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    La poesia salverà il mondo


     

    Giovanna Salabé

    (NPG 01-03-58)



    Chi siamo, dove andiamo? Cos’è la poesia, dove ci porta?

    Ho guidato ultimamente due seminari sulla poesia, sull’educazione alla poesia, convinta che si può apprendere non solo a gustarla ma anche a produrla, come parte di un cammino non solo di educazione estetica, ma di crescita in umanità delle persone. Vorrei raccontarne l’esperienza.
    I seminari «La poesia e i sensi» e «Poesia e ritualità» si rivolgono sia ai ragazzi che agli adulti. È possibile conoscerli, assaggiarli in una mattinata o approfondirli, gustarseli in un intero fine-settimana. Ho lavorato in esperienze più intime con gruppi di 5 persone, ma anche con classi di liceo da 25/30 presenze; ho lavorato al chiuso e all’aperto, con persone interessate e meno interessate alla poesia.

    LA POESIA E I SENSI

    Il primo dei miei due corsi approfondisce il proprio rapporto con la poesia, vuole portare il partecipante, come dice il nome stesso del corso, a sentire, a percepire, a mettersi in contatto con ciò che esiste.
    Per mettersi in contatto con ciò che è al di fuori di noi bisogna prima essere in contatto con se stessi, sentirsi, capire con i sensi chi si è. E già qui, rispetto al trambusto nel quale viviamo c’è un enorme cammino da fare. E allora ripuliamo i nostri sensi, scopriamoli, usiamoli e nutriamoci attraverso di loro. Ecco che inizia il dialogo senza fine con tutto ciò che ci circonda, con tutto e con tutti. È proprio il sentire, la percezione con una parte di noi stessi del mondo esterno che ci fa sentire come tutto avesse già fatto parte di noi da sempre. Scopriamo la nostra casa ovunque, la nostra famiglia in ognuno. Alla fine tutto è nostro senza bisogno di possederlo, perché godere di ogni cosa, di ogni persona è l’unica vera presa di possesso. Incontrare tutto e tutti come parti di se stesso porta ad aprire il cuore e dà una gioia immensa.
    Ma cosa c’entra la poesia?! Qui poesia non si intende come verso, quartina o sonetto (almeno non solo), ma come quell’anima delicata presente in ogni cosa che la rende viva. Allora percepire la propria poesia per poi provare quella al di fuori di noi e gioire con la propria poesia insieme a quella delle altre cose – godere della bellezza di un fiore, per esempio – e delle altre persone: incontrare le persone, gioire con loro.

    Il suono

    Come primo passo vogliamo conoscerci, grazie ad un gioco ci gridiamo i nostri nomi. Tentiamo di impararli a memoria e già stiamo lavorando sul suono, il nome pronunciato da ognuno penetra dentro di noi e ci tocca in tanti modi diversi.
    Dopo ogni gioco od esercizio ci si siede in cerchio, un momento di riflessione e di scambio. Che effetto ha fatto l’esercizio su di ognuno, quale esperienza nuova gli è giunta. Questo giro di esperienze vissute, questo giro attraverso la sensibilità di ognuno unisce il gruppo. Si viene a conoscere intimamente un poco di ognuno, un regalo per gli altri, un arricchimento per gli altri. Ecco che è nato il gruppo e il desiderio di percorrere questo viaggio insieme. Anche la goccia del meno interessato, del più introverso verrà percepita dal gruppo come Poesia. Nasce il desiderio di aggiungere del proprio nel cesto comune e al contempo il desiderio di immedesimarsi con il mondo degli altri.
    Interviene la docente: Ti piace il tuo nome? Dove lo scriveresti? Quali suoni, rumori riconosci nel tuo nome? Hai dei nomignoli? Come mai hanno scelto questo nome per te?
    La docente spiega il concetto di mantra. Il suono di una frase sacra che ripetuto tante e tante volte ha un effetto sul proprio spirito. Anche i nomi propri sono considerati dei mantra. Ci si inoltra sull’argomento delle parole efficaci. Quante volte diciamo delle cose a qualcuno e non accade nulla. Altre volte detta in maniera particolare o detta da un’altra persona la parola è molto più efficace. Poesia è trovare le parole efficaci, che non siano parole vuote, che siano «parole come pietre», come dice Ungaretti.
    Anche la stessa frase pronunciata in modi diversi svela mondi e mondi che si trovano dentro di noi. Si sceglie una frase e ognuno la pronuncia in un modo. Alla fine scambio e riflessione.
    Ora si cammina nello spazio recitando tre versi della poesia portata da casa e imparata a memoria. Si fanno risuonare lo spazio, gli angoli, i muri, i tavoli, ecc. A turno ognuno recita forte i propri versi mentre gli altri gli fanno da sottofondo con altri versi. Alla fine scambio e riflessione.
    Ascoltiamo su musicassetta vari suoni, musiche e canti proveniente da diverse culture e inaspettate situazioni. Ascoltiamo il silenzio, quando siete in silenzio nel vostro salone cosa sentite? Alla fine scambio e riflessione.
    Ora che ci conosciamo un poco meglio grazie a queste esperienze sul suono, che ognuno trovi un suono e dopo una parola chiave per ciascuno degli altri partecipanti. Anche qui avremo tanto da scoprire di noi e degli altri.
    Un momento di riflessione su alcuni versi scelti di autori conosciuti. Ora che abbiamo le orecchie più sensibili: cosa si nasconde nel suono di questi versi?
    Rilassamento finale (avviene dopo ogni sezione del corso): il rilassamento prende spunto dallo Yoga in quanto ci si sdraia sui tappetini con gli occhi coperti e ci si rilassa guidati dalla voce della docente. Si avranno occasione di sentire canzoni e rumori dal vivo che nel particolare stato del rilassamento evocheranno con maggiore chiarezza immagini nei partecipanti.
    Immagini, parole e versi raccolti durante i vari esercizi saranno fonte d’ispirazione per la poesia da creare.

    I colori

    I colori esprimono in modo celato il nostro mondo emotivo. La pittura lavora in questo senso ed è per questo che ci attira più un quadro di un altro in quanto esprime più o meno il nostro mondo sentimentale.
    Il primo esercizio consiste nel mostrare su cartoncini (cm 10 x 10) tutti i colori possibili e immaginabili. I partecipanti esprimeranno le emozioni, le sensazioni, i ricordi che questi colori risvegliano in loro. Il materiale, le parole, le immagini, ecc. verranno raccolti sulla lavagna.
    I cartoncini colorati verranno abbinati alle poesie di autori conosciuti esposte sui muri dell’aula. Una certa poetica usa il colore come espressione eppure un buon poeta riesce a dare colore ai propri versi senza usare le singole parole blu, rosso, ecc. Scopriremo i colori delle poesie ma anche il mondo dei colori di ogni singolo partecipante.
    Infine abbineremo le poesie di autori conosciuti a quadri di famosi pittori come Klee, Kandinsky, ecc. L’abbinamento risulta il più delle volte sorprendentemente azzeccato, quasi voluto.
    Attraverso l’inconscio e la creatività si scopre come tutte le cose siano legate tra di loro. Questi momenti di sorpresa portano i partecipanti ad aprirsi sempre di più perché si accorgono di essere in evoluzione sia individualmente che come gruppo, anzi i due livelli ormai non si possono più distinguere e il partecipante ha sempre più il desiderio di mostrarsi agli altri per arricchire il gruppo.
    Rilassamento finale (vedi prima sezione): nell’ultima fase del rilassamento si chiede ai partecipanti di vedere un colore accanto ad una parola. Sarà un aiuto per formare un verso.

    I sensi

    Il tatto, l’odorato, il gusto sono i sensi che ci mancano. Un’ultima serie di esercizi esercita a sondare anche questo terreno.
    Si cammina nello spazio a piedi nudi, si percepisce. Si osservano con precisione gli oggetti nello spazio e lo spazio stesso. Ci si siede in cerchio, si chiudono gli occhi e col ricordo si ricrea lo spazio con gli oggetti dentro di sé.
    Gli occhi si terranno chiusi fino alla fine dell’esercizio. Ora verranno passati in cerchio svariati oggetti che vanno tastati, odorati, assaggiati al limite ascoltati ma non visti. Caldo e freddo, grande e piccolo, liscio e ruvido, leggero e pesante. L’eliminazione di un senso, in questo caso quello della vista, il senso più usato nell’era della televisione, della pubblicità e del cinema, raffina e aumenta la percezione degli altri. E allora si scopre quanto è caldo il caldo, piccolo il piccolo, ruvido il ruvido, ecc., niente è dato per scontato. Quotidianità spesso vuol dire non gustare più tutto ciò che si tocca, odora, sente, mangia e sente perché lo si fa troppe volte di seguito. Perché una poesia vibri quando la leggiamo i nostri sensi devono rimanere freschi ed allenati.
    Si passeranno oggetti dalle forme particolari e superfici da accarezzare, con odori inaspettati riservati solo ai più coraggiosi che avvicineranno l’oggetto sconosciuto al naso. Barattoli che di nuovo ai più audaci donano addirittura sapori da gustare. La televisione ci porta solo a vedere e a pensare che avendo visto l’oggetto lo conosciamo. Conoscere vuol dire attraverso tutti i sensi.
    Alla fine di questo lungo esercizio avverrà di nuovo una riflessione e uno scambio sull’esercizio stesso. Lo scambio è nuovamente il momento più interessante: come prima si era fatto con gli oggetti, si vivono ora i propri compagni di corso con tutti i propri sensi, quando essi si raccontano nella loro esperienza.
    Rilassamento finale (come prima)
    Durante tutto il corso sono state raccolte immagini, versi, parole, impressioni sulla lavagna. Questo materiale servirà d’ispirazione ai partecipanti quando nell’ultima fase del corso creeranno una o più poesie. Un enorme rotolo di carta con raccolte tutte le poesie e i dipinti e disegni dei partecipanti sarà il risultato di questo entusiasmante lavoro di gruppo.

    POESIA E RITUALITÀ

    Il rito è stato in tutte le religioni e in tutte le culture, anche sotto forma non religiosa, l’espressione esteriore di una trasformazione spirituale nella vita. O in forma di soglia simbolica verso una nuova fase della vita, il diventare adulto, la responsabilità di un mestiere, di una famiglia – insomma un gradino in più di conoscenza della vita – oppure la soglia verso nuovi stati d’animo del cosmo interiore. Il rito è la materializzazione di un passaggio. Più tardi il mondo lo si vede con un’altra testa.
    La poesia è una della 9 muse. Tutte le genealogie si collegano alla concezione filosofica del primato della musica nell’universo. Il suono, la vibrazione che penetra in noi attraverso l’orecchio e che vibra insieme a noi. Poesia non è solo il poetare, poesia è il suono in tutte le muse (la danza, la storia, la lirica, la tragedia, ecc.) che penetrano in noi e vibrano insieme a noi, insieme all’Homo poeticus, alla scintilla divina di ognuno.
    La metafora è quell’immagine, quella similitudine che mostra il legame tra tutte le cose. È attraverso la metafora che ti puoi collegare con tutto il cosmo. La poesia che penetra in te è lo specchio del mondo esterno, la poesia che nasce da te è lo specchio di te stesso. Il poeta divinatore è posseduto dal dio e vede verso fuori, vede verso dentro e mostra questo suo specchio. La sua poesia.
    Questo vedere è un rituale iniziatico verso i mondi interiori di cui il mondo esteriore è solo un riflesso. La poesia è un rito iniziatico verso se stessi. Come l’amante si apre all’amata, così il poeta, l’Homo poeticus in ognuno di noi, si apre nel più profondo, lì dove è più vulnerabile.
    Attraverso il rito ci vogliamo avvicinare alla grande poesia che è in noi.

    Prima fase

    Il corso ha inizio con alcune riflessioni sul rito, sulla presenza nelle nostre vite di gesti, atti o situazioni rituali. Si nota che in certi passaggi da una fase della propria vita ad un’altra v’è la presenza di particolari persone che fungono quasi da angeli custodi, come anche quella di parole chiave, suoni ricorrenti che ci accompagnano in questo a volte difficile periodo.
    Interviene la docente descrivendo il mito della creazione di varie religioni e mitologie. In ognuno di questi esempi è sorprendente l’importanza del suono come elemento che dà la vita, che dà l’anima alle cose inanimate e dà così inizio alla vita.
    Ora la docente espone il mito della creazione degli indiani Hopi del Nordamerica, alcuni riti fondamentali della loro cultura e i simboli riguardo a protezione e preghiera. Durante tutto il corso le usanze e credenze degli indiani Hopi accompagneranno gli esercizi rituali proposti per avere un esempio vivente di una cultura che dedica ogni aspetto della vita al rito e alla religiosità.

    Seconda fase

    Si eseguiranno vari esercizi rituali che riguardano il nascere e il morire.
    Dopo ogni gioco od esercizio ci si siede in cerchio, un momento di riflessione e di scambio.
    Esercizio 1: Ci si siede in cerchio e uno per volta ci si sdraia nel cerchio, ci si toglie qualcosa (una scarpa, un anello, gli occhiali, ecc.) – ci stiamo togliendo qualcosa, un senso di purificazione – e lo si dona simbolicamente insieme ad una parola ad un’altra persona scelta all’interno del gruppo. Dopo l’esercizio ognuno mette la parola ricevuta in una busta, la mette sotto il cuscino e ci dorme sopra, il giorno dopo la riporta insieme al sogno fatto in quella notte.
    Esercizio 2: Scoprire il gesto rituale in varie poesie di autori conosciuti.
    Momento di riflessione e scambio.
    Esercizio 3: Giochiamo a Mosca cieca (anche nella nostra cultura esistono giochi e forme rituali che richiedono un morire e un nascere – basta ritrovarle o riscoprirle). Chi si «cieca» deve perdere le proprie sembianze e i movimenti abituali, si deve perdere nella momentanea cecità. Deve scoprire il nuovo vecchio (una persona conosciuta che in quel modo non si era mai approcciata), con mezzi vecchi nuovi, in questo modo la persona non era mai stata conosciuta.
    Trasformazione, morte, cosa bisogna abbandonare?
    Mettere la parola della trasformazione nella busta.
    Esercizio 4: Dopo i primi esercizi ci conosciamo un poco meglio. Anche di persone conosciute ci sono giunti nuovi aspetti. Ora, in modo simile a come avviene nel mito della creazione degli Hopi, il gruppo crea per ogni partecipante un canto della creazione, un canto per la nascita di ognuno. La persona che sta per nascere esce un momento fuori dalla porta mentre gli altri partecipanti, in silenzio, riflettono sulla parola o le parole che vogliono regalare al compagno di corso durante la sua nascita.
    Senza che nessuno conosca quelle degli altri, il nascituro rientra e coperto da veli bianchi viene accompagnato dai compagni e le loro parole al punto centrale della sala dove sono raccolte tutte le parole elaborate durante il corso. Egli sarà imbevuto di parole che altri hanno saputo pescare fuori da loro stessi solo dopo essersi messi in contatto profondamente con lui durante il corso. Questo esercizio porta ad unire il gruppo ancora di più.
    Momento di scambio e riflessione.

    Terza fase

    In questa fase si parlerà dell’ascesa dei quattro mondi nella mitologia degli indiani Hopi. Quindi dell’importanza della difficoltà e di come affrontarla nel passaggio di uno stadio della vita ad un altro.
    Esercizio 1: il labirinto. Ognuno porta da casa il racconto di un mito inventato da sé. Sul pavimento è posto il disegno del labirinto (ci si può ingarbugliare nel labirinto, ma esso rappresenta anche la protezione materna per l’essere che attraverso il cordone ombelicale prende il cammino dell’ascesa). Ognuno a turno si mette in piedi sul disegno e racconta il suo mito evidenziando la difficoltà presente in esso. Poi esce fuori dal labirinto mentre gli altri partecipanti a mo’ di grida corali gli tirano incontro le parole ispirate loro da questo mito.
    Le parole per ogni partecipante vanno raccolte nella sua busta.
    Esercizio 2: il percorso. Possibilmente all’aperto la docente ha organizzato un percorso rituale di 4 stazioni accompagnate da istruzioni rituali date in varie buste colorate. Ogni partecipante segue il percorso da solo accompagnato dal simbolo della protezione degli indiani Hopi, una pannocchia di mais con delle piume. In ogni stazione ci sarà da superare una piccola difficoltà e ci saranno da eseguire alcuni gesti o azioni rituali che di nuovo porteranno il partecipante a trovare una parola essenziale.
    Le quattro parole, o i quattro versi saranno il tesoro trovato lungo il percorso e riportato all’interno del gruppo per uno scambio e un incontro con gli altri.
    La docente descrive una delle cerimonie più importanti della ritualità degli indiani Hopi, la cerimonia dei serpenti. In questi cerimonia, nella quale si attuano delle danze rituali con dei veri serpenti a sonagli, si evidenzia il collegamento tra uomo e ambiente, tra uomo e circostanze e situazioni nelle quali egli si trova.
    Si mette in luce quanto sia collegato tutto ciò che accade dentro e fuori all’essere umano, quanto sia importante un cambiamento interiore per influire sull’ambiente. Momento di scambio e riflessione.

    Quarta fase

    Sono ora i partecipanti in piccoli gruppi ad inventare dei riti che abbiano come argomento l’amore. Un rito che aiuti l’iniziato ad entrare in un momento di apertura, soprattutto di apertura verso l’altro. Anche alla fine di questo esercizio verranno raccolte delle parole essenziali.
    L’esercizio finale consiste nel creare una o più poesie (anche degli indovinelli, dei canti rituali, delle formule magiche, benedizioni, messaggi per il futuro) facendosi ispirare dalle parole che ognuno ha raccolto nella sua busta e da tutto ciò che è stato vissuto.
    Il corso può finire con la rappresentazione dei riti dell’amore e la presentazione delle poesie. All’interno di una scuola la si può immaginare come recita scolastica da mostrare all’intera scolaresca.
    Con questo corso il partecipante scopre le sue capacità individuali e al contempo come queste possono aiutarlo ad aprirsi agli altri per poi produrre sempre insieme agli altri un’unica cosa in cui tutti sono rappresentati. Una breve ma intensa occasione di una lenta apertura nel profondo rispetto di ciò che ognuno porta con sé.


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