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    Una storia di vita per la vita dei giovani



    Bassano Padovani

    (NPG 1998-02-12)


    Durante l’assemblea generale della CEI nel maggio ’97 è stato consegnato ai vescovi e alle loro comunità il Catechismo dei Giovani (volume secondo) che porta il titolo Venite e vedrete. Con questo atto si conclude il lungo cammino post-conciliare dedicato dalla CEI alla redazione di nuovi testi catechistici secondo lo spirito del «documento base» Il rinnovamento della catechesi pubblicato nel 1970.

    Una storia da non dimenticare

    La vicenda della stesura di un catechismo per i giovani risale al 1970, quando in un seminario di studio per la compilazione dei nuovi catechismi l’ipotesi iniziale, che non contemplava un catechismo per i giovani – ritenuto un doppione di quello degli adulti –, venne modificata allargandosi anche a questa fascia d’età.
    La prima idea fu quella di redigere una specie di decalogo o, come si usava dire allora, un «manifesto», contenente i punti principali del messaggio cristiano da presentare ai giovani. Poi ci si sarebbe impegnati ad affiancarlo con sussidi e strumenti didattici.
    Successivamente quell’idea venne sostituita dalla decisione di compilare un vero e proprio catechismo, che possedesse la stessa finalità degli altri: quello di essere il libro della fede per la vita cristiana di tutti i giovani.
    Nel 1979 fu pubblicato «ad experimentum» il catechismo Non di solo pane che ebbe riscontri contrastati e nel giro di pochi anni fu dai più abbandonato. A distanza di circa vent’anni varrebbe la pena approfondire quel capitolo in cui vediamo intrecciarsi vicende complesse: l’elaborazione del testo catechistico; un particolare «clima ecclesiale» offerto dal rapporto tra giovani e istituzioni; il contesto culturale in mutamento; l’effettiva prassi catechistica giovanile.
    Certamente non fu solo il linguaggio utilizzato dal testo (ritenuto troppo impegnativo rispetto al livello culturale dei giovani) a sancirne l’insuccesso. Va ricordato anche il clima di sospetto tra giovani e istituzione ecclesiale, proveniente dal non lontano tempo della contestazione, carico di diffidenza verso tutto ciò che sembrava apparire (e il catechismo ufficiale poteva esserne un segno) volontà di presenza autoritaria e tentativo di coartare le libertà conquistate dallo stesso movimento di contestazione. Abituati a vedere oggi le masse giovanile festanti attorno al Papa, quel clima ci sembra distante anni luce.
    Ma un altro fattore risultò problematico: il catechismo aveva accettato pienamente la sfida con la cultura del tempo e non aveva lesinato forze nella lotta contro le ideologie. In tal modo, se per un verso il crollo di queste ultime, realizzatosi negli anni ’80, attestava la bontà del testo, dall’altro ne imponeva il superamento poiché i giovani del cosiddetto «riflusso» si sentivano estranei a quel dibattito e a quella sensibilità culturale.
    Infine non si deve dimenticare l’effettiva prassi catechistica verso i giovani attuata nel nostro paese: la quasi totalità delle forze era orientata verso la catechesi sacramentale e quindi legata alla fascia d’età della fanciullezza. L’impegno per la formazione cristiana dei giovani veniva per lo più assolto dalle associazioni e dai movimenti. Il crollo dell’associazionismo cattolico verificatosi negli anni ’70 generò di conseguenza anche una caduta di propositività verso i giovani, segnatamente della loro catechesi.

    Il cammino redazionale del nuovo testo

    La decisione di rivedere il catechismo dei giovani scaturì dalla verifica di tutti i catechismi CEI realizzatasi a partire dal 1984. L’Ufficio Catechistico Nazionale creò un’apposita équipe di esperti che, giovandosi di numerose consulenze, elaborò il testo, consegnandolo due volte all’esame dell’episcopato, la prima volta nel 1994 e la seconda volta nel 1995, con il titolo provvisorio di Io sono la vita.
    Il lavoro fu seguito in tutte le sue fasi anche dalla Commissione episcopale per la dottrina della fede e la catechesi. Giunto al suo stadio di maturazione fu inviato al giudizio della Santa Sede per la necessaria approvazione. Con lettera del 5 settembre 1996, la Congregazione per il Clero riscontrava l’invio del testo, segnalando osservazioni e suggerimenti assieme a quelli della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il testo, rivisto secondo le precisazioni richieste e assunto il definitivo titolo di Venite e vedrete, venne riconsegnato alla Congregazione per il Clero (20 febbraio 1997) che l’ha definitivamente approvato con lettera del 1° marzo 1997.

    Un catechismo «per i giovani»

    Strettamente collegato con il primo volume Io ho scelto voi (catechismo per gli adolescenti, pubblicato nel 1993), il nuovo catechismo Venite e vedrete si rivolge ai giovani tra i 18 e i 25 anni per accompagnarli nell’affascinante momento della vita in cui i sogni e i desideri urgono di trasformarsi in realtà concrete.
    Basterebbe pensare al mondo degli affetti, degli studi o del lavoro, della vita sociale, per dare un contorno alle prospettive giovanili. Il catechismo non offre ricette preconfezionate, ma ricorda che in ogni momento della vita la fede in Gesù Cristo offre una prospettiva che è anche una sfida da accogliere: radicare le proprie scelte esistenziali nel progetto di vita rivelato in Lui da Dio Padre.
    Il catechismo ha trovato notevoli spunti dagli orientamenti pastorali dei vescovi per gli anni ’90 (confluiti nel documento Evangelizzazione e testimonianza della carità) e dalle indicazioni nate a seguito del Convegno ecclesiale di Palermo, eventi che hanno riproposto con grande slancio l’attenzione al mondo dei giovani, confermando un cambio di prospettiva già in atto nella Chiesa: la considerazione dei giovani non più come «problema», non solo come «destinatari» dell’azione pastorale, ma come «risorsa».
    Immaginando il catechismo come un grande quadro, è possibile ritrovare il punto focale della prospettiva nella figura del giovane: è «verso di lui» oppure «a partire da lui» che si muove il testo catechistico, mentre si srotola come un grande racconto. Non è difficile notare che si parla poco «dei giovani» e delle realtà che li caratterizzano, perché si vuole soprattutto parlare «ai giovani» della vita di fede (e ovviamente questa prospettiva non esclude la costante presenza, sullo sfondo, della realtà giovanile).
    Ma possiamo dire di più: il catechismo vuole essere sempre uno stimolo a pensare ai giovani non solo come soggetti recettivi dell’annuncio, ma anche come protagonisti e quindi contemporaneamente «evangelizzati ed evangelizzatori». In maniera molto forte e puntuale, Mons. Nosiglia, nell’intervento di presentazione del catechismo ai Direttori degli Uffici Catechistici Diocesani (Collevalenza, 24 giugno 1997) rilanciava l’urgenza di dare corpo alla tensione missionaria del giovane stesso, facendo di lui un testimone tra i suoi coetanei: «I giovani possono aver sentito asfissiante ed estraneo uno stile di vita credente omologato alle tante passività familiari, scolastiche, professionali e sociali, e anche religiose cui sono condannati... Solo un’assunzione missionaria, attiva della fede da parte dei giovani può rendere anche oggi manifesta l’azione dello Spirito che dà efficacia all’annuncio del Vangelo e cambia il volto e il cuore delle nostre comunità».

    Il cammino di fede proposto

    L’immagine del giovane e del «rabbì» che domina la copertina del nuovo Catechismo – evocanti il brano giovanneo dell’incontro di Gesù con i primi discepoli – commentano il titolo: Venite e vedrete. Una scelta non casuale, che visualizza le parole del Papa nel Messaggio per la XII Giornata Mondiale della Gioventù di Parigi: «Giovani del mondo intero, è lungo i sentieri dell’esistenza quotidiana che potete incontrare il Signore! Ricordate i discepoli che, accorsi sulle rive del Giordano per ascoltare la parola dell’ultimo dei grandi profeti, Giovanni il Battezzatore, si videro indicare in Gesù di Nazaret il Messia, l’Agnello di Dio? Essi, incuriositi, decisero di seguirlo a distanza, quasi timidi e impacciati, finché Lui stesso, voltatosi, domandò ‘Che cercate?’. Il Maestro, dopo aver provocato l’incontro faccia a faccia li ha invitati a proseguire il loro cammino di ricerca: ‘Venite e vedrete’. Essi hanno accettato e da quel momento sono entrati nella straordinaria esperienza di poter conoscere da vicino Gesù, fino a decidere di stare con lui per sempre».
    Il catechismo offre dunque ai giovani italiani di oggi l’occasione di rivivere l’esperienza dei primi discepoli e lo fa proponendo un «itinerario di fede» ritmato su tre grandi movimenti del cuore: la ricerca, l’incontro, la condivisione della vita.
    * Cercare: ogni cammino è originato dal movimento della ricerca. Chi è sazio di ciò che è o di ciò che ha non si mette in cammino. «La domanda di Gesù – Che cercate? – fa emergere una situazione di ‘credenti inquieti’, vicina a quella di molti giovani a cui si rivolge il catechismo. Il passaggio da una fede ricevuta per tradizione familiare e culturale ad una fede professata per convinzione personale – appuntamento tipico dell’età giovanile – fa esplodere le dinamiche di ricerca di senso, di spinta alla decisione, di attesa e di speranza» (Introduzione, p. 5).
    * Incontrare: la ricerca porta necessariamente con sé il desiderio dell’approdo e genera la speranza di giungere all’incontro con la realtà desiderata. La ricerca del giovane e la sua «sete religiosa» hanno la possibilità di trovare sbocco nell’incontro con Gesù Cristo. «Affascinati dalla sue parole e stupiti dai suoi gesti, essi decidono di seguirlo, per conoscerlo da vicino, per rintracciare nella sua vita il suo modo di vedere e di vivere il rapporto con Dio e con il prossimo» (p. 5).
    * Dimorare: «l’incontro non si esaurisce in una esperienza di un momento, ma sfocia in amicizia, in un ‘rimanere’ con Gesù per vivere l’avventura del Vangelo» (p. 5). È questo il luogo in cui nasce l’adesione di fede del giovane e in cui prende consistenza la sua vita di credente, alle prese con le infinite sfumature di una fede che innerva ogni aspetto dell’esistenza.
    Si tratta di un cammino di fede che viene proposto tramite una narrazione evangelica della vita di Gesù, quasi una «lectio» continua, per illuminare la vita e la scelta dei giovani. Il linguaggio evangelico è certamente primario e centrale. L’espressione è volutamente semplice, sobria, comprensibile ai giovani, al di là dei diversi livelli culturali e anche intenzionalmente rispettosa di chi è ancora in ricerca.
    Il grande racconto è sviluppato in dieci capitoli.
    * Il capitolo 1 descrive la ricerca che attraversa la vita dei giovani nel tentativo di dare significato all’esistenza, verso la conquista di una «pienezza». Tra coloro che offrono risposte, c’è un personaggio singolare: Gesù di Nazaret. A lui un giorno si volse la ricerca di due giovani.
    * I capitoli 2-3-4 esplicitano il senso dell’incontro. Affascinati dalle parole del «rabbi», i due discepoli, e tutti gli altri che man mano si uniscono, lo seguono, lo ascoltano, lo vedono compiere gesti prodigiosi. Entrano pian piano nel mistero della sua persona, non senza fatica (cap. 2). Scoprono che in lui il Regno di Dio è presente e operante, perché Gesù intrattiene con Dio una relazione personalissima: dice di essere il suo Figlio (cap. 3). La pienezza dell’identità di Gesù è svelata dagli avvenimenti della Pasqua, centrali nei Vangeli e nell’esperienza cristiana. In essi si rivela il mistero di Dio, come dono di vita che vince la morte, come mistero di amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (cap. 4).
    * I capitoli 5-6-7-8-9-10 presentano le conseguenze radicali dell’incontro con Gesù: si è chiamati a ridisegnare il proprio progetto di vita nella partecipazione convinta alla Chiesa, comunità dei discepoli di Gesù (cap. 5-6); nell’apertura missionaria al mondo, in particolare all’universo giovanile, per condividere con gli altri la libertà, la forza e la gioia del Vangelo (cap. 7); nella chiamata a vivere l’amore nella dedizione fedele a Dio o alla persona di cui ci si scopre innamorati (cap. 8); nell’impegno di «coltivare e custodire» il mondo attraverso la realtà del lavoro e dell’azione politica e sociale (cap. 9); nell’attesa vigilante e attiva verso l’incontro definitivo e ormai svelato con il Signore Gesù (cap. 10).

    Categorie di riferimento [1]

    Letto sopra, tra, o meglio, dentro le righe, Venite e vedrete lascia affiorare, ora più ora meno scopertamente, quattro categorie di riferimento, quattro cardini sui quali tutto gira: storia, alterità, corporeità, libertà. Si tratta, per così dire, della infrastruttura del testo, o, anche, delle chiavi utili ai giovani perché possano capirsi come cristiani e da cristiani possano capirsi come giovani. Attorno a questi punti-cardine il testo trova di continuo, a livello profondo, coerenza, fluidità e unità di orizzonte. Sono prospettive che organizzano e personalizzano i contenuti della ricerca, dell’incontro, della fedeltà.
    – Storia: è la situazione strutturale e complessa della vita, che porta vistosamente i segni dell’uomo che cerca se stesso, porta anche i segni della presenza concreta di Gesù Signore e dei testimoni suscitati dalla sua memoria e dal suo Spirito. Si tratta, ancora, del futuro che preme ogni giorno sul presente, interpellando le nostre responsabilità. È come il grande fiume della vita che può lanciare la suggestione di abbandonarsi alla corrente (al «come fanno tutti», cf p. 15), o di saperne approfittare; è la varietà delle tradizioni dei popoli in movimento, che rende non facile orientarsi, esponendo al rischio del relativismo (p. 16). È, talora, la figura del supermercato che invita al «fai-da-te» (p. 18); è però anche il solco scavato dalle grandi passioni dell’uomo e dalla sua sete di infinito (p. 19). È il campo nel quale il Signore Gesù si inserisce, come fa notare insistentemente il Nuovo testamento (cf p. 46, la spiegazione del quadro storico degli inizi del ministero pubblico di Gesù secondo Lc 3,1-2). È la rete delle progettualità umane con le quali entra in contatto, come promessa e conflitto, l’annuncio del regno di Dio (cf p. 53ss.). È ciò che il credo sinteticamente richiama con le espressioni «nacque da Maria vergine», «fu crocifisso sotto Ponzio Pilato». È lo spazio della chiesa nella forza dello Spirito, il suo camminare tra i popoli come appello e segno di riconciliazione. Della storia ogni uomo nascendo porta i segni e nella storia incontra l’appello a novità di vita. È «l’avventura, esaltante e faticosa, di diventare pienamente umani in questo mondo» (p. 284), poiché è proprio dell’azione umana rompere il determinismo che regna nell’universo materiale e introdurre nel mondo la possibilità di novità (p. 285).
    La storia è l’ambiente dove ciascuno ricerca e reperisce i «materiali» del suo progetto e si trova esposto allo scacco, al non successo. La storia ci misura, eppure ci può trovare fedeli; dà la curva alla nostra vita, eppure possiamo viverla in libertà, la libertà dei figli. È percorso che può farci eredi. Così può portare i segni della gratitudine, della invocazione e della profezia (pp. 410-411).
    – Alterità: risorsa e rischio che emerge nella storia e ne tesse la trama è l’altro, il volto, il non posto da noi, eppure presente con la sua ricchezza e il suo segreto, con la sua libertà. Soltanto l’altro, il volto è interlocutore all’altezza, che ci toglie dalla solitudine, nell’incontro e nel dialogo. Grazie a lui il fiume della storia non è solo corrente, ma comunicazione, compagnia. L’altro può farsi compagno di cammino che segnala strade da noi non viste (p. 37). È il presentimento della nostra sete di infinito. In maniera imprevista, innovativa, familiare e unica, l’altro è Gesù di Nazaret: del tutto per noi, eppure così difficile per noi. Di fronte a lui sale la domanda: «Chi è costui?» (cap. 3: chi dite che io sia?).
    L’altro è colui davanti al quale Gesù sta come Figlio, invocandolo come Abba (p. 115ss); è in definitiva il volto attraente, pacificante e inquietante del Dio-Trinità, volto di comunione perfetta, aperta e accogliente (pp. 183-187). È colui che rinnova il nostro volto, ravvivandolo con la ricchezza del suo Spirito, è il nostro volto che si esprime nel dialogo della preghiera (pp. 309-310), il volto riconciliato delle beatitudini. Il volto di Maria e dei santi, il volto di ogni carisma e ministero come concretizzazione della ricchezza di ogni alterità nella libertà dell’amore (capp. 7-8). Nella libertà di affidarsi a Dio al tramonto della vita il volto dell’uomo riverbera la ricchezza di Colui che lo ha cercato e incontrato: il Padre di Gesù Signore.
    – Corporeità: è tramite gesti e azioni che ciascuno iscrive se stesso nella storia, si dichiara all’altro e ne afferra le intenzionalità. È attraverso la rete di azioni e gesti che viene pronunciata la profezia di se stessi, che ci si approssima o si feriscono gli altri; ci si rende riconoscibili o ci si nasconde. La nostra corporeità è l’antidoto a noi connaturato rispetto alla fuga in idealismi evanescenti ove ogni possibilità si isterilisce. La nostra struttura somatica ci esprime, ci confessa e ci misura. Essa registra la nostra storia, ci radica nel mondo e ci dichiara rispetto agli altri.
    La corporeità rende leggibile immediatamente che nessun uomo è da sé tutto l’umano. Tutto l’umano è uomo e donna: «esistiamo con un corpo, nella condizione di maschio e femmina» (p. 329). La nostra struttura somatica è la nostra strumentazione recettiva ed espressiva. «Come impariamo a trovare parole adeguate per dire ciò che vogliamo far sapere e non essere fraintesi, così occorre essere responsabili di quanto diciamo con i gesti del corpo» (p. 341). Importante diventa apprendere a «rendere il gesto del corpo sempre più trasparente alla verità della persona» (p. 347).
    La sequela del Signore e la vita ecclesiale sono anche scuola di autenticità e trasparenza comunicativa. Gesù ha elaborato i suoi gesti come segni del Regno di Dio, del suo amore sorprendente, gratuito, innovativo. Li ha resi profezia dell’umanità secondo il cuore di Dio (pp. 65-70). In modo del tutto speciale il gesto dell’ultima cena mostra che tutto l’esprimersi di Gesù, il suo essere rivolto a noi, il suo corpo, coincide ormai con un dono completo di sé che diventa nuova presenza tra noi, fonte di novità di relazioni, qualificate dalla condivisione (pp. 154-156). È nella coerenza e nella forza comunicativa dei suoi gesti che il Risorto si dà a riconoscere ai discepoli (pp. 169).
    Sintonizzandosi sui gesti del Risorto la comunità cristiana ne accoglie e ne proclama la presenza, lasciandosi dare volto dalla forza di novità, riconciliazione, fedeltà, comunione che essi comunicano. Così essa diventa il corpo del Signore. Se da un lato la simbolicità propria dell’uomo come spirito e corpo lascia capire la condiscendenza del Signore nei suoi segni (pp. 249-250), dall’altro le modalità d’esprimersi del Signore rivelano la ricchezza e le modalità ad essa idonee della nostra espressività somatica-gestuale. È secondo quest’ottica poetica-sacramentale che il CdG/2 sottolinea la preziosità e la delicatezza anche della dimensione sessuale dell’amore, sollecitandone la educazione secondo i diversi carismi, del matrimonio, come quello della vita consacrata. Apprendere a pronunciare i propri gesti come gesti dell’amore, secondo la propria identità, è opportunità della propria storia, autenticità di fronte agli altri, disegno per un mondo umano, nella sequela del Signore, ravvivati dal suo Spirito.
    – Libertà: è il segreto ultimo di ogni persona, che emerge e si plasma entro tutte le altre sue dimensioni, in molteplicità di figure che si condensano nella decisione, intelligente, totalizzante, impegnativa (pp. 27-32). È ciò che si svela e si gioca nell’incontro, che sollecita la ricerca, che si pronuncia nella decisione, che custodisce la speranza. Nella fedeltà al Signore la libertà si plasma come libertà di credere, sperare e amare.
    La fede è il coraggio della libertà nella storia: della libertà di Dio in Gesù Signore; della libertà dell’uomo, sollecitata dallo Spirito del Signore. Libertà iscritta nella storia tramite gesti-azioni- parole-incontri che qualificano i soggetti che li pongono.
    È il coraggio che riconosce negli eventi l’affacciarsi del volto, del dono, della promessa mantenuta, della misericordia e della speranza.
    È la libertà adulta del dono di sé, nell’amore gratuito e benevolo, che cerca pazientemente le vie dell’efficacia e non si calcola sui risultati probabili. È la libertà che reclamizza, rende testimonianza della benevolenza infinità di Dio, da benedire e alla quale affidarsi.
    Attorno a questi quattro cardini si annoda la concreta figura di Gesù Signore e il cammino di edificazione della identità cristiana. Attorno ad essi scorre la pedagogia del catechismo.

    Strumento a servizio della catechesi viva ai giovani

    A far da ponte tra il giovane e la narrazione catechistica dovrà essere costruito un terzo elemento: la catechesi viva ai giovani, cioè il cammino concreto rivolto a ciascun giovane per passare dall’informazione «su Gesù» al coinvolgimento personale nella storia di Gesù come suoi discepoli. Il testo catechistico non ha sviluppato questa prospettiva, che richiede la precisazione puntuale dei destinatari, del contesto comunitario in cui si svolge la catechesi e delle stesse capacità del catechista. Tuttavia sono presentati gli «ingredienti» ineliminabili per progettare un itinerario catechistico, come risulta dalle pagine finali di ogni capitolo, intitolate «Per camminare nella fede»: l’ascolto delle domande poste dalla vita dei giovani; il confronto con la Parola di Dio; l’ascolto della «voce» della Chiesa; il dialogo della preghiera; l’incontro con i testimoni; la professione della fede.
    La successione degli elementi potrà non essere sempre la stessa e farà spazio alla giusta e intelligente valorizzazione delle occasioni. Rimane tuttavia fondamentale la completezza del percorso e quindi l’impegno a «visitare» le modalità diverse con cui riesprimere l’unica fede, perché sia davvero «ecclesiale».
    Non va dimenticata inoltre la risorsa pedagogico-didattica offerta dal catechismo. Essa è costituita da un insieme di elementi che facilitano l’accostamento fruttuoso al testo per una migliore comprensione e interiorizzazione:
    – anzitutto le introduzioni ai capitoli, primo materiale di aggancio al tema trattato;
    – la narrazione catechistica, attenta a tutte le fonti: Bibbia, Tradizione, Magistero recente, riflessione teologica;
    – i fuori testo, per sviluppare un particolare problema enunciato nel corso della narrazione;
    – le schede, per approfondire alcuni elementi fondamentali della fede;
    – le sintesi al termine di ogni capitolo, in cui sono riassunti i passaggi fondamentali dell’esposizione catechistica;
    – la rubrica Per camminare nella fede (di cui si è detto sopra);
    – il linguaggio delle immagini, con fotografie, disegni, opere d’arte, composizioni grafiche capaci di richiamare la dimensione simbolica.
    Come aiutare la catechesi dei giovani a crescere
    Sarà decisivo per il rilancio appassionato e generoso della catechesi giovanile un forte impegno nel creare un clima di collaborazione con tutti coloro che operano con i giovani e in particolare con la pastorale giovanile (responsabili e animatori). Non è infatti pensabile un lavoro a compartimenti stagni, ma è auspicabile una convergenza (una vera e propria sinergia) di prospettive, di risorse, di cammini per poter offrire ai giovani una proposta coerente, ampia e ricca. Sono queste anche le indicazioni suggerite alla pastorale dal documento del «dopo-Palermo» Con il dono della carità dentro la storia.
    Dovremo favorire una reale diffusione e conoscenza dello strumento «catechismo» tra i vari educatori dei giovani, attivando ad esempio occasioni formative specifiche (incontri, seminari, ecc.) dentro i quali recuperare anche la capacità di costruire itinerari catechistici per passare dal «catechismo» alla «catechesi», coniugando assieme i numerosi aspetti coinvolti in ogni atto catechistico: contenuti, destinatari, linguaggi, metodi, strumenti, ecc.


    NOTA

    [1] Il paragrafo riprende la lettura-interpretazione del CdG2 fatta da Don Giuseppe Laiti, teologo e membro dell’équipe di redazione, tenuta ai Direttori degli UCD nel Convegno di Collevalenza del giugno 1997.


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