(NPG 1998-02-7)
Ehi, voi! Dico proprio a voi, animatori, educatori, professori e a tutti quegli adulti che entrano in qualsiasi modo in contatto con la realtà giovanile. Ma vi interessano davvero i giovani? Sapete di cosa parlano? Avete idea di ciò che sta loro a cuore? O vi accontentate delle storielle che sentite da vari canali «informativi»? Penso che gran parte del malessere giovanile possa e debba essere ricercato nel muro o barriera che molti adulti hanno costruito intorno a loro stessi.
Mi riferisco alle volte in cui i «grandi» pensano di sapere già tutto sul nostro conto, e pensano che stare ad ascoltare sia un’inutile perdita di tempo.
Non è vero! Anche se sono cose che gli adulti già sanno, per i ragazzi con cui venite a contatto sono comunque importanti, e il fatto che vengano a raccontare le loro scoperte proprio a voi dovrebbe farvi piacere, non indisporvi!
I giovani, quando si incontrano con i giovani, hanno tanti argomenti da affrontare. Musica, arte, spettacolo, sport, giochi, affari di cuore sono all’ordine del giorno.
Credo però che sia opportuno fare una distinzione: un conto è trovarsi con gli amici con cui passi la maggior parte del tempo libero, un altro è l’incontro con persone con cui ti vedi poco sovente o con cui non hai affinità.
Com’è ovvio, cambiano gli argomenti di conversazione o almeno il livello di coinvolgimento.
Quando ci ritroviamo con gli Amici, quelli con cui sei più in contatto, abbiamo la possibilità di parlare liberamente degli argomenti che davvero ci interessano.
Ci troviamo spesso davanti ad una birra o ad un succo di frutta per organizzare una gita con gli amici, o una festa a sorpresa, o qualsiasi attività da fare insieme, con il gruppo al gran completo. Parliamo di musica, del concerto di quel gruppo, dei testi di un altro autore, delle emozioni che hanno suscitato in noi e delle risonanze nate in seguito all’ascolto.
Ovviamente non si deve pensare che nel gruppo ci sia sempre un clima idilliaco: spesso le liti più furiose nascono proprio al suo interno.
Il motivo? Semplice: è lì che sono le persone a cui tieni di più, quelle con cui hai diviso la maggior parte delle esperienze (quando parlo di persone a cui tieni sono ovviamente esclusi i genitori e la famiglia in generale, dato che è quello il principale gruppo di appartenenza).
In particolari occasioni (scherzosamente dette «di grazia») ci facciamo domande serie, da adulti. «Cambierei qualcosa della mia vita?», «Rifarei esattamente ciò che ho fatto? O agirei diversamente?».
Questo genere di interrogativi nasce quando non siamo numerosi, quando si respira un clima di estrema fiducia e complicità. Un altro argomento-tabù che affrontiamo quando siamo pochi è il sesso, anzi la sessualità. Sicuramente non ci mettiamo a discutere ciò che accade: per avere tale informazione è sufficiente un libro di biologia o anatomia. Ciò che ci interessa è quello che sta dietro ad una simile scelta, e purtroppo non è scritto su alcun testo. È questo il genere di informazioni che a volte ricerchiamo e che purtroppo non troviamo quasi mai.
Un ultimo punto sul quale ci scambiamo volentieri commenti e battute sono le nostre esperienze nel campo dell’animazione, come catechisti e in oratorio. Non con tutti i membri del gruppo possiamo scambiarci esperienze e impressioni, perché chi presta servizio in questi ambiti rappresenta la minoranza. Nota positiva della situazione è che alcuni, sentendoci parlare e raccontare, si sono cominciati ad avvicinare all’esperienza dell’animazione o almeno si sono incuriositi.
(Francesca, 23 anni)
Cara Francesca,
la domanda che mi fai mi piace, perché me la pongo anch’io. Condivido con te la preoccupazione dell’atteggiamento degli adulti verso i giovani. Capita, certo, che i giovani non sappiamo come accogliere gli adulti in mezzo a loro e allora l’adulto non trova tempo per perforare questo primo impatto e dunque penetrare nel loro mondo.
C’è una cosa che mi preoccupa spesso, ed è il dialogo che si svolge tra genitori e figli. Lo so per esperienza e lo sento, e ho paura che in tante famiglie non si parli di cose che davvero toccano la vita o gli interessi dei figli, come se si vivesse in due mondi diversi. Questo certamente è un compito dei genitori, degli adulti. Se il dialogo in casa è fugace, se si dice dove si va solo al momento di pigliare la giacca e già con la mano alla porta, la dice lunga. Se i genitori non godono dei programmi televisivi giovanili... Devo dirti una cosa su questo argomento. Un giorno, due o tre anni fa, tornavo da un viaggio a Roma. Era sabato sera, e come il solito telefonai ai miei genitori, di oltre 85 anni. Mi risponde il papà e la sua prima parola fu: «Come mai mi disturbi a quest’ora?». Pensavo che avessero ospiti o qualche impegno. Ma mi sento dire: «Stiamo seguendo il Festival di Sanremo».
Interessarsi di quello che piace ai giovani.
Penso che i giovani si trovino troppe volte solamente tra di loro e che gli manca di incontrarsi con gli adulti. Allora le distanze crescono costantemente, e tutto rimane come sempre. Per sentire gusto dei discorsi degli adulti bisogna ascoltarli a lungo e stare volentieri con loro.
Sono troppo efficienti gli adulti, dovrebbero spendere del tempo semplicemente per stare con i giovani, perdere tempo per guadagnare amicizia. Aggiungo che per me la musica significa molto, mi lascio prendere anche dalla musica che, penso, piace a te.
C’è da dire un’altra cosa. I giovani in gruppo, dove si trovano bene, hanno molta voglia di alzare un po’ il tiro e parlare seriamente, ma nessuno se la sente di prendere l’iniziativa, per rispetto umano, per timore, per timidezza... e questo potrebbe essere un ruolo interessante per un adulto in mezzo a loro. Non parlo di un «maestro che controlla o limita la libertà», ma di un amico, accettato come uno di loro, che però può ogni tanto dare qualche spinta, che rende lo stare insieme più grande, più maturo e, direi, più «libero». Sai che l’adulto è chiamato ad accompagnare, dare e ricevere sullo stesso cammino, non solo per conoscere i giovani, ma per farsi anche conoscere. Mi viene spesso in mente che ci sono tanti adulti che hanno paura di essere conosciuti e dunque evitano, per difendersi, di camminare insieme. Parli, Francesca, della sessualità come tema del vostro dialogo, quando siete in pochi. Nella nostra realtà moderna, dove i giovani vivono a contatto con il cemento della città, più che con la terra in campagna, è difficile capire certe loro esigenze.
C’è una cosa che vorrei dire su questo argomento: non bisogna togliere niente dal contesto, come per esempio la sessualità separata dal rapporto umano, dal rispetto per la crescita di ognuno. Siamo tanto sensibili alla democrazia e alla libertà, mentre in certi campi siamo impazienti e dittatori egoisti. Ci vuole tempo per crescere nei rapporti e bisogna dare tempo al tempo. Non è giusto scambiare l’amore per una fiamma di sentimento, e una persona che separa l’amore dal progetto di vita non è veritiera. Pensa un po’ al computer. Prima bisogna entrare in un programma per poi scegliere una cartella e poi un documento. E sai bene che alla base di questo c’è una «password» senza la quale non puoi entrare nel programma. Non sta bene «vendere troppo facilmente la propria password», perché appartiene alla nostra privacy.
Sono sicuro che mi capisci: è questione di programmazione, di progetto di vita, perché questo settore sta proprio al centro della vita e direi: la sessualità si gioca con la vita.
Qui mi riferisco, prima di concludere, al Creatore, il quale ci ha costituiti con certi punti fermi, ci ha creato in un certo modo e non in un altro, così ci ha donato l’anelito verso un’altra persona, a una vita ordinata, a ciò che è bello e buono. Se vogliamo rompere lo schema ci troveremo con i pezzi in mano. Sarebbe poi presuntuoso pensare che noi sappiamo meglio di Dio-Creatore come arrivare alla felicità.
Ti devo dire che mi piace chiacchierare con te in questo modo. Mi sono immaginato molto vicino e sento il desiderio di continuare questo dialogo. Ma innanzitutto vorrei sapere cosa ne dici tu adesso.
A risentirci.
Luc Van Looy, salesiano, Consigliere generale per la pastorale giovanile