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    Disincanto, paura, desiderio


     

    Dati e atteggiamenti dei giovani

    Vincenzo Lucarini

    (NPG 2006-09-07)


    Le scelte riguardanti lo stato di vita (sposarsi e formare una famiglia, convivenza, single, consacrazione), la professione e gli orientamenti valoriali, risultano cruciali nell’esistenza di una persona. La fase della vita in cui si è chiamati a prendere delle decisioni e ad effettuare le conseguenti scelte rispetto a tali aree si colloca a cavallo della tardo-adolescenza e dell’inizio dell’età giovanile (18-22). Evidentemente le basi e le condizioni per effettuare tali scelte si collocano lungo tutta la storia precedente della persona.

    Una fase «critica»

    Proprio per le questioni in gioco e per le implicazioni decisive che tali scelte possiedono nello svolgimento della vita di una persona, possiamo affermare che il giovane si trova, rispetto a ciò, in una vera e propria fase critica. Da come si orienta tra le possibili scelte ne derivano le impostazioni di fondo che, pur se sempre soggette a possibili revisioni o cambiamenti, creano le condizioni di base per una vita vissuta con soddisfazione e realizzazione o di insoddisfazione e improduttività.
    Il giovane in questa fase si trova alle prese con la rifinitura di processi di maturazione personale, mentre contemporaneamente la società gli mette davanti la necessità di effettuare delle scelte chiare sul piano formativo-lavorativo.
    Per quanto riguarda il piano personale il giovane deve far leva su una serie di risorse e potenzialità psicologiche per poter effettuare e/o rifinire le scelte in ambito affettivo-sessuale, professionale e valoriale. Tali potenzialità si riferiscono all’ormai acquisito senso di differenziazione e relativa autonomia rispetto alle figure significative, alla maggiore dimestichezza nell’uso delle capacità di pensiero astratto e logico-formale e ad un discreto patrimonio di esperienze e relative conoscenze riguardante se stesso.
    C’è però da dire che non sempre tali risorse e potenzialità sono effettivamente presenti e spendibili da parte del giovane riguardo alle questioni con cui sta facendo i conti. È questo quello che affermano alcune ricerche (vedi la ricerca COSPES). Tali ricerche mettono sovente in luce la presenza di rallentamenti e dei ritardi nella piena e compiuta utilizzazione di tali potenzialità, configurando una vera e propria età incompiuta. La stessa ricerca metteva in rilievo il fatto che le dinamiche psicologiche e psicosociali tipiche dell’adolescenza sono di fatto slittate, per diversi aspetti, nella fase giovanile.
    Se dal versante personale ci spostiamo su quello sociale, si nota che a fronte delle richieste che il giovane riceve di definirsi e di collocarsi come persona adulta (quindi come stato di vita e come lavoratore) si colloca in questa fase la necessità di effettuare scelte più compiute. Come è noto però, se da una parte la società chiede al giovane di definirsi nei suoi possibili ruoli sociali, dall’altra non mette in condizione il giovane stesso di entrare appieno e con relativa facilità nel mondo degli adulti (scolarizzazione più lunga, problemi nell’entrata nel mondo del lavoro, opportunità di soli lavori precari).
    Il giovane si trova davanti il compito relativo ad un futuro da decidere utilizzando le proprie esperienze e avendo la capacità, su questa base, di sognarlo e di mettere gambe a tale sogno.
    In termini psicologici e psicosociali stiamo parlando del processo di costruzione e definizione della propria identità con riferimento a quella parte di tale processo che si sporge verso la sua realizzazione e concretizzazione dentro il proprio contesto di vita.
    È proprio quanto precedentemente costruito in termini di riferimenti di identità che costituisce una vera e propria bussola che orienta il giovane nel dare concretezza ai suoi sogni che cominciano così a prendere forma in termini di progetto.
    In sintesi, l’adolescente che sta transitando verso la fase giovanile possiede un’insieme di competenze strategiche e decisionali potenzialmente spendibile in termini di scelte personali decisive, ma che risultano, per tutta una serie di motivi, un po’ spuntate, tanto da poter parlare di ritardi e rallentamenti rispetto al completamento dei compiti evolutivi tipici dell’adolescenza. Ritardi e rallentamenti che si incrociano con una situazione sociale che, pur aspettandosi dal giovane una presa di responsabilità nel definirsi e collocarsi, ne frena la realizzazione.
    Così tra potenzialità e aspettative da una parte e rallentamenti e freni dall’altra, il giovane di oggi è chiamato a declinare la propria esistenza, a individuare i possibili percorsi anche relativamente alla scelta del proprio stato di vita. Il modo in cui i giovani di oggi si accostano alla possibilità di sposarsi e di costituire una famiglia rientra quindi nel quadro del discorso che fin qui è stato delineato. Nel tentativo di vedere che percezione i giovani hanno relativamente al formare una famiglia e individuare gli atteggiamenti di fondo che li animano, partiremo da alcuni dati relativi ad una recente ricerca ISTAT, dati che possono orientarci nella ricerca di chiavi di lettura del fenomeno.

    Alcuni dati

    Alcuni dati recentemente divulgati dall’ISTAT (agosto 2006) ci forniscono dei tasselli che possono permetterci di comporre un quadro generale riguardante il rapporto tra giovani e matrimonio-costruzione di una famiglia. Riporto sinteticamente le risultanze più significative rispetto al discorso che stiamo sviluppando:
    - si allunga il periodo di fidanzamento;
    - ci si sposa ad un’età media più alta;
    - aumentano le convivenze;
    - le convivenze diventano più facilmente di un tempo rapporti stabili sfociando non di rado nel matrimonio;
    - diminuiscono i matrimoni religiosi;
    - aumentano le separazioni e i divorzi.

    Una lettura di massima di tali dati mette in evidenza alcune linee di tendenza.
    C’è una sostanziale tenuta del matrimonio e del matrimonio religioso soprattutto in relazione a quanto accade negli altri paesi europei.
    Accanto alla forma classica della relazione affettivo-sessuale tra adulti che si configura nel matrimonio, sta aumentando il numero di coppie che iniziano una convivenza. Tale convivenza può rimanere un’esperienza circoscritta e temporanea oppure divenire rapporto stabile che viene istituzionalmente sancito nel matrimonio vero e proprio, religioso o civile.
    I matrimoni civili sono in aumento: chi si sposa non ritiene automatico farlo in chiesa.
    Un fenomeno in progressivo aumento è rappresentato dalle separazioni e dai divorzi, che sempre più spesso si verificano entro pochi o addirittura pochissimi anni dalla data del matrimonio.

    Da questi elementi si può affermare che laddove un tempo era scontato e ineluttabile che la propria realizzazione personale da adulti passasse attraverso il matrimonio e il matrimonio in chiesa, oggi il quadro è molto più variegato e composto. Innanzi tutto vengono differiti i tempi della scelta o della concretizzazione della scelta. In questo tempo, che rappresenta una sorta di limbo, c’è spazio per sperimentarsi in tutta una gamma di possibili relazioni ed esperienze: da quelle circoscritte con la data di scadenza già scritta sopra, a quelle che durano qualche tempo senza però che ci sia la convinzione e la decisione effettiva di farla durare; durano così fino al prossimo incontro di uno dei due o finché il rapporto non finisce su un binario morto. I rapporti del tipo di quelli che una volta si chiamavano di fidanzamento tendono oggi a durare molto tempo prima di portare al matrimonio. Anche questi rapporti nascondono insidiose relativamente alle stanchezze che possono presentarsi, per la frustrazione di non poter vivere una condizione a cui si potrebbe accedere ma che viene ostacolata da problemi pratici.
    Il matrimonio sta quindi diventando sempre più frutto di una scelta rispetto alla possibilità di mantenere relazioni non impegnative, oltre che a quella di provarsi in una convivenza senza progetti chiari, pensando di trovare nell’esperienza della convivenza stessa elementi su cui chiarirsi le idee ed effettuare scelte più stabili.
    Se il matrimonio è sempre più frutto di una scelta, ancor di più ciò vale per il matrimonio religioso.

    Gli atteggiamenti

    Quanto fin qui affermato ci dà elementi per poter individuare alcuni atteggiamenti di fondo nel vissuto giovanile rispetto al matrimonio e alla famiglia.

    Disincanto

    È una sorta di atteggiamento di fondo che attraversa trasversalmente il mondo giovanile, con punte più elevate in alcune classi o tipologie di giovani. Tale atteggiamento registra, al livello del vissuto giovanile, i cambiamenti verificatisi nella nostra sociocultura relativamente al matrimonio. Per cui il matrimonio e la costruzione della famiglia non rappresentano più il grande obiettivo di una vita oltre che la misura del raggiungimento della realizzazione come persona adulta. Conseguentemente il matrimonio non mobilita più le principali energie progettuali e fattuali.
    Del resto già nella citata ricerca «L’età incompiuta» (Elledici) emergeva chiaramente questa tendenza. Alla domanda su cosa gli adolescenti (14-19 anni) valutavano importante per il proprio futuro mettevano il «formarsi una bella famiglia» al 5° posto. Qui di seguito vengono riportate le prime cinque risposte e la loro percentuale:

    1° Amare, volersi bene 55.2 %
    2° Salute 49.8 %
    3° Cultura e studio 34.2 %
    4° Lavoro sicuro 32.3 %
    5° Formarsi una bella famiglia 22.4 %

    Ad un altra domanda, relativa a come si vedevano da lì a dieci anni, rispondevano nel modo seguente:

    1° Felice 94.1 %
    2° Con un lavoro 89.5 %
    3° Credente 80.2 %
    4° Importante 54.9 %
    5° Sposato con figli 49.7 %
    6° Ricco 41.2 %
    7° Sposato senza figli 23.0 %

    Tali dati fanno risaltare lo slittamento in basso del matrimonio e della famiglia con figli relativamente a ciò che risulta importante per gli adolescenti e per i giovani e le relative energie da mettere al servizio di tali obiettivi.
    Le relazioni affettivo-sessuali rimangono importanti come ingredienti che rendono più piacevole e ricca la vita, ma viene meno la preoccupazione per la finalizzazione di tali relazioni al matrimonio. Sono esperienze che si aprono ma che non necessariamente seguono la linearità del fidanzamento e delle nozze. Possono galleggiare per tempi più o meno lunghi proprio con la prospettiva di lasciarle galleggiare lasciando aperte le possibilità di chiuderle o continuare nelle varie forme (convivenza, magari matrimonio…), senza che ci sia però fin dall’inizio la prospettiva di verificare quanto si possa costruire in termini di stabilità, impegno, coinvolgimento e progettualità di ampio respiro.
    È proprio questa l’essenza del disincanto: il venir meno dell’entusiasmo, già in partenza, e magari come sogno e desiderio, nel costruire una coppia e promuovere una crescita personale nel contesto di una relazione impegnativa. I giovani di oggi appaiono profondamente restii a dire «per sempre» anche nella fase iniziale del rapporto, classicamente caratterizzata da fusionalità e senso di «eternità» del sentimento (leggi innamoramento). Non scalda il cuore pensare di coronare la propria storia con un matrimonio.
    Quanto detto chiama in gioco molteplici elementi in termini di cause che è arduo affrontare nella loro complessità. Resta il fatto che il matrimonio e la istituzionalizzazione della coppia non entusiasma molto. Altrettanto poco entusiasmo suscita la prospettiva del matrimonio religioso.
    Siamo in presenza di un disincanto che vede la vita di coppia molto pragmaticamente, molto focalizzata sul presente o su un segmento temporale circoscritto, molto attenta alla qualità del rapporto enfatizzando spesso gli aspetti emotivo-sessuali rispetto agli altri. È la logica del navigare a vista piuttosto che quella del tracciare una rotta e seguirla per raggiungere una meta.

    Paura

    Un altro atteggiamento che sottende il modo di considerare il matrimonio e il formarsi una famiglia da parte dei giovani di oggi è rappresentato dalla paura. Si tratta indubbiamente di un atteggiamento comunque presente e comprensibile quando ci si pone di fronte ad una scelta che risulta impegnativa e definitiva. Accanto a questo si pongono però dei contenuti specifici che alimentano la paura verso il matrimonio, tipici delle dinamiche di vita e di scelta per gli abitanti dell’attuale sociocultura.
    Mi riferisco in particolare alla paura di fare scelte che implichino rinunce rispetto a possibilità che si possono presentare nell’immediato e nel futuro. Questo aspetto di rinuncia, rispetto a quanto esula dalla scelta centrale, al coltivare un relativo atteggiamento di protezione e costruzione di una realtà relazionale forte con la persona scelta come partner, comporta una reazione quasi claustrofobia, di sentirsi ingabbiati e tagliati fuori dalle occasioni relazionali-affettivo-sessuali che potrebbero capitare.
    Questo atteggiamento comporta una modalità di stare nelle relazioni che non promuove la costruzione di un tessuto di progressiva conoscenza e accettazione dell’altro, oltre la scintilla dell’innamoramento o dell’attrazione iniziale. Non si cura il percorso di complementare coinvolgimento e costruzione di intimità con l’altro. La possibilità di crescita di sé nella relazione stabile con l’altro in effetti comporta affrontare difficoltà e alcuni nodi personali. Il rapporto e la focalizzazione vengono mantenuti su livelli di fruizione piacevole.

    Desiderio

    Permangono ancora, tutto sommato, quote consistenti di giovani che mantengono un atteggiamento di apertura e di ricerca verso la possibilità di matrimonio. Si tratta di un atteggiamento che risente comunque per alcuni versi della paura e del disincanto che fanno parte della cultura e del vissuto degli adolescenti e dei giovani di oggi. Non si tratta di una priorità cieca e automatica. Questo chiama in causa maggiormente la consapevolezza e la responsabilità personale nell’effettuare tale scelta. Si può, su questa base, realizzare una matura integrazione delle istanze relative alla realizzazione personale, alla qualità e alla soddisfazione relazionale con quelle dell’impegno nella costruzione e nella protezione del rapporto con l’altro.
    In questo senso si tratta di un desiderio ad occhi aperti, consapevole e non cieco.
    Accanto a tale modalità esistono anche sacche di un atteggiamento che invece che ad occhi aperti affronta il matrimonio ad «occhi chiusi». Con investimento massivo e richieste irrealistiche di trovare nel matrimonio la chiave della felicità per sempre. Ciò che rende problematico e rischioso tale atteggiamento, oltre all’eccessività delle attese, c’è la mancanza della consapevolezza che un rapporto si costruisce e diventa solido con un cospicuo impegno personale e di coppia. A tale atteggiamento vanno probabilmente addebitate le separazione e i divorzi precoci, legati al fatto cioè che le difficoltà che sopravvengono, la mancanza di una solida alleanza relazionale, travolgono la resistenza di un desiderio illusorio che volersi bene e stare bene sono sufficienti per andare in mare aperto.

    Rifugio

    Per qualche verso il matrimonio può rappresentare, agli occhi di uno o di entrambi i partner un rifugio securizzante. Le cifre della complessità e dell’incertezza, che oltre che declinare l’esistenza personale, attraversano e si moltiplicano nella nostra società post- o sur- moderna, portano a pensare di affrontarle, combatterle o ridurle nel matrimonio. Il matrimonio diventa allora rifugio e difesa che portano a massimizzare la sicurezza, la routine, l’abitudinarietà nella vita di coppia e familiare. Spesso tale atteggiamento fa da base per valorizzare la dimensione socio-consumistica della vita, con le conseguenza a 360° gradi sulla vita personale, di coppia e di famiglia.

    Conclusioni

    Alla fine di questa veloce analisi, si possono individuare alcuni punti chiave su cui tornare per ulteriori approfondimenti e per una lettura educativa.
    * Il rapporto giovani-famiglia (matrimonio+figli) è fortemente cambiato. Quando i giovani pensano a formare una famiglia, si innescano reazioni fatte di ricerca e slanci ma anche di resistenze che rendono ambivalente e contraddittoria la loro posizione complessiva.
    * Pur all’interno di tale ambivalenza i punti di novità e incoraggianti sono diversi. Ad esempio la prospettiva per cui il matrimonio non viene visto nella dimensione unilaterale del sacrificio a favore della prole. C’è da parte dei giovani l’esigenza di curare le diverse articolazioni del sistema famiglia: dare spazio e rispettare le esigenze e la soggettività dei singoli; mantenere l’interesse e la buona qualità del rapporto di coppia; muoversi negli spazi e nelle maniere adeguate nella dimensione genitoriale.
    * L’inquadrare il matrimonio e la vita familiare nei termini di realtà complessa da curare in tutti i sub-sistemi è una novità di cui i giovani di oggi sono convinti portatori e segnano un cambiamento culturale rispetto ala prospettiva e alla prassi delle precedenti generazioni.
    * Allo stesso momento si coglie il senso di difficoltà nel sostenere tale compito che implica un modo di rapportarsi con sé e con il partner in modo da poter far fronte a tale sfida. C’è quindi la possibilità di far maturare e rendere possibile questa novità.


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