Lettera del vescovo di Caltanissetta ai giovani
(NPG 1998-06-32)
Caro amico, sono il tuo vescovo, e vorrei fare due passi con te per parlare con te, di te e della tua vita. Serbo caro nel mio cuore il ricordo del mio impegno di prete tra i giovani, quando anch’io ero giovane. Non ho nostalgia di quel tempo, perché so e sperimento che tutte le stagioni della vita hanno valore e danno gioia e soddisfazioni. La terza età, poi, quella in cui io mi trovo (tra non molti mesi avrò settanta anni), mi fa sentire più vicino al traguardo finale e all’incontro definitivo con il Signore che, nonostante i miei limiti e i miei peccati, mi sono sforzato di servire nell’umiltà e nella verità. Vivo così nella serenità e nella gioia, nell’attesa, consapevole che i giovani «possono» morire, mentre i vecchi «devono morire».
Non guardo con invidia i giovani! Li guardo con amore, e vorrei poterli aiutare a crescere, senza paternalismi, ma con lo spirito dell’amico, che ha pur qualcosa da dire, anche se ha molto da ascoltare... e da imparare.
Così vorrei fare due passi con te, per parlare, per conoscerci, per sapere come trascorri le tue giornate, le tue serate, quando smetti di studiare e vai alla ricerca di divertimenti e degli amici, se ne trovi.
Vorrei conoscere i tuoi sogni, i tuoi dubbi, le tue vittorie e le tue sconfitte, le tue gioie e i tuoi dolori, le tue speranze e le delusioni. Non è la curiosità che mi spinge: non voglio giudicarti, ma starti vicino e aiutarti, se possibile, nel nome e con la forza del Signore Gesù. Non ho, infatti, una parola o un progetto miei da proporti. Vorrei poterti aiutare a scoprire il Suo disegno su di te.
Forse ti sei stancato di Cristo e della sua Chiesa, ti sei allontanato dalla pratica della vita cristiana, sei stanco del tuo modo di vivere, ti senti deluso e abbandonato da tutti, comprendi che non può soddisfarti il fracasso della discoteca o lo sballo della droga. Forse sei alla ricerca di amici sinceri, di persone che sanno «perdere tempo» per ascoltarti.
Perché non ti fermi un istante, perché non iniziamo un viaggio di speranza? Voglio condurti a Betania, dove, al tempo di Gesù, vivevano tre suoi amici, Lazzaro, Marta e Maria. Betania era una borgata, a pochi chilometri da Gerusalemme, e Gesù vi faceva abitualmente sosta, in casa dei suoi amici. Con loro si intratteneva e parlava, da loro aveva accoglienza sincera e fedele. In quella casa ristorava le sue forze e si preparava ad affrontare le fatiche apostoliche, per quegli amici operò un miracolo strepitoso, quando chiamò dal sepolcro Lazzaro, morto da quattro giorni, e lo restituì vivo alle sorelle.
Betania: la casa dell’amicizia! Lazzaro, amico fedele, apre la sua casa all’accoglienza e Gesù vi si trova come a casa propria. Quando vi giunse, in occasione della morte dell’amico, di fronte al dolore delle sorelle, davanti al sepolcro che ne custodiva la salma, Gesù pianse lacrime umane di amore e di compassione.
Una porta aperta, spalancata all’accoglienza, non solo quella della casa di Betania. Penso a Gesù che si è definito «porta»: «Io sono la porta: se uno entra attraverso me, sarà salvo». In realtà Gesù ha offerto la sua amicizia e, nella famiglia di Betania, ha trovato piena risposta. Offre la sua amicizia anche a te: «Ti chiamo amico e voglio manifestarti tutto ciò che ho udito dal Padre celeste, perché la mia gioia sia in te e la tua gioia sia piena».
Gesù è l’amico fedele, che offre anche a te la sua amicizia, l’amico che non tradisce, che è morto e risorto per te, che è pronto a introdurti nella sua intimità, a rivelarti i misteri del Regno dei cieli.
Nella casa di Betania c’erano le due sorelle, Marta e Maria. I loro atteggiamenti sono la sintesi della vita cristiana: sanno ascoltare e sanno servire e, all’occorrenza, esprimono la loro fede senza condizioni. Così Marta dà voce anche alla sorella Maria quando, piangendo la morte del fratello, professa la sua fede nel Maestro: «Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, Figlio di Dio».
Ascolto e servizio stanno all’origine della fede e ne costituiscono il frutto. Marta e Maria ascoltano il Maestro e gli credono, si fidano totalmente di lui, impegnandosi quindi nel servizio come risposta alla parola ascoltata.
Prova a pensare che cosa può essere l’ascolto, per te. Certo sono tanti i messaggi che ti vengono proposti, ti senti sottoposto a un bombardamento continuo, sei forse frastornato dai rumori della pubblicità, che vuole accaparrarsi la tua attenzione e sfruttarti. La premessa dell’ascolto è il silenzio. Non senti il bisogno del silenzio, a volte, per ritrovare te stesso, per metterti in ascolto di Lui? Osea, profeta dell’Antico Testamento, mette sulla bocca di Dio queste parole stupende: «Ti condurrò nel deserto e parlerò al tuo cuore». Il deserto, nella Bibbia, è il luogo del silenzio e dell’ascolto di Dio. Bene! Gesù-Dio vuole parlare al tuo cuore per dirti «parole di vita eterna», per sciogliere i tuoi problemi e dare un senso alla tua vita.
Oh se riuscissi ad allontanare le voci estranee, che assediano il tuo orecchio e distraggono la tua mente, per ascoltare la Voce, la Sua! Forse ti sentiresti dire: «Tu hai bisogno di me, senza di me non puoi fare nulla. Io sono la Via, la Verità e la Vita: la via che conduce alla meta, la verità che illumina, la vita che non finisce». Ma forse il Signore ti direbbe anche: «Io ho bisogno di te, ho bisogno del tuo cuore per amare e del tuo corpo per servire, non ho altre mani che le tue, tu devi continuare nel mondo il mio servizio per la salvezza dei fratelli, tu devi compiere nel tuo corpo quello che manca alla mia passione».
Caro Amico, forse la mia lettera rischia di farsi lunga, e stancarti, è l’ultima cosa che vorrei! La verità è che mi piacerebbe riuscire ad interessarti, a metterti dentro un desiderio di ricerca seria, di cose serie che non deperiscono. Vorrei che ti fermassi un momento a riflettere, per guardare avanti con rinnovata fiducia e avanzare scegliendo i compagni del cammino o della cordata (quando ci sarà da affrontare, in salita, la montagna della vita e vincere le sfide della scalata).
Ti saluto e ti benedico con viva cordialità.
Alfredo M. Garsia