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    Un’autentica sessualità aiuta l’uomo a crescere



    Intervista a Sabino Palumbieri

    (NPG 1998-05-43)


    Domanda. Sessualità: concezione oggi tanto diversa da quella di ieri. Cosa è cambiato?
    Risposta. La sessualità è una dimensione fondamentale dell’uomo. La sua concezione è alla base di comportamenti conseguenti in un modo o in un altro. Prima, questo discorso era considerato una mela peccaminosa o tabù; oggi, dopo l’ubriacatura del sesso – che mostra certi esiti devastanti, dalla violenza sessuale alla prostituzione infantile organizzata da reti internazionali di squallore senza controllo – è vista come una patata bollente da cui volentieri ci si libera. E, come già notava Pascal, ci si libera volentieri perché ci si rifiuta per comodo di approfondire i problemi.

    D. Ma la si considera ancora un valore, oggi?
    R. Oggi si tende a considerarla ridotta a sesso: o come valore di uso da cui distillare il piacere; o come valore di scambio all’interno di una prestazione meccanica di reciprocità: ovvero come valore di mercato sia per potenziare il proprio avere, sia per catturare l’attenzione dell’acquirente per la propaganda di certi prodotti. Comunque sia, la sessualità ridotta a sesso acquista valore di frammento, come pezzo di un congegno. È la sessualità ridotta alla semplice genitalità.

    D. C’è una bussola per orientarsi?
    R. Certo, c’è una bussola comune, ed è quella che consiste nell’auscultare l’uomo nella sua integralità. L’uomo non è una macchina da cui posso prelevare i pezzi che mi servono o mi piacciono. È un intero da cogliere così come si presenta nella natura secondo il piano del Creatore.
    La sessualità, in questo contesto, è un modo fondamentale di essere dell’essere umano nella versione mascolina e nella versione femminile, considerate in reciprocità.
    Il modo d’essere lo chiamiamo dimensione antropologica. Questa è di tipo trasversale, nel senso che attraversa tutti e tre i livelli dell’essere umano, sia quello fisico che quello psico-affettivo che quello spirituale. C’è, così, una sessualità fisica, psico-affettiva e spirituale. Questi sono solo aspetti dell’unica realtà sessuata della persona umana indissaldabile.

    D. E come si spiegano certe aberrazioni in questo campo, oggi?
    R. Già Marcuse parlava di banalizzazione del sesso, cioè il sesso ridotto a valore di scambio e di mercato. Questo non è l’eros della natura, è l’erotismo della compravendita. L’uomo è stato sempre tentato di banalizzare tutte le ricchezze della Provvidenza. Quindi anche quelle segnate dalla carica pulsionale. L’erotismo spinge alla violenza, quando vede l’altro come corpo-oggetto di cui servirsi e poi buttare, come qualunque oggetto da possedere. E così, tutti i comportamenti aberranti sono possibili.
    Le nostre sottoculture sono esperte di quelle che Sartre chiamerebbe la cosificazione dell’uomo. Si può così formulare: possedere quello che si desidera, tutto, subito, a basso costo.
    La macrostruttura della propaganda è azionata da leve interessate a collocare prodotti associati alla pornografia. Oggi viviamo circondati da una massiccia informazione e una minacciosa deformazione che tende a infantilizzare gli adulti (fenomeni di regressione) e a caricare di pesi insopportabili i giovani (fenomeni di frustrazione). In questo clima prosperano le perversioni anche nel sacrario familiare.

    D. Cosa dice la bussola suprema del credente, che è la parola di Dio, riguardo alla sessualità?
    R. C’è nel Libro delle origini una serie di passi biblici che fonda la morale. Quello fondamentale parla dell’uomo come immagine divina. Dio crea l’Adam (l’essere umano) nella duplice versione ish-ishah, come se si dicesse uomo e uoma. Qui si rimarca l’uguaglianza nella dignità e la reciprocità. E poi, all’interno della unicità della natura, si afferma la differenza dei sessi. Tutto questo include la vocazione dell’uomo e della donna al dialogo costante, come due differenze ma convergenti.
    L’altro passo stupendo è nel testo del capitolo secondo del libro della Genesi, che contiene, per dir così, il primo inno nuziale. Esso è descritto pittorescamente: Dio fa addormentare l’uomo, gli toglie una costola, la riempie di carne, forma Eva, la porta ad Adamo che esplode nel canto nuziale: «Ora sì che questa è carne della mia carne e ossa delle mie ossa».
    Nell’involucro di queste immagini pittoresche vanno colti precisi messaggi. Anzitutto, c’è quello del lavoro, indicato come l’esercizio della signoria dell’uomo sugli animali. Esso è tanto per l’uomo. Non è tutto dell’uomo.
    L’altro messaggio è che l’uomo anela alla comunione con un io complementare che è fonte di gioia come pienezza del suo essere interiore.
    In terzo luogo, è indicato che la donna è il cuore del cuore dell’uomo. Questo è sottinteso in quella forte immagine della costola tratta dal corpo di Adamo, che è la parte anatomica vicino al cuore e che si presta pertanto più di ogni altro membro a simboleggiare il centro dell’amore.
    Alla fine l’uomo canta il suo primo inno nella sua estasi d’amore. La donna non è l’accessorio. È parte integrante dell’uomo, e viceversa. Beato l’uomo che ha trovato la donna. Beata la donna che ha trovato l’uomo. Beati entrambi che hanno trovato il Signore.

    D. E cosa porta di nuovo Gesù, salvatore dell’uomo?
    R. Gesù viene a salvare ciò che era perduto. Sappiamo che il piano di Dio è stato fatto naufragare dalla ribellione dell’uomo, cioè dal rifiuto da parte dell’uomo della comunione con Lui e con il proprio partner. La comunione, nella Bibbia, è espressa anche con l’immagine della nudità, che significa piena limpidezza reciproca e immediatezza di comunicazione che riguarda i tre livelli della costituzione dell’uomo.
    Ma ecco: una volta scombinato il piano divino in cui tutto è in equilibrio, il capitolo terzo della Genesi dice che i progenitori erano nudi e si vergognavano, mentre prima, nel capitolo secondo, erano nudi e non se ne vergognavano. La vergogna è un sentimento di coscienza di squilibrio. La sessualità globale come dialogo totale si spezza. La coscienza della frantumazione è il senso della vergogna. Ci si autoriconosce come non si dovrebbe essere. È il disagio di non essere più se stessi.
    Ma Gesù viene a salvare ciò che era perduto, a unificare i frantumi e ad elevare tutto il rinnovato disegno. Nel Nuovo Testamento, la sessualità, nell’area del matrimonio stabile, diventa lo spazio della comunicazione di vita divina. Paolo, scrivendo ai cristiani di Efeso, dirà che il dialogo totale sposo-sposa partecipa della grazia del dialogo di salvezza Cristo vivo-Chiesa sposa. Dunque, la sessualità è dono che viene da Dio ed è finalizzata al disegno di comunione. E anche quando il peccato spezza il rapporto, il Redentore lo ricostruisce e lo eleva alla dignità di sacramento.

    (Pasquale Mocerino, da «Il rosario e la nuova Pompei» 7/1997)


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