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    Il lavoro dei gruppi



    Proposta di lavoro per i gruppi

    (NPG 1998-07-46)


    Obiettivi

    I gruppi sono impegnati a raggiungere quattro obiettivi:
    1. Una interpretazione educativa della situazione culturale attuale, per cogliere i problemi e le sfide che essa lancia a chi si impegna nell’ambito dell’educazione;
    2. Un approfondimento critico dei modelli presentati, per cogliere la qualità e l’efficacia della loro risposta ai problemi e alle sfide;
    3. Elaborazione di una tipologia di modelli di animazione presenti nel tessuto educativo e culturale italiano;
    4. Una proposta di esigenze che un modello educativo dovrebbe rispettare, per collocarsi in termini promozionali tra i problemi e le sfide attuali.

    Processo

    Per raggiungere questi obiettivi, i gruppi sono invitati a procedere secondo un percorso, logico e sistematico, orientato, grosso modo, dai seguenti momenti:
    1. Individuare il tipo di problema che ogni esperienza presentata riconosce come urgente e il tipo di risposta che ad esso viene proposta;
    2. Integrazione delle esperienze presentate con esperienze e modelli conosciuti personalmente, verso un quadro abbastanza complessivo di informazioni;
    3. Confronto tra i diversi problemi, evidenziati dalle esperienze, verso una sintesi che fornisca il quadro unitario (cf obiettivo 1);
    4. Analisi delle diverse soluzioni prospettate dalle esperienze (cf obiettivo 2), alla luce di alcuni criteri:
    • interventi sul piano culturale e/o istituzionale
    • relazione giovani e adulti
    • confronto con le altre istituzioni operanti sul territorio
    • verifica di una eventuale attenzione alla dimensione religiosa, alla sua qualità e alla integrazione perseguita rispetto alle logiche educative.
    5. Individuazione dei modelli perseguiti in ordine alla formazione degli animatori;
    6. Sintesi dei contributi racconti per indicare sia la tipologia di “figure” di animazione (cf obiettivo 3) e soprattutto l’indicazione di esigenze orientative per ogni modello di animazione (cf obiettivo 4).
    Il lavoro del gruppo verrà sintetizzato attorno agli argomenti indicati negli obiettivi della traccia di lavoro. Rispettiamo, per ogni gruppo, le diversità della conduzione.

    GRUPPO UNO

    Primo OBIETTIVO
    Una interpretazione educativa della situazione culturale attuale, per cogliere i problemi e le sfide che essa lancia a chi si impegna nell’ambito dell’educazione.
    Una delle difficoltà che si incontra nell’attuale situazione socio-culturale è il «non desiderio», soprattutto da parte delle nuove generazioni, mancando il quale l’animazione rimane come incapace di elaborare una proposta di tipo educativo-culturale. Una assenza delle domande di «senso» e di «significato» su se stessi e sugli avvenimenti, una «non-cultura» spesso però passivamente subita e accettata. Una crisi quindi della domanda che riflette quella di una identità storico-culturale.
    Un altro aspetto problematico sembra essere quello della presenza di forti processi di «orizzontalizzazione»: tutto deve bastare ma all’interno del proprio orizzonte esistenziale-personale: soggettivismo-egoismo. L’assenza dunque di figure di adulti significative e autorevoli, con uno spazio educativo riconosciuto. Risulta inoltre la mancanza di un rapporto asimmetrico, che scardina la possibilità di dare inizio a processi di animazione culturale.
    Altri elementi del quadro possono essere così sintetizzati: rifiuto e scarsa considerazione, in particolare da parte dei giovani, della cultura «in genere» come valore fondamentale per la crescita integrale della persona; difficoltà a coinvolgerli, anche con ruoli attivi e di responsabilità, e a suscitare interesse immediato. La cultura non darebbe ai giovani, secondo il loro punto di vista, nessun bene di consumo immediato o di guadagno «economico», per cui forse non vale la pena impegnarsi in questo ambito. Da questo deriverebbe anche una certa incapacità di concepire, ad esempio, il lavoro come fonte di realizzazione personale.
    Ulteriori elementi di analisi: dispersione delle appartenenze, pluri-appartenenza come frammentarietà nella partecipazione, nell’interesse, nella responsabilità; rapidità di esperienze, mancanza di percorsi e di progettualità in genere, forse anche di veri e propri modelli formativi, per cui parlare di processi formativi a medio o lungo termine diventa problematico.
    Occorre recuperare il valore del tempo noetico, per utilizzarlo in modo corretto, come sfida all’animazione culturale, in un contesto di pluralismo comunicativo che spesso riduce gli ambiti specifici della comunicazione educativa e culturale.
    E occorre educare i giovani alla interculturalità, una fra le tante sfide educativo-culturali rivolte all’animazione.

    Secondo OBIETTIVO
    Un approfondimento critico dei modelli presentati, per cogliere la qualità e l’efficacia della loro risposta ai problemi e alle sfide.
    Una osservazione di carattere metodologico potrebbe riguardare in particolare le esperienze di animazione proposte dalla cooperativa «La nuvola nel sacco» di Brescia (mod. 1), CEIS di Roma (mod. 2), e dalla cooperativa «Altana» di Cremona (mod. 3): mancanza in particolare di una prospettiva educativa di tipo ermeneutico a favore di una metodologia più deduttivo-applicativa. Con un interrogativo di fondo non del tutto chiaro al nostro gruppo: intervenire sulla realtà perché questa possa favorire un processo educativo-culturale della singola persona in situazione, oppure intervenire direttamente sulla persona in situazione perché, successivamente o contemporaneamente possa, a sua volta, contribuire al rinnovamento positivo delle varie realtà socio-culturali in cui vive?
    Inoltre i mod. 1, 2, 3, sembrerebbero essere «senza seguito»: mancanza di una prospettiva educativo-culturale progressiva e a lungo termine per meglio contribuire ad una crescita integrale della persona.
    Rileviamo inoltre una certa incertezza-indeterminatezza sui destinatari dell’animazione culturale proposta dai modelli 1, 2, 3, sugli ambiti specifici dell’animazione.
    In generale i modelli proposti non sembrano capaci di dare una valida ed esaustiva risposta alla frammentarietà: la linea perseguita è piuttosto indirizzata verso la soluzione solamente di alcuni «frammenti» o aspetti della persona (magari quelli più devianti) senza una vera e propria progettualità e organicità della proposta educativo-culturale, forse un tantino superficiale (esemplificazioni concrete quali «interventi su richiesta» da parte di istituzioni pubbliche, ecc.).
    Interrogativo di fondo nei confronti dei mod. 1, 2, 3: professionalità dell’educatore = formazione specialistica, inquadramento economico-contrattuale? Volontariato = in genere, scarsa professionalità e minore disponibilità di tempo? Animazione culturale autentica = quindi, animatori culturali professionisti?
    Per quanto riguarda il modello del Centro Salesiano di Pastorale Giovanile (mod. 4), la proposta fatta ha rivolto maggiormente l’attenzione al quadro teorico di animazione culturale, certamente da non sottovalutare, ma scarsa attenzione è stata data agli aspetti «pratici» che nell’animazione culturale non si possono certo delegare semplicemente a chi lavora sul campo. Mentre i mod. 1, 2, 3, pur avendo in genere una buona impostazione dei quadri teorici dell’animazione, hanno dimostrato di confrontarsi a sufficienza con i vissuti concreti dell’animazione, soprattutto il modello del CEIS.
    Il confronto con le altre istituzioni operanti sul territorio occupa uno spazio di particolare rilievo soprattutto nei mod. 1, 2, 3; particolarmente interessante ci sembra il tentativo dei modelli in genere di andare oltre alcuni ambiti classici dell’animazione culturale, quali scuola-oratorio (certo da non sottovalutare).
    L’attenzione specifica alla dimensione religiosa emerge maggiormente nei mod. 2, 3 e 4, soprattutto come potenziale implicitamente presente nella proposta di animazione culturale attraverso la riscoperta della qualità della vita e delle domande di senso (mod. 4), lo sforzo di coniugare l’ideale con la realtà del quotidiano (mod. 3). In generale i modelli proposti ci sembra preferiscano una animazione culturale «laica» che porta «in sé» certamente una dimensione religiosa soprattutto nella «qualità», nello «stile educativo» senza rischiare troppo percorrendo la strada (forse un po’ tradizionale) della proposta religiosa esplicita.

    Terzo OBIETTIVO
    Elaborazione di una tipologia di modelli di animazione presenti nel tessuto educativo e culturale italiano.
    I modelli di animazione, soprattutto quelli ben definiti e vincolanti, ci pare che siano un po’ in crisi. Sarebbe interessante riscoprire forse il «patto educativo» globale come confronto-incontro di modelli diversificati di animazione, come piattaforma educativo-culturale a partire dalla quale si possono anche elaborare dei progetti in situazione, articolati, ma costruiti con criteri comuni abbastanza omogenei.
    Emerge una particolare esigenza, tuttavia, di proporre una animazione culturale con delle proposte abbastanza «forti» (vedi l’esperienza di alcuni gruppi ecclesiali), con tempi e percorsi educativi ben definiti, omogenei: potrebbe essere forse un modo per non scontrarsi-confrontarsi con la frammentarietà ma a discapito di una diseducativa pressione di conformità.

    Quarto OBIETTIVO
    Una proposta di esigenze che un modello educativo dovrebbe rispettare, per collocarsi in termini promozionali tra i problemi e le sfide attuali.
    – Una prima esigenza ci pare quella della ricerca del senso «del» e «nel» frammento per costruire pazientemente la bellezza del mosaico.
    – Il coraggio dell’ascolto e della proposta da parte dell’adulto-educatore.
    – Concretezza-immediatezza ed efficacia della proposta culturale «in situazione».
    – La gradualità della proposta dell’animazione dentro la propria cultura, per educarsi insieme ed educare la «non cultura».
    – Capacità di suscitare domande di senso e di creare percorsi verso il raggiungimento delle risposte: animazione culturale come tensione educativa continua e costante.
    – Animazione culturale dell’uomo integrale: anche l’area della trascendenza?

    GRUPPO DUE

    Il gruppo ha potuto rispondere in maniera analitica solo alle prime tre domande, limitandosi per il resto a qualche suggestione o interrogativo. Per qualcuno risultava difficoltoso seguire lo schema proposto, in modo particolare il tentare una valutazione delle esperienze presentate, senza parametri più precisi intorno alla natura dell’animazione culturale. La domanda che cos’è l’animazione culturale ritornava con una certa frequenza riverberando l’esigenza di un chiarimento previo intorno ad una realtà in cui le interpretazioni sembravano molteplici tanto da giustificare il riferimento a modelli assai diversi tra loro. Se questo da un lato apriva gli orizzonti del problema, dall’altro creava nei presenti una certa difficoltà di orientamento e di interpretazione, tanto che qualcuno segnalava alla fine im proprio disagio.

    Tipo di problemi che ogni esperienza presentata riconosce come urgente e il tipo di risposta offerta.
    • NUVOLA NEL SACCO: essa sembra orientata maggiormente alla normalità delle situazioni, nell’esperienza quotidiana. L’attenzione è rivolta al sistema socio-educativo, in riferimento soprattutto a quelle istituzioni e agenzie educative che desiderano intervenire presso i giovani con proposte diverse, siano esse a carattere culturale, ricreativo, ludico, ecc. Il tipo di risposta sembra consistere nel tentativo di mediare il rapporto tra singoli ed istituzione, nell’indurre a riflettere i committenti dei servizi di animazione sul senso di tali iniziative, nell’attenzione ai bisogni reali a partire dalle persone e dal territorio anziché dalle ricerche specializzate, nel valorizzare l’esistente orientandone in maniera differente lo stile.
    • CEIS: da un problema iniziale legato al fenomeno della tossicodipendenza e alla necessità di trovare dei rimedi per le persone coinvolte, si è allargato lo sguardo alla prevenzione attraverso la scelta dell’animazione come movimento e gioco per interessare i giovani e maturare in loro un’esperienza positiva, capace di evitare e far uscire dalle situazioni a rischio, attraverso servizi di animazione e giochi terapeutici.
    • ALTANA: nata come compagnia teatrale, ha saputo valorizzare le possibilità che tale ambito apriva all’animazione e ha allargato le prospettive ad altri interventi in cui appare abbastanza marcata la prospettiva professionale e remunerativa di chi trova occupazione nella cooperativa. Rispetto all’idea di una vita come ruota che gira, la cooperativa pare affermare l’essere sull’avere e punta sulla maturità personale e sulla competenza umana dei suoi collaboratori.
    • CSPG: la comunicazione si discostava molto dal tono delle precedenti e non s’è capito se voleva anch’essa presentare un’esperienza od offrire delle indicazioni più autorevoli. Nel caso dell’esperienza sembrerebbe utile reperirne i contorni più precisi circa gli ambiti operativi e i contenuti specifici.

    Integrazione delle esperienze presentate con modelli conosciuti. Sono state raccolte le seguenti testimonianze.
    • Esperienza di animazione in Nicaragua. Promossa da un istituto religioso, essa si poneva come tentativo di rispondere ai problemi creati dalla guerra in rapporto ai giovani che più direttamente aveva vissuto il dramma del conflitto. Essa si basava sulla coscientizzazione in rapporto agli effetti di tale realtà nel loro complesso (cosa aveva prodotto la guerra) e alla promozione umana rispetto a quelle situazioni di degrado che la guerra aveva provocato. Emergeva talvolta la difficoltà di capire verso dove si stava andando, ma si testimoniava nel complesso una seria attenzione ai giovani e un farsi loro vicini.
    • Esperienza di un oratorio salesiano che intende rispondere alla domanda fondamentale sul senso.
    L’aiuto è offerto attraverso il sistema preventivo e l’animazione cuturale. Allo slogan Diventare amici di Gesù corrisponde la proposta di un ambiente, di un luogo fisico con più componenti e varie opportunità, di un gruppo nel quale si incontrano varie proposte e vari itinerari, di persone che stanno vicino e diventano testimoni di senso.
    • Esperienza del CSI: interpreta le attenzioni dell’animazione culturale in rapporto ad un ambiente tipicamente sportivo. Gli elementi fondamentali risultano: l’attenzione particolare all’uomo, l’educazione, la laicità, la centralità degli operatori (giovani con i giovani e per i giovani), la necessità di pluralità di itinerari.
    • Esperienza di Lecce. C’è un’associazione di animatori autonomi che provengono dal mondo dell’oratorio. Formatisi in tale ambiente, hanno fatto proprie le scelte dell’animazione cristiana e promuovono iniziative e attività a partire da tale prospettiva. Organizzano gruppi e ad essi prospettano una proposta formativa. Ricevono varie richieste di intervento che selezionano sulla base di quei valori che hanno alle spalle.
    • Esperienza di animazione nei confronti di minori con drammi affettivo-familiari alle spalle.

    Problemi e sfide che la situazione attuale lancia a chi si impegna nell’ambito dell’educazione.
    • Problema di un uomo che non si sente riconosciuto nella sua soggettività. Necessità di recuperare uno spazio per il soggetto, al di là di ogni riferimento teorico.
    • Problema del recupero dell’istanza dell’interiorità (New Age).
    • Problema della difficile comunicazione tra esperienza e modelli.
    Diviene necessario ripensare l’esperienza in termini di dialogo con i modelli di riferimento; diviene necessario ripensare i modelli in modo da essere plasmati dall’esperienza.
    • Primato della produttività. In un mondo dove vale chi produce e chi possiede, come si colloca la sfida della gratuità, da parte di persone che si pongono a servizio?
    • Problema del senso. Come avviene la trasmissione del sapere, come ci si comunica la consegna al mistero della vita? C’è bisogno di qualcuno che generi alla vita.
    • Problema dei gruppi deboli: sfida alle aggregazioni più tradizionali poiché oggi si cerca un’aggregazione debole e diffusa.
    • Problema del rapporto tra animazione e educazione. Non si educa occupando semplicemente degli spazi. Necessità di capire il mondo in cui si vive, superando l’immediato per ricostruire il quadro più globale dell’epoca in cui si è inseriti.
    • Problema di rispondere a esigenze molto concrete e circostanziate. Non solo grandi quadri teorici, ma anche esigenza di interventi mirati.
    • Problema di una Chiesa che pratica talvolta la strategia del consenso. Che posto ha una proposta raffinata come l’animazione culturale?

    Problemi e suggestioni.
    • Animazione culturale che si professionalizza e diviene lavoro. Fino a che punto è possibile? Non c’è il rischio di una certa confusione di proposte?
    • La remunerazione per qualcuno sembra non solo ridurre, ma cambiare la natura stessa dell’animazione culturale.
    • La formazione degli animatori. Pochi gli elementi nella comunicazione. Quali parametri? Sembra importante non solo fare un servizio, ma vivere anche una realtà di gruppo e un formare se stessi al servizio.
    • Animazione culturale e prospettive di fede: quale rapporto?
    In un’epoca in cui l’animazione sta diventando di tutti, c’è bisogno di precisare lo specifico cristiano (il vangelo come proposta seria).

    GRUPPO TRE

    Premessa.
    Diverse erano le strazione dei componenti del gruppo: alcuni membri provenivano dall’area latino-americana; altri dalla regione africana; qualcuno dall’ambiente francofono; qualche altro dall’India; il resto di nazionalità italiana, ma distribuito lungo la penisola da Bolzano a Brescia, da Rovigo a Cremona, da Firenze a Salerno. Essi hanno provato a mettersi d’accordo sulla figura dell’animazione dentro le provocazioni di oggi tra cambi culturali e uso differenziato del modello d’animazione sulla scia del confronto con le esperienze di animazione della Cooperativa La nuvola nel sacco di Brescia, del CEIS di Roma, del CSPG di Roma, e della Cooperativa Altana di Cremona.
    È evidente che il tentativo di sintesi tra idee diverse di animazione, oltre ad uno scambio arricchente, abbia causato anche il compromesso su pochi (e sicuramente non esaustivi) punti riguardo al modello educativo dell’animazione...

    Primo obiettivo: una interpretazione educativa della situazione culturale attuale, per cogliere i problemi e le sfide che essa lancia a chi si impegna nell’ambito dell’educazione.
    Individuando il tipo di problema che ogni esperienza presentata riconosce come urgente, integrando le esperienze presentate con esperienze e modelli conosciuti personalmente, confrontando i diversi problemi evidenziati dalle esperienze, siamo giunti a una sintesi dei problemi e delle sfide che la situazione culturale lancia a chi si impegna nell’ambito dell’educazione. Emergono:
    – la pluralità d’appartenenza dei giovani d’oggi, che fa sorgere il problema del gruppo d’appartenenza e il «fatto vero» della frequenza a bassa soglia che caratterizza il riferimento al gruppo da parte dei giovani;
    – la necessità di fare della scuola il luogo del passaggio della storia, della memoria per l’identità storico-culturale;
    – la cooperativa come sbocco della storia del gruppo: nel passaggio dalla gratuità al lavoro quale retroterra, quale preparazione, quali valori vengono scelti nel formare la cooperativa? Ed ancora. Quali i tempi di verifica che i membri della cooperativa si danno per riflettere sulla loro coerenza con le scelte iniziali?
    – il difficile rapporto tra animazione e politica. Un esempio: un gruppo di genitori chiede ad un «soggetto di animazione» di prendersi cura dei propri figli senza preoccuparsi dell’impiego del tempo libero e delle idee che vengono indotte: animazione che può confondersi con il «potere di controllo»;
    – l’idea dell’animazione come strumento neutro: un semplice involucro che avvolge tante cose, ma non un modello formativo con contenuti suoi propri;
    – il rapporto tra animazione ed educazione alla fede: cosa dice l’animazione nei processi di salvezza dei giovani d’oggi?

    Secondo obiettivo: un approfondimento critico dei modelli presentati, per cogliere la qualità e l’efficacia della loro risposta ai problemi e alle sfide.
    Approfondendo criticamente i modelli presentati abbiamo colto i seguenti nodi efficaci di risposta ai problemi e alle sfide:
    – danno parola alla fiducia nelle risorse dell’uomo, cioè credono alla ricchezza che ogni persona è;
    – recuperano il linguaggio simbolico, cioè quell’orizzonte che indica qualcosa ma non me la consegna, portando a superare così le categorie spazio-temporali;
    – recuperano il gioco, quindi il senso della gratuità, la liberazione del fantastico, la valorizzazione del limite;
    – affermano la necessità di chiarire e presentare i presupposti antropologici del fare animazione;
    – sanno problematizzare e far prendere coscienza delle domande di senso che salgono, esplicite o implicite, dai destinatari;
    – indicano la necessaria competenza dell’animatore;
    – comprendono all’interno del discorso educativo l’area della trascendenza, il luogo dell’«oltre», un livello superiore dal quale porsi per comprendere la coerenza del proprio livello;
    – insistono sull’educazione alla comunicazione.

    Terzo obiettivo: elaborazione di una tipologia di modelli di animazione presenti nel tessuto educativo e culturale italiano.
    Un elenco, certamente incompleto:
    – animazione turistica;
    – animazione che diventa strumento di controllo del tempo libero;
    – animazione che non offre senso di appartenenza ecclesiale;
    – animazione come tecnica d’attrazione: per attirare l’attenzione, per far star buoni i ragazzi...;
    – animazione culturale.

    Quarto obiettivo: una proposta di esigenze che un modello educativo dovrebbe rispettare, per collocarsi in termini promozionali tra i problemi e le sfide attuali.
    Il gruppo di lavoro come tavolo di concertazione ha espresso in questo momento il suo «compromesso» per venire incontro a quei «punti di non ritorno» dai quali nessuno è disposto a retrocedere.
    Chiaramente sono indicazioni generali e «generiche» perché tutti abbiano potuto ritrovarsi:
    – farsi carico delle diversità, attraverso un’analisi, una lettura critica della cultura giovanile (non solo la parola parlata, ma anche i modi di vita);
    – esplicitare la visione antropologica di fondo;
    – indicare i destinatari del modello educativo;
    – non prescindere dall’area dell’identità e della socialità;
    – chiarire i ruoli delle istituzioni all’interno del modello educativo.

    GRUPPO QUATTRO

    Alcuni nuclei individuati come problema ® proposta.
    [Per chiarire il senso di questa grafica: la parola a sinistra della freccetta indica il problema (educativo) individuato nella situazione socio-culturale.
    Elaborando questo problema, comprendendolo, leggendolo come sollecitazione al nuovo e positivo, si apre una prospettiva, una chance, o almeno un’attenzione (parola a destra della freccetta)].
    • cambiamento → qualità;
    • intendersi  vedere (interpretare la realtà; laici e non, dovrebbero cercare di capirsi e collaborare per interpretare bene la realtà ed agire correttamente);
    • comunicare → ideale,  realtà
    • intervenire  con... un senso (dall’«orfanità» al senso della vita; dai gruppi agli animatori... all’essere dell’animatore);
    • formazione  animazione;
    • professionalizzazione dell’animatore ® mercato e/o animazione;
    • interventi educativi ® situazioni diverse (conflitto delle animazioni);
    • svuotamento delle parole ® legame con la realtà;
    • linguaggio giovanile ® formazione d’identità;
    • disgregazione comunità (non-luoghi: tutti i luoghi diventano uguali);
    • appartenenze deboli; esperienze fine a se stesse (devono continuare);
    • poco senso del limite (non ci riconosciamo più come persone limitate);
    • animazione a scuola? (si può inserire il metodo di animazione anche nelle scuole?);
    • ridimensionare le tecniche di animazione (non solo come «tappabuchi»).

    Sintesi.
    – I mutamenti sociali costringono l’animazione a confrontarsi;
    – il problema chiave è l’interpretazione dei diversi modelli di animazione e degli interventi educativi, e i diversi linguaggi;
    – il problema del senso ha una ricaduta sull’identità.

    Interventi.
    – Si propone la necessità di una riflessione fondativa-sistematica. È l’accordo che ci consente di trovare una visione comune sull’animazione;
    – quando manca un accordo sulle idee di fondo, non si può dare animazione, perché essa non è solo per i bambini ma per tutti per aumentare la qualità della vita.
    Occorrono interventi a rete (un accordo su idee con cui si deve lavorare); momenti di confronto a livello istituzionale; relazione giovani-adulti;
    – l’immagine di Dio proposta dall’animazione non corrisponde a quella comunicata dalla catechesi corrente;
    – le esperienze date hanno considerato i giovani semplicemente dei destinatari, invece essi devono essere dei protagonisti, dei produttori.

    N.B. Le relazioni non hanno dato completamente conto delle precomprensioni di uomo da cui partono, dando troppo per scontato ciò che si svolge al loro interno.


    T e r z a
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