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    C’è qualcuno che ti chi-ama



    Missione di strada per gli adolescenti di un quartiere di Roma

    Maurizio Verlezza – Giuliano Vettorato

    (NPG 2004-08-45)


    350 missionari, 55.000 giovani contattati sulle strade, 6250 nelle scuole, 13 tra concerti, spettacoli ed animazioni con una presenza di centinaia di giovani spettatori. Questi i numeri della Missione adolescenti “C’è qualcuno che ti chi-ama”, svoltasi nel popolare quartiere “Centocelle” nella zona est di Roma, nella prima settimana dell’ottobre 2003. Una missione che, al di là dei numeri, ha rappresentato un incontro con molti adolescenti che hanno sorprendentemente manifestato una profonda sete di verità, di radicalità, di ascolto e di amore. Un bisogno talmente forte da abbattere le barriere dell’incredulità e dello scetticismo.
    Una missione che ha avuto la sua arma vincente proprio nella collaborazione e nel contributo di tante forze: il Servizio di Pastorale Giovanile Diocesano, le 5 parrocchie della zona con le rispettive associazioni e gruppi ecclesiali (San Felice da Cantalice, Sacra Famiglia, Sant’Ireneo, San Bernardo da Chiaravalle, Gesù Adolescente al Borgo Ragazzi Don Bosco), soprattutto i gruppi giovanili, gli insegnanti di religione delle scuole superiori, la comunità “Nuovi Orizzonti”, il Pontificio Seminario Romano Maggiore, la comunità “Gesù Ama”, altri missionari provenienti da altre realtà.
    Infatti la missione aveva come scopo l’evangelizzazione degli adolescenti attraverso un’opera di formazione e missione dell’intera comunità ecclesiale di Centocelle (famiglie, educatori, insegnanti, operatori nelle varie agenzie che si occupano dei giovani e degli adolescenti) ed in particolare dei suoi giovani.

    La situazione

    Perché una missione agli adolescenti proprio nel quartiere Centocelle? La risposta vera forse solo Dio la saprà, di certo il quartiere Centocelle ha tutte le carte in regola per rappresentare una sfida sia alla Chiesa, che alla società civile. Sorto tra le due guerre per accogliere gli immigrati venuti a lavorare a Roma, ha conservato sia nell’edilizia che nel carattere della gente l’impronta popolare di “borgata”. Con una popolazione di circa 60.000 abitanti, è forse il quartiere più popoloso di Roma. In questi anni è oggetto d’immigrazione massiccia, è circondato dai campi rom più popolosi della capitale, possiede la moschea più grande di Roma dopo quella “ufficiale” di Monte Antenne. I problemi dati dalla massiccia presenza di immigrati stranieri si cumulano con quelli della popolazione residente, che non ha molte fonti di sopravvivenza, in zona, se non l’artigianato e il commercio. Il suo nome ricorre regolarmente nelle cronache cittadine per fatti come lo spaccio di droga, la piccola delinquenza, i casi di disperazione e di follia familiare, i tanti espedienti messi in atto per sopravvivere. Significativa la scoperta compiuta nell’ottobre del 2002 di “Biancaneve”: così chiamata forse proprio perché specializzata in clienti baby (tra i 12 e i 14 anni). Una prostituta arrestata dai carabinieri con l’accusa di aver avuto rapporti con minorenni. La donna, trentaduenne, abitava proprio in via dei Gelsi, nel quartiere di Centocelle, e sotto le sue finestre un gruppetto di minori del quartiere stazionava ogni pomeriggio.
    Che fosse una zona bisognosa di intervento speciale era già evidente da anni. Infatti era già stata condotta una ricerca sugli adolescenti nell’anno precedente.
    Inoltre dalla comunità “Nuovi Orizzonti” era già stata fatta una missione di strada in zona: un anticipo di quella condotta questa volta.
    Sarà per questi elementi problematici o per le forze vive presenti in zona o le esperienze già fatte, di fatto il Vescovo di zona, mons. Nosiglia, sceglieva – d’accordo con il servizio di pastorale giovanile e i parroci della zona – questo quartiere per lanciare la missione adolescenziale di strada.

    Finalità e obiettivi

    La missione fin dal principio si era posta l’obiettivo di raggiungere gli adolescenti che stazionavano nelle strade, presso i bar e locali della zona, nelle case, nel quartiere, nelle scuole, per invitarli a iniziative specifiche per loro da cui avviare itinerari differenziati di proposta che andavano dall’amicizia, al dialogo e incontro continuato in appositi luoghi “esterni”, alla prima evangelizzazione, alla vera e propria evangelizzazione. La missione non si rivolgeva alle fasce estreme dei ragazzi già invischiati in situazioni difficili (droga, violenza, delinquenza…) anche se è non li escludeva... ma a quella larga fascia di ragazzi che avevano da poco lasciato i gruppi parrocchiali e la frequentazione delle parrocchie ed erano ancora in una fase in cui era possibile tentare un’opera di prevenzione.
    Obiettivi complementari erano anche quelli di promuovere nei gruppi giovanili un preciso impegno missionario verso gli adolescenti facendo sperimentare dal vivo il compito che più volte il Papa aveva indicato ai giovani: essere portatori e annunciatori di Cristo presso i coetanei (in questo caso più giovani di loro); di risvegliare nelle comunità parrocchiali lo slancio della missione nel quartiere e nelle famiglie un più diretto coinvolgimento verso i loro figli adolescenti; di sperimentare quanto indicato nel programma pastorale: i luoghi di incontro con i ragazzi tra la parrocchia e la strada, per avviare un discorso vocazionale e di orientamento di vita.
    Pertanto i soggetti coinvolti furono innanzitutto:
    – le comunità parrocchiali;
    – i giovani dei gruppi ecclesiali e associazioni;
    – gli insegnanti di religione e altri docenti cristiani
    – gli stessi adolescenti dei gruppi parrocchiali o di movimento e associazione.

    Iter di preparazione

    La preparazione della missione è stata vissuta in perfetta comunione con il Vescovo del settore che è stato l’ispiratore e la guida. Mons. Nosiglia aveva partecipato ad una missione svolta dalla Comunità Nuovi Orizzonti che, con il Borgo Ragazzi Don Bosco nel marzo 2001, avevano animato le scuole superiori del territorio attraverso la presentazione di uno spettacolo che raccontava la vita, la conversione di diversi giovani che dalla strada, dalla tossicodipendenza, grazie all’incontro con Gesù Cristo, avevano cambiato vita. Vedendo i numerosi giovani che avevano risposto alle varie proposte di spiritualità, ci ha subito comunicato il suo sogno: una missione adolescenti per tutta la zona pastorale di Centocelle. Ha convocato i Parroci, il Servizio Diocesano della Pastorale Giovanile e i gruppi e movimenti presenti nella zona. Dopo una prima fase progettuale si procedette secondo le seguenti tappe.
    * Costituzione nella zona interessata di un gruppo stabile di coordinamento e animazione della missione, composto da rappresentanti di ciascuna parrocchia e realtà. Il gruppo rispondeva direttamente all’équipe responsabile della missione già avviata, comprendente i parroci o vicari della zona interessata, il Servizio di Pastorale Giovanile, gli Uffici Scuola e Scuola Cattolica, il Movimento Nuovi Orizzonti, il Pontificio Seminario Romano Maggiore.
    * Sensibilizzazione delle comunità parrocchiali interessate.
    Questa tappa comprendeva:
    – la presentazione del progetto ai Consigli pastorali;
    – un incontro-assemblea parrocchiale con la partecipazione di genitori di ragazzi adolescenti, catechisti, animatori e responsabili di movimenti, associazioni, gruppi ecclesiali che operavano con i giovani e gli adolescenti, insegnanti di religione delle scuole superiori della zona territoriale, allenatori e responsabili sportivi della zona opportunamente invitati. Scopo di questa assemblea era quello di presentare il progetto, discuterne insieme le modalità, dialogare sulla situazione, problemi ed esigenze dei ragazzi che si conoscevano e si incontravano nel quartiere;
    – presentazione del progetto ai gruppi giovanili delle parrocchie, per ascoltare e interessare al tema i giovani recependone le indicazioni e le disponibilità. Questa presentazione era stata fatta anche direttamente dal Vescovo nella visita ai gruppi di adolescenti e giovani.
    * Avvio di una segreteria stabile per la missione con il compito di procedere a un monitoraggio della presenza degli adolescenti sul territorio (parrocchia, scuole, centri sportivi, bar e locali, altri luoghi di ritrovo, strada…); di mantenere i contatti con il Centro missionario di zona; di predisporre eventuale materiale e strumenti per la formazione dei missionari e lo svolgimento poi della missione.
    * Scelta e formazione dei missionari.
    Ogni parrocchia era stata invitata a scegliere un gruppo di missionari (giovani, animatori…) da preparare insieme mediante alcuni incontri di formazione durante l’anno pastorale 2002-2003 con sei incontri di “Scuola di evangelizzazione”. Scopo degli incontri era quello di formare un gruppo affiatato di missionari, approfondire la condizione propria degli adolescenti della zona, studiare vie e modalità di svolgimento della missione. Gli incontri di formazione sono serviti anche a confrontarsi con testimonianze di analoghe iniziative avviate o in atto nella Diocesi o in altre diocesi.
    I partecipanti alla “Scuola di evangelizzazione” furono un numero sorprendentemente alto (100-120 ca.) e costante, anche se non tutti fecero poi la scelta di essere missionari. L’alto numero fu un segno inequivocabile di quanto la missione fosse sentita a livello giovanile e ritenuta importante. Infatti per questi giovani la partecipazione alla “scuola di evangelizzazione” si aggiungeva agli abituali impegni associativi e parrocchiali, con non poche difficoltà.
    * Un evento ad alto livello promosso dalla diocesi sul tema degli adolescenti: “Gli adolescenti: un problema o una risorsa?”.
    Furono invitati e parteciparono il presidente della Regione, della Provincia, il sindaco di Roma, il cardinale vicario Card. Ruini. L’invio fu esteso a tutti i rappresentanti delle associazioni e delle attività che si occupavano degli adolescenti. Furono invitati gli adolescenti stessi, presenti attraverso interviste, testimonianze e alcune classi di scuole superiori. Questo momento fu importante per sensibilizzare tutta la città e soprattutto gli amministratori sui problemi adolescenziali e per lanciare la missione a livello cittadino.
    * Preparazione prossima alla missione
    Terminati gli incontri della “Scuola di evangelizzazione” il lavoro si fece più febbrile e intenso, con un più diretto coinvolgimento della segreteria e degli organismi competenti. Venne decisa la data della missione (prima settimana di ottobre), predisposto il calendario dello svolgimento degli eventi della missione, preso contatto con le autorità cittadine, di quartiere e scolastiche, ottenuti tutti i debiti permessi pubblici, contattati gli artisti e i gruppi che avrebbero condotte le serate, ecc. Abbiamo chiesto, inoltre, a diverse comunità contemplative di pregare per la buona riuscita della missione, così a tutti gli ammalati abbiamo chiesto di offrire le loro sofferenze per tutti i missionari.
    In una piazza significativa del quartiere e in altri luoghi di particolare passaggio dei ragazzi si diede vita a un punto-tavolo di informazione permanente gestito dai giovani e adolescenti stessi delle parrocchie e gruppi ecclesiali. Lo scopo era quello di offrire informazioni e inviti ai ragazzi per la partecipazione alle iniziative della missione.

    Svolgimento della missione

    La missione si svolse, come programmato, nella prima settimana di ottobre.
    L’avvio fu dato da una celebrazione presieduta dal Vescovo con il mandato ai missionari.
    I missionari, in équipe di 2-3 animatori, dovevano incontrare i ragazzi nei luoghi d’incontro abituale, entrare in dialogo con loro, invitarli alle serate in piazza e ai momenti di preghiera, per poi proporre loro di continuare percorsi formativi e di impegno (volontariato) nelle parrocchie.
    Contemporaneamente la missione si rivolse alle scuole superiori della zona: due missionari si recavano in una scuola, previo accordo e invito da parte dell’insegnante di religione o altro insegnante consenziente, affrontavano un dibattito sul tema della “prevenzione” dalle droghe e da altri pericoli che minacciavano gli adolescenti. Attraverso questo dibattito si evidenziavano i disagi degli adolescenti e le domande di fondo che non trovavano risposta né nella scuola né nella società. Era il momento di offrire la propria testimonianza cristiana come risposta agli interrogativi profondi della vita e come “terapia” nei confronti delle tentazioni della droga e dello sballo. Si terminava invitando i giovani agli incontri della sera per continuare il dibattito e poter avviare un dialogo che potesse sfociare in qualche proposta ulteriore.
    Al pomeriggio, dopo aver incontrato i giovani nei loro ambienti di vita, la missione si concludeva con alcuni eventi comuni in piazza. Infatti la missione aveva un suo centro in una piazza con palco per spettacoli e celebrazioni, stand e proposte. Dopo la messa con tutti i missionari, la serata proseguiva con uno spettacolo, animato da personaggi dello spettacolo o da gruppi giovanili della zona. Esso, come momento di massimo richiamo, ha visto lo Show di RTL 102.5 la domenica d’inizio, e poi di altri gruppi parrocchiali che hanno presentato vari spettacoli tratti dal tradizionale repertorio dei recital/musical dei gruppi giovanili: “Forza venite gente”, “Caino e Abele”, “Jesus Christ Superstar”, per concludere con il Musical/ Spettacolo proposto dalla Comunità Nuovi Orizzonti, in cui raccontano le loro vite e che serve da pretesto per intavolare un dibattito con il pubblico.
    Si proseguiva con una adorazione in una chiesa vicina che chiamavamo “luci nella notte”, dove i missionari invitavano i partecipanti dello spettacolo ad entrare, a scrivere una propria preghiera, ad accostarsi al sacramento della riconciliazione… Ogni adorazione notturna era animata a turno dai gruppi che componevano il “piccolo esercito missionario”; contemporaneamente erano sempre disponibili alcuni sacerdoti per le confessioni, rendendo così possibile l’incontro sacramentale col Signore.

    Attività ulteriori

    Accanto a questa che rappresenta la struttura base delle giornate della missione, si sono svolte altre iniziative.
    * Gli stand. Nella piazza vari stand preparati e gestiti dai giovani illustravano i principali aspetti della proposta cristiana (pace e salvaguardia del creato, povertà e volontariato, informazioni sulle iniziative delle parrocchie e dei loro gruppi giovani, tematiche religiose specifiche, tenda della preghiera, stand dei murales...). Lo scopo degli stand era quello di permettere di parlare con i ragazzi e presentare delle proposte di impegno per proseguire il dialogo con la comunità cristiana.
    * La cittadella degli scout. In un parco cittadino era stato allestito dai vari gruppi scout della zona una “cittadella”, in cui era rappresentato un tipico campo scout, con tende, portale, alzabandiera, percorso Herbert, ecc. per una visita di giovani interessati alla proposta scout.
    * La marcia della croce. Un momento sentito da tutto il quartiere è stata la marcia della croce, quella della Giornata Mondiale della Gioventù. Essa ha attraversato tutta l’affollatissima via centrale del quartiere proprio nell’ora di punta dello shopping del sabato sera ed ha incuriosito i numerosissimi passanti. Molti giovani hanno seguito la croce insieme ai missionari e si sono fermati a pregare nella chiesa d’arrivo preparandosi ad un momento di riconciliazione con Dio.
    * La preghiera. La missione è stata costantemente accompagnata dalla preghiera. Da parte di monasteri di clausura e di altri gruppi, ma soprattutto da parte delle 5 comunità parrocchiali, che hanno accompagnato la missione con la loro preghiera quotidiana, con una giornata di adorazione prima che questa iniziasse, con una giornata durante la missione e con continue invocazioni e suppliche al Signore. Inoltre i missionari si incontravano ogni giorno, oltre che per l’Eucaristia serale, anche per le lodi mattutine, la meditazione comune e l’adorazione pomeridiana.

    Un consuntivo

    Quale giudizio dare della missione? I missionari asseriscono di aver assistito a veri e propri miracoli. Tanti incontri, tanti volti e tante storie che è impossibile ricordare tutto, riportare con le parole l’intensità di certi incontri, dei problemi vissuti dagli adolescenti e della gioia di poterne parlare con qualcuno che stesse ad ascoltarli e soprattutto che dicesse loro che Dio li amava.
    A volte gli stessi professori, abituati ad alunni irruenti e indisciplinati, restavano stupefatti dal silenzio nelle aule, per il pathos si creava ogni volta che il dialogo si faceva più profondo… Giovani assetati di verità, di radicalità; giovani che riuscivano a raccontare in un’aula di scuola la propria storia di sofferenza, di morte, il proprio tunnel di dolore. Giovani che rimanevano stupefatti di fronte alla scoperta di un Dio che si è spinto sino al limite della sofferenza umana per far scoprire l’amore che nutre per ogni uomo.
    È stato possibile contemplare il volto di Gesù Crocifisso negli occhi di molti “inchiodati alle croci” della tossicodipendenza, nei SerT e nelle zone più disagiate della città, nei quartieri più malfamati, davanti alle stazioni ferroviarie, nei centri sociali, dove murales e scritte schernivano beffardamente il sacro, nascondendo una sofferenza che non si può ignorare.
    Lo stupore era anche quello di vedere la chiesa puntualmente riempirsi di giovani inginocchiati davanti al Santissimo dopo i concerti. Esemplare può essere la storia di un gruppo di adolescenti che giocavano in casa alla play station e, attirati dalla musica di uno spettacolo, sono scesi in piazza, sono entrati in chiesa e dopo l’adorazione si sono confessati tutti. In genere i giovani incontrati sulla strada avevano storie diversissime, molti di loro erano lontani dalla Chiesa, addirittura in aperta polemica, altri increduli, diversi incuriositi da questo strano modo di trascorrere le serate… eppure, ai piedi dell’Eucarestia, i volti si trasformavano, letteralmente. Si può ricordare con commozione le lacrime versate da chi non piangeva da tanto, troppo tempo; le lunghissime e toccanti confessioni di chi non si riconciliava con Dio da dieci, quindici anni; le preghiere scritte con trepidazione e deposte all’altare con la fiducia di bambini che si affidano all’abbraccio del Padre… e poi i canti, elevati al cielo con tutto il cuore, con la potenza liberatoria di chi finalmente ha spezzato una catena e si sente libero, di chi si sente finalmente amato, riconciliato e in pace, con una nuova forza e una ritrovata pace nell’anima!

    Il segreto della riuscita

    Quale la ragione di tutto ciò? I missionari la attribuiscono innanzitutto alla potenza di Dio. Ma anche all’unità che regnava tra i missionari, che, pur diversissimi per stili di preghiera, storie personali, sensibilità e carismi, ha fatto superare ogni ostacolo. Veramente, sostengono, quando due o più sono uniti nel Suo nome, Egli si manifesta, presenza tangibile e “propulsiva”, regala un surplus di forza e coraggio che umanamente sarebbero impensabili.
    Una ragione va anche cercata nella sete di amore, di verità, di ascolto che molti giovani avevano nel cuore e di cui non trovano appagamento. Giovani che si erano allontanati dalla Chiesa per vari motivi: noia, indifferenza, contrasti con i preti o con gruppi e persone di Chiesa, scandali, ecc. Giovani che non trovavano risposte dalla società, dalla scuola, dai genitori, dai mass-media ai loro problemi profondi e che erano caduti facilmente in preda al primo ciarlatano di turno. I missionari hanno riportato l’impressione che gli adolescenti, che dopo la cresima sono usciti dalla Chiesa, siano come dei “pesci” o come i lavoratori del vangelo, ed attendano qualcuno che “li prenda”: il primo che getta l’amo li fa suoi. E qui viene messa in crisi una modalità di fare pastorale di tanta parte della Chiesa: troppo lontana dal mondo, dallo stile di vita, dal linguaggio giovanile. Una Chiesa troppo arroccata sulle sue posizioni, una chiesa attendista, sicura di sé, lontana dal mondo, più in atteggiamento di difesa che di conquista. Una chiesa vecchia, insomma.
    L’approccio dei missionari è stato invece quello dell’“incarnazione” nella realtà giovanile: scendendo al loro livello, andandoli a trovare nei luoghi di vita, la scuola, i bar, le bische, i centri sociali e commerciali, il muretto, la strada. È stato di condivisione della loro vita, dei loro problemi, delle speranze, dei sogni e delle delusioni. Un approccio personale, soprattutto per strada, diretto, immediato, calibrato sui problemi del singolo.
    Un approccio fatto con un linguaggio immediato, semplice, esperienziale, che andava al cuore dei problemi, evitando le polemiche istituzionali, le difese ad oltranza (le ricchezze del Vaticano, i preti ingiusti, che trattano male, che non sono fedeli a Gesù Cristo, ecc.). Si cercava la presa in diretta, i problemi veri che sono dentro il cuore di ogni uomo e che gli adolescenti di oggi non sono più capaci di affrontare perché nessuno insegna loro come fare: il problema di sentirsi amati, di essere capiti ed ascoltati, di essere importanti per qualcuno, di capire che senso ha la vita e cosa si sta a fare in questo mondo, ecc. Indubbiamente vincente è risultata l’arma dell’esperienza personale dei missionari, il fatto di avere incontrato personalmente Cristo, sovente dopo una vita di lontananza dalla Chiesa e dalla fede e di dipendenza dalla droga, il fatto di vivere una vita bella ed entusiasmante grazie alla liberazione avuta da Cristo.
    Anche il linguaggio delle liturgie è stato un linguaggio giovanile, fatto di molto simbolismo (l’atmosfera, i segni, la candela, il messaggio personale, ecc.), di parole semplici e dirette, chiamando i problemi con il loro nome e con termini abituali dei ragazzi, di canti giovanili, di un clima festoso e partecipativo, dove ognuno era chiamato in causa direttamente, si sentiva protagonista e non solo una pedina. Liturgie precedute sempre da uno spettacolo, con molta musica, che serviva per attirare l’attenzione dei giovani e calamitarne l’attenzione. Così si è riusciti a dare un’immagine di Chiesa giovane, ma soprattutto di una Chiesa che è Madre, che ha un cuore che continua a battere d’amore per giovani e che non può vivere senza di loro.
    Ciò non deve nascondere i problemi: le difficoltà di mettere d’accordo tutte le parrocchie e le realtà ecclesiali, alcune delle quali hanno avuto una partecipazione ridotta. La difficoltà di affrontare persone e ambienti sconosciuti, l’imbarazzo di intavolare un discorso su problemi così profondi su due piedi, senza conoscere l’interlocutore, le mille risposte negative, il disprezzo, il rifiuto, l’incomprensione, l’offesa, gli accidenti, le irrisioni. A ciò si aggiungono le difficoltà personali dei missionari: le pochissime ore di sonno, la sistemazione più che spartana degli alloggi, i chilometri percorsi a piedi dalla mattina alla sera…

    Prospettive future

    Il fatto di avere avuto dei bei risultati non deve trarre in inganno facendo illudere che tutto sia andato bene. Certamente il quartiere si è accorto che stava avvenendo qualcosa di eccezionale, anche perché era stato fatto un adeguato battage pubblicitario, sia nelle parrocchie che nelle scuole, ma anche con striscioni sulle vie, con manifesti e locandine nei locali pubblici. Fatti di pubblico richiamo come i concerti, la marcia della croce, i missionari per strada sono eventi che non possono passare sotto silenzio. C’è stata un’eco positiva nel quartiere, ma non c’è da illudersi che si sia convertito. Più che altro è stata data la possibilità a dei giovani di udire una parola specifica per loro, di sentire un messaggio di speranza e di amore. Si è trattato di seminare, i frutti si vedranno in seguito.
    I frutti dipenderanno dalla capacità della Chiesa locale di presentare un volto in sintonia di quello esibito durante la missione, dalla capacità di dare continuità alle speranze suscitate. Ciò non è facile. Lo stile della missione è uno stile da momenti eccezionali. Ora si tratta di gestire l’ordinario. Ci sono problemi di conduzione della Chiesa e dei gruppi, abitudini, tradizioni, modi di fare, beghe di potere, invidie, gelosie, divisioni, miopie, scarsità di risorse: elementi tutti che rendono difficile un rapido adattamento alle prospettive aperte.
    Certamente non va disperso il patrimonio accumulato, quello storico, con le varie proposte ed iniziative della Chiesa e dei gruppi ecclesiali. La pastorale ordinaria va continuata, magari con una maggior incisività ed attenzione, con un occhio di riguardo ai problemi e alle situazioni emersi durante la missione. Ma va potenziata la pastorale di soglia. Quelle iniziative e proposte che possono rendere la Chiesa più facilmente accessibile ai giovani, specialmente adolescenti. Sono allo studio delle varie comunità e della commissione pastorale soluzioni da adottare per tale scopo. È presto per anticiparne i contenuti: ogni gruppo sta orientandosi ad offerte in linea con il proprio carisma e le proprie possibilità. Di certo il fuoco acceso dalla missione non si è spento, e ci si augura che esso rimanga vivo ancora a lungo. Per alimentarlo è sorto anche un gruppetto che continua la missione di strada. Per ora un gruppo molto esiguo che ogni tanto, soprattutto il sabato pomeriggio e sera, si reca nei luoghi di incontro/divertimento giovanile per proseguire il dialogo con i giovani, per stimolarli a riflessioni e risposte meno evanescenti di fronte alle loro problematiche di fondo, per tenere aperto un canale di comunicazione tra Chiesa e giovani.

    Evidenziazioni

    Di certo appare evidente da questa missione l’esigenza che, come continua a ripetere il Papa e tanti documenti, tutta la Chiesa si metta in stato di missione, che esca dai suoi recinti, dai paludamenti del formalismo e dell’abitudine, che affronti la realtà concreta, sporcandosi le mani e i piedi sulle strade che i giovani percorrono quotidianamente.
    Se la Chiesa rimane ferma ad attendere che le gente venga, i giovani non giungeranno mai ad essa. Bisogna farsi incontro a loro, farsi “prossimo”, scendere dalla cavalcatura delle proprie sicurezze e consuetudini per confrontarsi sui problemi reali.
    I problemi veri, profondi: i problemi dell’uomo, del perché si è al mondo, della sofferenza e del dolore, della difficoltà di vivere. Senza moralismi o falsi pudori.
    Su questo terreno i giovani hanno dimostrato di lasciarsi incontrare, di avere bisogno di essere accolti, perdonati, amati, inseriti in una comunità. Si tratta solo di trovare il modo di comunicare. I giovani hanno tante domande cui la Chiesa può dare risposta.
    Ma i giovani non sanno che la risposta si trova nella Chiesa, perché questa non parla più il loro linguaggio, perché non ci si incontra, perché i discorsi si riducono a monologhi, perché ci si preoccupa di dire quello che non va piuttosto che dire quello che va, di puntualizzare gli elementi di corollario invece del nocciolo, quelle cose di cui i giovani, come tutti, hanno veramente bisogno.
    D’altra parte anche la Chiesa ha tante risposte, ma vede le chiese, gli oratori svuotarsi. Finita la cresima non rimangono che pochi ragazzi, a volte quelli più conformisti e meno creativi. È importante invece conservare il rapporto con quelli più problematici, il che però richiede soluzioni coraggiose, creatività, inventiva, sia sul piano dei contenuti che dei modi di dirli.
    La missione di strada ha evidenziato che esiste la possibilità che domanda giovanile e risposta ecclesiale si incontrino, che i giovani hanno bisogno della Chiesa e che la Chiesa ha tanto da dare loro e ha bisogno del loro apporto. Bisogna cercare l’interfaccia adatta.
    La soluzione adottata nella missione può rappresentare una strada, ma è una soluzione d’emergenza, una soluzione shock. Il problema vero è quello di trovare una pastorale ordinaria che sappia raccogliere la sfida e si faccia “itinerante”, che cammini per le strade dei giovani, parli il loro linguaggio, condivida i loro problemi, inventi soluzioni alla loro portata. La sfida è aperta…


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