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    La convocazione giovanile scalabriniana «G.M. & B»



    Gianni Borin


    (NPG 2006-05-27)


    Era l’autunno 1998, mi trovavo a Parigi, dove, dopo aver partecipato ad un convegno, grazie ai fine settimana più o meno regalati dalle compagnie aeree, ho avuto la possibilità di stare tre giorni in più con i miei confratelli scalabriniani della Missione Cattolica Italiana. Ne ho approfittato per fare visita al rappresentante della Vita Religiosa nel Centro Nazionale Vocazioni della Francia. Si faceva ancora un gran parlare della Giornata Mondiale della Gioventù (JMJ) dell’anno prima e volevo sentire che segno aveva lasciato nella loro pastorale giovanile e vocazionale. Avevo ricevuto pochi mesi prima l’incarico di dar vita a Loreto ad un Centro di PG, che avesse un respiro europeo e scalabriniano.

    Ricordo che quel padre gesuita sottolineò soprattutto l’importanza del cammino di fede, del servizio, della guida spirituale, di appuntamenti forti coniugati con la quotidianità. Ciò poteva sembrare «poco di nuovo», ma a motivo della diversità dei contesti, l’ho sentito come un incoraggiamento per il nostro cammino.
    Ebbene, animato da questo incontro e con la lettura di qualche articolo di riviste e libri che avevo in valigia, ho cercato di concretizzare un’idea emersa nell’équipe degli animatori di PGV scalabriniana in Italia.
    Faccio un passo indietro. Dal 1991 era iniziata un’esperienza forte di servizio-formazione. A Mezzanone, una piccola borgata a 12 Km da Foggia, ogni anno nel mese di agosto abbiamo allestito un campo di accoglienza per immigrati stagionali che convergono lì per la raccolta dei pomodori.
    Nel 1994 abbiamo ospitato in un mese in quattro diverse strutture più di 600 immigrati di 24 nazionalità diverse. Un’esperienza molto forte, alla quale nel corso degli anni hanno partecipato centinaia di giovani in tutta Italia, e non solo, in turni di 8-10 giorni, spesso e volentieri ripetuti. Il servizio era caratterizzato da accoglienza, custodia (di giorno e di notte… in aperta campagna), pulizie, mensa, animazione dei ragazzi della borgata e ogni altra emergenza nascesse da quella situazione «di frontiera»…
    Gianfranco scriveva: «Eccoli gli immigrati, a sera, arrivare alla tendopoli, con la pazienza di questuanti: moltissimi i giovani, qualche ragazzo, sono una galleria di ritratti, un campionario di umanità, una babele di lingue. Riusciremo a capirci? Saprò parlare il loro linguaggio di stanchezza, di lontananza da casa, di bisogni primari che attendono? Siamo davvero diversi? E i loro progetti? (…) Stiamo trovando un po’ tutti delle risposte ai nostri bisogni e alle domande: anch’io volontario a tempo determinato, con la vita piena di contraddizioni, con ansie superflue e con qualche oggetto inutile».
    E Anna Maria: «Per sei giorni la sera sono stata infermiera a fare ciò che siamo abituati a fare ogni giorno senza essere professionisti: spalmare la crema sulla loro pelle scottata dal sole o a mettere del collirio ai loro occhi stanchi e arrossati, dare un’aspirina contro il mal di testa causato dal sole o i dolori creati dalla prolungata posizione scomoda di lavoro… Ma con loro questi gesti hanno assunto una valenza del tutto diversa. Ho potuto ‘mettere le mani’ nella loro sofferenza, venire a ‘conoscenza’ del loro dolore fisicamente e senza barriere: né pelle, né lingua, né cultura a dividerci in quei momenti».
    Suor Marisa, missionaria marista che ha collaborato nell’animazione di un turno ribadisce che il Campo di Borgo Mezzanone ha riconfermato in lei «l’urgenza dell’andare nei Paesi di provenienza degli immigrati perché, annunciando e condividendo la Buona Notizia, ci sarà pace, pane e gli esodi non saranno più determinati dalla violenza».
    Gli immigrati, ricorda Cristina, «collaboravano tra di loro se qualcuno aveva bisogno di aiuto; avevano voglia di parlare con noi volontari e spesso ci chiedevano i motivi che ci spingevano ad essere con loro».
    «Mille storie personali di sogni, illusioni e drammi… scriveva Teresa. Mille volti immersi in un mondo che già da lontano li riconosce e li cataloga come diversi, forestieri, per non dire sporchi, pericolosi, inaffidabili… Questo mondo non vede dietro a questi volti tirati delle persone: noi abbiamo avuto il dono di scoprirle! È stata un’esperienza di ‘svelamento’. Lunghe chiacchierate, gesti di riconoscenza o semplici sorrisi hanno offerto a noi volontari indimenticabili esperienze di conoscenza e apprezzamento di mondi e uomini estremamente ricchi, di veri e propri tesori!».
    Ogni anno durante il Campo di accoglienza, chiamato dal ‘95 in poi «Le Rondini», si creava tra i volontari un’intensa esperienza di gruppo. Il servizio, la preghiera, i pasti… i gavettoni, i momenti di gioia come i momenti di preoccupazione: tutto veniva vissuto in un coinvolgente clima di fede, di sobrietà e di disponibilità totale, di amicizia vera.
    Indimenticabile certamente è l’esperienza di Silvio, giovane volontario di Roma, che durante il campo del ’94 ha sentito la chiamata a diventare Missionario Scalabriniano e che nell’immagine della sua ordinazione sacerdotale del 2005 scrive: «… tutto è nato nel campo di accoglienza per immigrati (…). Il crocifisso e le tende sono stati i testimoni del mio incontro con Dio. Da lì… tutto è nato».
    La domanda a questo punto era ovvia. Che continuità dare a quell’esperienza forte? Come rispondere all’esigenza dei giovani stessi di rivedersi anche durante l’anno? Come non perdere noi animatori l’occasione di accompagnamento personale, di offrire altri spunti educativi, di tessere una rete di rapporti che desse corpo ad un gruppo di giovani di varie regioni d’Italia e di varie nazionalità, animati da un carisma come quello scalabriniano, vissuto in modo così coinvolgente in un’esperienza di vera e propria missione?
    Questi interrogativi abitavano la mia mente e il mio cuore in quella sera autunnale parigina del ‘98, quando dal 10° piano del palazzo della Missione di Rue de Montreuil vedevo spiccare la Torre Eiffel e Montmartre, quasi per far emergere dalla quotidianità l’animo sacro e insieme profano dei nostri giovani europei.

    Il progetto

    Sentivo dentro di me che era giunto il momento di offrire ai nostri giovani un’esperienza formativa nella quale rispondere a quelle istanze. Sì, ma con quali modalità, tempi, contenuti?
    Mi sono messo al computer, non senza aver invocato «i sacri lumi», pensando ad una «tre giorni» da proporre durante le vacanze di Natale, e con fluidità ne è nato un progetto ispirato ai Re Magi Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, le cui iniziali (G.M.&B.) richiamavano tanto la JMJ e potevano indicare un modo nuovo per i giovani di «camminare insieme».
    Certamente la GMG 2005 di Colonia ci ha dato l’occasione di sviscerare in lungo e in largo i numerosi spunti relativi a questi tre personaggi, da sempre legati alla Missione «Ad Gentes», ma allora sono emersi con particolare interesse ed evidenza alcune dinamiche esperienziali che nascono dalla lectio di Mt 2. Provo a descriverle attraverso le testimonianze di alcuni giovani.

    * Ritrovarsi insieme, uniti nella ricerca. «Alcuni Magi giunsero…»
    Negli ultimi mesi del ‘98 abbiamo rivolto l’invito a tutti i giovani che erano in qualsiasi modo in contatto con i nostri confratelli.
    Alessia di Roma racconta: «Il 2 gennaio sono partita con tanto entusiasmo da Roma per la Convocazione ‘G.M.&B.99’, piena di aspettative e molto incuriosita da questa prima convocazione intitolata a Gaspare, Melchiorre e Baldassarre; qualcosa in me diceva: ‘vai e vedrai che non rimarrai delusa!’. E così è stato. È difficile descrivere con le parole l’emozione che provavo nell’ascoltare tutte quelle voci intorno a me, che pur dicendo la stessa cosa, si distinguevano ciascuno per la sua inflessione dialettale, un senso di unità che mi apriva il cuore e lo spirito, dato che ogni momento veniva vissuto in pienezza grazie alla preghiera e alla condivisione fraterna di ogni situazione.
    Si è venuto a creare un clima tale, che in poco tempo tutti quei giovani hanno perso la nozione di confine, come se Roma, Vicenza, Lecce, Foggia, Bassano, Vibo Valentia, Rovigo, Osimo e Loreto fossero diventati un luogo unico e vicino».
    Valentina nel 2002 racconta: «In tutte le G.M.&B. che sono state realizzate non c’è mai stata ripetizione né di temi affrontati né di forme d’intrattenimento. Ogni anno è stata un’occasione per arricchirmi spiritualmente e di nuove amicizie.
    È un momento importante l’arrivo; se una persona appena arrivata si sente a casa propria, c’è solo da guadagnarci soprattutto per il clima di profonda coesione che si viene a creare. Forse ‘profonda’ è una parola un po’ forte, ma è ciò che sento io dopo quattro anni!!! Comunque l’unità che tanto si va cercando per me è stata più che raggiunta».

    * L’incontro con testimoni, ricercatori di oggi. «Dov’è il re dei Giudei?»
    La prima serata normalmente viene dedicata ad una festa di benvenuto animata da tutti i partecipanti e nel mattino seguente ci si incontra con un testimone. Un anno abbiamo avuto la testimonianza missionaria di P. Fabio Baggio, cantautore scalabriniano dall’Argentina, un’altra volta abbiamo ascoltato da Catia, l’esperienza della meraviglia tipica di una mamma, o Attilio, per anni volontario in Etiopia o di un seminarista scalabriniano dal Messico… Interessante è stato anche qualche volta percorrere vie e piazze dei paesi limitrofi e incontrare i giovani, iniziando la conversazione domandando loro «Dove possiamo trovare il Signore?»… più o meno come hanno fatto i magi a Gerusalemme.

    * L’incontro con il migrante: paradigma di chi vive un cammino di ricerca
    Negli anni sono state proposte vari tipi di iniziative-esperienze di incontro o vicinanza con i migranti, che sono così simili ai Magi a causa di quel loro venire da lontano in cerca di una salvezza… Ci siamo confrontati con loro, tramite mediante interviste, testimonianze o visite alle famiglie di immigrati. Quest’ultima esperienza ci ha permesso di entrare nella loro casa, diventando noi gli «ospiti». Osserva Paolo: «Oltre al coinvolgimento emotivo, c’è stata una calda accoglienza e una disponibilità incondizionata nei nostri confronti che mi ha fatto riflettere su ‘come’ noi accogliamo loro e su ‘quanto’ noi siamo disponibili nei loro confronti».
    Negli ultimi anni i giovani partecipanti alla G.M.&B. hanno animato una festa multietnica di Capodanno presso all’Hotel House di Porto Recanati, un edificio che accoglie più di mille immigrati di 30 etnie, una festa multietnica di Capodanno, con decine di bambini e ragazzi lì residenti. Un’occasione coinvolgente per promuovere l’incontro d’amicizia tra etnie e culture diverse e per mettersi concretamente al servizio dei migranti.

    * La Marcia dei Popoli, esperienza di pellegrinaggio. «Videro il Bambino con Maria sua Madre»
    Ogni anno una parte della G.M.&B. è dedicata al cammino vero e proprio attraverso la Marcia dei Popoli, cammino di 14 Km da Osimo al Santuario della Santa Casa di Loreto. Alla marcia hanno partecipato spesso i rappresentanti di alcune comunità cattoliche immigrate marchigiane, in particolare i peruviani e i filippini. Il cammino percorso, aperto ad altri pellegrini di ogni età che si vogliono aggiungere, ad imitazione di quello compiuto dai Magi verso Gesù, Salvatore di tutte le genti, testimonia per le vie percorse la speranza in un mondo unito in cui nell’incontro con Cristo e con l’altro, nostro prossimo, ogni barriera è abbattuta.
    «La Marcia dei Popoli (16 Km, te possino!), racconta Sara, ha reso in pieno il senso del pellegrinaggio. Come descrivere le emozioni? Trovarmi davanti, dopo tanta fatica, al Santuario di Loreto è stata una gioia grande: sembrava di vivere alcune scene del vangelo; emozioni simili le ho provate solo in Terra Santa. (…) Gesù è vivo in mezzo a noi, cammina con noi, si diverte con noi. Ho avuto così l’opportunità di ricordare che il rapporto con Lui non è scontato, ma va rinnovato giorno per giorno».

    * L’adorazione notturna. «... e prostratisi lo adorarono»
    L’incontro con Cristo, avvenuto in Basilica, continua per molti anche durante l’adorazione notturna, che si svolge a turni. Non pochi, a dispetto della stanchezza della marcia, si fermano a lungo o persino tutta la notte. Per tutti è il momento più profondo e significativo!

    * La missione. «Per un’altra strada fecero ritorno…»
    «Il 5 gennaio poi è stato il giorno dei bilanci e dei saluti, dice Davide. Sembrava fossimo stati insieme da settimane! Siamo tornati a casa molto più ricchi: non di oro, incenso o mirra, ma dell’incontro con il nostro Salvatore che cercheremo di continuare a cercare come i Magi nel cammino della vita di ogni giorno, per la strada giusta della Parola del Signore che abbiamo incontrato!»

    G.M.&B.: un’esperienza interetnica

    Negli ultimi anni, grazie allo sviluppo e al coordinamento dei gruppi giovanili scalabriniani locali, l’incontro di Loreto ha visto una presenza sempre più consistente di giovani immigrati. Nel 2004 i giovani partecipanti erano più di 90, di 12 diverse nazionalità, provenienti da ogni parte d’Italia. Italiani, Rumeni, Ghanesi, Albanesi e giovani di vari paesi dell’America Latina hanno testimoniato che la convivenza tra i popoli è possibile e che la diversità è fonte di immensa ricchezza, anzi è uno specchio del vero volto di Dio, Padre di tutti.
    Si era vissuta da poco l’esaltante esperienza a Sanremo di «Jubilmusic 2003», festival internazionale della Christian Music, classificandosi secondi con la canzone «Piedi a Colori», nata durante l’ultimo Campo Estivo.
    Contemporaneamente si svolgeva per la prima volta un’edizione sudafricana della G.M.&B., con i suoi primi 10 partecipanti. Leggiamo l’e-mail scritta dalla Missione di Cape Town, da Gabriele, religioso studente scalabriniano.
    «Ciao amici!!!!!! Ecco le ultime novità dal Sudafrica. Abbiamo cominciato anche noi la nostra GMB con ‘solo’ 10 partecipanti. Ieri sera abbiamo fatto la preghiera di apertura sotto le stelle. Come i Magi, anche noi abbiamo scelto la nostra stella, che ci guiderà fino a Gesù. Ogni sera la cercheremo di nuovo e faremo un passo in più nel nostro cammino.
    Stamattina abbiamo vissuto la prima dinamica dal titolo: I doni che portiamo. Cosa abbiamo da offrire a Gesù? Cosa siamo disposti a portare di nostro? Quali doni ci portiamo dietro da sempre e ora è il momento di ‘tirare fuori’?
    Oggi pomeriggio faremo una scalata sulla montagna e alla fine ci tufferemo nel laghetto perché qui fa proprio tanto caldo!!!
    Domani ci sarà la ‘Marcia dei Popoli’, una marcia di una ventina di Km fino ad un santuario qui vicino.
    Come bagaglio abbiamo ricevuto uno zainetto con dentro oro, incenso e mirra e l’ultimo giorno dovremo metterlo in uno scrigno preparato nella cappellina dell’adorazione.
    Lunedì sera, quando voi avrete già terminato la vostra GMB, faremo l’adorazione e sarebbe bello avere con voi un collegamento tramite sms. Potreste aiutarci con alcune frasi che hanno caratterizzato la vostra GMB o con qualche spunto di preghiera. Se non le riuscite a scrivere in inglese mandatecele in italiano e le tradurremo in ‘diretta’. Lascerò acceso in chiesa il cellulare e leggerò ciò che mi spedirete. Non mi lasciate da solo, però, in questa esperienza!!!»

    A modo di conclusione

    «I Re Magi, dice Emanuele, provenivano da diversi luoghi, etnie, culture e religioni. Seguire il loro cammino di ricerca, per me ha significato mettermi nei panni dei molti immigrati, sempre più numerosi anche tra di noi. I migranti mi hanno spalancato gli occhi e il cuore alle ricchezze di un’umanità sconosciuta, solo perché povera; come pure alle contraddizioni presenti nei paesi di partenza e in quelli di arrivo.
    Purtroppo la stella cometa per molti di loro è stata l’illusione del benessere proiettata dalle nostre TV, o le promesse dei trafficanti internazionali. Con questi Magi di oggi ho riscoperto anche la fatica e la gioia tipiche della ricerca sincera e tenace del bene. Mi sono reso più sensibile all’accoglienza gratuitamente ricevuta e a quella generosamente data. E quel Gesù che cercavo l’ho trovato proprio nel forestiero accolto e rispettato nella sua dignità. L’immigrato mi ha svelato la difficoltà, la necessità, e qualche bel risultato del dialogo tra culture e religioni. Dialogo che è un necessario ‘decentrarmi’, emigrando nel mondo altrui».
    Non c’è molto da aggiungere a queste righe. Mi piace però richiamare due immagini, naturalmente antitetiche, le quali però, confrontate con l’esperienza dell’emigrazione soprattutto giovanile, rivelano un profondo bisogno di conciliazione e complementarietà, sia in chi la vive, che da parte di chi vi cammina accanto: «Le radici e le ali». Non è raro che il migrante voli più alto di noi, nonostante o forse grazie alle sue radici.
    È quanto mai vero quanto ciò che affermava più di un secolo fa il beato Giovanni Battista Scalabrini: «L’emigrazione eleva i destini umani, allargando il concetto di patria oltre i confini materiali e politici, facendo patria dell’uomo il mondo».


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