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    Si può ancora fare animazione oggi?


    Livia Cadei

    (NPG 2001-02-76)


    Al giorno d’oggi, sempre con maggiore frequenza, si assiste al ricorso ad interventi di natura animativa per avvantaggiare le condizioni di aggregazione in àmbito sociale. Una simile tendenza, di là dall’offrire garanzie in merito alla corretta interpretazione del ruolo che l’animazione può intraprendere per l’esigenza indicata, motiva ad un’accurata attenzione circa il tema dell’animazione stessa.
    Se per un verso, infatti, l’accresciuto interesse nei confronti delle pratiche animative sollecita ad osservare in modo puntuale quelle situazioni per le quali si invocano azioni del genere, per altro verso, lo stesso fenomeno deve essere occasione per un’indagine precisa, volta a circostanziare i principii sottesi all’animazione medesima.
    Un impegno in questa direzione giova all’elaborazione di esperienze valide. In virtù della ricerca e della esplicitazione dei fondamenti del processo animativo è possibile orientare in modo pertinente le attività di animazione.
    Nella prospettiva di un approfondimento del tema si giustificano le considerazioni proposte in questa sede.

    Alcuni possibili fraintendimenti

    È opinione di quanti si occupano da tempo di animazione che l’ampliamento delle problematiche sociali, l’incremento degli interventi socioeducativi e il riconoscimento di una specifica responsabilità da parte del territorio prefigurino uno scenario in cui l’animazione è chiamata a svolgere compiti significativi e rilevanti. Vale per tutte una delle ultime riflessioni di A. G. Ellena: «Sono proprio le situazioni sempre più ricorrenti di precarietà economica, di vuoto culturale, di intolleranza ideologica, di opposizione d’interessi, di diversa visualizzazione delle cose, di scarsa partecipazione alle decisioni d’interesse pubblico, di non scorrevolezza nella trasmissione di disposizioni, di non funzionalità dei servizi elementari, di non coordinamento degli interventi, di ingiustizia distributiva… che impediscono all’animazione l’inattualità, che le aprono orizzonti operativi immensi. Infatti, in tutte queste situazioni, che bisogna ostinarsi a considerare anomale e devianti, occorre introdurre fattori di equilibrio, che ne favoriscano il superamento».
    È opportuno però rilevare anche che, sebbene la situazione socioculturale della società avvantaggi l’incremento delle esperienze di animazione, non si danno con altrettanta certezza i presupposti di autenticità per interventi simili.
    Il dubbio stimola i seguenti interrogativi: se la domanda di animazione non sembra diminuire ma, anzi, con probabilità se ne può prevedere un incremento nei prossimi anni, quale offerta di animazione sarà formulata e in che termini potrà essere articolata? Quali garanzie saranno in grado di offrire le proposte di animazione per corrispondere ai reali bisogni dei soggetti?
    È importante anzitutto segnalare eventuali pericoli in cui l’animazione può incorrere.
    Per essa si profila in effetti il paradosso di godere della massima diffusione, proprio quando da più parti si registrano preoccupate riflessioni nei riguardi di una cultura pronta «a smentire i valori su cui quella si fonda». L’affievolirsi della ricerca dei significati, l’offuscarsi dell’autenticità delle forme di convivenza e l’inaridirsi della dimensione progettuale dell’essere umano, sembrano impedire l’individuazione di modalità opportune per esaminare questioni di fondo.
    R. Toraille riconosce che «l’animazione è un tentativo di risposta ad una domanda ansiosa, angosciosa, di scambio e di comunicazione. Malgrado la solitudine imposta e l’isolamento voluto, gli uomini hanno sempre bisogno di parlarsi e di conoscere e di riconoscersi. Per riuscirci, si sforzano di sostituire alle relazioni verticali gerarchizzate le relazioni orizzontali, donando a ciascun soggetto coscienza del proprio ruolo e della propria esistenza. Si tratta allora, per l’animazione, di facilitare gli scambi e di permettere l’elaborazione di proposte per azioni diverse».
    L’argomento è di diretta pertinenza per l’animazione alla quale si riconosce la fondamentale vocazione di rispondere al bisogno dell’uomo, di recuperare il contatto profondo con i valori della cultura, di beneficiare degli effetti vivificanti che da questo accostamento scaturiscono e di confermare il vigore delle capacità e delle potenzialità personali.
    La seconda constatazione concerne le tensioni ideali, tipiche della pratica dell’animazione dall’origine, di impegno sociale, culturale ed educativo che rischiano di indebolirsi in assenza di attenzione vigile verso le esperienze volte ad incrementare il consenso e la partecipazione alla vita della società. Nell’epoca dell’affermazione di rapporti interistituzionali e del ricorso alla strategia delle «connessioni», matura la preoccupazione circa «un eccessivo inglobamento dell’animazione, che può dimenticare la sua vocazione prima di tutto umanista, cioè finalizzata alle persone e ai loro bisogni reali».
    È importante, allora, ribadire che l’efficacia dell’animazione va espressa come capacità di promuovere, per e nell’uomo, sia l’accostamento a dimensioni valoriali, sia l’espressione degli aspetti profondi che ne qualificano l’esistenza.
    Una terza difficoltà per l’animazione riguarda la delicata questione circa il rapporto di pertinenza tra la rilevazione di una certa condizione e l’individuazione degli interventi atti a promuovere il cambiamento.
    Dal momento che l’animazione non intende mirare al semplice soddisfacimento dei bisogni, pare rilevante, per un simile approccio, riuscire ad affinare la capacità di riconoscimento delle tendenze vitali dei soggetti verso cui si rivolge. In questo senso, essa è chiamata ad osservare con precisione il significato e le inclinazioni della domanda espressa, al fine di superare il pericolo di indulgere verso il soddisfacimento di esigenze non autentiche.
    È in voga da tempo un certo impiego della prassi animativa in iniziative tese ad occupare il tempo libero. L’avvento di «una società emancipata dalla penuria, con un tasso crescente di tempo spendibile per i soggetti e centrata sulla terza Agenzia (il settore dell’Immateriale) è destinata a vedere aumentato enormemente il ruolo del divertimento». Sembra prevalere, ai nostri giorni, l’aspirazione a sollevare l’individuo dall’onere di trovare da se stesso risposte ai propri spazi di libertà.
    Per cui è opportuno che il metodo dell’animazione possa avvantaggiarsi di riflessioni e di risorse nuove, da impiegare per la decodifica della domanda implicita. La proposta animativa deve essere articolata attraverso un’attenta interpretazione della situazione reale e un preciso riscontro del criterio di pertinenza, volto a porre in luce la congruenza tra i principii da avvalorare e l’oggetto dell’indagine.
    Se l’argomento sottolinea la necessità di garantire risposte adeguate ai desideri dell’uomo e articolate proposte di pratiche sociali, ne consegue altresì una tutela per la natura dell’animazione stessa. Non è da trascurare il fatto che il ricorso a validi strumenti di indagine incrementa per l’animazione la possibilità di approfondire e circostanziare la propria identità culturale e metodologica. Nuoce anzitutto all’animazione intraprendere percorsi non sostenuti da un’adeguata osservazione delle problematiche cui essa attende. La negligenza verso un accurato lavoro di esplorazione produce l’effetto dell’impiego di metodi e di tecniche impropri.

    Il senso dell’«opzione animazione»

    Le osservazioni articolate fino a questo momento avvertono circa alcuni elementi di problematicità che ostacolano l’autenticità della proposta di animazione.
    Da ciò discende un’esigenza di precisazione tesa al recupero e all’approfondimento del significato dell’animazione medesima.
    Nella direzione indicata non sono inopportuni, allora, gli sforzi che di recente mirano a chiarimenti di ordine semantico.
    Al proposito si sottolinea che la ricerca intorno al termine animazione rimanda al verbo «animare», la cui radice etimologica suggerisce almeno due significati. Per un verso, l’atto di animare è ispirato dalla volontà di infondere l’anima, di suscitare la vita e di accrescere l’energia. Sin d’ora è evidente la stretta corrispondenza tra animazione e vita, da intendere come soffio vitale, alito; il richiamo è agli elementi che rimandano al mistero dell’esistenza.
    Per altro verso, l’animazione esprime l’attività, il movimento, il dinamismo e la vivacità; si tratta di un significato che esprime l’idea di attivizzare, vale a dire l’intervento teso a rendere attivi i soggetti.
    La duplicità semantica palesa già l’ambiguità che contraddistingue alcuni degli interventi dell’animazione. L’invito è al recupero del senso originale e specifico atto a tradurre in modo autentico la vocazione dell’animare. Tanto l’espressione di «infondere l’anima», quanto il concetto di attivizzare rivelano l’importanza del coinvolgimento del soggetto in un moto di ricerca da non confondere con il dispersivo attivismo, ma da intendere come indagine vitale intorno a quanto contribuisce ad arricchire l’essere della persona.
    Con questa chiave di lettura occorre riaccostarsi ai due significati proposti.
    Animare, nel significato transitivo o intransitivo, muove alla scoperta della vita, in virtù della quale la persona rintraccia e svela il suo essere unico ed originale.
    In questo senso, allora, è possibile immaginare movimento e vitalità per quel soggetto che affronta un cambiamento. Tuttavia va ribadito ancora che l’azione nella prospettiva animativa non è mai fine a se stessa, non produce semplice rumore, ma attiva ricerche fondamentali.
    Così, l’animazione nel significato più proprio è ispirata dalla vita e ispira la vita. Una profonda sensibilità nei confronti di quest’ultima orienta la prospettiva animativa. Ogni segno, forma ed espressione della vita suscita l’interesse dell’animazione. L’atto di animare, allora, nasce dall’affinità con la vita della quale l’animatore percepisce la presenza. Colui che anima avverte i «germi vitali», coltiva, cura e promuove la possibilità di manifestarsi della vita medesima.
    Con questa intenzione l’animazione si accosta all’uomo, alla società e alla cultura in cui quello abita e si esprime. L’intervento animativo si concretizza come azione umana e sociale che mira «allo sviluppo della coscienza delle persone, dei gruppi e delle comunità, quindi della loro capacità di vivere in modo consapevole, critico e progettuale l’avventura dell’esplorazione dello spazio-tempo che la vita ha loro donato».
    Diversi sono gli àmbiti nei quali l’animazione può trovare applicazione. Nell’arco della sua storia sono state condotte esperienze in campo sociale, politico, culturale e religioso. Di là dalle differenziazioni che qualificano in modo specifico ogni intervento, l’animazione autentica si contraddistingue per la capacità di tradurre nell’azione animativa le finalità cui essa attende.
    Ciò che accomuna esperienze differenti ma ugualmente efficaci, è l’aspirazione a rendere consapevoli gli individui, ad incrementare la coscienza soggettiva circa le risorse e il potenziale personale, a favorire la capacità di partecipare, di assumere un ruolo attivo, di appartenere e di esprimere la personale ed originale identità.
    L’intento è pienamente formativo ed è sorretto da presupposti concettuali e dotato di procedimenti precisi la cui specificazione giova al discorso dell’animazione stessa.
    In modo insistente, oggi e da più parti, è auspicato un tentativo di sistematizzazione articolato e rigoroso in favore dell’animazione. È andata maturando, cioè, una certa consapevolezza circa l’opportunità di offrire sostegno alle numerose pratiche animative con uno sforzo di natura concettuale.
    La molteplicità degli interventi di animazione realizzati necessita di una ricognizione e di un vaglio critico dei medesimi alla luce del significato che s’intende porre a fondamento. Se, come sostiene M. Fabbri, «l’animazione ha smarrito la propria originaria propulsività, sono mutati ampiamente i temi di connotazione dell’ambiente storico-culturale ed essa, insieme alla propria capacità di infiltrazione in circuiti d’esperienza scavati dall’inquietudine e dal desiderio di cambiamento, sembra aver smarrito anche il proprio oggetto empirico e fenomenico, il proprio costitutivo campo d’indagine», occorre all’animazione un confronto puntuale con un modello concettuale che ne valuti la consistenza progettuale, metodologica ed organizzativa.
    La connessione tra il principio della non direttività e le tecniche evasive ha suscitato un’idea di animazione come pratica in cui l’assenza di sistemi concettuali preordinati rappresenta l’elemento di specificità dell’intervento. Svincolata dal richiamo ad un insieme di significati, l’animazione sembra adattarsi meglio all’infinita varietà e mobilità del tessuto sociale.
    In realtà la mancanza di un fondamento teorico in grado di giustificare il senso dell’operare in animazione costituisce un rilevante elemento di debolezza e segnala piuttosto una degenerazione verso lo spontaneismo e l’improvvisazione.
    Senza un’adeguata fondazione concettuale l’animazione perde necessariamente la capacità di definire i propri obiettivi, gli strumenti, i metodi e, conseguentemente, viene meno la possibilità di tendere in modo intenzionale ad un progetto di coscientizzazione per i soggetti a cui si rivolge.
    La preoccupazione per il ruolo di legittimità che l’animazione intende assumere nel campo degli interventi sociali deve incoraggiare verso l’individuazione precisa di uno statuto epistemologico.
    Il dare dignità culturale alle esperienze di animazione condotte postula l’intenzione di elaborare riflessioni agganciate a teorie di riferimento e di articolare considerazioni circa i «contenuti cardine del lavoro sociale e intorno alla problematica tra idealità e pragmatismo», al fine di predisporre mappe concettuali utili ad orientarsi nel territorio dell’animazione.
    L’animazione muove da una concezione dell’uomo, del mondo e dei significati che va esplicitata e che offre le coordinate utili ad orientare le scelte per l’operatività.
    Sembra dunque importante segnalare con forza l’esigenza di un impegno atto a rintracciare i presupposti concettuali e ad elaborare intorno ad essi una riflessione organica, con l’intento di recuperare e insieme concorrere a fondare un significato autentico dell’animazione non confinato nell’ambito mutevole del quotidiano.


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