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    Storia, tradizione,esperienze nella pastorale giovanile bresciana


    Giovanni Falsina

    (NGP 2001-02-21)

     

    Vorrei tracciare un percorso, un po’ a zig zag, della PG bresciana, scattando qualche fotografia degli anni più lontani, ed evocando quelli più recenti.
    Descriverò sommariamente il contenuto della PG fino ai primi anni ’80; poi mi riferirò soprattutto ai Convegni giovanili diocesani, evidenziando le intuizioni e le scelte che da queste assemblee sono emerse. È una storia ricca e non solo di successi; in essa si intrecciano volti di persone, preti e laici, giovani e adulti, accomunati da una forte passione educativa e da un ancora più forte amore per i giovani. Sfogliando le carte che documentano le iniziative degli anni passati, sento però una profonda gratitudine per la mia Chiesa che le ha pensate tutte per raggiungere i suoi giovani, vicini e lontani, al di là dei risultati conseguiti, delle omissioni, degli errori commessi in buona fede.

    ALLE RADICI DI UN IMPEGNO: LE STAGIONI DELLA PASTORALE GIOVANILE

    Gli anni sessanta (gli anni acquisitivi)

    Fino agli anni ‘60, i giovani sono ben integrati nel contesto di una comunità parrocchiale: hanno i loro spazi (generalmente gli oratori maschile e femminile) e i loro momenti specifici (adunanze, conferenze per la gioventù); per il resto le giovani generazioni partecipano senza particolari difficoltà ai ritmi del cammino parrocchiale. Vivono in un mondo sociologicamente compatto e non coltivano sogni di ribellione e cambiamento verso il sistema. I giovani non sono assolutamente una questione e subentrano senza tanti problemi ai ruoli per loro preparati nella società degli adulti, nella quale entrano con il lavoro, il servizio militare (i maschi), e con la preparazione al matrimonio (le femmine), biglietto d’ingresso nella società adulta.
    Non esistono movimenti ecclesiali giovanili al di fuori dello Scautismo e dell’Azione Cattolica, sostenuta spontaneamente e con entusiasmo dal clero e dal mondo adulto. L’Azione Cattolica stabilisce programmi, formula cammini di catechesi, aggrega le forze vive della Chiesa, orienta su temi generali, che poi le varie realtà più o meno ricche di iniziativa possono colorare diversamente. Una parrocchia pone nell’Azione Cattolica l’ossatura del suo impegno per i giovani.
    Verso la seconda metà degli anni sessanta (gli anni trasgressivi)
    I due fatti che danno una svolta decisiva a questo periodo sono: il Concilio che conclude e la contestazione che comincia. Il mondo giovanile ecclesiale è in subbuglio, in cambiamento ancor prima della contestazione. I giovani avevano già cominciato a riscrivere nelle parrocchie, nelle associazioni, negli oratori la loro voglia di cambiare e di prendersi in mano la vita, ancor prima che si parlasse di partecipazione politica. Si assiste ad un rapido mutamento culturale che coinvolge anche il sistema pastorale, soprattutto in relazione alle giovani generazioni: c’è un vero e proprio crollo di ogni iniziativa e capacità propositiva nei loro confronti. Inizia un tempo di diaspora ed alcuni oratori si svuotano. Si impone la necessità di ripensare la pastorale giovanile.
    Il gruppo sembra essere la carta vincente dalla fine degli anni sessanta fino alla metà degli anni settanta.
    Il gruppo invece dell’adunanza (il gruppo spontaneo o il movimento sono ritenute scialuppe più agili, nel mare in subbuglio, rispetto alle navi cioè alle associazioni!), il Vangelo in alternativa al campo da gioco, la Parola di Dio invece della morale, il rinnovamento liturgico (i canti e le chitarre, le messe beat), la politica come canale pubblico da mettere a servizio del Regno (che punta al cambiamento del sistema!) sono alcuni dei concetti chiave di questo periodo.
    Si tratta però di un progetto senza retroterra: si avverte ben presto che dietro all’entusiasmo delle iniziative immediate, si ha il fiato corto; dietro a chi apre il corteo non c’è più nessuno..., manca formazione e consuetudine con un tirocinio di maturazione.
    Vi è pure carenza di direttive ecclesiali: non esiste una cura particolare o un ufficio diocesano che si interessi di pastorale giovanile. È momento di grande voglia di cambiare, ma anche di rompere, di estrema soggettivizzazione ed esasperazione dei frammenti di verità e di diritto che ciascuno crede di possedere. Il gruppo, molto omogeneo sia negli ideali che nella vita quotidiana, diventa, dopo alcune preoccupanti esperienze di assestamento (ad esempio gruppi alternativi alla chiesa), la mediazione alla vita ecclesiale e alla piena appartenenza alla chiesa; diviene luogo per la riscoperta di una nuova comunicazione della fede con linguaggi più comprensibili ai giovani: nel gruppo si fa catechesi, si prega, si ascolta la Parola di Dio, si ricomprende il senso della vita sacramentale.
    All’inizio questo movimento riesce a vivacizzare le comunità cristiane; poi, quando l’ingenuità giovanile viene manipolata da una parte e impietosamente lasciata a se stessa dall’altra, finisce per innescare una nuova tendenza di modello pastorale: quello che sbrigativamente potremmo chiamare «giovanilista», cioè carente di proposta forte.
    Nasce l’urgenza di ricuperare la globalità della vita cristiana, di ridefinirne in maniera forte l’identità, di incoraggiare le comunità a riproporre esperienze forti di impegno e di formazione.
    La socializzazione, componente prima dell’educazione (dal ’70 al ’77)
    Sono gli anni in cui in maniera quasi verticale tramonta il mito dei giovani: i giovani appena usati di fine anni ‘60 sono da buttare. Mentre cominciano a prospettarsi risposte anche ben formulate di partecipazione (ad esempio nell’ambito della scuola) il mondo giovanile non è più disposto a ricercare, guarda al mondo adulto con ironia, si sfilaccia in gruppi violenti, perde la connotazione di massa.
    È di questo tempo, soprattutto, che si può parlare di varietà di modelli di pastorale giovanile. I movimenti cercano di dare risposte precise alle istanze educative. Le scelte non sono più casuali o puramente funzionali all’emergenza, ma nascono da una elaborazione culturale e dall’interpretazione, spesso ideologica, di avvenimenti.
    Alcune caratteristiche segnano la pastorale giovanile degli anni settanta:
    - ogni movimento tende ad assolutizzare il suo modo di fare pastorale e a relativizzare gli altri, quasi che prima non ci fosse mai stato un vero cristianesimo;
    - questi nuovi gruppi espropriano la comunità parrocchiale di progettualità e di intelligenza nel rispondere ai problemi locali con soluzioni popolari e adatte alla situazione;
    - è il momento in cui le grandi associazioni ricuperano capacità propositiva orientandosi su una rinnovata capacità educativa e sulla formazione dei responsabili;
    - si ricercano nuovi modelli formativi.

    La ricerca di nuovi modelli formativi: l’animazione

    Il problema era anche quello di applicarsi in termini di ricerca per trovare nuovi modelli culturali formativi, non solo nuovi schemi o metodi. L’animazione culturale, come stile globale di educazione, viene approfondita, vagliata, sperimentata e proposta in corsi per animatori, in convegni nazionali, in corsi universitari. Un chiaro punto di riferimento sono la rivista «Note di Pastorale Giovanile», che ha la costanza di un lavoro assiduo e puntiglioso, e i convegni ad essa collegati. Brescia ne ospita uno all’anno, dal 1976 al 1985 al centro Mater Divinae Gratiae. La collaborazione spontanea dell’AC bresciana in questi convegni è sorretta da un’intuizione: NPG possiede un impianto metodologico e uno spessore scientifico ma non ha quel senso di concretezza e quel radicamento nella comunità cristiana che invece possiede l’Associazione. L’obiettivo diventa quello di definire un modello (quello educativo dell’incarnazione) ma anche quello di produrre nuove esperienze e di metterle in circolazione. Vale la pena ricordare che il tema generatore del modello dell’animazione è il Documento base per il Rinnovamento della Catechesi, emanato dalla CEI nel 1970 e riconsegnato ai catechisti italiani nel loro primo convegno nazionale del 1988. Purtroppo, per la maggioranza delle persone, è stato rinchiuso negli angusti limiti della esperienza catechistica dell’iniziazione cristiana. Conteneva, invece, i principi fondamentali di una corretta educazione alla fede delle giovani generazioni.
    Il bisogno di ricostruire un tessuto di attenzioni verso i giovani si legge in tanti segni:
    - i primi tentativi diocesani di organizzazione della pastorale giovanile partono da alcune parrocchie o da alcuni presbiteri appassionati al mondo giovanile, e dai primi sinodi diocesani. Presso l’eremo di Montecastello, per alcuni anni si svolgono dei campiscuola con giovani preti e animatori laici, promossi dall’Azione Cattolica, in quegli anni proprietaria della Casa di spiritualità di Tignale. L’obiettivo è quello di leggere la situazione giovanile e di diffondere la metodologia della piccola progettazione, per la quale si producono anche dei fascicoli;
    - il ricupero dell’educativo: non c’è comunità cristiana che non senta il problema di ripensare mediazioni educative e che non si impegni capillarmente nella catechesi per i ragazzi e i preadolescenti. Tutto questo rinnovamento si porta dietro l’urgenza di un piano pastorale, la necessità di un coordinamento, la proposta efficace della centralità della comunità cristiana e la formazione degli operatori.

    La Chiesa bresciana si interroga sui giovani (dal ’77 al’79)

    Sarà proprio sul tema de I giovani e i gruppi giovanili nella chiesa che si daranno appuntamento nel giugno del 1979 i giovani bresciani. Dopo un ampio dibattito e una lunga preparazione, in occasione del cammino sinodale della Chiesa bresciana guidata da Mons. Luigi Morstabilini, si tiene il primo Convegno Giovanile Diocesano (16-17 giugno) presso il Centro Pastorale Paolo VI. Inizia, inconsapevolmente, una serie di appuntamenti che proseguirà fino al 1997. Il Sinodo giunge al termine di una Visita Pastorale durata 10 anni, sicuramente tra i più caldi della seconda metà del secolo. Era anche il momento in cui la Chiesa bresciana si chiedeva quali proposte avrebbero potuto raggiungere i giovani in maniera significativa; se privilegiare la massa o i gruppi; se la prospettiva da incoraggiare fosse quella di una spiritualità più forte o, al contrario, se si dovesse spingere per un impegno più deciso nell’attività sociale e politica.
    Dal programma emerge la relazione del sociologo prof. Cesare Martino centrata sull’analisi della condizione giovanile fine ’70, monopolizzata dal modello «travoltino» impostosi con forza dopo il successo del film «La febbre del sabato sera» e dei suoi surrogati (Grease, ecc.)
    Il prof. Martino sviluppa la sua analisi sulla crisi generazionale e sulla riduzione della progettualità politico-sociale dei giovani, sulla necessità di una pedagogia del senso della vita e di un orientamento significante rintracciabile, secondo il suo pensiero, nelle esperienze associative concepite come luoghi di rigenerazione dei significati.
    Le testimonianze raccolte fanno coincidere quei due giorni con l’avvio della pastorale giovanile diocesana; ovvero è da quell’evento sinodale che comincia ad organizzarsi - in modi diversi rispetto al passato - lo sforzo di portare l’annuncio della salvezza ai giovani, rendendoli non soltanto destinatari di un bel messaggio, ma protagonisti di un incontro che cambia la vita. Una richiesta di protagonismo, peraltro assai invocata dagli stessi giovani, appena usciti dalla contestazione, ma ancora immersi negli anni di piombo. La voce dei giovani giungerà infatti al 28° Sinodo diocesano, e le attenzioni per una pastorale giovanile adeguata occuperanno ben due sezioni del Libro del Sinodo.
    Ecco allora un primo significato dell’esperienza dei Convegni giovanili inaugurati nel 1979: la Chiesa bresciana si interroga sui giovani e con loro riflette sul complesso di azioni necessarie per trasmettere la buona notizia della salvezza. I giovani entrano nel piano pastorale della diocesi.

    La ristrutturazione per l’educazione dei nuovi giovani (dal ’79 all’85)

    A cavallo degli anni ottanta siamo in presenza di un giovane completamente diverso da quello anche solo di un quinquennio precedente. Sono giovani che hanno soprattutto la voglia di vivere e di star bene, che non vogliono cambiare il mondo, ma che si sentono a disagio, perché non sanno chi sono. Sono caratterizzati dal disagio dovuto a mancanza di identità, a eccedenza di opportunità e carenza di indicazioni per perseguirle.
    A livello nazionale la risposta pastorale si caratterizza attraverso il collaudo delle associazioni, le contrapposizioni con i movimenti, la nascita degli uffici pastorali, la preparazione degli animatori. Ma vi è un’altra novità di rilievo: nel 1979 esce il tanto atteso Catechismo dei Giovani Non di solo pane. Esce però già datato, alla fine degli anni dell’utopia, nel pieno dell’involuzione nella violenza terroristica. Appena tra le mani rivela i limiti della sua impostazione: la politica non è più un cavallo di battaglia, il marxismo è quasi alle spalle, le ideologie non fanno più presa sul mondo giovanile. Ha trovato poco seguito non soprattutto per la difficoltà del testo, come spesso si ebbe a dire, ma perché non esistevano gruppi giovanili capaci e disposti ad affrontarlo con continuità. In altre parole, non esisteva una prassi collaudata di catechesi, un progetto pastorale che consentisse di collocarla come centro della PG.
    Nascono in questo periodo le prime comunità terapeutiche per il recupero di tossicodipendenti. È qualche prete diocesano che fa il cireneo di aprire questo percorso, triste e necessario, che avrà bisogno di approfondirsi ancora negli anni ‘80 per il dilagare del fenomeno droga.

    I primi anni ’80

    Gli anni ’80, saranno un decennio fecondo per la PG diocesana. Ne ricordiamo sinteticamente i passi principali:
    - la più precisa strutturazione di un organismo diocesano (1981): il segretariato oratori e circoli giovanili che dà un volto più definito ad un precedente generico ufficio; ad esso viene accorpato anche il segretariato catechesi (1984): un’intuizione del vescovo mons. Foresti che intende specificare con questo gesto come il cuore della pastorale giovanile consista nel favorire la conoscenza e l’incontro di ogni giovane con la persona di Gesù Cristo;
    - l’intuizione che il gruppo, con la sua carica positiva e i suoi limiti, non può essere abbandonato alla spontaneità di chi lo «sente» più di altri, preti o laici che siano. Nasce l’esigenza di formare gli «animatori» e la parola animazione per un decennio diventa una parola d’ordine per la pastorale giovanile;
    - l’inizio di una stagione dei Progetti: si lavora ad un progetto educativo per gli oratori e, nel contempo, si discute intorno ad una bozza di progetto di pastorale giovanile; nascono anche il Progetto educativo del Seminario e dell’Istituto Cesare Arici;
    - il recupero di soggettività dell’oratorio, che torna ad essere oggetto di cura e preoccupazione da parte delle comunità parrocchiali;
    - la nascita dei convegni giovanili e la moltiplicazione delle iniziative formative;
    - la ripresa della riflessione sulla spiritualità giovanile con precise proposte al riguardo;
    - l’esperienza dei grest e dei campiscuola che diviene patrimonio comune di ogni parrocchia;
    - la particolare attenzione agli adolescenti e quindi ai preadolescenti; anche perché si continua a parlar di giovani, ma di fatto si raggiungono solo gli adolescenti (chi si ricorda l’insuccesso degli incontri per diciottenni «Io la vita la vorrei...»? S’intuisce che bisogna ripartire dai preadolescenti, per poter fare proposte ai giovani!);
    - la diocesi si attrezza a preparare itinerari tematici, sussidi e corsi di preparazione per gli animatori di grest e follest-
    Termina l’appalto della Pastorale Giovanile all’Azione Cattolica, mentre si cerca una collocazione alle associazioni e ai movimenti all’interno di una progettualità ecclesiale più ampia.

    LA PASTORALE GIOVANILE ATTRAVERSO I CONVEGNI DIOCESANI

    Quanto ai convegni, a scadenza prima biennale e dal 1987 triennale, si succedono otto incontri diocesani giovanili.
    * Nel 1981, viene riproposta l’esperienza mettendo a fuoco il tema La famiglia: chiesa domestica e prima comunità. È questo il luogo privilegiato di appartenenza giovanile, il centro educativo primario del cittadino e del cristiano.
    Il programma segue 1’impostazione del 1979, concentrando al sabato pomeriggio e alla domenica relazione fondamentale e lavori di gruppo.
    È il prof. Franco Larocca a scaldare un’assemblea più adulta che giovane, provocata sul numero dei figli in anni di improvviso calo demografico. Partecipano al Convegno molti adulti e adulti giovani, insieme ad operatori specializzati in questo tipo di pastorale.
    In diocesi è presente l’Istituto Pro Familia: un’originale istituzione fondata negli anni ’30 preposta alla preparazione della donna e a qualificare la «sua missione nella famiglia e nella società». La promozione del matrimonio cristiano si concreta in una serie di attività, come la preparazione dei fidanzati, la formazione dei genitori, la proposta di itinerari di spiritualità familiare, la consulenza familiare, ma anche in una singolare iniziativa, ancora fiorente negli anni di questo Convegno: la scuola di vita familiare per le adolescenti e le giovani, diffusa in diverse parrocchie. Negli anni si affiancherà all’opera dell’Istituto la presenza sempre più consistente del segretariato diocesano per la famiglia, che cito doverosamente per le iniziative relative alla preparazione dei fidanzati, la cura delle giovani coppie, la formazione di operatori nel vasto campo della pastorale familiare: un apporto specifico, quindi, alla PG.
    * Nel 1982, per collegare gli animatori e i direttori di oratorio nasce il quindicinale diocesano Il Gabbiano: un foglio senza troppe pretese se non quella di pubblicizzare le iniziative formative, le esperienze, le riflessioni sui fatti inerenti le tematiche giovanili. Si arricchirà più tardi di rubriche e appendici monografiche assai utili per gli operatori pastorali e per tener vivo il dibattito sui ragazzi, gli adolescenti, i giovani nella diocesi di Brescia. Sarà anche uno dei primi fogli diocesani a creare una banca dati informatica - Il Gabbiano BBS - e a volare in internet.
    * Dal 1983 cambia sostanzialmente il modo di preparare il Convegno giovanile: si forma una commissione che si ritrova per gli aspetti organizzativi, ma anche per allestire una serie di sussidi da utilizzare nella fase preparatoria parrocchiale. Proprio i sussidi sono un’altra risorsa della nostra diocesi... che ci ha resi famosi in tutt’Italia, per la creatività editoriale, non solo nella cultura alta, ma anche per le applicazioni in campo pastorale. L’accento si sofferma su una tematica più propriamente inerente alla spiritualità giovanile: il mistero eucaristico che costruisce la comunità.
    Pane e Storia, parafrasi di fede e vita quotidiana, è il titolo di questo terzo incontro che vede la città tappezzata di poster pubblicitari delle tre giornate. La partecipazione è numerosa e tipicamente giovanile. Presenti anche gli animatori, figura emergente di una realtà di servizio educativo che, tra campi scuola di Azione Cattolica e corsi di formazione diocesani, va strutturandosi.
    * Iniziano nel 1984 i famosi lunedì di Fare Pastorale Giovanile offerti nel pomeriggio ai giovani preti direttori di oratorio e alle religiose impegnate nella PG; in seconda serata agli animatori laici. La fortunata serie sarà riproposta ininterrottamente per un decennio, portando a Brescia sociologi e pastoralisti di livello, su tematiche ad ampio raggio: dall’educazione affettiva a quella socio-politica.
    * Nel 1985, anno internazionale dei giovani, il Vescovo Bruno, arrivato a Brescia nel 1983, desidera conoscere i giovani, e non solo quelli ecclesialmente aggregati attraverso una serie di assemblee svolte nelle vicarie e gestite dai giovani stessi. Il Vescovo incontra sedici zone prima del Convegno e le rimanenti quattro dopo la sua celebrazione (non esistevano le 32 attuali, istituite con il Direttorio del 1989). Il titolo Giovani costruttori di una comunità cristiana in dialogo mostra l’attenzione di una Chiesa che intende ripartire dai giovani per ricostruire il tessuto di base delle proprie parrocchie in tempi che esprimono nuovi sentimenti di disaffezione giovanile verso l’impegno nella comunità e nelle istituzioni (sono i famosi «giovani dell’85»). È lo stesso Vescovo che invita i giovani a farsi missionari, «in primo luogo tra i vicini, tra coloro che frequentano gli oratori forse per svago o per amicizia, e poi tra i più lontani, negli ambienti della vita quotidiana».
    Il successo è grande e viene raggiunto anche per la strutturazione delle giornate di Convegno su diversi livelli di coinvolgimento, compreso l’appuntamento con tre diversi cantautori (Chieffo, Ferradini, Finardi in un concerto/dibattito presso il Teatro Tenda). Stimolante la relazione introduttiva di don Riccardo Tonelli.
    Inizia da questo anno straordinario per i giovani, la tradizione della Veglia delle Palme, che diventa un appuntamento stabile e atteso di magistero diretto del vescovo ai suoi giovani. Oltre alla singolare cornice liturgica della cerimonia, carica di simboli e di fervore giovanile, il Vescovo consegna i suoi messaggi stampati, dà mandati precisi, convoca i successivi convegni giovanili aprendo i relativi cammini di preparazione nelle parrocchie e nelle zone pastorali. È la modalità diocesana di tradurre le Giornate Mondiali della Gioventù, iniziate l’anno precedente (1983-84) dal Papa a Roma, in occasione dell’Anno Santo straordinario della «redenzione».
    Esito operativo del Convegno dell’85: nasce l’idea di aggregare gli adolescenti e i giovani per incontri mensili di preghiera e spiritualità, i famosi martedi tuttora proposti! L’iniziativa nasce in concomitanza dell’elaborazione di un piano pastorale diocesano per le vocazioni e di una sua maggior veicolazione fuori dal Seminario. Non a caso i primi incontri si svolgono nella palestra di via Bollani. Dopo un periodo iniziale di rodaggio, gli stessi raduni saranno proposti nelle zone pastorali, costituendo ben presto una partecipata tradizione. Non sarà l’unica iniziativa in questo settore: il Segretariato diocesano Vocazioni e Tempi dello Spirito, all’inizio in maniera centralizzata, più tardi avvalendosi di un raccordo zonale e con le aggregazioni giovanili, metterà in cantiere proposte articolate di orientamento vocazionale per adolescenti e giovani. La più conosciuta è Sichar, un cammino di ricerca e discernimento vocazionale per giovani dai 18 anni in su, aperto ad ogni tipo di vocazione. Oltre, naturalmente agli Esercizi Spirituali e alle settimane vocazionali.
    Si consolida anche l’attenzione verso la figura ormai irrinunciabile di ogni azione pastorale: quella dell’animatore. Con uno sforzo non indifferente si dà vita ad un corso biennale per operatori pastorali laici nei settori della catechesi, della carità, dell’animazione giovanile: iniziativa partecipata e ben riuscita, di cui si sente talora invocare la riproposizione.
    Una menzione particolare merita pure il ruolo pastorale giocato dalla Caritas diocesana: alla fine degli anni ’70 è ormai una realtà viva e diffusa anche nelle parrocchie. Dal 1980, in ragione di una convenzione della Caritas Italiana con il Ministero della Difesa, è abilitata ad avvalersi di obiettori di coscienza per i servizi attivati nelle aree più disparate: handicap, emarginazione grave, comunità terapeutiche, anziani, minori. La scelta del servizio civile sostitutivo fa affluire alla Caritas un numero altissimo di giovani in età di leva, per la maggior parte disponibili a valorizzare al meglio il periodo di ferma. L’occasione si trasforma presto in una grande possibilità di pastorale giovanile, sfruttando i tanti momenti formativi tesi a consolidare la scelta di obiezione e a qualificare il servizio nell’ambito prescelto. Circa 400 giovani, tra quelli in servizio e quelli in attesa di svolgerlo, partecipano annualmente ai corsi di preparazione e alla formazione permanente che Caritas e Segretariato Oratori organizzano congiuntamente con meticolosità, mettendo a servizio tutte le energie disponibili, dai propri direttori, agli esperti, agli animatori laici provenienti da altri settori della pastorale e dalle associazioni laicali.

    Il volontariato e l’obiezione di coscienza

    Parallelamente alla cura degli Obiettori di Coscienza, la Caritas offre anche la possibilità dell’Anno di Volontariato Sociale per le ragazze (AVS). I numeri delle adesioni non sono confrontabili con chi sconta gli obblighi di leva, ma le motivazioni vanno nella stessa direzione: lo slogan di quegli anni «obiezione alla violenza e servizio all’uomo» sostiene le volontarie nel loro cammino di formazione, nel servizio di sensibilizzazione circa la loro scelta, nel dono del loro tempo a persone, giovani e vecchi, tra i più sfortunati dei quartieri cittadini. Una testimonianza, quella resa dalle volontarie, assai apprezzata e significativa come noviziato alla vita nell’ordine della gratuità e dell’amore. Da segnalare nell’accompagnamento spirituale delle volontarie, l’impegno delle suore Dorotee di Cemmo, per la verità implicate in non poche iniziative di pastorale giovanile diocesana, svolte attraverso il loro Centro di Spiritualità, ma anche nelle loro sedi in città e provincia, Valle Camonica in particolare.
    Oltre alle considerazioni appena svolte è utile ribadire come il volontariato sia un’esperienza giovanile che segna gli anni ’80. È stata preparata a lungo nel decennio precedente, con le marce della pace, con le manifestazioni per l’obiezione di coscienza, ma esplode nella sua maturità ora. È interessante notare come non fosse previsto in termini progettuali da nessun modello; è stata la tenacia degli obiettori di coscienza che lo ha fatto diventare prassi comune di molti giovani e proposta educativa programmata di quasi tutte le diocesi italiane. A Brescia, si coagula intorno al fenomeno anche una serie di attenzioni internazionali che hanno come soggetto interlocutore i giovani. Si tratta di organismi dediti alla formazione e all’invio di volontari nei Paesi in via di sviluppo, nonché al sostegno di progetti di cooperazione. Vale la pena ricordare che la legge 1033 dell’8 novembre 1966, che riconosceva il servizio biennale svolto all’estero come sostitutivo degli obblighi di leva, fu concepita in ambito bresciano e portata avanti dall’on. Mario Pedini. Alla data attuale, nella nostra città, nonostante il depotenziamento della politica italiana di cooperazione, esistono ben sei Organizzazioni Non Governative (Ong), tutte di ispirazione cristiana: lo SVI, la Fondazione Tovini, lo Scaip, la Sipec, la Medicus Mundi e Cuore Amico, che preparano i giovani al servizio volontario internazionale. Vi è poi l’attività del Centro Missionario diocesano che fa proposte di educazione alla mondialità, alla pace, alla sobrietà, al volontariato; diffonde le campagne nazionali sui temi menzionati, coordina la pastorale missionaria raccordando anche il lavoro degli istituti missionari (in particolare saveriani e comboniani) e delle Ong bresciane.
    Assestato il meccanismo preparatorio organizzativo e la strutturazione decentrata e multimediale del Convegno, è nel 1987 che si affrontano i temi difficili della devianza giovanile e della droga. Oltre il disagio la scommessa per la vita è lo slogan che sottolinea la prospettiva della Risurrezione con la quale viene affrontato l’impegnativo argomento.
    La novità dell’approccio sta davvero nel programma: una tavola rotonda al teatro tenda coordinata da don Domenico Sigalini che fa rileggere la condizione giovanile dagli anni settanta in poi, presente Piero Agostini, direttore di «Bresciaoggi» (scomparso da qualche anno). Riccardo Tonelli segue tutti i lavori del Convegno: in qualità di osservatore incontra a fine giornata gli animatori dei gruppi per verificare il raggiungimento degli obiettivi intermedi. Giovanni Nervo, Maria Paola Svevo, Enzo Bianchi sono i tre testimoni che propongono letture approfondite della realtà, ognuno nel proprio ambito di impegno, per andare oltre il disagio. Voci bresciane gareggiano in «Accordi», un concorso nostrano indetto tra i giovani per la canzone d’autore, mentre la Chiesa del Carmine ospita «Briciole d’amore», un concerto-preghiera con cantautori cattolici. Da ultimo, don Tonelli tenta una sintesi delle tre giornate, coniugando l’analisi per comprendere il disagio alla capacità di scommettere sulla speranza diventando «Signori della propria vita», in grado di lottare contro i numerosi segni di morte che dominano l’esistenza umana, dei giovani in particolare.
    Esito operativo del Convegno: la volontà di far partire nelle zone della diocesi le Consulte di pastorale giovanile.
    Cosa è la Consulta? È un organismo seguito da un sacerdote incaricato e composto da rappresentanti dei giovani delle parrocchie e delle aggregazioni giovanili della zona. Lo scopo è di leggere la situazione giovanile zonale, coagulare le energie presenti sul territorio per fare delle proposte in ordine alla pastorale dei giovani. Non è negata la possibilità di organizzare anche feste, incontri o iniziative varie, anche se secondaria rispetto alla funzione di studio dei problemi che riguardano l’annuncio della fede ai giovani e il loro cammino di crescita nella fede. L’obiettivo viene perseguito con tenacia e, pur con risultati alterni, viene accolto lo spirito di una pastorale più decentrata, vicina ai bisogni delle comunità, radicata in un territorio che è quello dei paesi e dei quartieri prima ancora che delle parrocchie e della diocesi.
    Sempre di questa stagione, l’affermazione di una sensibilità ecumenica internazionale legata alla spiritualità di Taizè, esperienza nata in Francia già nel 1957-58. Oltre ai raduni europei convocati annualmente nel periodo di Natale (Pellegrinaggi di fiducia sulla terra), sono organizzate assemblee sul territorio della diocesi, soprattutto in occasione delle visite quaresimali dei Frère. Gli incontri sono scanditi dalla preghiera, dall’ascolto della Parola, dallo scambio di esperienze tra i giovani. Da sette-otto anni, il gruppo bresciano di riferimento organizza una serata mensile di preghiera presso il Centro Pastorale Paolo VI, così come un fine settimana di presenza in un «luogo di speranza» (comunità terapeutiche, case di accoglienza per disabili, ecc.) per condividere la propria esperienza di fede con altre persone svantaggiate, nello stile della «lotta e contemplazione» che è un cardine della spiritualità di Taizè.

    Il Progetto Educativo dell’Oratorio

    Il 31 gennaio 1988, festa di San Giovanni Bosco, mons. Foresti consegna alla comunità diocesana il Progetto Educativo dell’Oratorio (PEO). Sceglie l’oratorio di Travagliato per questo momento ufficiale... quasi si tratti della posa della prima pietra di un edificio! È un documento atteso, e giunge in un momento di recupero di vitalità della preziosa istituzione educativa. Sono tante le comunità che organizzano momenti pubblici di presentazione e cicli di incontri per approfondire i diversi capitoli con i catechisti, gli animatori, il Consiglio pastorale.
    L’uscita del PEO, in questo tempo di moderato fermento, apre una stagione di riattivazione dell’oratorio e di recupero architettonico degli ambienti educativi, peraltro non ancora esaurita. Oratori e centri giovanili sono oggetto di ampio ripensamento e cospicui investimenti di mezzi: nelle nuove strutture c’è spazio per le aule e per i campi, per il bar e per la sala video, per la taverna e il teatro, in corrispondenza del richiamo all’educazione integrale della persona cui punta, appunto, il PEO.
    Nell’estate del ’95 si riuscirà persino ad organizzare una mostra e un Convegno al centro mericiano sull’evoluzione architettonica dei nostri oratori in rapporto alle mutate esigenze dell’orizzonte giovanile.
    L’uscita del PEO sancisce anche la definitiva ricucitura dello strappo, consumato nei primi anni ’70 tra mondo formativo e mondo sportivo che, oltre a doverosi chiarimenti sulla proprietà degli ambienti e sullo stile della loro conduzione, aveva causato la fuoriuscita delle squadre di calcio dall’oratorio, verso i (non ancora pronti!) campi sportivi comunali. Grazie anche al CSI e alla sua promozione sportiva in ottica meno agonistica (cf «giocasport»), tanti oratori riaprono gli spogliatoi e riattivano alcuni vivai di calcio, basket, pallavolo (soprattutto femminile). Si promuove la nascita di una nuova figura educativa, pittorescamente definita l’alleducatore che ha le gambe in campo, la testa sulle spalle, ma respira con il cuore della comunità cristiana che dà anche a lui un mandato educativo.
    È viva preoccupazione del vescovo Foresti regolamentare l’uso e la concessione all’utilizzo degli spazi educativi parrocchiali ed oratoriani; come pure la necessità di condurre con criteri di legalità e correttezza giuridica, le eventuali attività commerciali dell’oratorio, la sicurezza degli impianti, la responsabilità civile, la richiesta di finanziamenti agli enti pubblici. Per tutte queste e altre questioni connesse, il segretariato oratori predispone un servizio di consulenza fiscale che si occuperà anche di organizzare alla fine degli anni 90, insieme alla Caritas, momenti formativi e di confronto sul tema del non-profit e delle Onlus.
    * Nel frattempo si è ormai stabilizzata un’attenzione non episodica ai giovani da parte della pastorale d’ambiente, in particolare dall’ufficio di pastorale scolastica e di pastorale universitaria. Il loro interesse pastorale si riversa anche sul corpo docente e non docente, oltre che ai giovani studenti, ma è innegabile lo sforzo di raggiungere l’ambiente scuola con proposte di riflessione e aggregazione: ricordo la nascita dell’Associazione Comunità e Scuola, con la proposta della Settimana dell’educazione; l’attività di formazione culturale e spirituale svolta dal CUD Centro Universitario Diocesano, dei collegi universitari e delle aggregazioni presenti nelle Università Statale e Cattolica. Nel 1990 si fa un Convegno di Pastorale Universitaria, anche in preparazione del Convegno giovanile diocesano, mentre nel 1991 si tiene nella nostra città il Congresso straordinario della FUCI nel 95° anniversario dalla fondazione, registrando una vastissima partecipazione da tutt’Italia. Relazioni fondamentali tenute dal prof Pizzolato e dal card. Martini (La Parola e le parole). Non dimentichiamo, inoltre, l’azione pastorale svolta dalle scuole cattoliche superiori, gestite da Congregazioni o Istituti religiosi; spesso si tratta di un grosso lavoro interno (pensiamo solo all’opera salesiana e piamartina per i giovani e allo sforzo delle Canossiane per le giovani), anche se poco visibile è il suo raccordo con la pastorale giovanile diocesana.
    * Così pure non è stato disatteso l’impegno verso la pastorale dei lavoratori adolescenti e giovani: segretariato pastorale sociale, suore operaie della sacra famiglia di Nazareth, segretariato PG, Acli, Azione Cattolica hanno tentato di non far mancare iniziative specifiche per questi giovani, spesso considerati di serie B, cioè snobbati dalle preoccupazioni involontariamente accademiche dei nostri gruppi di catechesi o associativi. Nel 1987 si riesce persino ad organizzare un Convegno diocesano: «Il lavoro: luogo per crescere, vivere, credere» realizzato nel 75° della morte dell’oggi Beato don Arcangelo Tadini, fondatore delle suore operaie, a conclusione di un ciclo triennale di incontri svoltisi a Villa San Giuseppe di Fantecolo, punto di riferimento imprescindibile per la pastorale dei lavoratori adolescenti e giovani.
    Il Progetto diocesano di Pastorale Giovanile
    Nel 1990, il Convegno giovanile recupera il discorso iniziato nell’87. Lo slogan Giovaninsieme: e la scommessa si fa incontro, proiettandosi già dalla parte della vita, prelude ad un appuntamento personale e profondo che la rilegge e la trasforma nel contatto con Gesù.
    Confermato il modulo «a cerchi concentrici» del convegno precedente, si privilegia l’aspetto contemplativo che esplode nella relazione iniziale del teologo Bruno Forte e nell’ascolto di testimoni qualificati. Anche qui la riproposta di un concerto-dibattito con un Vecchioni un po’ bevuto che riempe, però, il Tenda di giovani cattolici e non.
    Esito del Convegno: è il Progetto Diocesano di Pastorale Giovanile, abbozzato già da tempo ma opportunamente ripreso in mano da una commissione. Commissione che si chiamerà all’inizio «Gruppo di riferimento per la Pastorale Giovanile» e in seguito «Osservatorio della Pastorale Giovanile». Tra i suoi impegni immediati: l’ambizioso tentativo di proporre il progetto nelle Zone; la formazione dei membri delle Consulte zonali di PG e l’aggiornamento sulla condizione giovanile attuale, offrendo contributi per il lavoro diocesano. Da un verbale del 92 si evince l’acquisita capacità di leggere «ad ampio spettro» la situazione giovanile, peraltro con la viva preoccupazione di raggiungere tutti i giovani, senza pregiudiziali esclusioni, con una proposta coraggiosa: parlare loro di Gesù Cristo. Sta partendo anche la Visita Pastorale di mons. Foresti e l’Osservatorio è chiamato a suggerire modalità per accompagnare i giovani in questa esperienza.

    Gli anni ‘90 e le loro sfide

    Verso la fine degli anni ‘80, ma con maggior decisione nei primi anni’90, si intensificano i rapporti col territorio, in particolare per la gestione del tempo libero: grest, estati aperte, qualche iniziativa per adolescenti sono svolte in collaborazione con le amministrazioni comunali, quasi tutte dotate di un assessorato alla gioventù. Caduti gli steccati ideologici è più facile interloquire con gli enti locali. C’è maggior coscienza che i problemi dei giovani sono problemi di tutta la comunità e non solo di quella cristiana. Inoltre, si ritiene inutile la duplicazione di servizi e strutture, specie in realtà di piccole dimensioni.
    Un’intuizione originale sono i centri di aggregazione giovanile (CAG), nati come evoluzione dei centri aperti per ragazzi e preadolescenti, già organizzati autonomamente da oratori e/o comuni. Si rivolgono in particolare ad adolescenti e giovani, e vedono a lavorare insieme, in un orizzonte di finalità educative più laiche, la comunità cristiana e civile. Tra le tante definizioni che si possono dare di CAG, è suggestiva quella che lo qualifica come estensione dell’Oratorio nel territorio e lo caratterizza come luogo che è un po’ casa, e un po’ strada. Segno della volontà di incontrare tutti i giovani per offrire loro quelle ragioni di vita sana e quella speranza che una comunità cristiana porta con sé. Senza spaventarsi se il percorso punta più ad una formazione umana che ad una adesione di fede.
    Oltre alla predisposizione di iniziative, più o meno riuscite, per la formazione di animatori di strada (1992), il tentativo di coinvolgersi di più con gli enti pubblici per una politica giovanile intelligente, organica, coraggiosa è costituito nel 1994 dall’interessante Convegno: Nessuno si tiri da parte: ricerca, confronto, prospettive sulle politiche giovanili a Brescia, condotto con una pluralità di soggetti della comunità cristiana e civile, presente il Sindaco di Brescia.
    Dopo anni di assopimento e, possiamo dirlo, di crisi degli organismi preposti, riprende anche l’attenzione verso il mondo dell’espressione giovanile. Forse non si era mai spenta negli oratori, ma non era visibile, non veniva messa in circolazione come inizierà ad accadere con la rassegna di musica, teatro, recital Il Tappeto Volante e riproposta in venti piazze della città nella due giorni di luglio Apriticielo. Da segnalare anche Caravanserraglio, che si propone di esprimere, attraverso l’educazione ai linguaggi del palcoscenico e del teatro, un contributo pastorale diretto, in favore dei giovani.
    Dall’Osservatorio di pastorale giovanile, prima descritto, si stacca un gruppo consistente di persone incaricate della preparazione del settimo Convegno Giovanile Diocesano. Un cammino lungo e articolato, condotto con una modalità nuova: il cammino dei discepoli e le oasi zonali di ricerca spirituale. Una proposta impegnativa cui aderiscono circa 400 giovani delle nostre parrocchie con costante partecipazione. Dalla Veglia delle Palme 1992 alla Veglia dell’anno successivo, i discepoli seguono un cammino personale e comunitario di formazione per donare agli altri giovani il senso della vita, della gioia, della pace. Sacerdoti, religiose e laici guidano l’itinerario spirituale dei discepoli, suddiviso in otto tappe che, insieme, descrivono una vera e propria «missione», svolta in diversi modi, a partire dalla rinnovata disponibilità all’ascolto degli amici e dei lontani, per giungere alle più svariate e fantasiose iniziative di coinvolgimento dei giovani.
    Sussidi ad hoc e momenti di riflessione a carattere multimediale segnano la preparazione del Convegno 1993 che riprende la chiamata del profeta Geremia: Non dire sono giovane: alzati e gridalo alla grande città.
    Esito del convegno è la ripresa dell’esperienza sperimentale di discepolato che sfocerà qualche anno più tardi in un progetto più organico di educazione alla fede dei diciottenni: il Progetto Giona e le relative comunità giovanili.
    Il documento programmatico della CEI per gli anni ‘90 «Evangelizzazione e testimonianza della carità» recepisce l’istanza di una PG più pensata e coordinata, anche a livello nazionale, e la necessità di collegare le ricchezza delle esperienze esistenti in tutte le chiese d’Italia. Nel 1992 dà perciò vita al Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile al quale sarà, peraltro, assegnato un protagonista bresciano pioniere della pastorale giovanile. Altra novità di rilievo è costituita dalla pubblicazione del Dizionario di Pastorale Giovanile: un compendio che presenta con ordine e precisione teologica tutto quello che si è approfondito, ricercato, esperimentato finora nella PG.

    Le GMG e i raduni di massa

    Nel 1993 il Papa convoca a Denver, in Colorado, la nona GMG: la partecipazione bresciana supera ogni previsione. Parte da questo appuntamento una nuova modalità di aggregazione: i grandi raduni giovanili di massa. Il successo della seguente GMG a Parigi e del pomeriggio-serata al Congresso Eucaristico di Bologna confermeranno questa tendenza. Qualcuno pone dei dubbi sulla validità di questa formula, proiettata sulla straordinarietà e sull’emotività, chiedendo una più pensata pastorale degli eventi. Sulle pagine del Gabbiano si presentano punti di vista differenti, riconducibili ad un comune denominatore: gli eventi di massa servono se sono preparati e inseriti in un itinerario di crescita dei giovani. Talvolta il grande raduno è provocazione ad una vita cristiana più intensa e prelude ad un inserimento nel tessuto della vita comunitaria. Occorre allora favorire il raccordo con la quotidianità e il minor fascino della vita parrocchiale, studiando necessarie forme di collegamento.
    Le associazioni tradizionali fanno fatica ad intravedere, nel pellegrinaggio o nella veglia di preghiera notturna di massa, tutta la ricchezza formativa che si vive durante un’esperienza di camposcuola e, pur rispondendo alle convocazioni che si ripetono (anche un po’ troppo di frequente), ritengono necessario non interrompere la tradizione di uno stile formativo più solido anche se più selettivo.

    La seconda metà degli anni 90

    Dal 1993 si salta al Convegno del 1997: la Giornata Mondiale della Gioventù di Parigi e il Congresso Eucaristico di Bologna, impegnano le risorse della diocesi in una preparazione che consiglia di far slittare a settembre (dopo quasi due anni di preparazione) un appuntamento tradizionalmente primaverile. Forse perché la stagione crepuscolare dell’autunno interpreta più genuinamente il tema del disagio e del disincanto ben espresso dallo slogan L’urlo, il silenzio, la parola.
    Siamo verso la fine del secolo e dobbiamo riconoscere che, nonostante gli sforzi e le intuizioni, qui ampiamente descritte, la stanchezza della ricerca e le scorciatoie delle risposte facili non sono sparite dalla vita dei nostri giovani. Il loro urlo esplicita tante sofferenze sottese da altrettante domande alla comunità degli adulti. Il silenzio è l’ascolto delle urla, la loro analisi senza pregiudiziali intolleranze. La parola è un tentativo di risposta, la volontà di delineare l’orizzonte di un possibile cammino.
    Al centro del Convegno (12-14 settembre 1997) ci sono i giovani: protagonisti ai quali va restituita la parola anche se ciò che dicono può non far piacere. L’evento è introdotto da quattro tappe di avvicinamento, i cosiddetti attendiamoci, disseminati in luoghi suggestivi del nostro territorio: il cortile di una scuola di Salò per il talk-show sull’affettività; il parco di Villa Mazzotti per una serata di confronto sui giovani e la notte con i D.J. di Radio Rete 105; il sagrato di una parrocchia accogliente come «la Noce» per parlare di mondialità e intercultura; lo scenario di una cava di marmo, a Botticino, per drammatizzare la ricerca religiosa dei giovani, i rischi della magia e dell’occultismo.
    Una tenda in ogni zona pastorale è il segno della provvisorietà e del nomadismo giovanile ma insieme l’opportunità di un incontro, frugale ma vero, tra tanti venditori di incertezze e di sventure. L’icona evangelica del cieco Bartimeo e del suo grido che ferma Gesù e lo supplica, guida le giornate di Convegno e risuona nella voce del biblista Bruno Maggioni. Altri maestri qualificati guidano la riflessione in sei laboratori: sei «finestre sul mondo» aperte sull’amore, la notte, il futuro, il mistero, la politica, il dolore.
    Esito del Convegno è la volontà di seguire i giovani dove essi sono, avendo a cura tanto quelli più sereni ed ecclesialmente socializzati, quanto quelli più distanti e disturbati. C’è la percezione di un diffuso disagio che si presenta in forme più vellutate e ambigue, affiorando talora con i sintomi di una ricerca religiosa, spesso confusa e intrisa di new-age; come pure c’è la ricomparsa della droga sotto le spoglie di una nuova ritualità dello sballo, consumata nella notte delle discoteche e dei rave party, farcita di techno e di ecstasy.
    Si stabilizza il servizio (centro di ascolto) del Grillo Parlante: una linea telefonica funzionante dalle 16 alle 24 di tutti i giorni, dove rispondono volontari ed esperti delle problematiche giovanili, per fornire agli adolescenti e giovani supporto, orientamento, informazioni sulle attività culturali e ricreative in cantiere. Si consolida l’esperimento del Camper della Notte, per recare una presenza e un’opportunità di incontro fuori dai luoghi di grande aggregazione giovanile, il venerdì e il sabato sera. Si cercano anche alleanze con il territorio, attraverso il progetto Itinera svolto insieme all’informagiovani del Comune di Brescia.
    Attraverso gli operatori del gruppo «La Notte» si pubblicizzano iniziative volte ad informare e preparare i genitori e gli animatori nelle comunità parrocchiali e nelle scuole, ad affrontare i giovani della notte: quelli che hanno portato Brescia sulle pagine della cronaca nazionale, per la drammatica realtà emersa dopo la scomparsa di Yannick. Mettersi con passione «nella notte della vita dei giovani», tanto per citare un intensa mattinata di studio voluta recentemente da mons. Sanguineti, è un altro urgente ed impegnativo gesto richiesto alla comunità dei credenti e a tutti gli educatori, perché il Vangelo della vita sia proclamato anche a chi si schiera inconsapevolmente dalla parte della morte.
    A livello di formazione per gli animatori degli adolescenti e dei giovani, si conferma la proposta di rispettivi corsi di formazione: il salmone felice e il violinista ed il naufrago, mentre prosegue l’attenzione a sussidiare l’estate di ragazzi e adolescenti.
    Per quanto riguarda la formazione al sociale e al politico, dopo un decennio di gestione interassociativa (AC, Acli, Agesci, Movimento dei Focolari) di corsi di formazione per giovani ed un periodo di autonoma organizzazione decentrata nelle zone pastorali, il Segretariato pastorale sociale e il Centro Pastorale Paolo VI hanno offerto due corsi biennali di Scuola superiore di formazione sociale e politica.
    Tutte le iniziative citate, pur rivolgendosi soprattutto ai giovani, hanno catalizzato un’adesione mista e comunque più spinta sull’età giovane-adulta. Così come capita per il seminario interassociativo di pastorale sociale, organizzato ogni anno a Pontedilegno, e ad alcuni Forum su temi di attualità politica, ai quali i giovani sono pure invitati, anche se il percorso non è pensato esclusivamente per loro.
    Nell’ultimo biennio, invece, i segretariati pastorale sociale e pastorale giovanile hanno dato vita ad una serie di incontri mensili: Cristiano nella società specificamente dedicati ai giovani dai 18 ai 30 anni. Un’iniziativa su I giovani e la politica in Italia, è stata invece appena organizzata dai summenzionati segretariati insieme all’Azione Cattolica diocesana.

    Il Rinnovamento dei catechismi per i giovani

    Qualche parola sulla dimensione catechistica, peraltro incorporata - fino a un anno fa - alla PG. Naturalmente con riferimento specifico agli adolescenti e giovani.
    Nella seconda metà degli anni ’90, a conclusione della revisione dei catechismi per la vita cristiana per la fascia giovanile, si registra - anche a livello nazionale - l’apertura della catechesi alla pastorale e viceversa.
    Il CdR2 «Io ho scelto voi» è diventato nel frattempo il catechismo degli adolescenti - ora denominato Catechismo dei giovani 1 (CdG1) -, mentre il precedente Catechismo dei Giovani (ora CdG/2) è stato completamente riscritto nelle sue tre parti e aggiornato alle realtà di oggi: «Venite e vedrete» è il titolo affascinante del nuovo strumento di evangelizzazione.
    Questo lavoro ha coagulato persone e fatto promuovere iniziative che rendono ormai del tutto impensabile un’attività catechistica al di fuori di una azione pastorale e di conseguenza una catechesi più aderente all’esperienza di vita e di fede delle giovani generazioni. La Regione pastorale lombarda ha predisposto, nel 97, degli itinerari guida al CdG/2: un pacchetto di schede redatte con il contributo degli uffici regionali per la catechesi, la PG, la famiglia, le missioni, il sociale e il lavoro, gli universitari, la Caritas e l’Azione Cattolica. Un prezioso esempio di come si possano trarre dalla medesima verità, e scrivere nel medesimo progetto, itinerari differenziati di pastorale giovanile, che raggiungano sempre di più i giovani là dove essi vivono, cogliendo la loro diversa situazione esistenziale.
    Dal ’94 al ’97 il Segretariato diocesano catechesi ha promosso una serie di forum sul CdG 1 e sul CdG 2, coinvolgendo il Servizio Nazionale di PG: un altro fatto che manifesta la volontà di realizzare un’azione catechistica efficace dentro un orizzonte pastorale più ampio. L’idea dei Forum è stata sicuramente uno strumento di conoscenza e promozione del Catechismo, affinché la sua ricchezza venisse colta da tutti gli operatori pastorali che si rivolgono ai giovani, associazioni comprese.
    Non è questa la sede per presentare i pregi del Catechismo dei giovani/2, ma è importante sottolineare come esso sia stato pensato per tutti i giovani, e non solo per i cristiani della linfa, già aggregati. «Venite e vedrete» è un invito da lanciare tanto ai giovani in difficoltà esistenziale (quelli che si trovano nelle strade e nelle piazze, oppure si lasciano coinvolgere solo dalle proposte ricreative dell’oratorio) quanto ai giovani della vita quotidiana (i soddisfatti che frequentano poco, ma si riconoscono nei grandi valori) e, naturalmente, ai giovani dei gruppi ecclesiali.
    All’affermazione che «adesso che ci sono i catechismi, non ci sono luoghi o possibilità di incontro per proporli!» si può rispondere solo con una provocazione: quella di invitare ogni comunità a studiare con pazienza e a sperimentare con fatica itinerari, strumenti, modalità perché la PG, pur non banalizzando tutto quanto contribuisce a crescere i giovani in una piena umanità, sia anzitutto finalizzata ad annunciare il Vangelo e a far incontrare le persone con Gesù Cristo, unico salvatore.
    È quanto ci raccomanda il Vescovo Giulio nella sua Scelta pastorale per l’anno giubilare, invitandoci ad una seria verifica su l’utile, il superfluo, il necessario nella pastorale.
    Si configura come forte attenzione pastorale bresciana la preparazione dei cresimandi adulti (che di fatto sono giovani e giovani-adulti) condotta attraverso una serie di corsi strutturati in differenti moduli, destinati anche a coloro che devono integrare la preparazione alla Confermazione con quella del Matrimonio cristiano. Negli anni ‘90, sono stati cresimati circa 300 candidati ogni anno. L’impianto è rilevante e, considerato insieme a quello per il catecumenato degli adulti, impegna non poche risorse diocesane.

    L’Azione Cattolica nella pastorale giovanile diocesana

    Quella sull’AC è una riflessione sul significato di una presenza che c’era, quando si trattò di far nascere la pastorale giovanile diocesana, e che c’è tuttora, presente in 130 parrocchie, più di 7000 iscritti, quasi 2000 nella fascia 18-25 anni: la più difficile da aggregare.
    L’epoca di «appalto in esclusiva» all’Azione Cattolica, dei diversi tipi di pastorale, è finito da un pezzo. C’è da considerare, però, come l’AC si sia fatta carico delle istanze di evangelizzazione e di formazione delle coscienze in base ad un esplicito incoraggiamento che la Chiesa le ha rinnovato anche nei più recenti pronunciamenti del Magistero. Il vescovo Morstabilini e il sinodo diocesano, pur in anni già difficili, la riconoscevano come realtà che per la sua storia e la sua diffusione in diocesi, rappresenta la forma ordinaria di associazione ecclesiale.
    A metà degli anni ’70, l’AC riprende consistenza dopo il crollo del ‘68 e, forte di un nuovo Statuto, pienamente conciliare, ricomincia dai ragazzi. È l’ACR che riaggrega attorno a sé fanciulli e ragazzi, sfruttando una tradizione educativa già presente negli aspiranti e nella gioventù femminile, perfezionando una metodologia, quella della catechesi esperienziale, proposta in una vita di gruppo intensa e gioiosa.
    Il Settore Giovani va man mano strutturandosi, cominciando dagli studenti e poi, nei gruppi adolescenti (giovanissimi) e giovani. L’intuizione fondamentale è l’organicità dei cammini formativi, proposti con continuità e inseriti nel vissuto di una comunità parrocchiale, collegati nella dimensione zonale, coordinati nel livello diocesano che offre programmi, sussidi, mediazioni locali rispetto ai testi e alle iniziative nazionali. La proposta associativa coinvolge tutte le dimensioni della persona, ma trova il suo centro negli itinerari formativi che traducono i catechismi della CEI e li affrontano da una prospettiva esistenziale, biblico-teologica, celebrativa e missionaria. La dimensione liturgica, pur richiedendo momenti propri in alcune tappe dell’itinerario annuale, è vissuta nella comunità parrocchiale, che l’AC sceglie come realtà principale del suo impegno.
    Momenti forti del settore giovani sono: i ritiri e gli esercizi spirituali, i meeting diocesani annuali, gli incontri zonali, l’iniziativa di solidarietà, i campi scuola estivi ed invernali, e tutta una serie di attenzioni formative per gli animatori dei gruppi di giovanissimi e giovani. Vi sono pure occasioni di raduno nazionale come quella del 1997 a Roma, cui hanno partecipato 1100 giovani bresciani.
    Per il resto, i gruppi giovani seguono le iniziative parrocchiali e diocesane, sentendosi dentro il cammino della nostra Chiesa, con le medesime difficoltà degli altri giovani, ma con l’appoggio di un’Associazione policentrica ed unitaria; che accoglie al suo interno fanciulli di 6 anni ed anziani di 80, tentando di seguire il loro cammino di crescita umana e cristiana con opportuna attenzione pedagogica all’età e alla situazione esistenziale: mi riferisco all’esperienza del Movimento Studenti e al Movimento Lavoratori di AC che, per quanto in continua ridefinizione, segnano l’attenzione dell’Associazione per una pastorale d’ambiente assai in difficoltà.
    Non è possibile prolungare la riflessione sul Settore Giovani di AC e alle sue proposte. In questa sede basti sottolineare la sua disponibilità ad essere soggetto di PG, corresponsabile nello studio e nella elaborazione di un progetto, così pure nella sua attuazione e nella sua verifica.
    L’AC rappresenta un itinerario differenziato di PG che, per dare i suoi frutti, ha bisogno di essere rispettato nei momenti salienti e nei ritmi che ne definiscono l’identità: non può diluirsi soltanto in un servizio generico alla comunità di appartenenza. La proposta associativa è offerta a tutti senza preclusioni, ma non è per tutti! Si tratta di un cammino impegnativo, coinvolgente... è la risposta ad una vocazione laicale che punta a diventare singolare ministero (cf Statuto ACI). Penso che l’AC possa costituire ancora una ricchezza per la nostra Chiesa e per la PG, se le si domanderà di corrispondere sempre di più al suo Statuto, e cioè di essere palestra di formazione laicale alla santità, luogo in cui si costruiscono vocazioni (chi si occupa oggi di far crescere la vocazione dei laici? Quali luoghi sono oggi deputati a tale specifico compito?).
    Nel 1997 è uscito un fascicoletto prezioso, redatto congiuntamente dal Servizio nazionale di PG della CEI e Settore Giovani dell’ACI: La pastorale giovanile e il settore giovani dell’AC. Contiene indicazioni validissime per un proficuo lavoro d’insieme, dalle quali emerge anche una linea per il rapporto della PG con gli altri gruppi, movimenti e associazioni che hanno tutto il diritto di esistere e con i quali l’AC non si vuole mettere assolutamente in competizione o in contrapposizione, ma in un atteggiamento di stima, di gratitudine reciproca, di complementarità: sentimenti che già si vivono nella Consulta Diocesana dell’Apostolato dei laici.

    La situazione attuale

    Nel 1999, in seguito all’arrivo del nuovo Vescovo, assistiamo ad una riorganizzazione degli assetti della Curia diocesana, ad un ricambio di illustri protagonisti e, per quanto ci riguarda, allo sdoppiamento tra segretariato Catechesi e PG. La prima realtà è impegnata quest’anno a definire un impianto organico per la formazione dei catechisti degli adulti da realizzare in un decennio in tutta la diocesi, nelle diverse zone pastorali. Così pure, è impegnata a tradurre le indicazioni contenute nel Piano di Lavoro per l’Iniziazione Cristiana dei ragazzi, elaborato con notevoli sforzi negli ultimi anni. I giovani in quanto tali non sono, quindi, nelle priorità che la Commissione diocesana catechesi si è assegnata quest’anno. Il Segretariato Oratori e Pastorale Giovanile si ritrova perciò da solo ad affrontare, con novità di approccio, i problemi di sempre. C’è da augurarsi che inizi davvero Col passo giusto 00, per citare il seminario di studio sulla PG appena terminato, destinato ad animatori della PG, nuovi e già rodati, a sacerdoti e religiose impegnati nella PG. Tra gli obiettivi si citava l’Imparare: a fare i primi passi, ad amare i giovani, a pensare in grande, a valorizzare l’esperienza comunitaria precedente, a riflettere sulle sfide pastorali di oggi collaborando con tutte le realtà, civili ed ecclesiali, animate da passione educativa. Le quattro serate hanno considerato temi imprescindibili, il mondo giovanile, i documenti dei vescovi italiani sulla PG, i nodi dell’educazione alla fede, i soggetti della PG e sono state esaminate anche delle declinazioni concrete.
    Penso che il nostro Progetto di Pastorale Giovanile ha già dieci anni ed è stato a lungo in incubazione prima della sua uscita. Vale la pena di considerare i pronunciamenti più recenti, quello degli oratori lombardi: La PG dopo Palermo (1996), e il documento dell’episcopato italiano Educare i giovani alla fede (1998), nonché il materiale diocesano degli ultimissimi confronti sulla PG, per iniziare un lavoro concertato con tutte le forze vive della pastorale, interessate ai giovani, compresi i movimenti, i gruppi, le associazioni. E da qui ripartire proponendo ancora ai giovani del 2000, in maniera convincente, l’incontro con Gesù che è sempre lo stesso «ieri, oggi e sempre».


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    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
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    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

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