Elisa Storace
(NPG 2005-05-69)
“Uccidere per punire un omicidio è un castigo incomparabilmente maggiore del delitto stesso. L’assassinio compiuto per verdetto è incomparabilmente più atroce dell’assassinio commesso da un delinquente. Colui che viene ucciso dai delinquenti, sgozzato di notte, nel bosco, o in qualsiasi altro modo, senz’altro spera ancora di salvarsi, fino all’ultimissimo istante. Ci sono casi in cui la vittima, con la gola già tagliata, sperava ancora, correva, o invocava aiuto. Invece qui tutta quest’ultima speranza, con la quale morire è dieci volte più lieve, viene eliminata dalla certezza; qui c’è una sentenza, e tutto l’atroce tormento sta nel fatto che certamente non la scamperai, e non c’è tormento al mondo più forte di questo. Prendete un soldato e mettetelo proprio davanti a un cannone, nel mezzo di un combattimento, sparateli addosso, e lui continuerà ancora a sperare, ma leggete a quello stesso soldato la sentenza certa, e lui perderà la ragione e si metterà a piangere. Chi mai ha detto che la natura umana è in grado di sopportare questo senza impazzire? Perché un vituperio così orribile, inutile, vano?”
Tratto da L’idiota, di Fèdor Dostoevskij.
Il primo omicidio nella storia dell’umanità è quello di Caino che uccise suo fratello Abele.
In quel primo caso, Dio, quale giudice, non lo condannò a morte ma “a vita”, ammonendo chiunque dal provare ad ucciderlo: “‘Chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!’. Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato” (Gen, 4, 15-16).
Lapidazioni, decapitazioni, impiccagioni, fucilazioni, sono all’ordine del giorno in molti paesi del mondo.
Generalmente applicata per crimini molto gravi, i fautori della pena di morte sostengono che i responsabili di questi delitti non hanno alcun rispetto per la sacralità della vita, e che la pena capitale serve come deterrente nei confronti di chi vorrebbe commetterne altri.
Dalle statiche però, emerge che la pena di morte non serve affatto come deterrente, e che, molto più spesso di quanto i governi vogliano ammettere, i condannati risultano essere innocenti quando ormai è troppo tardi, ma, soprattutto, che l’applicazione della pena di morte non incentiva la ricerca di sistemi preventivi, mentre il diritto alla vita è sacro e come tale dev’essere tutelato.
Eppure, dei 63 paesi mantenitori della pena di morte, 15 sono delle democrazie liberali, con ciò considerando non solo il sistema politico del paese, ma anche il sistema dei diritti umani, il rispetto dei diritti civili e politici, delle libertà economiche e delle regole dello stato di diritto.
Dalle relazioni delle associazioni umanitarie, sappiamo che l’Asia rimane il continente dove si pratica la quasi totalità della pena di morte nel mondo, mentre l’Africa conferma la tendenza ad abbandonarne l’uso, e l’Europa sarebbe totalmente libera dalla pena di morte se non fosse per la Bielorussia, così come le Americhe, che lo sarebbero se non fosse per gli Stati Uniti e Cuba.
Purtroppo, molti stati, per lo più autoritari, non forniscono statistiche ufficiali sulla pratica della pena di morte: nel 2003 almeno 412 esecuzioni sono state effettuate in 14 paesi a maggioranza musulmana, molte delle quali ordinate da tribunali islamici in base a una stretta applicazione della sharia, e, in aperto contrasto con quanto stabilito dai trattati internazionali, nello stesso anno sono state giustiziate 3 persone che avevano meno di 18 anni al momento del reato.
Se persino Davide, unto dal Signore re d’Israele, dopo aver ucciso Uria (ed essersene pentito) fu scelto di nuovo come strumento di salvezza dal “Dio della misericordia”, allora davvero soltanto chi è senza peccato può scagliare la prima pietra… per tutti gli altri vale il quinto comandamento: Non uccidere.
Per sottoscrivere le campagne contro la pena di morte:
www.amnesty.it - www.nessunotocchicaino.it - www.santegidio.org
Per la lettura:
Riflessioni sulla pena di morte, di Albert Camus; Il processo, di Franz Kafka; L’ultimo giorno di un condannato a morte, di Victor Hugo; Confessione, di Lev Tolstoj.