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    Per una pedagogia dei diritti umani



    Giuseppe Morante

    (NPG 2003-01-65) 


    È acquisito che con il termine “diritti umani” si indica una serie di caratteristiche costitutive della persona, che va rispettata nel suo bisogno di piena realizzazione, nella globalità delle sue dimensioni costitutive, sia corporee che spirituali.

    Le istituzioni educative e le leggi dello Stato hanno il compito di promuovere e difendere la “dignità” nativa di ogni persona, da cui scaturiscono i diritti umani (personali e sociali, economici e politici, culturali e religiosi) nonostante che siano più o meno riconosciuti dalle varie culture umane.
    Oggi, almeno a livello di affermazioni di principio, si avverte che “una corrente benefica percorre e pervade tutti i popoli della terra, resi sempre più consapevoli della dignità dell’uomo” (ChL 5d). Appare infatti abbastanza evidente che questa coscienza viene spesso espressa in una particolare sollecitudine per il rispetto dei diritti umani e sempre più in un deciso rifiuto delle sue violazioni. Diritto alla vita, al lavoro, all’educazione, ad una propria famiglia, alla partecipazione alla vita pubblica, alla libertà religiosa… sono, oggi, particolarmente rivendicati.
    Tuttavia esiste anche il rovescio di questa medaglia: in vari luoghi del pianeta, in apparente contraddizione con la sensibilità per la dignità della persona, i diritti umani sono anche chiaramente violati, alimentando così altre forme di povertà, che non si collocano solo sul piano della corporeità, ma incidono profondamente anche sulla povertà culturale e religiosa che preoccupa, ugualmente, la comunità internazionale; tali negazioni o limitazioni impoveriscono ugualmente le persone ed i popoli.
    Perciò un’opera educativa in questo campo è essenziale. Ogni istituzione che si occupa di educazione ha un compito irrinunciabile: far scoprire e promuovere i diritti nativi delle persone e difenderne la dignità inviolabile.
    Ma l’educazione ai diritti umani, in quanto educazione orientata all’azione, è apprendimento e addestramento di trans-cultura. Lo snodo per passare dalla fase della multi-culturalità (oggi spesso conflittuale) alla fase dialogica dell’inter-culturalità (richiesta come rispetto delle proprie identità, ma aperta al dialogo per una convivenza pacifica), sta nell’uso della trans-culturalità, che significa far fare una esperienza comune impregnata di “valori umani universali”.

    Un più o meno riconosciuto fondamento giuridico

    I diritti umani, se sono veramente riconosciuti “nativi”, precedono le leggi positive scritte, che al massimo possono solo riconoscerli, promuoverli o difenderli lì dove sono misconosciuti. Tale principio giuridico, affermato a livello internazionale, sembra prevalere sia su una interpretazione di tipo contrattuale (che li fonda su un patto tra i gruppi sociali e quindi destinato a cambiare in base ai rapporti di forza reciproci), sia sulla spiegazione positiva dell’auto-limitazione di uno Stato sovrano che, pertanto, li concederebbe e non li riconoscerebbe in quanto preesistenti.
    Il fondamento oggettivo dei diritti è adottato più o meno esplicitamente dalle organizzazioni internazionali (Nazioni Unite, Consiglio d’Europa), soprattutto dopo l’esperienza delle dittature e delle barbarie perpetrate nel corso della storia immediatamente passata.
    Infatti, una norma giuridica vincolante si è affermata con l’entrata in vigore nel 1976 di due Convenzioni, o Patti internazionali, rispettivamente sui diritti civili e politici, e sui diritti economici, sociali e culturali.
    Prima di descrivere le caratteristiche dell’intervento educativo, è utile precisare il grado di riconoscimento, a livello internazionale, dei diritti umani:
    – una prima categoria è costituita da quelli civili e politici, i cosiddetti diritti umani della “prima generazione”. Sono stati infatti i primi ad essere sanciti sul piano interno, a partire dalla seconda metà del secolo XVIII, e sono denominati come “diritti negativi”, in quanto fanno divieto all’autorità pubblica di ingerirsi nell’ambito di libertà della persona: i diritti alla vita, all’identità personale, alla privacy, alla libertà di pensiero di coscienza e di religione, al voto libero e segreto, alla libertà associativa, alle garanzie processuali;
    – una seconda categoria precisa i diritti economici, sociali e culturali o diritti umani di “seconda generazione”: sono anche chiamati “diritti positivi”, in quanto l’autorità pubblica è tenuta a porre in essere interventi specifici per la loro realizzazione. Il loro riconoscimento sul piano statuale è iniziato nella seconda metà del secolo XIX. Di questo gruppo vanno ricordati in particolare i diritti all’alimentazione, alla casa, all’educazione, al lavoro, alla salute, all’assistenza;
    – una terza generazione di diritti, quelli di solidarietà, recentemente affermatisi, anche a livello internazionale, parla di diritto alla pace, ad un ambiente sano ed equilibrato, allo sviluppo. Su questi il dibattito è ancora aperto, anche se si progredisce verso tale riconoscimento.
    È comunque pacifico che a livello internazionale la prima categoria gode di una tutela più forte rispetto alla seconda e alla terza. Le conseguenze di questo processo socioculturale portano a delle conseguenze circa l’educazione ai diritti umani. Infatti, “la comprensione e l’esperienza vissuta dei diritti dell’uomo sono, per i giovani, un elemento importante della preparazione alla vita in una società democratica e pluralista” (Council of Europe, 1985, 2).
    L’intervento educativo deve offrire alle nuove generazioni la possibilità di vedere la propria vita in un progetto di auto-costruzione. Perciò è necessario che i ragazzi prendano coscienza che la crescita è un dinamismo che li orienta e spinge a realizzarsi come persone coscienti e responsabili: non è un progetto già prestabilito, predeterminato, come se si trattasse di trovare la strada giusta fra tante possibili per incamminarvisi, ma un insieme di valori in cui il soggetto crede.
    Sono infatti i valori che propongono un orientamento alla vita, in quanto essi rappresentano le cose importanti che sono alla base delle piccole o grandi scelte del quotidiano. L’educazione alla socialità (come inserimento nel sociale) che le istituzioni educative sono chiamate a realizzare deve essere proprio in funzione di una comprensione del mondo e di una lettura della società che ne metta in risalto aspetti positivi e negativi. A tale scopo è importante guidarli a vedere le situazioni che ci interpellano coscientemente nel nostro ambente, nel nostro paese, nel nostro quartiere, nella nostra città, in Italia, nel mondo... Messi in contatto con questa realtà, i ragazzi saranno stimolati nel loro senso critico ed aiutati a decidere il loro impegno...
    Imparano cioè ad essere attenti alle situazioni di ingiustizia e miseria, di schiavitù e paura, di orizzontalismo materialista e flebile trascendenza, di violenza e razzismo, di disimpegno e evasione (droga, alcool, fuga...). Saranno guidati a trovare soluzioni, idee nuove per cambiare situazioni, ad inventare proposte per ringiovanire le speranze dei mondo, ad imparare a costruire un progetto d’uomo per il domani, cominciando dalle scelte fatte oggi.
    Le informazioni, le ricerche, le analisi rispondono al bisogno di conoscenza del mondo vicino e lontano: una lettura che va fatta alla luce di alcuni criteri di valutazione perché non sia anonima, distaccata, da esercitazione didattica. In questo senso si possono proporre confronti tra le proposte ambientali ed il messaggio cristiano, anche se lette semplicemente nella sua base laica di difesa dei diritti umani universalmente riconosciuti.
    I ragazzi hanno bisogno di imparare a fare scelte e assumersene le conseguenze per maturare atteggiamenti di responsabilità verso se stessi e verso gli altri. Vanno aiutati ad essere attivi, a camminare avanti con speranza, a conquistare valori come amore, giustizia, bontà, verità, bellezza, onestà, benessere, fraternità, libertà, rispetto degli altri, pace...
    Valori che si conquistano con l’esperienza diretta. In lezioni teoriche non veicolate dalle esperienze, si perde molto di mordente perché, come si insegna in pedagogia, nessun insegnamento teorico, nessuna esortazione o consiglio, nessun castigo o costrizione possono portare il ragazzo a quello che raggiungerà solo con l’esperienza diretta, cioè con il contatto vivo sui problemi e le situazioni.
    Perciò è necessario che i diritti dell’uomo assumano, ai fini educativi, dei riferimenti etici di valore universale, cioè veramente “laici”. Ricordiamo essenzialmente la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, del 1948, per la sua importanza storica e la relativa semplicità rispetto ai documenti successivi. Ma va certamente ricordato che vi sono molti altri documenti internazionali, come la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti.
    L’importanza storica ed educativa di questi trattati sta soprattutto nella loro caratteristica di planetarietà. Sono documenti che travalicano i confini e l’appartenenza ad uno Stato o ad una cultura. E questo è un elemento fondamentale per il lavoro educativo nella società odierna, in cui il problema della mescolanza di culture diverse, di diversi modi di percepire la vita e il mondo, è determinante e urgente. La Dichiarazione dei diritti umani ha cercato, grazie allo sforzo di chi maggiormente li ha redatti, di stabilire dei principi universali, mediando tra le diverse culture; senza entrare nel merito di settori particolari.
    Questo non comporta un appiattimento nella percezione dei diritti di culture diverse. Implica al contrario la considerazione che gli uomini sono tutti uguali nei diritti e nelle opportunità di partenza, che devono essere le stesse per tutti. Non sono uguali i punti di arrivo. Ciascuno ha diritto all’auto-determínazíone, alla propria etica, al proprio processo di sviluppo. Ma nei diritti sì, occorre lavorare perché tutti gli uomini – e le donne – siano uguali. E abbiano così diritto anche al rispetto della propria diversità.
    Importantissima è, ad esempio, un’analisi storica dei diritti umani, che aiuti ad esaminare come si è arrivati alla definizione della Dichiarazione universale, quale iter e quale travaglio, in taluni casi, vi sono stati dietro all’elaborazione di ogni singolo articolo. Questo è un punto molto importante: avere coscienza della fatica con cui si è arrivati a mettere sulla carta postulati che oggi ci sembrano quasi ovvi. Capire che quelli che per noi oggi sono diritti indiscussi, spesso sono costati la vita a generazioni di persone. È importante farlo soprattutto con i ragazzi e i giovani che non possono avere una memoria storica a questo riguardo, e non possono quindi percepire che certi aspetti del nostro quotidiano che sembrano scontati, e come tali incrollabili, in realtà possono saltare in qualunque momento se non siamo noi, tutti noi, a vigilare costantemente.
    Per questo stesso motivo, la lotta per la salvaguardia dei diritti umani richiama il concetto di cittadinanza attiva, di partecipazione democratica, di disobbedienza civile. Qualunque diritto potrà essere violato, in qualunque momento e con i metodi più aberranti, se non saranno gli uomini e le donne del mondo a lottare perché venga rispettato. Continuamente, le notizie di cronaca ne danno prova. I lager non sono finiti con la seconda guerra mondiale. Non sono finiti i ghetti, le torture, le discriminazioni. Nessuna legge e tanto meno nessuna dichiarazione potrà da sola tutelare l’essere umano se non sarà esso stesso a lottare per questa tutela.
    Questa necessità di coinvolgimento attivo richiama il concetto di solidarietà. Anche in questo caso, non vi è nulla di moralistico. È necessario capire e far capire che se non si lotta tutti per i diritti di ciascuno, domani ognuno potrebbe essere vittima di soprusi. Ovunque e per i motivi più disparati: politici, religiosi, ecc… Quante stragi ha visto il XX secolo, in Sudafrica, nel Sud Est asiatico, quante ancora ne sta vedendo oggi l’umanità in tante parti del mondo…
    Si potrebbe vedere anche nei paesi accidentali, ricchi e democratici, quanti sono i soprusi verso le minoranze etniche, sociali, e non ci si rende conto che l’essere nati in una minoranza o in una maggioranza è un dato puramente casuale, e soprattutto si dimentica che sono concetti mobili, fluttuanti. Oggi ci si può trovare in una categoria, con un potere, domani in quella degli oppressi. Se si vuole salvaguardare i propri diritti alla vita e alla libertà, bisogna lottare per la salvaguardia dei diritti di tutti.
    Ma educazione ai diritti umani è educazione all’azione, al gesto, alla presa di posizione, all’analisi critica, al pensare, all’informarsi, a relativizzare le informazioni ricevute sia dai giornali che da altre fonti comunicative...
    A volte per riconoscere certi soprusi, certe violazioni, è necessario un po’ di “dietrologia”, bisogna imparare a leggere tra le righe dei messaggi apparenti. Questo lavoro sicuramente può essere iniziato già con bambini piccoli, attraverso 1’educazione all’immagine e la lettura di riviste. Perché decodificare i messaggi latenti è una competenza indispensabile ad una cittadinanza attiva.
    Un percorso importante (anche se non unico) che educa ai diritti umani, interessa in prima istanza l’istituzione “scuola”, perché principale agenzia preposta all’educazione. Questo però non deve esimersi dal riguardare anche tutti gli interventi personali e sociali che si pongono in ordine all’educazione globale della persona, come i genitori nella famiglia, gli animatori dei gruppi, i responsabilità delle istituzioni sociali presenti su un determinato territorio.
    Ne precisiamo brevemente principi e compiti educativi.

    Possibili percorsi pedagogici nella scuola

    I diritti umani possono coinvolgere sia la scuola nel suo complesso che le singole discipline in esse insegnate. Tale insegnamento non appartiene solo ad una eventuale disciplina etica o ad un generico insegnamento della religione. L’importante è farli conoscere, perché solo se saranno conosciuti si potrà sperare che vengano difesi, quindi rispettati e realizzati. Nei documenti che si occupano di diritti umani l’importanza data alla dimensione educativa è diventata nel tempo sempre maggiore, per due elementi che sono come le due facce opposte della stessa medaglia:
    – l’obiettivo dei diritti umani è, in definitiva, la realizzazione di un mondo di pace e di giustizia per tutti. Per concorrere a questo, l’educazione è un ambito essenziale se non prioritario;
    – i diritti umani possono essere rispettati solo mediante la conoscenza e la sensibilità ad essi. Certo non con la coercizione, ma con la condivisione e l’esperienza vissuta.
    Dal punto di vista dei percorsi educativi, la “scuola” ha elaborato la disciplina sui diritti umani sul piano teorico, identificandone obiettivi, contenuti e metodi didattici; ma rimane tuttora il problema di trovarne una collocazione all’interno del curricolo. Infatti, i programmi d’insegnamento sono già sovraccarichi di contenuti e molte aree di nuove conoscenze, finora escluse dalla scuola, sono in lista di attesa. In generale si cerca di risolvere il problema con un compromesso: non una nuova materia separata, ma una dimensione dell’educazione in chiave sociale e politica. In Italia ci si muove in generale in questa direzione.
    Ci si prefigge la finalità di influire sull’agire delle persone, cioè sul modo di vivere con gli altri e con la società. Spesso però questo costituisce un problema per buona parte di insegnanti che è legata a una concezione sbagliata della laicità della scuola, intesa come neutralità. Nessun tipo di educazione può essere neutro.

    Comunque ne emergono queste indicazioni:
    * sul piano degli obiettivi: conoscere e acquisire motivi di sviluppo della storia relativa ai diritti umani; giustificarne le dichiarazioni, convenzioni e patti; conoscere alcune delle maggiori violazioni dei diritti umani; comprendere la distinzione tra diritti politici/legali e sociali/economici, tra concetti di base e relazioni tra individui, gruppi e nazionali; imparare a valutare criticamente i propri pregiudizi; sviluppare atteggiamenti di tolleranza; apprezzare i diritti degli altri; simpatizzare per coloro a cui vengono negati i diritti; sviluppare abilità intellettuali ed operative;

    * sul piano dei contenuti, va anzitutto richiamato un criterio organizzatore fondamentale: la realizzazione nella scuola dei diritti umani. Una scuola il cui clima sia propizio per l’apprendimento di tali diritti, attraverso la creazione di un ambiente in cui essi siano pienamente rispettati. Solo così il percorso didattico potrà tenere conto dell’età e condizioni dell’allievo, delle situazioni particolari delle scuole e del sistema educativo.
    Gli argomenti possono essere articolati in quattro gruppi: le principali categorie di diritti, doveri, obbligazioni e responsabilità dell’uomo; le diverse forme di ingiustizia, diseguaglianza e discriminazione, compresi il sessismo e il razzismo; le personalità, i movimenti e i grandi eventi che nella storia hanno contrassegnato, con successo o meno, la lotta costante a favore dei diritti dell’uomo; le principali dichiarazioni e convenzioni internazionali (cf Council of Europe, 1985, 3);

    * sul piano della didattica, si mantiene la lezione tradizionale, purché si ispiri alle migliori pratiche: essa deve riuscire a trasmettere le informazioni essenziali, a spiegare i concetti in modo comprensibile e a stimolare gli studenti a porre domande.
    Al tempo stesso bisognerà utilizzare altri procedimenti quali la discussione di gruppo, i progetti di ricerca, la drammatizzazione e il role play, i giochi e le simulazioni e la partecipazione ad attività pratiche;

    * sul piano dei metodi, si constata un’oscillazione continua tra la lezione di etica o di educazione civica, la descrizione di organigrammi astratti dei processi politici e sociali e il ricorso alla metodologia della ricerca. È molto utile impostare delle attività didattiche specifiche, per la conoscenza dei singoli diritti, ma è soprattutto importante che tali diritti vengano appresi attraverso il fare pedagogico e il comportamento dell’insegnante. Grazie alla loro complessità e varietà di contenuti, i diritti umani necessitano – e facilitano – anche un approccio interdisciplinare. È importante non considerare questo argomento come pertinente solo allo studio del diritto, ma al contrario affrontarlo dalle diverse prospettive disciplinari;

    * sul piano della valutazione, è certamente possibile introdurre esami e votazioni; ma si constata che la loro importanza è molto relativa per una disciplina che intende fornire conoscenze rilevanti per la vita. L’approccio ai diritti umani dunque deve essere un approccio trans-culturale, tanto più naturale, proprio in quanto essi appartengono a tutti. Analizzando ciascun diverso articolo si possono esaminare tante situazioni diverse, in tutto il mondo e valutarne l’efficacia.

    Interventi educativi di altre istituzioni

    Anche altre agenzie educative come la famiglia, la comunità sociale, le associazioni ed i movimenti, lo stato democratico, chiedono che le nuove generazioni siano rispettate nelle esigenze integrali della loro crescita. Integrale significa che non si può lasciare in ombra nessuno dei valori della dignità di ogni persona.
    Il cristianesimo, proprio per i suoi fondamenti religiosi, non solo conferma questa esigenza ma la esplicita fino in fondo, quando insegna che il figlio è al centro del processo educativo che i genitori devono interpretare e attualizzare; quando il gruppo è in funzione della persona; quando l’uomo va posto al centro della vita economica e sociale di uno Stato.
    Per raggiungere soprattutto l’obiettivo ultimo, la dottrina sociale della Chiesa insegna che i beni della terra sono, nel disegno di Dio, offerti a tutti gli uomini e a ciascun uomo come mezzo per lo sviluppo di una vita autenticamente umana. Concretamente il lavoro dell’uomo e della donna rappresenta lo strumento più comune e più immediato per lo sviluppo della vita economica di una nazione, strumento che insieme costituisce un diritto e un dovere di ogni uomo. “Anche nella vita economico sociale sono da onorare e da promuovere la dignità e l’integrale vocazione della persona umana come pure il bene dell’intera società. L’uomo infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico sociale” (ChL 43; GS 63).
    È necessario perciò battersi per il superamento più tempestivo di numerose ingiustizie che derivano da distorte organizzazioni del lavoro, a far diventare il luogo di lavoro una comunità di persone rispettate nella loro soggettività. Stile e mezzo per il realizzarsi d’una politica che intenda mirare al vero sviluppo umano è la solidarietà che sollecita l’attiva partecipazione di tutti alla vita politica, dai singoli cittadini ai gruppi vari, dai sindacati ai partiti: insieme, tutti e ciascuno, siamo destinatari e protagonisti della politica.
    Lo richiedono le stesse giovani generazioni che sono nell’età evolutiva e stanno acquistando coscienza della loro crescita attuale: nuovi bisogni, esigenze, impegni, responsabilità, prospettive si aprono sulla loro vita e sul futuro.
    Stanno scoprendo il cammino che li porta alla conquista della libertà attraverso la scoperta della propria identità.
    Tali prospettive educative esigono la scoperta dei valori della propria “dignità” di cui stanno faticosamente costruendo una propria “nuova” identità. Chi li aiuta ad essere realmente se stessi? A quali modelli si ispirano? Quali valori costituiscono la “vera dignità” della persona umana?
    Solo se sono aiutati ad entrare un poco in se stessi in questa direzione, potranno capire quello che viene insegnato a proposito di diritti umani e comprendere perché ci si deve impegnare nel difendere la “dignità di ogni uomo”, chiedendo il rispetto dei loro diritti fondamentali.

    * Sul piano degli obiettivi: i ragazzi vanno educati a credere che l’uomo ha una sua “dignità innata” fondata sul fatto che Dio stesso l’ha “rivelato”. Il suo testo scritto è riportato nella Bibbia (libro sacro della fede): “l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio” (Gen 1,26); Gesù Cristo (centro del messaggio biblico) è il Figlio di Dio “nato come vero uomo”, posto al centro della storia, venuto per salvare tutti gli uomini che sono “figli dell’Unico Dio”; la Chiesa proclama, nella sua più solenne assemblea (Concilio Vaticano II), che “chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa lui pure più uomo” (GS 41). Tre principi che sono come tre colonne su cui è fondata la fede nella “dignità di ogni uomo e di ogni donna”. Da essi scaturiscono i valori umani creduti e vissuti; su di essi si fondano gli impegni che i cristiani si assumono per la difesa dei diritti umani.

    * Sul piano dei contenuti: ogni ragazzo va aiutato a riflettere su questi valori, scoperti prima di tutto nella propria persona che cresce (diritti rispettati e doveri esigiti). Questa scoperta non avviene in astratto, ma vissuta in sintonia con la maturazione adolescenziale della propria “identità” di persona che cammina verso la conquista dell’autonomia e verso la realizzazione di un progetto di uomo/donna da realizzare nella propria storia, dentro la storia del proprio ambiente.
    I valori “personali” e quelli relativi alla “dignità” di ogni uomo-donna vengono descritti con i seguenti verbi che tracciano un “processo educativo” ed indicano un’azione operativa:
    – riscoprire la dignità inviolabile di ogni persona umana, a partire da se stessi. È il compito centrale e unificante del servizio che gli educatori sono chiamati a rendere all’umanità;
    – che fra tutte le creature, solo l’uomo è “persona”, cioè soggetto cosciente e libero e, proprio per questo, “centro e vertice di tutto quanto esiste sulla terra”;
    – difendere la dignità personale come il bene più prezioso che l’uomo/donna possiede. Contano non tanto i beni del mondo, quanto il bene della persona, il bene “che è la persona”;
    – accettare che ogni persona manifesti tutto il suo fulgore, se ne viene considerata l’origine e la destinazione: creato da Dio (“a sua immagine e somiglianza”) e salvato da Cristo da ogni “male”, l’uomo è chiamato a essere “figlio nel Figlio di Dio”;
    – comprendere che in forza della sua dignità la persona umana è sempre un valore in sé e per sé, e come tale esige d’essere considerato e trattato; mai invece come una “cosa”;
    – difendere la dignità personale che costituisce il fondamento dell’eguaglianza di tutti gli uomini tra loro; perciò nessuna discriminazione che divide ed umilia gli appartenenti alla famiglia umana (razziali, economiche, sociali, culturali, politiche, geografiche, religiose...);
    – credere che la dignità personale è anche il fondamento della partecipazione e della solidarietà degli uomini tra loro, attraverso il dialogo, la comunione fraterna e la solidarietà;
    – impegnarsi perché la dignità personale diventi “proprietà indistruttibile di ogni essere umano”, perché ogni persona è unica e irripetibile;
    – credere (per i cristiani) che l’affermazione più radicale del valore di ogni essere umano è stata fatta dal Figlio di Dio nel suo diventare uomo; evento che viene celebrato nel Natale cristiano.

    * Sul piano del metodo: è chiaro che questi valori non sono sempre visibili e realizzati nella società in cui anche i ragazzi cristiani vivono. Per questo, il cristianesimo insegna a:
    – difendere i diritti della persona, perché naturali, universali e inviolabili: nessuno, né il singolo, né il gruppo, né l’autorità, né lo Stato... li può modificare, né tanto meno li può eliminare, perché tali diritti provengono da Dio stesso;
    – battersi per il diritto alla vita. È illusorio il discorso, che peraltro giustamente viene fatto, sui diritti umani (come a esempio quello alla salute, alla casa, al lavoro, alla famiglia e alla cultura, in ogni fase del suo sviluppo, dal concepimento sino alla morte naturale; e in ogni sua condizione, sia essa di sanità o di malattia, di perfezione o di limite, di ricchezza o di miseria) se non si difende con la massima risolutezza il diritto alla vita, quale diritto primo, condizione per tutti gli altri diritti della persona;
    – lottare contro ogni forma di offesa alla vita (omicidi, genocidi, aborto, eutanasia) che viola l’integrità della persona umana; e quindi mutilazioni, torture, violenze, e tutto ciò che offende la dignità umana (condizioni infra-umane di vita, incarcerazioni arbitrarie, deportazioni, schiavitù, persecuzioni e sevizie, prostituzione, mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili);
    – accogliere amorosamente ogni vita umana, soprattutto se “debole o malata”, perché più bisognosa di aiuti. Inoltre, costituisce anche un momento fondamentale della missione della Chiesa, tanto più necessaria quanto più dominante si è fatta una “cultura di morte”: si utilizza la scienza non tanto per la difesa della vita e la cura della malattia, ma strumentalizzandola alla stessa radice con l’alterazione del patrimonio genetico dell’individuo e della generazione umana;
    – reagire alle “sfide morali” che stanno per essere provocate dalla nuova e immensa potenza tecnologica e che mettono in pericolo non solo i diritti fondamentali degli uomini, ma la stessa essenza biologica della specie umana;
    – assicurare a ciascuno le condizioni per realizzare se stesso nella libertà, a partire da quella religiosa, che è parte della dignità personale. Non è un’esigenza semplicemente “confessionale”, bensì un’esigenza che trova la sua radice inestirpabile nella vita misteriosa dell’uomo, perché il suo rapporto con Dio è elemento costitutivo dello stesso suo “essere” ed “esistere”.

    * Sul piano dei processi: ciò che sinora è stato detto sul rispetto della dignità personale e sul riconoscimento dei diritti umani riguarda senza dubbio la responsabilità di ciascun cristiano, ma anche di ciascun uomo. Ma dobbiamo immediatamente rilevare come tale problema rivesta oggi una dimensione mondiale:
    – è una questione che investe interi gruppi umani, anzi interi popoli, che sono violentemente vilipesi nei loro fondamentali diritti. Di qui quelle forme di disuguaglianza dello sviluppo tra le diverse società e i vari popoli, spesso da più parti denunciate ma non risolti;
    – il rispetto della persona umana va oltre l’esigenza di una morale individuale e si pone come criterio basilare, quasi pilastro fondamentale, per la strutturazione della società stessa, essendo la società finalizzata interamente alla persona;
    – intimamente congiunta alla responsabilità di servire la persona umana, si pone anche la responsabilità di servire la società, quale compito generale di quella animazione alla giustizia e alla pace universale a cui aspirano profondamente le popolazioni del mondo.

    Bibliografia essenziale

    * AA.VV., I diritti umani a 40 anni dalla Dichiarazione universale, Padova, CEDAM, 1989.
    * BERGOMI E., I Diritti Umani. Riflessioni teoriche e indicazioni didattiche, Brescia, La Scuola, 1989.
    * PAPISCA A., “Diritti umani”, in E. BERTI G. CAMPANINI, Dizionario delle idee politiche, Roma, AVE, 1993, 189 199.
    * CASAVOLA F., I Diritti Umani, Padova, CEDAM, 1997.
    * AMNESTY INTERNATIONAL, Il tempo dei diritti. Piccolo “ideario” per l’educazione ai diritti umani, Roma, Edizioni cultura della pace, 1999.
    * AMNESTY INTERNATIONAL, Diritti Umani e ambiente, Roma, Edizioni cultura della pace, 2000.


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