Temi generatori per l’educazione all’amore dei preadolescenti
(NPG 1997-03-7)
Il tema dell’educazione sessuale dei ragazzi e delle ragazze è un tema quanto mai attuale e urgente. Nella scuola poi è divenuta proverbiale l’attesa della soluzione a quella «storia infinita» che è la legislazione sull’educazione sessuale in classe.
Ma per coloro che si interessano dell’educazione globale di preadolescenti non è tempo di attesa o di moratoria. Chi vive la passione della causa della vita piena e abbondante dei ragazzi e ragazze di oggi è consapevole che nella trama delle relazioni quotidiane circolano tutti i messaggi fondamentali per liberare il processo di definizione dell’identità personale nella consapevolezza e nella accoglienza della differenza, quella propria e quella dell’altro.
Con questo dossier intendiamo proprio tematizzare quei percorsi educativi che aiutano il soggetto ad incontrarsi con la differenza, ricordando che la differenza sessuale, in quanto differenza di genere, è certo un’esperienza del tutto unica ed originale, tuttavia si inscrive in quel processo molto più globale e vitale dal punto di vista educativo che è l’elaborazione dell’identità personale a partire dalla propria e altrui differenza, come apertura verso l’alterità.
La contestualizzazione della problematica
La prima parte del dossier è dedicata alla contestualizzazione del problema. Parliamo non di educazione sessuale in genere, ma in riferimento a quei destinatari da noi privilegiati che sono i preadolescenti.
* Il primo contributo infatti intende sottolineare il modo di porsi del problema della sessualità in preadolescenza, la sua scoperta e il suo emergere alla coscienza del soggetto, poi la sua evoluzione, dal momento che la preadolescenza rappresenta in un certo senso il crinale tra il ritorno della sessualità infantile nelle sue forme regressive, e lo slancio verso la sessualità adolescenziale in direzione di quella adulta, con l’emergere della genitalità e l’affiorare della alterità.
Appositamente abbiamo sottolineato come la tematica della sessualità preadolescenziale vada inserita nel sistema del corpo, dell’affettività, della relazionalità, e non considerata come scomparto a sé. Ciò che intende qualificare il nostro contributo infatti è questo ricupero della dimensione globale dell’educazione, per cui la sessualità chiama in causa la fatica del preadolescente di ridefinire la propria immagine ed identità corporea, la propria differenza. La pubertà, quale evento caratterizzante il vissuto sessuale della preadolescenza, viene perciò collocata dentro il problema più globale, che è quello del «cambio del corpo» e il «cambio del mondo», sia in quanto sistema relazionale dettato dei legami libidici, sia in quanto sistema simbolico di modelli, di immagini, di rappresentazioni mentali di sé in rapporto al mondo e all’altro.
La sessualità viene perciò ad evidenziarsi in preadolescenza come il luogo simbolico a partire dal quale il soggetto si incammina verso la scoperta, l’accettazione e l’elaborazione della differenza, proprio a partire dalla differenza di genere.
E proprio l’incertezza, l’insicurezza, l’angoscia provocata dalla ferita narcisistica che la differenza porta con sé, si rivelano infatti i problemi più importanti da affrontare educativamente nella preadolescenza.
Perché scoprire e portare la differenza implica la presa di coscienza dolorosa della caduta del proprio sogno di onnipotenza narcisistica: cioè la scoperta di poter essere «solo una parte» e non il tutto, di non essere completi e saturi in se stessi, bensì di essere soggetti incompiuti e aperti all’alterità. L’accettazione della differenza dell’altro, e perciò il dover fare i conti con lui, stringere un patto comunicativo, tener conto di lui e della sua prospettiva, si rivela infatti lo scoglio più massiccio da circumnavigare per giungere nel mare aperto dell’incontro autentico con l’altro che, esso solo, può rivelare la grandezza nascosta ai propri occhi di sé.
In questo processo di scoperta della differenza, a partire da quella che segna il proprio corpo, nella faticosa accettazione e nell’impegno a lanciare ponti verso la differenza dell’altro, sta un compito evolutivo centrale della preadolescenza. Su questo fronte si sottolinea come le agenzie educative appaiano quanto mai latitanti e per nulla alleate, come meriterebbe la complessità della problematica.
* Il secondo contributo è invece di taglio antropologico-culturale.
La fatica di elaborare la differenza i preadolescenti la compiono proprio in un momento culturale nel quale sono in atto a livello macro, oltre che micro, avanzati processi di riformulazione dell’identità di genere femminile.
Gioia Di Cristofaro Longo, da antropologa, ci fa percorrere da una prospettiva particolare il cammino del movimento femminista occidentale e richiama alla attenzione degli educatori la complessità dell’educazione di genere in questa situazione di profondo cambio culturale. Perché ogni processo soggettivo ed educativo di elaborazione della differenza di genere deve oggi fare i conti con quel processo sociale più ampio di ridefinizione e di ricontrattazione della differenza di genere a livello culturale.
Il preadolescente non vive solo il compito di scoprire e accettare la propria differenza sessuale, ma deve apprendere ed elaborarla culturalmente all’interno di una rappresentazione di ruoli, di simboli sociali e di modelli relazionali che invece stanno profondamente mutando.
Per l’autrice, tra rotture e resistenze proprie dei processi storici, sulla scia della rivoluzione femminista sta emergendo ormai nella cultura occidentale una nuova identità culturale femminile. Essa sta inducendo contemporaneamente la crisi dell’identità e del ruolo maschile. Saltano perciò i vecchi modelli di interazione sociale uomo/donna, vacilla la configurazione tradizionale dei ruoli, soprattutto il maschio vive la propria debolezza e lo smarrimento della propria identità di genere e di ruolo.
In questa transizione culturale diventa diseguale la modalità dei due generi nel ridefinirsi.
La donna appare più avanti nel processo di ridefinizione, e sembra ricuperare alcuni tratti culturalmente nuovi della propria identità; il maschio appare ancora in mezzo al guado. I giovani tuttavia appaiono tra le generazioni i soggetti più flessibili e creativi in questo processo di ridefinizione.Di tutto questo deve tener conto qualsiasi processo educativo che intenda sostenere il faticoso cammino della costruzione dell’identità/differenza dei preadolescenti.
Il quadro di riferimento
La seconda serie di contributi intende offrire gli elementi per la costruzione di un quadro di riferimento entro cui delineare la prospettiva educativa nella quale ci collochiamo. Le domande che nascono sono: quale antropologia della sessualità per educare oggi a vivere la propria differenza di genere in profonda comunicazione con l’altro?
Quale prospettiva per educare a vivere la sessualità come componente generatrice della propria identità/differenza e quale vocazione strutturale a viverla come apertura all’alterità?
* Giannino Piana, da un punto di vista antropologico culturale e teologico, offre una ermeneutica della sessualità umana e i criteri etico-teologici.
«Quanto più attraverso le scienze umane la sessualità è oggetto di conoscenza, tanto più ci accorgiamo di non conoscerla. Percepiamo cioè che essa ci sfugge, che la sua natura più intima è profondamente enigmatica, perché strettamente connessa al mistero della persona e della storia». Dal conflitto delle interpretazioni l’autore richiama i significati umani della sessualità: il suo rapporto con il mistero della persona, il suo significato interpersonale di reciprocità, la sua dimensione sociale e culturale.
La prospettiva teologica di interpretazione della sessualità rilancia i significati antropologici che emergono all’autocoscienza collettiva e li colloca nella prospettiva dell’alleanza che si compie nel Regno per cui Gesù di Nazareth ha vissuto. L’eros viene inserito nel mistero dell’agape. Il dinamismo cristiano offre perciò dal punto di vista dell’etica un orizzonte entro il quale maturare in pienezza i significati antropologici e aprirli verso il senso ultimo conferito dalla prospettiva di fede.
* Il secondo contributo è invece più strettamente di taglio biblico.
Carmine Di Sante delinea l’orizzonte biblico della sessualità: esso fonda un’antropologia della relazione buona. Alla luce della bibbia la sessualità umana viene profondamente ri-significata. E ciò vuol dire che essa acquista un significato nuovo e un nuovo segno.
L’autore assume il paradigma della differenza/alterità per ricomprendere anche da un punto di vista fenomenologico la sessualità: la sessualità viene vista come differenza e alterità. La differenza è l’originario positivo. Tuttavia differenza e alterità dicono immediatamente relazione e desiderio in quanto bisogno di relazione.
Tuttavia ciò che nell’orizzonte biblico instaura la vera relazione è la responsabilità.
Solo il principio della responsabilità riscatta l’eros dalla sua deriva, dal suo stesso rivelarsi principio diabolico di morte, cioè negatore dell’alterità. L’amore che si coniuga secondo il principio di responsabilità diviene l’agape, «non più l’amore che si arricchisce attraverso l’altro, ma l’amore che si mette da parte per far essere l’altro». L’appello alla responsabilità dell’altro diviene allora l’indicazione preziosa che anima ogni ricomprensione educativa del problema.
* Guido Gatti sviluppa invece la valenza educativa di ogni esperienza morale.
Anche la sessualità richiede la fatica del cammino educativo di plasmazione della personalità, di far emergere dall’uomo tutte le possibilità. Educazione della sessualità è educazione all’amore. Essa richiede gradualità, contro ogni fretta, sia quella degli educandi di voler bruciare le tappe, sia quella degli educatori di pretendere il tutto subito, come l’impazienza di chi vuol raccogliere i frutti dal ramoscello appena in fiore.
Il secondo principio guida proposto è quello della globalità. L’autore sottolinea poi il carattere educativamente positivo dell’autolimitazione e della rinuncia. Ma è nella prospettiva del valore fondante dell’amore che può essere capito anche il carattere dinamico ed autoeducativo dell’impegno morale nel campo della sessualità. Per questo l’autore richiama l’importanza di quei «contrafforti morali» dell’amore costituiti da un ventaglio di atteggiamenti umani e relazionali qualificanti. Così come ci ricorda l’importanza dei «precursori psicologici» dell’amore: la fiducia di base, la forza dell’io, la formazione e la sensibilità culturale.
N.B. Per ovvi problemi di spazio rimandiamo a un prossimo numero di rivista la terza parte del dossier «Verso l’azione».