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    Documento educativo-pastorale a partire dalla lettura della condizione giovanile del nostro territorio


    Ufficio diocesano PG Rossano-Cariati - Commissione Diocesana

    (NPG 2001-02-15)


    Questo documento è frutto del lavoro di un anno della Commissione Diocesana di Pastorale Giovanile.
    La commissione è un gruppo di cristiani, laici e sacerdoti, giovani e adulti, educatori, insegnanti, religiosi/e della nostra Chiesa locale, che si radunano periodicamente per riflettere, progettare e verificare insieme la situazione della pastorale giovanile della nostra Chiesa locale.Il lavoro di questo gruppo intende porsi come servizio ecclesiale per promuovere e qualificare l’azione che le nostre comunità svolgono verso i giovani del territorio, e incoraggiare le iniziative di pastorale giovanile messe in atto dalle parrocchie, dai gruppi, Associazioni e Movimenti ecclesiali. Perciò ci siamo costituiti come Osservatorio della realtà giovanile e delle prassi pastorali attivate con i giovani, e come Centro di animazione che tenda al superamento della distanza tra mondo giovanile e mondo ecclesiale (punto di riferimento resta il Convegno Pastorale ecclesiale sulla pastorale giovanile celebrato nel 1996 «insieme ai giovani»).

    Un sguardo sulla pastorale giovanile a livello diocesano

    Il lavoro di questi anni si è anzitutto concentrato sulla lettura della realtà pastorale esistente: è emerso che nella nostra Chiesa di Rossano-Cariati sono in atto molteplici interventi rivolti al mondo dei giovani: la pastorale giovanile parrocchiale registra la presenza di diverse decine di gruppi di ragazzi e adolescenti, sostenuti dal prezioso e capillare servizio dell’Azione Cattolica Giovani. Sono inoltre presenti variegate proposte educative ed evangelizzatrici di Associazioni e Movimenti giovanili ecclesiali: dall’Agesci alla proposta Francescana (Gifra di Terranova), dalla proposta Teresiana e quella Murialdina; e poi la proposta Salesiana (Mgs di Corigliano e Spezzano), quella della Gioventù Minima (Gim di Corigliano); e ancora la Gioc, attenta particolarmente al mondo del lavoro giovanile, la Fuci e l’AC che si sporgono con progettualità forti sull’ambiente Scuola-Università. Possiamo inoltre con soddisfazione registrare, negli anni che sono seguiti al Convegno Diocesano del ‘96, il rilancio degli Oratori parrocchiali e zonali in diverse realtà (da Caloveto a Terranova, da Corigliano-Apollinara a Campana).Insomma la Pastorale Giovanile della Chiesa di Rossano Cariati è vivace e segna il ridestarsi dell’attenzione verso il mondo giovanile, anche di quello per così dire alla periferia della chiesa.

    UNO SGUARDO AL MONDO GIOVANILE CON GLI OCCHI DELLA FEDE

    Nonostante questo ravvivarsi della progettualità pastorale da parte delle nostre comunità cristiane, vogliamo comunque tenere gli occhi ben aperti e i piedi per terra: ancora gran parte del mondo giovanile vive lontano o quasi ai margini della comunità cristiana; da essa se ne allontana vistosamente alle soglie dell’adolescenza, e le si riavvicina per lo più occasionalmente solo in modo fugace.
    Restano un «piccolo gregge» quei giovani, soprattutto oltre i 15-16 anni, che prendono parte attiva e operano da protagonisti consapevoli delle comunità cristiane. Mentre gioiamo per la loro vivace compagnia, non possiamo rassegnarci a che la maggior parte dei nostri giovani non sia raggiunta oggi dal liberante annuncio di Gesù il Signore della Vita. Crediamo infatti che molti di essi, forse la maggior parte, si siano allontanati o vivano distanti dalla comunità cristiana perché non è ancora risuonato nella loro vita il messaggio di felicità dell’Evangelo. Per questo la pastorale giovanile non può accontentarsi della strategia del piccolo gregge.

    In ascolto dei giovani

    La commissione ha compiuto una scelta, che proponiamo oggi alle comunità della Diocesi, e che abbiamo accolto dalla voce del nostro Arcivescovo nel Convegno ecclesiale del ‘96: mettersi in ascolto del mondo giovanile, per capire i giovani, per cogliere quello che in essi di positivo affiora, pur tra le ombre, per comprendere le ragioni di una distanza, per cogliere le domande di vita, consapevoli e forse silenziose, che essi pongono a chi intende farsi loro compagno di strada.La lettura del mondo giovanile che è nata all’interno della Commissione non si riduce ad una lettura sociologica o psicosociale: essa è una lettura di tipo educativo-pastorale, che porta lo spessore dall’esperienza di chi, con amore e fantasia, vuole cogliere il fuoco sotto la cenere, cioè la grande passione di vita che attraversa il nostro mondo giovanile.

    I giovani come risorsa. Segni di speranza e grandi domande

    Lo sguardo sul mondo giovanile di questa lettura educativo-pastorale ci ha permesso anzitutto di cogliere i giovani del nostro territorio piuttosto «come risorsa» che non «come problema».
    Essi sono una risorsa di vita e di passione per la vita che spesso resta nascosta, parcheggiata in attesa di tempi a venire per la sua immissione nel sistema sociale.
    Cosa cercano i nostri giovani, cosa vogliono? Vogliono poter «vivere qui ed ora» quella vita che scorre dentro, e che invece spesso sentono di dover soffocare.
    Certo la domanda immediata e più visibile è quella del lavoro che non c’è. La nostra Diocesi alcuni passi in tali direzione li sta facendo: proprio attraverso il Centro Servizi all’Imprenditorialità Giovanile e attraverso il movimento Gioc in particolare.
    Ma i giovani del nostro territorio chiedono anche altro: chiedono luoghi di incontro, centri di aggregazione e luoghi di promozione del loro bisogno di esprimersi e di fare cultura. Cercano compagnia, occasioni per stare bene insieme, ma soprattutto proposte di aggregazione significative, per fare gruppo e auto-organizzare il tempo libero e quello da impegnare.
    Ancora, i nostri giovani chiedono comunicazione, incontro, mentre cercano di sperimentare modelli nuovi di comunicazione tra di loro.
    E poi le ricerche recenti mettono in evidenza che i nostri giovani portano dentro un anelito genuino alla legalità, un bisogno quasi esasperato di sicurezza, la voglia di autenticità nei rapporti tra le persone, il desiderio di un ambiente pulito, una città ordinata e vivibile: in una parola i giovani cercano una nuova cittadinanza.
    Inoltre i giovani cercano compagni di strada adulti che li aiutino a crescere nella stima di se stessi e nella capacità di guardare con fiducia e con sicurezza a quello che sta loro dinanzi.
    La modalità attraverso cui esprimono la ricerca di vita è in sintesi la ricerca della qualità della vita: a scuola come in strada, in famiglia come nella vita sociale.
    A queste domande profonde come rispondono oggi le nostre comunità?
    * Proposta:
    - occorre riscoprire «figure di adulti capaci di ascolto», di collocarsi all’interno del mondo giovanile per catalizzare i messaggi e i bisogni emergenti;
    - le parrocchie e gli oratori si aprano a dare risposte, insieme ai giovani, ai loro interessi e alle loro domande di vita.

    ALCUNI NODI PROBLEMATICI DELLA CONDIZIONE GIOVANILE

    Questa lettura dei segni in positivo e di speranza del mondo giovanile non intende però sottrarsi ad un compito critico, quello di cogliere anche le ombre e i nodi problematici della gioventù del nostro territorio. I problemi che abbiamo cominciato a chiamare per nome tuttavia dal punto di vista pastorale diventano, per le nostre comunità ecclesiali, le sfide dei giovani al cambiamento e le direzioni privilegiate per un impegno di evangelizzazione attraverso l’educativo.

    La «gabbia familiare» che rallenta il percorso d’identità giovanile

    Un primo nodo problematico su cui intendiamo richiamare l’attenzione degli educatori è quello del sistema familiare che, per molti dei nostri giovani, diviene la «gabbia» di sicurezza. La forte dipendenza, accentuata dall’insicurezza diffusa e dalla chiusura del sistema lavorativo, fa sì che la famiglia per molti giovani renda problematico il «distacco», una delle esperienza fondamentali della crescita. Assistiamo ad un vero e proprio rallentamento, quando non si tratta di blocco, del processo di elaborazione autonoma dell’identità personale degli adolescenti e dei giovani.
    La presenza poi di meccanismi di negoziazione del conflitto genitori-figli, di iperprotezione da parte dei genitori, di proiezione-fuga da parte dei giovani al di fuori della famiglia in forme e figure simboliche (il tempo della notte, i comportamenti di evasione e di trasgressione, il consumismo con l’ossessione al possesso di oggetti-simbolo come la moto, il telefonino, le cose firmate) eludono e svuotano praticamente l’esercizio quotidiano del principio di responsabilità in famiglia, principio che solo può condurre i giovani alla conquista della propria autonomia personale, il vero compito evolutivo dell’età giovanile.
    * Una prima sfida: attorno a questo nodo la commissione ha colto la prima sfida proveniente dal mondo giovanile e rivolta alla comunità cristiana e al mondo adulto e delle istituzioni: divenire capaci di attivare processi che favoriscano l’elaborazione autonoma dell’identità giovanile attraverso coraggiose proposte capaci di spingere all’autonomia, alla autoresponsabilizzazione e corresponsabilizzazione.
    * Proposta:
    – una via privilegiata che crediamo vada percorsa, in collaborazione con l’Ufficio diocesano di Pastorale della famiglia, è quella dell’attivazione, in alcune parrocchie o almeno in ciascuna vicaria, della cosiddetta «Scuola Genitori»;
    – creazione di spazi di partecipazione e di protagonismo dei giovani.

    Il secondo nodo: rapporto problematico con la cultura

    I giovani del nostro territorio, almeno nella loro globalità, pur con variazioni notevoli ed eccezioni minoritarie, soffrono sullo loro pelle un rapporto problematico con la cultura e subiscono, senza spesso esserne consapevoli, una situazione di sradicamento quando non di deprivazione culturale che deve provocare il mondo adulto. Per tanti giovani del nostro territorio il valore della cultura sociale, sia quella «tradizionale» che quella mediata dall’istruzione (perciò critica), è debolmente considerato e ritenuto poco importante per la propria autorealizzazione. Infatti appare ampiamente diffusa l’indifferenza e acuto il malessere verso i processi di comunicazione culturale (denunciano una scuola malata con scioperi insensati e disertano le associazione culturali).
    Appare invece dominante tra loro la cultura veicolata dalla comunicazione di massa: quella del consumo sfrenato, dell’avere e dell’apparire, del successo facile e del colpo di fortuna, anziché dell’essere e del comunicare.
    * La sfida che cogliamo e intendiamo rilanciare alla comunità cristiana attenta ai processi culturali (in linea con il Progetto culturale della nostra Chiesa) è quella di divenire comunità capace di offrire una «cultura vitale», cioè una cultura strettamente legata alla vita quotidiana attraverso l’esperienza e i linguaggi che da essa scaturiscono; una cultura che esprime la ricerca intenzionale della qualità della vita.
    Allora la cultura apparirà anche ai nostri giovani lo strumento imprescindibile di emancipazione, di liberazione e di personalizzazione per progettare la propria vita.
    È chiaro che questa sfida richiede una comunità cristiana profondamente in sintonia e collaborante con la scuola perché divenga «casa della sapienza» per le nuove generazioni.
    * Proposta:
    – oratori, associazioni, gruppi giovanili divengano veri e propri «laboratori» di cultura e creatività giovanile.

    Il terzo nodo: la fatica della comunicazione con il mondo adulto

    La comunicazione dei giovani con gli adulti, sia con quelli del mondo familiare che con gli altri, appare alquanto problematica. Con gli adulti diventa per loro difficile confrontarsi e comunicare sulle cose che contano, sulle cose davvero importanti per i giovani stessi. Essi si volgono «altrove». La comunicazione vitale sulle cose importanti infatti la gestiscono esclusivamente nella orizzontalità del rapporto con i coetanei.
    Questo atteggiamento giovanile denota anzitutto una prima domanda: una ricerca preferenziale della relazione paritaria e di un contesto interpersonale entro cui avere riconosciuta la libertà di essere diversi. E allora dice voglia di gruppo, voglia di stare insieme, voglia di compagnia con i coetanei.
    Ci chiediamo: che risposta danno le nostre comunità ecclesiali? Accolgono la voglia di gruppo dei giovani?
    Tuttavia in questo atteggiamento rileviamo anche la difficoltà dei giovani a vivere la relazione con la differenza di cui l’adulto è portatore: la differenza generazionale e culturale. I nostri giovani sono alla ricerca di modelli nuovi di comunicazione anche con gli adulti, modelli capaci di riconoscere e valorizzare la differenza del giovane, anziché sminuirla.
    * La sfida per la comunità ecclesiale e per ciascun adulto che intenda andare incontro ai giovani è quella della comunicazione capace di riconoscere l’altro, ma fondata sull’esperienza di vita. I giovani sono curiosi e hanno voglia di confrontare le loro esperienze con l’esperienza dell’adulto; ciò che non vogliono sentire sono le prediche!
    * Proposte:
    – favorire e potenziare la nascita e il cammino di gruppi di ragazzi, adolescenti e giovani, cominciando a mettere a disposizione uno «luogo» per loro;
    – affiancare ai gruppi giovanili la presenza di adulti-animatori in grado di recuperare le distanze generazionali;
    – iniziative formative per abilitare gli adulti, in particolare gli educatori, alla comunicazione dentro i modelli e i nuovi linguaggi dei giovani.

    Quarto nodo: l’impoverimento della dimensione del tempo

    Due elementi sembrano caratterizzare il vissuto intorno al tempo dei giovani che conosciamo da vicino:
    Anzitutto un rapporto debole con il «tempo passato»: manifestano scarsa attenzione e interesse per il tempo passato, una indifferenza verso la tradizione e soffrono di un vero e proprio sradicamento dalla memoria storica. Da qui la memoria vissuta più come condizionamento e vincolo che non come possibilità e apertura al nuovo del tempo.
    Ma i giovani vivono un rapporto ancora più fragile e problematico con il futuro. Tra essi è diffusa «l’incertezza» verso il futuro e un certo «pessimismo» per quanto riguarda le possibilità che il futuro può riservare loro. Spesso prevale un atteggiamento rinunciatario rispetto alle progettualità e di rassegnazione. Le ricerche parlano di «stato di confusione» e una «totale assenza di linee guida» su cui impostare la propria biografia personale!
    Quello che predomina invece nel vissuto temporale dei giovani della nostra realtà è il tempo presente, povero di prospettiva sia verso il passato che verso il futuro.
    * La sfida: le nostre comunità si sentono interpellate allora ad aiutare i giovani a ricuperare anzitutto il rapporto vitale con il tempo passato. E qui esse appaiono davvero sfidate sulla memoria che custodiscono e di cui debbono sentirsi debitrici verso i giovani.
    * Proposte:
    – per aprire al futuro i giovani siamo sollecitati a creare contesti educativi di accoglienza e contesti relazionali capaci di alimentare la fiducia in sé e nel futuro;
    – ricuperare il senso vitale delle tradizioni come memoria vitale, non riproponendole così come sono nate ma riesprimendole insieme ai giovani.

    Insicurezza e ricerca di fiducia nella vita

    I nostri giovani non sembrano brillare per un eccesso di fiducia nella vita. L’atteggiamento verso il futuro ne è un indicatore, ma esso appare connesso anche ad un atteggiamento generale di caduta di fiducia verso se stessi, verso la realtà e le istituzioni in particolare, verso il territorio e la vivibilità della vita. A volte rassegnazione e pessimismo sono dominanti tra i nostri giovani, e spesso l’insoddisfazione verso il contesto di vita li rende prigionieri.
    Da qui l’atteggiamento di fuga, di disponibilità ad abbandonare terra e compagni, oppure di rinuncia e rassegnazione, di paura a rischiare di persona intorno a qualcosa di grande. La caduta di fiducia in se stessi e verso la società si manifesta infine in un «bisogno di sicurezza» tutto proiettato verso l’istituzione, accompagnato ad una acuta denuncia del degrado del pubblico che è l’eredita consegnata loro dal mondo degli adulti.
    * Da tutto ciò emerge una nuova sfida: i giovani chiedono a noi con insistenza da un lato ragioni per fidarsi e dall’altro gesti concreti che siano in grado di rigenerare in loro stessi la fiducia vitale. La fiducia uno non se la dà da solo, ma può essere indotta da testimoni credibili che la fanno sbocciare e che offrono al contempo la narrazione di storie e di ragioni generatrici di speranza. Crediamo che le nostre comunità ecclesiali debbano sentirsi interpellate intorno a quella riserva di fiducia e di speranza che è l’evangelo.
    * Proposta:
    – In questo senso ogni comunità è sollecitata a interrogarsi per individuare i «gesti concreti» da porre che facciano nascere la fiducia nei giovani

    Benessere e malessere, ricerca della qualità della vita e problema del senso

    In forma più o meno intensa sette giovani su dieci del nostro territorio si dicono soddisfatti della loro vita. Naturalmente le aree della gratificazione e del benessere riguardano maggiormente la sfera del privato e delle relazioni affettive. Quando poi dal versante del benessere nel privato ci si apre alla sfera pubblico-sociale, con riferimento all’esperienza della città, della democrazia, della legalità e della solidarietà sociale, allora si dischiude una voragine.
    Su questo nodo sembra concentrarsi il vissuto di malessere dei nostri giovani, accompagnato perciò al disamore verso le istituzioni e la dimensione pubblica della vita, che non appare in grado di fornire risposte adeguate di sicurezza, di integrazione, di star bene sociale e di cittadinanza.
    * La sfida sulla qualità della vita: una comunità che non sappia farsi carico della qualità della vita sociale e non sappia valorizzare e consolidare quella qualità di vita delle relazioni al suo interno apparirà irrilevante e insignificante sul cammino giovanile, e sarà vissuta più come ostacolo che non come risorsa per i giovani.
    * Proposte:
    – attivare nuovi spazi di cittadinanza dei giovani (testate giovanili, forme nuove di rappresentanza) per aiutarli a passare dall’indifferenza verso la politica alla progettualità.

    Il problema del senso dell’esistenza

    Le comunità ecclesiali che si portano dentro l’anelito all’evangelizzazione del mondo giovanile debbono prendere coscienza che oggi il problema religioso per i giovani passa attraverso il problema del senso della vita.
    Parliamo di percorso di ricerca di «senso globale» della vita, cioè del bisogno di dare una direzione sensata all’esistenza, dell’esigenza di trovare un riferimento in qualche «stella polare» in grado di dare unità ai molteplici orientamenti che segnano ogni vita.
    I giovani che abbiamo cercato di conoscere appaiono piuttosto catturati dalla gratificazione dei propri bisogni vitali (in particolare di quelli affettivo-relazionali) e sguarniti della capacità di elaborare i loro vissuti entro una prospettiva di senso.
    D’altra parte non possediamo al momento dati di ricerche che ci illuminino un po’ di più sui percorsi di riappropriazione del senso e sul suo aggancio col vissuto religioso di questi giovani. Per quanto riguarda il rapporto con la «religione», i nostri giovani ne «dichiarano» l’importanza, ma nel sistema dei valori di fatto essa risulta sempre più marginalizzata, soprattutto quando deve funzionare come criterio etico.
    Dirsi credenti e dichiarare importante la religione non vuol dire affatto per i giovani assumere un atteggiamento che integra la religione nella propria struttura di personalità. Essa potrebbe risultare ancora un’adesione acritica e conformistica ad una tradizione la cui rilevanza per la vita quotidiana resta ancora tutta da verificare.
    In sintesi la disintegrazione fede-vita nei nostri giovani è enorme e rivela alcuni dei suoi effetti proprio nell’ambito dell’atteggiamento morale.
    Tuttavia da alcuni elementi quali la fragilità della fiducia vitale, l’atteggiamento di impotenza e rinuncia, l’insoddisfazione verso la qualità della vita sociale, l’attendismo e il debole slancio progettuale, il pessimismo che affiora, la chiusura nel presente e nel caldo dei mondi vitali (famiglia, amici, coppia) ci inducono a ritenere che la maggioranza dei nostri giovani non si senta per nulla sostenuta dal sistema educativo, e in particolare dalla comunità ecclesiale, nell’elaborare la propria domanda di felicità nella direzione del senso dell’esistenza.
    Venendo a mancare il lavorio di «scavo culturale» della domanda di vita, la domanda sul senso dell’esistenza della maggioranza dei nostri giovani resta sommersa, non consegnata ad alcuna elaborazione, e contribuisce ad alimentare quel senso di insoddisfazione, di disagio e malessere che il disagio diffuso esprime. I nostri giovani volano basso!
    * La sfida: i giovani della nostra realtà territoriale hanno bisogno di comunità e di adulti capaci di sostenerli nel percorso di elaborazione della domanda di vita e nella ricerca del senso religioso dell’esistenza. Ci chiedono di essere degli educatori capaci di condurli, oltre i bisogni e la loro gratificazione, oltre i piccoli frammenti di senso della loro vita quotidiana, verso la scoperta del mistero che abita la vita.
    Più che di catechisti essi hanno bisogno urgentemente della compagnia di comunità «educatrici» e di «educatori alla fede».
    I temi della qualità della vita, a cui peraltro i giovani appaiono particolarmente sensibili e vibranti, rappresentano di certo un percorso interessante per far incontrare giovani e comunità cristiana attorno alla passione per la vita e la sua qualità.
    * Da qui alcune scelte prioritarie:
    – privilegiare la formazione degli educatori alla fede dei giovani per le nostre comunità in ciascuna vicaria;
    – l’apertura dell’oratorio, parrocchiale e non, per scommettere sui cammini educativi, sull’aggregazione giovanile, perché la proposta catechistica non basta più;
    – la comunità devono aprirsi alla realtà socio-politica del territorio per investirla delle problematiche giovanili.


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