Nicoletta Grieco
(NPG 1997-05-46)
Guardò la bambina che le sedeva accanto con lo sguardo dolce che solo le madri hanno. Il trenino percorreva la solita strada tra sterpi e cespugli; tra poco sarebbe entrato in città e a quel verde disordinato e sciatto si sarebbe sostituito il grigio dei palazzi.
La bimba beveva avidamente ogni immagine esterna e mangiava il suo panino.
Ogni tanto si girava per sorriderle e domandarle qualcosa; era l’unico giorno della settimana in cui poteva farle domande, uscivano insieme per passeggiare in città, ogni volta in un posto diverso, e la bimba sfogava tutti i dubbi che aveva accumulato durante la settimana.
Giovedì, giorno di riposo; la sera prima la piccola le chiedeva “Mamma domani nun lavori?» e lei sorridendo le diceva di sì, domani niente lavoro e niente asilo, solo loro due e la loro intimità. Che strano sentirle pronunciare le parole con quell’accento, quell’accento romanesco che le si stava appiccicando addosso e contrastava così tanto con i suoi tratti somatici. Dolores infatti conservava impresse sul volto le caratteristiche del suo popolo, occhi allungati, capelli lisci nerissimi e carnagione olivastra. Ma in Perù non c’era mai stata: erano venuti in Italia sette anni prima per lavorare e quando si erano sistemati presso una famiglia, lui come giardiniere e lei come domestica, avevano deciso che era il momento di avere un figlio, e così era nata Dolores. Era cresciuta con loro nelle due stanze riservate alla servitù, con la possibilità di usare il giardino. Le avevano sempre parlato in italiano perché la figlia crescesse come una vera cittadina italiana, non un’extracomunitaria come loro.
Dolores da quando andava all’asilo oltre all’italiano aveva imparato anche il romanesco che pronunciato da lei assumeva una sonorità quasi fantastica. Ora Dolores parlava italiano, portava i codini con i fiocchi colorati, calzettoni di buona lana e vestiti europei. Non sarebbe stata mai più una peruviana.
La madre pensò con dolore ma anche con sollievo a questo, mentre le case cominciavano a scorrere sul finestrino del treno. Non avrebbe mai guardato le nuvole andine né i colori dei vestiti della sua gente; non avrebbe conosciuto le mura e le strade antiche delle città coloniali. Ma non avrebbe conosciuto neanche le umiliazioni di avere un accento diverso, di avere unicamente la prospettiva di fare la domestica e aspettare il giovedì come una liberazione. L’apparenza, almeno nei modi, l’avrebbe salvata da tante complicazioni; era strano come gli uomini tendessero ad essere così disponibili verso coloro nei quali riconoscevano qualcosa di proprio. Magari avrebbero pensato che era stata adottata. Adesso però non importava, era un altro giovedì, poteva godersi questa bella mattinata d’inverno con sua figlia.
Il trenino rallentò e lei prese Dolores per la mano spingendola dolcemente verso la porta. Scesero alla fermata del Colosseo nel sole invernale; era una giornata limpida e fresca. La tramontana romana non somigliava al vento che sfiorava le vette del suo paese; era tutto così diverso, persino l’odore dell’aria. Sua madre le avrebbe detto che far crescere Dolores estranea al suo paese di origine era come rinnegare la propria famiglia. Ma quando sarebbe potuta tornare in Perù? Forse fra tre, quattro anni, e dopo? Ci sarebbe tornata ogni quanto? No, non valeva la pena di far affezionare Dolores ad una nonna che avrebbe visto forse una sola volta nella vita e che le avrebbe parlato in una lingua sconosciuta. Non voleva che la bimba si sentisse come lei dilaniata dalla nostalgia. Non le aveva voluto mai parlare neanche in spagnolo, proprio perché la piccola potesse sentire come sua solo la lingua italiana. Lo spagnolo in fondo lo poteva studiare da grande, nelle scuole di lingue, come i figli dei ricchi; e poi era una lingua povera, Dolores avrebbe fatto meglio a studiare l’inglese. Quanti litigi con Juan perché lui parlava in spagnolo davanti alla neonata; lui diceva che tanto la bimba non capiva, ma lei era ostinata e testarda e aveva deciso che, anche nella memoria più remota, i suoni ricordati da Dolores dovevano essere italiani. Da allora anche lei aveva cominciato a dimenticarsi del suo paese, ogni parola che dimenticava era un pezzo di Perù che scompariva nel fondo del suo cuore, sempre più sbiadito e confuso. Juan non aveva preso bene questa situazione e ogni giovedì cercava rifugio presso i suoi compatrioti per parlare un po’ in spagnolo, e respirare la nostalgia. Lei invece non aveva più un passato; quelle poche cose che ricordava era come se fossero appartenute ad un’altra persona, magari la protagonista di una telenovela. Ora esisteva solo Dolores e l’ossessione che non sarebbe mai diventata come lei, che avrebbe avuto una vita diversa e migliore, un futuro europeo e pulito. Voleva dimenticare le strade del suo paese coperte dalla polvere alzata dai cavalli e dai trattori rumorosi, la sua casa che non profumava mai di sapone perché certi lussi non se li potevano permettere. I suoi vestiti rimediati, lavati al torrente, che odoravano sempre di stantio. La puzza dei vecchi indios e il loro sguardo severo. L’antico che traspariva sui loro volti segnati, il passato sulla pelle.
Ricordava suo padre, la sera accanto al focolare, con le fauci bruciate dalle foglie di coca: lo sguardo devoto di sua madre lo seguiva nella stanza, mentre gli serviva sempre la stessa minestra di mais. Ancora giovane era fuggita in città, a servizio, aveva smesso i panni del suo paese per indossare i jeans e le magliette. Poi aveva incontrato Juan, e avevano messo insieme un gruzzolo per volare in Europa, verso la ricchezza e il benessere. E adesso i vestiti di Dolores profumavano di lavanda e il pavimento della casa dove abitavano emanava una fresca fragranza.
Niente era vecchio qui, anche il Colosseo l’avevano ripulito come fosse un soprammobile ed ora risplendeva nel sole di dicembre. Persino l’antico aveva un odore buono che non somigliava a quello delle strade del suo paese. Tutto era diverso, non era una questione di secoli ma di decoro. Tutto era così decoroso; come sarebbe stata la vita di Dolores, decorosa. Ma come sarebbe diventata la sua bambina? avrebbe riconosciuto sua madre nella donna dall’accento spagnolo, mal cancellato dagli anni, o sarebbe stata così diversa da non amarla più. Non sarebbe più uscita con lei, il giovedì, e magari si sarebbe vergognata del suo lavoro. Le pareva quasi di vederla, Dolores, a vent’anni, con i lunghi capelli neri e un giubbotto colorato alla moda, mischiarsi tra la folla di ragazzi che uscivano dall’università.
Cosa avrebbe risposto se le avesse chiesto quali erano le sue origini? Dolores, tesoro, noi non abbiamo più origini, io le ho rinnegate tanti anni fa, per il tuo bene, bambina mia, perché crescessi italiana, come tutti, e non extracomunitaria come pochi. Come posso raccontarti il cielo del mio paese, le montagne che si stagliano verdi contro nuvole che ti sembra di toccare. Come posso farti amare qualcosa che non rivedrai più. Non voglio che tu soffra come me, non voglio che tu non riconosca più l’uomo che ti sta al fianco perché è distrutto dal lavoro, perché hanno calpestato il suo orgoglio, perché ha subito mille umiliazioni. Siamo nati servi degli altri; non abbiamo capelli biondi e occhi chiari, tutti ci riconoscono, noi donne siamo le «filippine», anche se sono peruviana, amore mio, non abbiamo più l’identità culturale, siamo solo delle domestiche straniere. Lo sai, Dolores, che quando prendiamo l’autobus la gente si scosta da papà perché ha paura di venire borseggiata, perché riconoscono nel suo volto e nei suoi abiti i tratti della diversità. E tu bimba mia, cosa diventerai? Sarai anche tu una straniera, un’extracomunitaria, o sarai accettata da questo mondo così strano, e di rimando, metterai da parte noi, come fanno loro?
Travolta dal fiume dei pensieri si accorse che erano già a Fontana di Trevi; Dolores la tirava con il braccino.
La fontana splendeva nella luce spazzata dalla tramontana; era bella, monumentale e così distante.
Chiese a Dolores se voleva un cappuccino ed entrarono in un bar; il barista, un uomo giovane e simpatico, sorrise a tutte e due porgendogli il fumante cappuccino.
Dolores sorrideva, contenta, e anche lei; forse prima o poi anche loro sarebbero state parte del «popolo», quello uguale, indistinto che vive sulla terra.
In fondo il futuro riserva sempre una speranza.