Riccardo Tonelli
(NPG 1998-06-05)
La morte violenta di Gesù aveva messo in crisi tutti i suoi discepoli, chi più e chi meno. Qualcuno aveva fatto le valigie e si era messo in viaggio verso il paese: visto che l’avventura era finita nel peggiore dei modi, l’unica era riprendere il ritmo di sempre, con un pizzico di nostalgia in più.
A qualche altro era persino mancato il coraggio di un gesto del genere. Aveva paura di finire tra le risate generali, lui che aveva guardato tutti dall’alto in basso il giorno in cui era partito per seguire Gesù.
Non pochi erano rimasti a Gerusalemme, spaventati a morte... Da giorni non uscivano di casa nella speranza che il passare del tempo facesse tornare la calma.
Poi qualcosa era cambiato, all’improvviso.
Prima qualche voce, accolta con parecchio scetticismo. Poi notizie che si rincorrevano come i lampi in un temporale d’estate.
Ogni tanto qualcuno bussava con forza al rifugio dei discepoli: «Abbiamo visto il Signore. È vivo, proprio come aveva promesso... Vi ricordate quel giorno in cui l’abbiamo guardato come se gli avesse dato di volta la testa. Diceva: ammazzatemi pure... non pensate però di vincere. Io mi consegno alla morte, di mia spontanea iniziativa; e poi non è finita: il Padre mi restituirà la vita. Allora non gli avevamo creduto molto. Ci dispiaceva solo sentirlo parlare di morte... Adesso, i fatti sono dalla sua parte. È apparso, glorioso. È davvero risorto».
«Sei sicuro?». «L’ho visto con i miei occhi. Ha parlato con me».
La fiducia stava tornando. Incominciavano a domandarsi: «Allora... che facciamo?».
Anche quella sera la domanda era rimbalzata in primo piano: «Che facciamo?». All’improvviso, senza bussare e senza farsi aprire la porta, Gesù è in mezzo a loro. C’erano tutti: «Eccomi. Sono con voi, vivo. Ho vinto la morte per sempre. Ripensate alle cose condivise assieme. Ora è tempo di realizzare quello che abbiamo progettato. Andate, lasciate Gerusalemme: mettetevi in viaggio verso i quattro angoli del mondo».
C’erano tutti... eccetto uno: mancava Tommaso. Torna qualche ora dopo. Gli raccontano con foga l’accaduto. Le voci si intrecciano. Non servono le raccomandazioni del povero Tommaso: «Calma, uno alla volta. Cosa è successo? Cosa ha detto? Siete sicuri che fosse davvero Gesù?».
Non lo convincono. Tommaso conclude, deciso: «Voglio vederlo io di persona. Anzi... non mi fido neppure degli occhi. Lo voglio toccare. Se è proprio lui, voglio vedere le sue ferite». Il discorso era finito così. Nessuno aveva insistito. «E se avesse ragione Tommaso?». Spunta ancora qualche dubbio: «Non possiamo rischiare un’altra volta... La pretesa di Gesù è alta: andate in giro per il mondo a predicare il regno di Dio. Chi ci ascolterà? Ci chiederanno qualche prova. E noi... come la mettiamo?».
Una sera, all’improvviso come la volta precedente, Gesù ricompare tra i suoi discepoli. Questa volta c’è anche Tommaso. Ci sono davvero tutti.
Gesù va dritto da Tommaso. «Tommaso, salve! Non hai tutti i torti a cercare delle prove... Ecco, guarda... vedi le cicatrici delle mie ferite. Sono proprio io: il condannato a morte risorto per la potenza di Dio. Coraggio, metti la tua mano sul mio costato... Sei convinto ora?».
Tommaso scoppia in pianto. S’accorge d’aver sbagliato davvero tutto. Gesù non l’ha rimproverato. Gli ha persino dato ragione. Il bello di Gesù è proprio questo: ti dà ragione; ti butta le braccia al collo come se tu fossi il più bravo di tutti... e poi ti senti sconvolto dentro, con una voglia di cambiare che toglie il respiro.
Tommaso ripensa a tanti incontri di cui era stato spettatore. Spesso non gli erano andati proprio giù. Se fosse dipeso da lui... Si ricorda di questa volta in cui Gesù si fa invitare a pranzo da un peccatore incallito dello stampo di Zaccheo. E Zaccheo scopre tutti i suoi errori e cambia vita in modo radicale. Lo stesso aveva fatto con la donna peccatrice, trascinata ai suoi piedi per essere uccisa a colpi di pietra. Gesù la tratta bene: mette in crisi i suoi accusatori e la solleva in piedi, per guardarla dritta negli occhi. E quella donna scopre il vuoto della sua esistenza e si trasforma. Adesso si mette anche lui dalla parte di quelli che aveva giudicato. Come loro, scoppia dalla voglia di cambiare modo di pensare e di vivere. Tommaso non azzarda nessun gesto. Non ne ha più bisogno. Grida, in uno slancio che lascia tutti di stucco: «Signore, Dio mio. Grazie, Gesù: ti benedico e ti adoro. Credo in te con tutta la mia vita. Mi affido a te».
Gesù gli sorride: «Bravo, Tommaso: questo vuol dire credere. Vedi: bisogna credere nel rischio di chi si affida ad un mistero grande e si consegna in un vortice di amore. Tu cercavi dei segni. Te li ho dati. Dubito però che siano stati questi a convincerti. La fede è una cosa diversa: non è certo il risultato dei segni».
«Vale per tutti», insiste Gesù. «Questa è la fede che chiedo ai miei discepoli: fidarsi tanto di Dio da affidarsi a lui totalmente, come un bambino nelle braccia della mamma. Certo, Dio è mistero grande: per questo la fiducia in lui è sempre un poco rischiosa.
Volete un paragone... pensate ad un tipo che si trovi sull’orlo di un precipizio e vuole gettarsi di sotto. Sa che un amico l’aspetta, pronto ad afferrarlo. Tante volte l’ha già sperimentato; ma ogni volta è come se fosse la prima. E se qualcosa non andasse bene e al posto delle braccia accoglienti ci fosse qualche spuntone di roccia?».
I discepoli restano senza parole. Gesù ha colto nel segno. Loro erano abituati ad una logica diversa. Per loro, come per ogni buon ebreo, fidarsi di Dio significava affidarsi ad una mano potente... pronta a sbaragliare i nemici.
Il loro pensiero correva spontaneo a Mosé. Dio l’invita a parlare a suo nome e, per fargli coraggio, gli mette tra le mani una lunga serie di segni potenti: il bastone, trasformato in serpente, che divora i serpenti degli altri maghi, l’acqua che scaturisce dalla roccia, il mare diviso in due per permettere il passaggio del suo popolo.
Pensavano ad Elia che sfida i sacerdoti di Baal. Li prende in giro, li vince e li distrugge con lo stesso fuoco che ha consumato il sacrificio.
E adesso... Gesù propone un modo di fare diversissimo.
Ripensano all’invito sincero del centurione ai piedi della croce: «Se sei il figlio di Dio, scendi dalla croce e ti crediamo». Si aspettavano un gesto prodigioso, da lasciare tutti a bocca aperta. E invece Gesù era rimasto fermo sulla croce, sconfitto dalla malvagità degli uomini che aveva amato e servito.
La crisi era incominciata proprio quella volta: «Possibile? Era l’occasione buona, forse l’ultima, per far capire da che parte stava la ragione. Se fosse dipeso da noi...».
Invece Gesù tira fuori la storia del credere senza cercare dei segni. Non mette la ragione dalla parte della forza ma da quella della sconfitta. Si lascia uccidere sulla croce per mostrare che lui è veramente il figlio di Dio. Dove siamo?
L’invito di Gesù li ha proprio scioccati. Ne riparlano spesso. Vogliono capirci un po’ meglio. Un giorno, tra loro, c’era anche Maria, la mamma di Gesù. «Che ne dici, Maria? Dobbiamo davvero imparare a credere senza pretendere nessun segno?».
Maria non esita neppure un attimo. «Certo... questo è l’unico modo di vivere nella fede. Ci sono passata anch’io. Anch’io ho faticato molto a convincermene. Ma non c’è davvero altra strada... Gesù l’ha ripetuto continuamente».
E racconta: «Voi non c’eravate ancora... Abitavo a Nazareth, tranquilla e senza grossi progetti. Un angelo di Dio mi ha chiesto se ero disponibile a diventare la madre di Gesù. Sono caduta dal cielo... io la madre di Dio... io che, tra l’altro, avevo deciso di non sposarmi. L’angelo mi ha detto: Fidati di Dio. Non ho capito nulla. Ho risposto però: D’accordo... mi fido. Sono la serva del Signore. Così è nato Gesù».
I discepoli restano incantati. Maria continua: «Poco dopo la nascita di Gesù, l’ho portato al tempio per la purificazione. Sapete cosa mi è capitato? Un vecchio ha preso Gesù in braccio e ha detto cose stranissime su di lui. Riguardavano me e lui: Gesù è segno di contraddizione... una spada trafiggerà la mia esistenza. L’ho capito molto più tardi, un poco alla volta. Solo ai piedi della croce è diventato tutto chiarissimo. Quel giorno però ho presentato a Dio la mia fiducia in lui. L’ho fatto alla cieca... saltando nell’abisso del mistero».