Ottica ed etica: quando l’amore passa attraverso lo sguardo
Elisa Storace
(NPG 2005-01-55)
“Si disse: quando un giorno l’assalto della bruttezza fosse diventato del tutto insostenibile, si sarebbe comprata dal fioraio una violetta, una sola violetta – quello stelo delicato col suo minuscolo fiorellino – sarebbe uscita in strada e, tenendolo davanti al viso, l’avrebbe fissato spasmodicamente per vedere solo quello, per vederlo come fosse l’ultima cosa che voleva conservare, per se stessa e per i suoi occhi, di un mondo che aveva ormai smesso di amare. Sarebbe andata così per le strade di Parigi, la gente presto avrebbe cominciato a conoscerla, i bambini l’avrebbero rincorsa, derisa, le avrebbero tirato oggetti addosso e tutta Parigi l’avrebbe chiamata: la pazza con la violetta…”
(Milan Kundera, L’immortalità).
“La bellezza salverà il mondo”… che frase strana.
Come potrebbe una cosa tanto effimera come la bellezza salvare il mondo?
Come potrebbe farlo la bellezza se – in questi tempi bui di guerra e sequestri… – sembrano non poterlo neppure il coraggio o la generosità?
Qualche sera fa ero a cena da amici, e questa frase di Dostoevskij è stata al centro delle nostre chiacchiere “del digestivo” per diverso tempo… ovvero finché i padroni di casa non hanno espresso l’imbarazzata ma ferma intenzione di andare a dormire!
Ancora sulla porta, si diceva che il punto era nel distinguere fra bellezza puramente estetica e bellezza legata ai concetti di buono e di giusto: l’una poteva essere superficiale e soggettiva, ma l’altra era profonda e universale, e quindi potenzialmente molto utile.
Nell’ascensore si arrivava all’idea di una bellezza che suscitando stupore e meraviglia svela le cose, e perciò va ricercata come mezzo di conoscenza, secondo un concetto platonico che però corre il rischio di discriminare tutto ciò che bello non è…
Alla fine, già salendo sulle macchine, concludevamo provvisoriamente che, seppure non fossimo in grado di dire come la bellezza lo salverà, al mondo ne servirebbe certamente un bel po’ per esserne salvato.
Qualche giorno più tardi, una luce sui nostri discorsi si è accesa per me mentre leggevo questo libro di Kundera, in cui ad un certo punto lo scrittore fa dire alla protagonista – Agnes – che, quando un giorno l’assalto della bruttezza fosse diventato del tutto insostenibile, lei avrebbe comprato una violetta e sarebbe andata in giro per le strade della città tenendola fissa davanti a sé e guardando solo quella, come l’ultima cosa che voleva conservare... di un mondo che aveva ormai smesso di amare.
Eccola, la chiave che non riuscivamo a trovare: la bellezza salverà il mondo perché la bellezza non è nelle cose, ma nello sguardo di chi le guarda amandole…
Agnes, afflitta dall’incapacità di amare le persone (perché sente che con loro non ha niente in comune…), non riesce neppure a vederne la bellezza, quel tipo di bellezza che, come un miracolo, fa ciascuno diverso da ogni altro; per questo immagina di doversi ridurre un giorno a fissare una violetta, uno stelo delicato col suo minuscolo fiorellino…
“L’occhio è il lume del corpo”, scrive S. Paolo, e S. Agostino osserva che “L’amore rende belli”: solo quando amiamo vediamo la vera bellezza, con una capacità che è insieme ottica ed etica. L’amore è il ponte gettato fra l’uomo e la grazia… e certamente un giorno il mondo ne sarà salvato!