che stupì un po’ tutti per la chiarezza ed insieme per la carica di convinzione sicura e determinata del Papa, ricaviamo una pedagogia dell’approccio che lo stesso Santo Padre ha alla fine sintetizzato così: «Penso che dobbiamo imparare questi tre elementi: leggere in colloquio personale con il Signore; leggere accompagnati da maestri che hanno l’esperienza della fede, che sono entrati nella Sacra Scrittura; leggere nella grande compagnia della Chiesa, nella cui Liturgia questi avvenimenti diventano sempre di nuovo presenti, nella quale il Signore parla adesso con noi, così che man mano entriamo sempre più nella Sacra Scrittura, nella quale Dio parla realmente con noi, oggi».
    Certamente ulteriori indicazioni di metodo andranno fatte, ma senza che si possa ormai dimenticare questo capitolo nuovo del rapporto Bibbia e giovani aperto con autorevolezza da Benedetto XVI: i giovani non sono clienti né incapaci né marginali al Libro sacro; il loro incontro ha una strada da compiere segnata ed animata dalla fede della Chiesa, di cui la lectio divina è percorso emblematico; quindi non basterebbero discorsi su Gesù e il mistero cristiano, e nemmeno il puro uso del Catechismo: ha ragion d’essere e dovere di essere un incontro diretto del giovane con la Parola di Dio attestata dalla Scrittura.
    Ci sarà da attendere che il Magistero delle Chiese locali prenda seriamente queste direttive del Santo Padre, il quale apporterà indubbiamente ulteriori arricchimenti.

    UN CAMMINO DA COMPIERE CON SAGGEZZA E DECISIONE

    Non è che - a livello operativo - tutto sia così chiaro e facile in questo rapporto Bibbia e giovani, sia per l’intrinseca difficoltà contenutistica, sia perché le esperienze fin qui fatte appaiono ancora acerbe per essere universalizzate, sia per l’oggettivo ostacolo da parte delle comunità di aggregare i giovani e parlare loro di Bibbia.
    Quindi se non può essere in discussione il compito di educare alla Bibbia in prospettiva credente, vanno fatte alcune precisazioni di percorso, prima sotto forma di criteri e poi suggerendo alcune piste di lavoro.

    Incontrare la Bibbia dentro il mistero della Parola di Dio

    L’ottica di incontro - segnatamente per un mondo giovanile bisognoso di ricomprensione radicale della propria fede, quasi come fosse la prima volta - deve andare oltre obiettivi magari pertinenti, ma dipendenti, come quelli strettamente morali o culturali, per mirare allo scopo centrale di diventare e vivere da cristiani.
    Ciò determina un quadro teologico-pastorale di cui prendere coscienza (animatore e giovani), le cui articolazioni riferiamo semplicemente:
    - tramite la Parola, Dio realizza il suo popolo di figli e tra loro fratelli;
    - ciò si compie nell’annuncio del Vangelo, che genera la conversione/fede, per cui lo si accoglie e si entra così e si partecipa alla comunità ecclesiale;
    - entro un processo organico di «iniziazione» alla Parola di Dio, che comprende annuncio, celebrazione, diakonia, testimonianza missionaria;
    - in questo contesto dinamico e vitale, detto Tradizione, si situa il servizio della Bibbia, che non si identifica - come libro - con la Parola di Dio, che rimane sempre evento di grazia; ma di cui la Bibbia resta sempre il «sacramento» sorgivo, l’attestazione normativa per ogni tempo.
    È importante qui precisar bene cosa si intende per Parola di Dio, quindi come si esprime nella Bibbia, per accostarla e realizzarla nella nostra vicenda quotidiana.

    - Formule come «Parola di Dio, Dio disse», non significano una Parola paracaduta dall’alto, come un asteroide piombato sulla terra. No, come testimonia la Bibbia, la sua Parola Dio l’ha deposta come un seme, il cui frutto si ricava dentro la nostra storia, da un insieme di esperienze di persone che hanno camminato con Dio, prima ancora che da dottrine, lungo un tracciato storico bimillenario, evolutivo, culturalmente segnato. È Parola in linguaggio umano, debole, ma non deformato dal peccato dell’uomo.
    - Vi è una fase di questa Parola che pur restando sempre umana, assume la perfezione della verità totale: è data dalla storia di Gesù, Parola incarnata di Dio, che si pone quindi come chiave interpretativa decisiva.
    - È Parola di senso religioso, volta alle ragioni ultime, capace di risposte radicali alle domande di senso. E Gesù ne è il supremo testimone. Il penultimo, ciò che è dell’ordine della razionalità e delle tecnica, è riconosciuto nella sua autonomia, ma è anche chiamato ad aprirsi alla verità ultima di Dio, e dialogare con essa, abbinando quel dialogo «Bibbia e giornale» di K.Barth, oggi sovente ripreso.
    - Segni e atteggiamenti di incontro genuino con la Parola sono l’ascolto, la conversione, la fedeltà nell’amore a Dio e al prossimo, la consolazione della speranza, in sintesi l’appartenenza vitale al popolo di Dio.

    Far incontrare un giovane con la Bibbia significa condurlo a leggere «la Bibbia con la vita e la vita con la Bibbia», a discernere la Parola di Dio nella storia e accoglierla nella propria esistenza come promessa di libertà e di salvezza.

    Educare i giovani all’incontro è mediazione essenziale perché esso si realizzi, e con efficacia

    Abbiamo già accennato alle difficoltà del giovane nei confronti del Libro sacro, senza che si possa negare la sua disponibilità…
    «Educazione» significa un processo tanto illuminato e programmato, quanto creativo, compartecipato e paziente.
    Suggeriamo certe attenzioni che ci vengono dall’esperienza:
    - avere il coraggio della proposta di diventare o ridiventare cristiani, di fare la scelta di Gesù;
    - dall’interno del testo biblico cogliere la Parola nella sua sfaccettatura di domanda e risposta a riguardo degli aspetti esistenziali della persona, quelli in particolare più connotati dalla stessa esperienza giovanile (aspirazione alla libertà e alla gioia, vita come progetto, ricerca di sicurezza, fiducia e solidarietà…);
    - in questo procedimento ha ragion d’essere soltanto un incontro personalizzato (amicale e dialogante) tra giovane e educatore;
    - perché esso favorisce la comprensione della Bibbia come incontro interpersonale tra Dio e il suo popolo (cf «Venite e vedrete» di Gesù: Gv 1, 39);
    - nella visibile appartenenza alla comunità, vista come il Corpo del Signore che continua a crescere, espandendosi e rafforzandosi;
    - tramite l’esperienza dell’ascolto, della contemplazione (preghiera, celebrazione), della prassi retta (esercizio della diakonia in particolare verso i poveri).

    Indicazioni operative

    Sono suggerimenti, sempre colti dall’esperienza.
    - Mantiene permanente validità l’approccio biblico a forma di gruppo, distinguendo fra giovani e adolescenti, fra chi ha già fatto una scelta di fede e chi è alla ricerca o comunque lontano.
    - Valorizzare tempi e spazi che possono essere meglio significativi e recettivi (ad esempio: tempi forti di avvento e quaresima, campo estivo, pellegrinaggio, ritiro…). Peculiare ruolo dovrebbe avere l’insegnamento religioso nella scuola per quanti l’hanno scelto. Ma anche il cammino di cresima e dopo-cresima offre buone opportunità.
    - Il processo rende, se si snoda in un cammino biblico organico che comprende momenti di studio, di preghiera, di discernimento evangelico, di confronto critico con il sempre più impellente pluralismo religioso e culturale, sovente di connotazione postcristiana.
    - Esercitando la dinamica di: ascolto; studio (senza fretta, ma anche senza appesantimenti noiosi); meditazione personale debitamente sorretta; condivisione; clima di preghiera.
    - Si raccomanda una pratica del testo a quattro livelli: induttivo (partire dalla storia di Gesù nei vangeli, per approdare sia all’AT, come la patria religiosa e culturale di Gesù, sia al NT degli Atti e delle Lettere, come sviluppo del messaggio di Gesù nella vita delle prime comunità); esplicativo razionale (criteri per risolvere le «pagine difficili» del Libro sacro); teologico (riconoscimento del dono della Parola di Dio alla luce dei Dei Verbum); spirituale (interazione del testo biblico con la catechesi, la liturgia, l’esercizio della carità).
    Non possiamo che accennare come ultimo, ma insieme proponendolo come oggetto di specifica trattazione, il modello della Lectio Divina, raccomandata dal Papa Benedetto, ma da riformulare e adattare su misura dei giovani, come è stata, ad esempio, la «Scuola della Parola» del Card. Martini

    NOTE

    [1] L’articolo è tratto da: Università Pontificia Salesiana, Ubi Petrus ibi ecclesia. Sui «sentieri» del Concilio Vaticano II, LAS Roma 2007. Miscellanea offerta al papa Benedetto XVI in occasione del suo 80° genetliaco. Per gentile concessione.

    [2] In verità non esiste alcuna ricerca nazionale di rilievo su Bibbia e giovani fino ai 18 anni. L’indagine più solida, di una decina di anni fa, Aa.Vv., La religiosità in Italia, Mondatori, Milano 1995, mette in rilievo che» per uno che crede in Dio leggere e meditare la Bibbia o altri testi sacri», ottiene, tra i 18-21 anni, il 15,8% di consenso, con un calo progressivo attestandosi su un valore medio del 12,8 %, all’undicesimo posto su sedici item. Ancora più in dettaglio «il pregare leggendo meditando la Bibbia o altri testi religiosi », ottiene, per la fascia 18-21 anni, il consenso del 5,6%, con una crescita per altre età fino all’8,7%, attestandosi sulla media di 7,3%, in ogni caso con un dato assai basso ed anzi all’ultimo posto in una comparazione con altri sei item. Altre indagini nell’area giovanile condotte dall’Università Salesiana, sia nell’ambito della scuola di religione che della pastorale giovanile, confermano questi dati.

    L’ultima indagine ISTAT (2006), La religiosità giovanile in Italia, non vi presta alcuna attenzione.

    Per altri indicatori v. Bissoli C., I giovani e la Bibbia, in C.Buzzetti e M.Cimosa, I giovani e la lettura della

    Bibbia, LAS, Roma 1992, 15-27.

    [3] Testimonianze compaiono di continuo nelle rubriche religiose delle varie pubblicazioni. Per una visione di sintesi, si veda Bissoli C. (a cura di), Giovani e Bibbia. Per una lettura esistenziale della Bibbia nei gruppi giovanili, LDC, Leumann (Torino) 1991; Id., La Bibbia nella pastorale giovanile degli ultimi decenni in Italia: alcuni tratti maggiori, in Salesianum 61 (1999), 57-84; Currò S. – Dimonte R. (a cura di), Giovani in cammino con la Bibbia, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2001.

    [4] Cf Bissoli C., Va’ e annuncia (Mc 5, 19). Manuale di catechesi biblica, LDC, Leumann (Torino) 2006, 116-117.

    [5] «Nel Vangelo i giovani infatti compaiono diretti interlocutori di Cristo che rivela ad essi la loro ‘singolare ricchezza’, e insieme li impegna in un progetto di crescita personale e comunitario di decisivo valore per le sorti della società e della Chiesa» (DGC, 182).

    [6] Si vedano in particolare i grandi documenti catechistici, la cui sintesi è il Direttorio Generale per la catechesi (1997), ove è sempre presente l’attenzione ai diversi destinatari, tra cui i giovani, ma senza che si faccia un esplicito riferimento alla Sacra Scrittura, mentre si richiama globalmente – come abbiamo accennato nella nota precedente – «l’esplicita proposta di Cristo al giovane del Vangelo, (quale) proposta diretta a tutti i giovani su misura dei giovani, nella comprensione attenta dei loro problemi» (DGC, 183).

    [7] Cf Perrenchio F., La Scuola della Parola del Card. Carlo Maria Martini, in Buzzetti C. – Cimosa M., o.c., 147-180. È giusto notare che al seguito del Card. Martini, in altre diocesi i Vescovi hanno incontrato i giovani con la lectio divina (cf UCN/SAB, La Bibbia nel Magistero dei Vescovi italiani, LDC; Leumann 1998).

    [8] Perrenchio F, La Scuola della Parola, 177.

    [9] Santità, sono Simone, della Parrocchia di San Bartolomeo, ho 21 anni e studio ingegneria chimica

    all’Università La Sapienza di Roma. Innanzitutto ancora grazie per averci indirizzato il Messaggio per la

    XXI Giornata Mondiale della Gioventù sul tema della Parola di Dio che illumina i passi della vita dell’uomo.

    Davanti alle ansie, alle incertezze per il futuro, e anche quando mi trovo semplicemente alle prese con

    la routine del quotidiano, anch’io sento il bisogno di nutrirmi della Parola di Dio e di conoscere meglio Cristo, così da trovare risposte alle mie domande. Mi chiedo spesso cosa farebbe Gesù se fosse al posto mio in una determinata situazione, ma non sempre riesco a capire ciò che la Bibbia mi dice. Inoltre so che i libri della Bibbia sono stati scritti da uomini diversi, in epoche diverse e tutte molto lontane da me. Come posso riconoscere che quanto leggo è comunque Parola di Dio che interpella la mia vita? Grazie.


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