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    I giovani del Centro PG di Catanzaro-Squillace

    (NPG 2001-02-8)


    Potrebbe essere questo lo slogan del nostro Centro Diocesano per la Pastorale Giovanile, nato ormai oltre una decina di anni fa. Per farvi respirare un po’ dell’aria che tira da queste parti non cominceremo però certo dall’inizio, o almeno non da quello cronologico...

    Sinodo (la nostra comunità diocesana e i giovani)

    Nel ’95 nella nostra Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace fu celebrato il Sinodo, punto di partenza fondamentale ed ispirato per ogni progetto di azione pastorale futura. Tra i vari articoli si legge, a proposito di PG: «Per incontrare i giovani è necessario uno stile idoneo che richiede: disponibilità all’ascoltare e al creare rapporti, linguaggio adeguato, competenza e concretezza di proposte. ‘Andare verso i giovani’, vuol dire incontrarli là dove sono i luoghi di aggregazione spontanea, valorizzandone ogni possibile aspetto» (Art. 171).
    Un’intuizione straordinaria, ma se vogliamo una verità scontata, che tuttavia, sempre e dovunque, trova chiaramente molte difficoltà ad essere attuata.
    Erano i tempi in cui ci preparavamo a partire per la GMG di Parigi, e proprio a Longchamp l’arrivederci del Papa alla GMG del Giubileo ci colpì: « Chi vivrà, vedrà!». Come dire: lanciamoci in questo cammino, arduo, inesplorato, e fra tre anni verificheremo com’è andata.
    Già, ma tre anni sono lunghi... cosa fare concretamente?
    Anzitutto rinsaldare la struttura del Centro, che sin dalla sua nascita puntava (profeticamente) su due responsabili laici e sui referenti di movimenti/associazioni operanti in diocesi (AC, Agesci, Rinnovamento, Focolari, Movimento Apostolico...). A essi si affiancano finalmente due sacerdoti assistenti e due religiose che hanno voglia di camminare seriamente, ma non basta: per tenere d’occhio tutto il vasto territorio diocesano servono giovani che si impegnino ad essere punto di riferimento per la loro forania, ovvero dei referenti vicariali.
    E poi bisognava rivedere la struttura degli appuntamenti dedicati ai giovani durante l’anno pastorale, che forse erano un po’ pochini: la Giornata Diocesana, la Veglia di Pentecoste, le Preghiere Ecumeniche per la Pace. Ma soprattutto tali appuntamenti erano «cittadini», nel senso che, molto spesso, non potevano essere rivolti ai giovani dei paesi più lontani. Ecco allora riemergere un’idea, o forse un’utopia, nel cassetto da un po’ di tempo: proporre ai giovani «più impegnati» di incontrarsi per forania, uscendo dal guscio dei propri gruppi parrocchiali per aprirsi al confronto e al cammino di comunione all’interno di Consulte Zonali. Sostanzialmente, «decentrare il Centro» Diocesano in piccoli gruppi, per poter arrivare a tutti i giovani.

    Missione Giovani

    Quest’idea trovò il suo sfocio naturale in un’intuizione del nostro Arcivescovo, Mons. Antonio Cantisani, che da sempre incoraggia e sostiene i nostri entusiasmi e le nostre iniziative: egli ci chiese di programmare una «missione dei giovani per i giovani» su tutto il territorio diocesano, e ci incitava con alcune forti sollecitazioni: «Dovete essere voi giovani i protagonisti, voi i responsabili, voi i missionari. Tutti! [...] Non rimanga in diocesi un solo giovane cui non giunga la buona notizia»; e poi: «È la croce che dà senso all’esistenza: ci provoca a viverla come dono. Ed è per tale motivo che vedo un impegno più determinato nel sociale Bisogna stare nel mondo per cambiarlo. [...] Ci riusciremo se sapremo incontrare Gesù negli altri».
    Ci prefiggemmo subito degli obiettivi molto chiari:
    - puntare anzitutto sulla costruzione di rapporti interpersonali: i giovani chiedono meno presenza formale, meno attivismo e maggiore coinvolgimento della persona;
    - avere come scopo principale non quello di aumentare il numero dei giovani nelle chiese, ma rendere Chiesa ogni luogo dove è il popolo di Dio, in particolare quello giovane.
    Urgeva quindi anzitutto capire quali fossero i bisogni dei giovani, specie di quelli più lontani da ogni idea di «clericalismo»: quale migliore idea che chiederlo a loro stessi? Ecco allora partire una lettura a tappeto del nostro territorio, che ci permise di stilare addirittura delle statistiche ma, soprattutto, di interpellare i soggetti stessi della Missione.
    Contro ogni previsione, dalle loro risposte-proposte emergeva, più che una critica alla Chiesa, il bisogno di essere ascoltati. Ad esempio, chiedevamo: come avvicinare i «lontani»? Ci veniva risposto: sicuramente attraverso attività di socializzazione o ricreative (cineforum, recital, centri di ascolto, feste, tornei), ma soprattutto con l’accoglienza, la cordialità, la voglia di avvicinarli, la testimonianza quotidiana di vita.
    Uno shock... una presa di coscienza dell’enormità del compito che avevamo davanti, specie perché sapevamo di poter contare su delle forze che sono sempre le stesse: parrocchia, famiglia, religiosi/e, gruppi, associazioni - movimenti. La soluzione però era ovvia, e stava più nell’essere che nel fare: per essere missionari tra i giovani occorre valorizzare gli incontri interpersonali con gli amici e la gente comune, arricchire la propria vita con l’esperienza degli altri, formarsi per essere più consapevoli del proprio battesimo. I giovani hanno bisogno di sentirsi protagonisti, aiutati magari da persone disposte a dedicare loro tempo ed aiuto a tirare fuori i loro doni, non certo da chi si sente «giusto e arrivato». Occorrono, da parte degli educatori, metodi adatti alle persone e ai luoghi.
    Effettivamente tutto ciò lo aveva già espresso il Sinodo e lo ripetono da anni tutti gli specialisti di pastorale giovanile. Ma quello che ci stupì era questo bisogno ricorrente dei giovani di cercare/trovare un approccio a livello personale.
    A questo punto, la «struttura» da organizzare per poter lavorare meglio doveva puntare su questo approccio. P. Pasquale Castrilli (omi) ci aiutò a capire cosa significasse MG in un’ottima sintesi: «I giovani di parrocchie vicine riscoprono la propria vocazione e missione come ‘profeti’ nel proprio ambiente; esprimono questa nuova coscienza di sé in una MG che è convocazione e coinvolgimento di tutti i giovani e di tutta la comunità cristiana, attorno al rapporto Vangelo di Gesù Cristo/vita dei giovani e consolidano le strutture di PG a livello parrocchiale e interparrocchiale».
    Un’azione di evangelizzazione verso i giovani che permetta loro di incontrarsi con la persona di Gesù Cristo, deve passare almeno su 4 binari:
    - contatto personale; la visita ai giovani (scuole e case);
    - centri d’ascolto e di annuncio del Vangelo;
    - preghiera del mattino;
    - workshops (dalla voglia di stare insieme, all’incontro e alla scoperta vicendevole).
    Invitavamo ognuno ad immaginare la propria comunità parrocchiale dopo la MG: nei luoghi della parrocchia i giovani non sarebbero stati più dei volti anonimi, vi sarebbe rimasto il segno indelebile non di qualcosa che è accaduto, ma di qualcosa che resta in modo permanente, una Presenza viva che accompagna.
    Per carità, non entriamo nei dettagli della preparazione dei sussidi, degli incontri organizzativi nelle vicarie, dell’entusiasmo di giovani che forse per la prima volta si vedevano missionari... Paradossalmente (dovevamo aspettarcelo?) la parte più difficile fu quella di aiutare i parroci a capire che il primo passo avrebbe dovuto essere il loro: recapitare a tutti i giovani della parrocchia (specie quelli ritenuti lontani) una lettera paterna.
    Non per nulla, l’immagine simbolo della MG era quella del Padre misericordioso di Rembrandt. Venne ridotta a puzzle e ad ogni parrocchia fu distribuito un pezzo, per poi ricomporre il quadro nel giorno di Pentecoste.

    Pentecoste (lo stile della nostra PG)

    Quello di Pentecoste è diventato, negli anni, un appuntamento fisso, che assume un’importanza sempre più evidente. La Pentecoste del 1999 ha segnato, tra l’altro, il termine cronologico della MG, un importante momento di verifica, di cui vi raccontiamo qualcosa.
    Il punto di partenza, e anche quello di arrivo, era quello che ci eravamo prefisso all’inizio: «MG significa puntare sulla costruzione di rapporti interpersonali». E noi del Centro Diocesano, in particolare, che tipo di rapporti avevamo cercato di costruire?
    «La Chiesa è chiamata a vivere in se stessa la vita della Trinità», dice il Papa. Forse è proprio l’amore per la Chiesa, la voglia che noi giovani divenissimo protagonisti nelle nostre comunità, che ci permetteva di instaurare un clima di dialogo e di condivisione, in cui ogni decisione veniva presa sempre unanimemente e solo dopo aver ascoltato opinioni e idee diverse… Certo, non sempre calmi e rilassati, ma sempre pronti a perdere il proprio punto di vista per dar spazio a quello degli altri, per amore.
    La storia della MG ha conosciuto la sorte del chicco di grano che deve morire per portare molto frutto, e quella dell’albero che deve essere potato perché i suoi frutti siano di qualità. Questi dolori la hanno «innaffiata» e già si vedevano germogliare le prime «gemme».
    Sicuramente la MG è stato il cammino unitario delle nostre parrocchie per almeno tre anni. Sappiamo come, dall’ambiente che trovano in esse, spesso i giovani valutano e giudicano com’è tutta la Chiesa. Oggi più che mai le Parrocchie, centro nevralgico prioritario della nostra pastorale, hanno perciò bisogno di essere animate dalla stessa vita che caratterizzava le prime comunità cristiane. «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri».
    E le parrocchie sono solo le cellule di un corpo più grande, la diocesi. Ecco, forse nel nostro Centro Diocesano un punto in comune era proprio questo: la stessa passione per la nostra Chiesa! Passione significa amore sviscerato, certo, ma anche sofferenza, incomprensione, delusione, fallimento.
    Amore significa farsi uno, vivere il comandamento nuovo, il cuore del Vangelo. Nel nostro Centro proveniamo da diverse parrocchie, gruppi, associazioni, movimenti: non sempre è facile convivere in armonia. Ma se farsi uno significa amare l’altrui parrocchia (gruppo) come il proprio, si arriva ad uno scambio arricchente di vita. E l’unità fra noi ci assicura la presenza di Gesù fra noi, secondo la sua promessa: «Dove due o tre…». È Lui che ci dà la forza e lo slancio, che ci permette di sostenere la nostra comunità anzitutto costruendo rapporti di comunione fra tutti.
    Questo avviene attraverso varie fasi di dialogo:
    - Dialogo tra le comunità.
    Programmare incontri unitari tra parrocchie vicine permette alle nostre comunità di innestarsi ancor di più nel tessuto del territorio, di incrementare un «sentire comune». Se molto è stato fatto per la MG nella singola parrocchia, camminare assieme alle altre ci aiuta meglio a confrontarci, a condividere le esperienze, ad aprirci al nuovo.
    - Dialogo coi lontani.
    Durante la MG si sono cercati tutti i modi per far arrivare ai «lontani» l’amore di Dio, inventando iniziative, suscitando collaborazione, stabilendo rapporti fraterni. Ma forse c’è un modo ancor più fondamentale: «Che siano uno affinché il mondo creda». Se c’è unità, arrivano autentici miracoli!
    Al momento della ricomposizione del quadro del «Padre misericordioso», mancavano alcuni pezzi. Ciò voleva dire che questa unità non era affatto completa, che c’erano alcune comunità che non avevano camminato... Ma forse è proprio da questo dolore che è nato il frutto più «succoso» della MG, gli «Atti dei Giovani».

    Atti dei Giovani (Missione Giovani: dalle parole agli atti)

    Gli «Atti dei Giovani» rappresentano la fase permanente della Missione Giovani, sono il filo conduttore del progetto della nostra Pastorale Giovanile per i primi anni 2000. Dalla Parrocchia alla Diocesi, tutti i livelli della Chiesa locale saranno coinvolti: la comunità diocesana è chiamata a rendere tangibile il proprio impegno di essere «Chiesa con i giovani». Questo per andare al di là dei soliti problemi di «feeling» col parroco, per manifestare la ricchezza del rapporto sacerdote-laici nella quotidianità della parrocchia (non solo nelle associazioni-movimenti, dove tale rapporto è sempre scontato!).
    «Atti dei Giovani» è un tempo di azione-giovane. È una sfida, la sfida di una Chiesa con i giovani. Un cammino che ha bisogno di storicizzare i propri passi, facendone memoria scritta e comunicando i segni pensati, realizzati ed ancora da realizzare, a tutta la comunità ecclesiale, attraverso vari strumenti: un foglio di collegamento, una pagina su Comunità Nuova (il quindicinale diocesano) o su Internet, una iniziativa o un messaggio musicale.
    Ma gli «Atti dei Giovani» hanno anzitutto un testo di riferimento: quello che si è cominciato a scrivere la domenica di Pentecoste 1999. Non si tratta di un ulteriore documento, ma della risposta, speriamo, alle riflessioni che la Chiesa offre alla comunità: dal Magistero all’articolato del Sinodo, alle sollecitazioni della nostra Chiesa locale in occasione della MG.
    Oggi «Atti dei Giovani» è divenuto qualcosa di più, potremmo definirlo il nostro «secondo occhio»: quello socio-politico, che si affianca a quello più propriamente pastorale. Ecco allora spuntare i gruppi di studio e gli incontri-dibattito con tanti esperti-testimoni che ci guidano, con il racconto della loro esperienza personale e con la «sapienza» da essa ricavata, a saper leggere fra le righe la nostra società e a saperne interpretare i bisogni.

    Giubileo dei Giovani

    Accoglienza Croce delle GMG

    La stupenda esperienza della presenza fra di noi della Croce pellegrina ha fatto fare a tutti i giovani, in particolare a noi componenti del Centro Diocesano per la PG, un balzo in avanti, concretizzato nella proposizione di un triplice obiettivo:
    1. far maturare la comunione tra i giovani che già vivono un’esperienza ecclesiale nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti presenti in Diocesi;
    2. i giovani e gli educatori delle nostre Comunità ecclesiali imparino ad ampliare lo sguardo del servizio e del coinvolgimento verso tutti i giovani;
    3. mirare ad un rinnovato dialogo tra gli adulti e i giovani nella Comunità ecclesiale, per vivere una reale «traditio fidei» ovvero, con un’immagine sportiva, il «passaggio del testimone».
    Come un ago che fora il tessuto e intreccia le fibre, la Croce delle GMG, che sta cucendo da anni i vari pezzi del mondo e li tiene uniti, ha fatto il suo lavoro anche tra le varie zone della nostra vasta Diocesi. Non è proprio con la Croce che Cristo fa di noi un popolo solo? E non è lo Spirito Santo il «filo» che sostiene questo meraviglioso abito (nuziale!)? E chi è a questo punto lo stilista che ha in mente il design finale e che ci spinge a farlo venire fuori, se non il Padre? Il bello è però che i «sarti» siamo noi, noi giovani...
    La Croce, accompagnata anche qui a Catanzaro dalle voci dei ragazzi di Hope Music, ha ricevuto la visita di almeno 15 mila persone: ha incontrato centinaia di studenti, è stata in carcere, ha percorso le vie delle nostre città, è apparsa sui quotidiani e le TV locali. È stata segno della presenza di Cristo fra noi.
    Nel salutarla e dirle «arrivederci a Roma», ci siamo fermati un po’ per rintracciare le tappe del cammino percorso: dal Sinodo, alla Missione Giovani, agli Atti dei Giovani. Da parte di noi del Centro veniva rinnovata la passione per la Chiesa, il servizio gratuito per la crescita con e della comunità, l’impegno per una PG organica e presente sempre più su tutto il territorio diocesano e non solo a livello di «sacrestia», ma con un’ azione sempre più incarnata nel nostro ambiente. È nata così la «fase 2» degli Atti dei Giovani: un impegno per la remissione del debito estero dei paesi poveri che trova espressione concreta nella lettera inviata ai sindaci dei 58 comuni della nostra diocesi.

    GMG Roma 2000

    La preparazione alla XV GMG avviene percorrendo «tre strade» per arrivare a Roma: l’accoglienza di circa 450 pellegrini stranieri, la partecipazione di un nutrito gruppo di Volontari e l’organizzazione dei vari «pacchetti» per i giovani pellegrini. Un cammino ripercorso nello «Speciale GMG», che è tuttora il nostro «libro di testo»: nasce con la duplice intenzione di salvaguardare nella memoria l’immensità del dono ricevuto durante i giorni del nostro Giubileo e, dall’altra parte, offrire gli spunti per una nuova rinascita della pastorale giovanile nella nostra Diocesi.
    In particolare, i discorsi del Papa e dei Vescovi ci aiuteranno a non perdere di vista il passato costruito assieme. Le testimonianze dei giovani partecipanti, invece, a gettare ponti verso un futuro che si prospetta meraviglioso: basta volerlo tutti insieme!
    Molti «GMGini» hanno voluto regalare parte di ciò che resterà loro per sempre scolpito nel cuore, una «perla preziosa», di cui non sempre si riesce a percepire il valore, nata dall’aver ricevuto e coltivato un Amore che ora dev’essere ridonato agli altri.
    Non vogliamo qui raccontare i vari momenti vissuti a Roma, ma solo rivisualizzare un’immagine molto nota e ben definita, che ci si è ripresentata davanti agli occhi nel cominciare il nuovo anno pastorale: quella del giovane ricco. Stavolta però, filtrandolo alla luce dell’esperienza della GMG, quello che l’episodio ci richiama non è la tristezza del giovane che se ne va perché non riesce a decidere, o la radicalità della risposta che riceve, ma l’atteggiamento di Gesù, su cui molto spesso si sorvola: fissatolo, lo amò.
    Se un messaggio forte questa GMG lo ha espresso, non è stato (solo) da parte dei «papa boys» ma dal «boys’ papa», dal «Papa dei giovani»: il suo atteggiamento non è stato quello di chi pretende di imporre una propria visione del mondo, ma del testimone autorevole che, anzitutto, per amore nostro ci ha raccontato la sua esperienza di fede e che, trattandoci con amore, ci ha portati tutti e con forza nel cuore di Cristo e nel cuore della Chiesa. Fissatici, ci amò! È un po’ ciò che risuona nel cuore dopo Tor Vergata: un modo di fare che ha shoccato, entusiasmato, commosso i 2 milioni di giovani presenti.
    Così dalle parole rivolteci da Giovanni Paolo II, attraverso la mediazione qualificata dei vescovi e del nostro responsabile nazionale don Domenico Sigalini, abbiamo estratto alcune linee che devono guidarci, qui nella diocesi Catanzaro-Squillace, all’indomani della XV GMG:
    - il coraggio della testimonianza;
    - la costituzione dei laboratori della fede;
    - trarre dall’Eucaristia la forza nell’impegno.

    Progetti 2001

    Il cammino per il 2000-01 comincia con due importanti appuntamenti:
    - il meeting regionale PaolaGiovani2000, nella casa di S. Francesco da Paola, patrono di Calabria, un’occasione di comunione coi giovani delle altre 11 diocesi calabresi, sicuramente un punto di partenza per allargare ulteriormente i nostri orizzonti... e le nostre utopie;
    - l’accoglienza delle reliquie di S. Teresa di Lisieux, «testimonial» della GMG97 di Parigi, quasi a rappresentare un ciclo di PG che si chiude, davanti ad un millennio che si apre.
    Così, i nostri progetti «futuri» vengono fuori in modo naturale dal passato, da una strada su cui si è veramente realizzato un Incontro, dei giovani coi giovani, e dei giovani con Cristo attraverso la Chiesa. Questo ideale di unità si è fatto storia anche all’interno della struttura-diocesi, nel senso che si è riscoperta l’importanza del cammino sinergico (meglio, di comunione) tra i vari Uffici. In particolare, per noi è fondamentale l’aiuto reciproco con l’Ufficio Missionario, la Caritas, la Pastorale Familiare, l’Ufficio per le Comunicazioni Sociali: si tratta, chiaramente, di rapporti personali, non certo «burocratici»!
    Ecco cosa ne viene fuori:
    * Atti dei Giovani:
    - coinvolgimento degli esperti-testimoni che ci seguono dai tempi della Missione Giovani per un qualificato Osservatorio del territorio e per trovare nuove piste di impegno socio-politico;
    - contatti con la Scuola diocesana di formazione all’impegno sociale e politico;
    * Contatto col territorio:
    - assemblea dei Referenti: incontri periodici di scambio coi giovani che vogliono confrontarsi, non solo per le vicarie o le parrocchie in cui si ha la fortuna di trovare un parroco/educatore sensibile;
    - meeting nelle foranie: incontri interparrocchiali periodici, organizzati dalle consulte zonali di PG;
    - campi-scuola estivi, diocesani e vicariali.
    * Lavoro:
    - progetto di reciprocità-gemellaggio con la diocesi di Venezia:
    - inquadramento di diverse realtà giovanili nel Progetto Policoro.
    * Solidarietà:
    - cammino di formazione coi volontari della GMG, per un risveglio dell’attenzione ai più poveri:
    - informazione a tappeto sulla Banca Etica;
    - ripresa del cammino ecumenico di Educazione alla Pace.
    * Formazione:
    - a livello parrocchiale/vicariale, a partire dallo Speciale GMG (discorsi del Papa e testimonianze GMGini);
    - a livello diocesano, con un corso attivato dall’Azione Cattolica per educatori-animatori e giovani.
    * Comunicazione:
    - far sentire la voce dei giovani da tutte le parrocchie;
    - incontrarsi su una pagina «dedicata» di Comunità Nuova o sul sito Internet.
    * Frontiera Giovani-Famiglia:
    la contestualizzazione dell’azione pastorale nel nostro territorio, ovvero la sua «calabresità», non può prescindere dal considerare due aspetti:
    - le parrocchie sistematicamente si svuotano di giovani over 18, perché sono ancora in molti a partire per gli studi e/o per trovare lavoro;
    - dei giovani che restano o ritornano a casa, molti vivono coi genitori fino ad oltre 30 anni.
    Questa instabilità ha dalla sua un lato positivo: questo forte legame alla famiglia è comunque sinonimo di semplicità, apertura, attaccamento ai valori tradizionali.
    Una sfida che metta in gioco la famiglia e i giovani come soggetti (e non come oggetti di un’azione programmatica di due Uffici Pastorali!), sarà sicuramente la prossima frontiera dalla PG.
    Oltre quello espresso dal Sinodo, quello divenuto storia durante la Missione Giovani, cosa dire di più sulla PG nella nostra diocesi? Forse qualcosa che vale sempre e dappertutto, contenuto nel proverbio polacco citato dal Papa a Tor Vergata: «Se tu vivi con i giovani, anche tu dovrai diventare giovane!».


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