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    Luce dei miei occhi!


    Équipe di PG – Diocesi di Fano

    (NPG 2002-03-42)


    «Voi siete la luce del mondo».
    Quando la luce va scemando o scompare del tutto, non si riesce più a distinguere la realtà circostante. Nel cuore della notte ci si può sentire intimoriti ed insicuri, e si attende allora con impazienza l’arrivo della luce dell’aurora. Cari giovani, tocca a voi essere le sentinelle del mattino (cf Is 21, 11-12) che annunciano l’avvento del sole che è Cristo risorto!
    L’incontro personale con Cristo illumina di luce nuova la vita,
    ci incammina sulla buona strada e ci impegna ad essere suoi testimoni.
    (dal messaggio di Giovanni Paolo II in occasione della XVII Giornata Mondiale della Gioventù, Toronto, 18-28 luglio 2002)


    Luce dei miei occhi!

    Sì, avete letto bene: luce dei miei occhi! È una tipica frase (diciamolo pure) sdolcinata, ma che richiama molto bene quale tipo di relazione possa esistere tra due persone che si amano.
    La persona amata è illuminata dalla presenza dell’altro/a. Cosa ha a che fare tutto ciò con la Gmg a Toronto? Presto detto. Ricordiamoci che ogni pastorale giovanile non può e non deve ruotare solo e unicamente attorno alla Giornata Mondiale della Gioventù. Toronto, come incontro mondiale, è un tassello nel puzzle della pastorale ordinaria e feriale, una pennellata nella grande tela dell’esistenza dei nostri progetti. L’espressione «luce dei miei occhi» sta ad indicare che stile di relazione i giovani costruiscono con il Cristo della fede e il Gesù della storia. Come sacerdoti, educatori, animatori di giovanissimi e giovani, siamo chiamati a riformulare ogni progetto pastorale – in special modo quella giovanile – partendo dall’esistente, da chi abbiamo accanto a noi. Chiedere ai giovani di essere e divenire santi è basilare; aiutarli e accompagnarli nei loro passi quotidiani è doveroso.
    Ciò che importa, quindi, non sta nel partecipare o meno all’appuntamento canadese, ma vivere lo spirito forte che il Papa ha evidenziato nel messaggio ai giovani. Qui sta il cuore della Gmg. In questo mese evidenziamo la caratteristica della notte, come incertezza, timore e nel contempo, attesa dell’aurora, speranza del domani sereno.

    Una vita da «otto volante»

    Vivere il servizio educativo con i giovani è un compito arduo e nel contempo affascinante. Arduo perché non ci si può improvvisare: pena, la perdita di qualità della relazione stessa. D’altro canto, l’aspetto affascinante è dato dall’essere testimoni del fiorire, in modo silenzioso e graduale, delle meraviglie di Dio, compiute nella vita dei giovani. Notti scoraggiamento che si alternano ad aurore di ripresa educativo-motivazionale. Perché fare gruppo con i giovani? A quale pro impegnarsi quando i risultati sembrano essere quasi nulli?
    Il Papa, rivolgendosi ai giovani, ricorda che vi è un cammino già intrapreso e vissuto dal Cristo, un cammino che ci supera, che va al di là dei nostri limiti e ripensamenti. Ci chiede di essere profeti dell’aurora là dove la notte regna imperante. Qui di seguito viene riportata la testimonianza «sul campo» di una educatrice, come dialogo e confronto con tanti educatori che si spendono per i giovani.

    «Nel cuore della notte ci si può sentire intimoriti ed insicuri,
    e si attende allora con impazienza
    l’arrivo della luce: l’aurora»

    «Quando noi giovani pensiamo alla notte, la nostra mente, come in automatico, corre verso quel mondo che vive lo sballo e il divertimento, come nuova espressione della notte. Tutto questo, spesso, nasconde i veri sentimenti che muovono i giovani a nascondersi dietro la facciata dello sballo per non mostrare la notte più profonda, quella dell’anima. E allora il buio, la solitudine, la difficoltà a dare un senso alla nostra vita: prendere delle decisioni ci spaventa e ci abbatte.
    C’è la notte del dolore, della perdita, dove pensiamo che non ci sia più via d’uscita alla nostra sofferenza, dove nemmeno una bella giornata di sole riesce a rischiarare il buio che ci portiamo dentro. È la notte che parla di abbandono, di sfruttamento, di dolore che spesso si nasconde per paura di non essere accettati da una società che ci vuole perfetti e confezionati, tutti uguali, sorridenti e perfetti, senza emozioni particolari se non per avere audience. In questo panorama di insicurezza, attendiamo la luce rassicurante del giorno, che rischiara e illumina le nostre paure, chiaroscurate dalle nostre angosce, che si sono succedute durante la notte. Eppure non è sufficiente la luce di una lampadina per rischiarare in modo completo: è il sole a riscaldare, ma soprattutto ad illuminare. È di quel calore che abbiamo bisogno, perché chi nella notte ha sentito freddo, ha bisogno del fuoco. Allora capiamo l’esortazione del Papa a cercare Gesù nell’incontro personale, perché solo a tu per tu possiamo lasciarci pervadere da quel calore che guarisce e scalda, che illumina di «luce nuova la nostra vita», donandole senso per costruire un progetto. Non si vive a caso, ma si vive costruendo giorno per giorno la nostra vita. È quella che il Papa chiama la «buona strada», la strada che non ti annoia, che è pronta a farsi scoprire ogni giorno, non solo perché sempre nuova, ma perché piena di incontri che danno pienezza e scaldano il cuore. Allora, perché non provare? Perché spesso ci lasciamo prendere più dalla paura di camminare, che di incamminarci verso la salvezza? Facendomi eco della voce dei giovani che incontro, il cuore di tutto è in quella strada, percorsa da un tipo «alternativo», che non ha fatto finta di camminare mandando avanti gli altri, non ha avuto paura delle responsabilità. Quindi ci spaventa il fallimento. Viviamo tutto con la paura di non farcela, di non essere tagliati, senza tener conto che su quella strada non saremmo mai da soli, perché Lui ci ha detto: «Non temete, io sarò sempre con voi». È una speranza che non può lasciarci indifferenti, di fronte alla quale non possiamo chiudere il cuore. Ogni volta che ci siamo accorti che Gesù era lì con noi, ci ha sorretto, amato, dobbiamo riscoprire quella sensazione nel nostro cuore che ci ha portato a fare dei propositi buoni e maturi. Impegniamoci a riassaporare quella voglia di cambiare, di lasciarci guidare da Lui, riportando alla memoria quei momenti di vita vissuta, perché quando veniamo toccati in pienezza, non possiamo non trasmetterla. Con tutta la nostra gioia di vivere, con l’entusiasmo con il quale faremo le cose. Saremo allora i testimoni credibili, quelli che, quando li abbiamo incontrati, abbiamo pensato di loro: «fortunato perché ha trovato ciò che cercava». A noi, non manca nulla, per essere quei fortunati, perché nella nostra vita ci sarà spazio per la vera gioia, quella che si contagia, che non si può tacere.
    Di conseguenza, l’altro non mi sembrerà ingombrante, ma farà parte di me.
    Testimoni veri che hanno provato sulla loro pelle questo incontro, perché se è vero che le esperienze di qualità bisogna farle tutte, perché facciamo solo quelle trasgressive come droga, bere e non quelle «trasgressive» di chi ha scelto di fare un esperienza da otto volante? Nel senso che non solo ti «sballa», ma ti mostra la vera vita e, caso strano, tu sarai cosciente e presente di ciò che si compie davanti a te».
    (Alessandra, educatrice giovanissimi)

    Notte? Non solo tenebre

    Nella presentazione della rubrica «Verso Toronto 2002» avevamo segnalato ai lettori la novità dell’apporto di alcune dinamiche e attività, che rendessero vivo e concreto quanto sopra proposto. In questo numero proponiamo la tecnica da vivere in gruppo. Consigliamo di provarla come équipe di educatori, facendo esperienza sulla propria pelle! Successivamente viverla con i giovanissimi e giovani del gruppo.

    Bandiera cieca [1]

    Durata: 10- 20 minuti.

    Materiale: la bandiera, il necessario per bendare i concorrenti.

    La tecnica

    Segue il classico schema di bandiera, solo che in questo caso i numeri chiamati verranno bendati dai propri compagni di squadra prima di partire per cercare di prendere la bandiera. L’animatore con la bandiera potrà muoversi per il campo di gioco. I ciechi potranno essere aiutati dai propri compagni che, dal proprio posto, urleranno le indicazioni necessarie per raggiungere la bandiera, afferrarla e riportarla oltre la linea della propria squadra.

    Obiettivi

    • Accettare di guidare, aiutare nel cammino i fratelli, non lasciarli al buio o abbandonarli per disinteresse o menefreghismo.

    • Fare esperienza di essere guidati nella propria esistenza da altri, affidare a loro la propria vita, non temere di affidarsi a chi si e ci vuole bene. Saper ascoltare le voci vere e profonde, rispetto a quelle false e ingannatrici. Ascoltando chi ci vuole bene riusciamo a raggiungere le mete che ci si presentano lungo il cammino. Saper educare l’orgoglio che abita dentro di noi e il più delle volte ci rende ciechi, ovvero incapaci di capire e agire con serenità.

    La Parola

    Matteo 7,25 – Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica.

    Matteo 23,16 – Guai a voi guide cieche.

    Luca 6,39 – Può forse un cieco guidare un altro cieco?

    Luca 10,23 – Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete.

    Giovanni 10,26 – Le mie pecore ascoltano la mia voce.

    Giovanni 14,24 – La parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

    Il Catechismo

    CDG1, cap. 1, Cerchiamo insieme la vita, pp. 17-18.

    CDG1, cap. 2, In cammino con gli altri, pp. 38-39.

    CDG2, cap. 1, Che cercate?, pp. 33-37.

    CDG2, cap. 7, Vita cristiana, vita nello Spirito, pp. 308-313.

    [1] Tratto da: Giuseppe Cavoli – Giacomo Ruggeri – Équipe CREATIV, Parola di Porcospino. Tecniche di interazione e dinamiche di gruppo con riferimenti alla Parola di Dio e al Catechismo dei Giovani «Io ho scelto voi» e «Venite e vedrete», Ed. Banca del Gratuito (per richiederlo 0721-781353).

     

     


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