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    Tonino Lasconi

    (NPG 1997-09-26)


    Il parlare tra due soggetti può essere un vuoto rumore di parole. Affinché esso diventi «comunicare» è necessario che tra emittente e ricevente ci sia la stessa lunghezza d’onda. Senza questo accorgimento, l’apparecchio emittente sarà recepito da quello ricevente come un fastidioso gracchiare.
    Dal momento che a noi non interessa parlare di sesso ai ragazzi e alle ragazze tanto per fare quattro chiacchiere e per passare il tempo, ma per fare arrivare un messaggio, è indispensabile, prima di ogni altra considerazione, avere chiare le caratteristiche «tecniche» che assicurano la compatibilità tra i due «apparecchi»: quello emitente (il nostro) e quello ricevente (i ragazzi).

    La chiesa dice «No»

    La caratteristica più evidente dell’apparecchio ragazzi è la convinzione che gli uomini e le donne di chiesa hanno una visione negativa del sesso: «Non si guarda, non si dice, non si tocca, non si fa».
    Questa convinzione, incorporata fin dalla tenera età, diventa particolarmente fastidiosa nella preadolescenza, quando, con l’esplosione dello sviluppo sessuale, tutto ciò che si riferisce al sesso si riveste di una sensazione oltremodo piacevole. È bello parlare e, soprattutto, fare. Dal momento che gli altri «pulpiti» – mass media in prima fila – assecondano la sensazione personale de «il sesso è bello», i ragazzi e le ragazze fanno presto a considerare la chiesa come nemica del sesso, come guastafeste, come ostile al piacere e alla gioia.
    Da qui ad allontanarsi da essa il passo è breve.
    Ogni discorso che dia – qualche volta a torto, spesso a ragione – l’impressione di considerare il sesso «in negativo» interrompe la comunicazione con i ragazzi e le ragazze.

    I livelli capovolti

    Un’altra caratteristica dell’apparecchio ragazzi, più nascosta e quindi meno tenuta in considerazione, è un capovolgimento dei livelli.
    Il primo livello del sesso è quello dell’istinto: quello che piace, che provoca sensazioni carezzevoli, che ti va di fare e sai fare senza bisogno di andare a scuola, che ti viene bene senza bisogno di spiegazioni e compiti a casa, che è normale, che lo fanno tutti.
    Il secondo livello è quello – diciamo così – «culturale». Le spinte istintive del sesso vengono sottoposte al controllo della testa. Questo livello è complesso e si compone di più piani.
    C’è dentro il proibirsi certi comportamenti sessuali in situazioni e luoghi ritenuti non adatti (Non bacio in pubblico. Non accarezzo una ragazza se lei non vuole. Non faccio l’amore in mezzo al mercato).
    Comprende il sottoporre le esigenze istintive ad altre più sofisticate e meno immediate (Non vado con le ragazze prima di sentirmi psicologicamente maturo. Non mi metto con una ragazza prima di aver preso il diploma o la laurea. Non mi sposo prima di aver trovato un lavoro sicuro e di aver raggiunto una sistemazione sociale soddisfacente). Si estende al sublimare la sessualità in scelte di vita altamente spirituali e religiose (Non ho rapporti sessuali prima del matrimonio celebrato in chiesa. Rinuncio ai rapporti sessuali per farmi suora o prete).
    Quest’ultimo aspetto del secondo livello è il più alto, il più difficile. Esso è possibile soltanto a coloro che hanno maturato convinzioni e motivazioni religiose profonde. È il livello del «farsi eunuchi per il segno dei cieli» (Mt 19, 12).
    I ragazzi e le ragazze (purtroppo non solo loro!), immersi fin dalla nascita, a loro insaputa, in un cristianesimo generalizzato di tipo sociale, «non scelto», avvertono i livelli della sessualità rovesciati. Ritengono la proposta cristiana della castità come il livello normale, istintivo, quello nel quale si nasce e si vive finché si è bambini. Per essi (ancora: purtroppo non soltanto per essi!) quella cristiana non è la proposta nuova, alternativa, dirompente del «è stato detto ma io vi dico» (Mt 5), ma quella della consuetudine, degli abitudinari, dei «matusa» che dicono di no a tutto ciò che è nuovo, fresco, liberante. I cristiani sono come i nonni: contrari a tutto ciò che piace ai giovani. Contrari ai capelli lunghi, agli orecchini, al trucco, ai jeans strappati, alle uscite di sera, alle discoteche, alla musica rock. E a una sessualità libera e gioiosa.
    Questa convinzione fa sì che il cristianesimo, subìto nell’infanzia come insegnamento scolastico teso non a creare convinzioni ma a travasare nozioni, appaia ai ragazzi e alle ragazze come il modo di vivere da buttarsi dietro le spalle per diventare giovani, moderni, coraggiosi, alla moda, liberi.
    Ogni discorso sul sesso che – qualche volta a torto, spesso a ragione – confermi questa convinzione impedisce la scintilla della comunicazione tra gli annunciatori del messaggio cristiano sul sesso e sui ragazzi.

    L’apparecchio emittente

    Se quelle descritte sono le caratteristiche «tecniche» dell’apparecchio ragazzi, l’apparecchio trasmittente non può non armonizzarsi con esse. L’operazione non è facile perché cozza contro abitudini ancestrali (questa parolaccia stavolta cade proprio a fagiolo), spesso inconsce, più spesso protette dal «lo so ma faccio finta di non saperlo altrimenti devo cambiare troppe cose».
    Chi ama far arrivare ai ragazzi e alle ragazze la proposta cristiana della sessualità e non i propri schemi mentali e le proprie abitudini può confrontarsi con le operazioni descritte nelle righe che seguono.

    PARTIRE DAL SÌ

    La proposta cristiana della sessualità ai ragazzi e alle ragazze deve essere una «buona novella», perché nessuno, che non sia masochista, è disposto ad accogliere liberamente una brutta notizia. Ciò significa che il messaggio sul sesso non può non essere basato sui sì.
    Certo che ci sono anche i no (prevedo le obiezioni...). Ma essi devono sempre essere portatori di sì più grandi; devono essere a servizio del sì. Non viceversa. L’allenatore serio non dice ai ragazzi: «Non devi fumare, non devi andare a letto troppo tardi, non devi... Ma: «Devi diventare un campione. Per questo non devi...».
    Dice: «Ma noi cristiani siamo capaci di parlare di sesso in positivo?».
    Se non lo siamo dobbiamo diventarlo, altrimenti è inutile continuare a illudersi di essere gli annunciatori della buona novella. La conversione, d’altra parte, se non è facile, non è impossibile. Basta scansare gli occhi dagli schemi mummificati e dai testi «astrali» per puntarli, con simpatia e amore, sulla vita dei ragazzi.
    I ragazzi e le ragazze sentono profondamente il travaglio e i rischi della crescita. Così come avvertono il disagio di una concezione del sesso spogliato dei sentimenti, ridotto a genitalità, a «cosa» da consumare e da buttare.
    L’educatore può mettere in luce la bellezza della crescita sessuale, del cominciare a esistere in pienezza come maschio e come femmina. Può presentare l’altro o l’altra non prima di tutto come un pericolo, una minaccia, una occasione di peccato, ma come offerta di bellezza e di completezza.
    Ha sempre un grande impatto sui ragazzi tutto ciò che li aiuta a capire la straordinaria bellezza e il misterioso linguaggio del corpo maschile e femminile: capelli fluenti, gli occhioni, la bocca strutturata per il sorriso, le curve morbide, la pelle liscia della ragazza; le spalle forti, i muscoli robusti, il petto villoso e l’energia dirompente del ragazzo.
    Tutte le volte che mi sono trovato a presentare la bellezza dell’essere maschio e femmina (una proposta riassunta nel libro Il misterioso linguaggio del corpo, Elle Di Ci) ho toccato con mano la gioia dei giovani ascoltatori, mista alla sorpresa di ascoltare un prete che parlava «bene» di «certe cose».
    Chi si presenta ai ragazzi come annunciatore della proposta cristiana sulla sessualità deve cercare di immedesimarsi nella sorpresa di Dio che guarda il maschio e la femmina usciti dalle sue mani e si complimenta con se stesso perché ciò che ha creato è «molto buono» (Gn 1,31).

    IL CONFRONTO

    La proposta cristiana sulla sessualità va sempre confrontata con le altre proposte. Il confronto deve essere serio, onesto, oggettivo, coraggioso. Guai a barare, a ridicolizzare «gli avversari» per combatterli meglio.
    Non si può dire che non c’è gusto a provare sensazioni fantastiche o fisiche, che esse fanno schifo. I ragazzi e le ragazze sanno che non fanno schifo per niente. L’arma privilegiata della comunicazione è sempre la verità. La pubblicità ingannevole prima o poi dimostra di avere le gambe corte come le bugie. L’allenatore di calcio non dice che andare a spasso fino alle tre di notte non è piacevole. Dice che farlo significa avere, il giorno dopo, durante la partita, le gambe molli.
    L’insegnante serio non dice che andarsene ai giardini o a giocare a biliardo è meno divertente che starsene a scuola a sorbettarsi la storia e la matematica. Dice che le passeggiate e il biliardo non facilitano la conquista del diploma.
    A sentire tanti cristiani, anche titolati, che si riempiono la bocca con le inconsistenti gioie della sessualità istintiva è difficile non pensare alla famosissima volpe, che non riuscendo a papparsi l’uva, si consola dicendo: «Ancora non è matura». La proposta cristiana sulla sessualità deve apparire ai ragazzi come il tesoro per cui vale la pena vendere le perle, pur autentiche, delle soddisfazioni ed emozioni della sessualità istintiva. Ogni discorso sul sesso rivolto ai ragazzi deve sempre tendere a far nascere in essi non la sottomissione rassegnata e triste a proibizioni incomprensibili e fastidiose, ma la spinta verso la conquista libera di scelte e comportamenti «più» [1].

    QUALE LINGUAGGIO

    Una volta stabilita la sintonia con la lunghezza d’onda della «cultura» dei ragazzi e delle ragazze, l’animatore cercherà di individuare il linguaggio più adatto affinché il messaggio, oltre che arrivare, sia accolto e interiorizzato.

    Le immagini

    Il linguaggio più idoneo per parlare di sesso ai ragazzi e alle ragazze è quello delle immagini. Niente più delle immagini è capace di suscitare stupore e ammirazione di fronte all’uomo creato maschio e femmina. Mi permetto di citare ancora il mio lavoro riassunto (purtroppo non in immagini) nel libro Il misterioso linguaggio del corpo. Con 150 diapositive di maschi e femmine fotografati dalla testa ai piedi sono riuscito a parlare di sesso non so più a quanti ragazzi e ragazze, preadolescenti e adolescenti, per ore, creando ammirazione per l’opera di Dio e stimolando il desiderio di non rovinare questa meraviglia con una sessualità ridotta soltanto a ginnastica di organi genitali.
    Questo «linguaggio» oltre al messaggio di fondo della positività, bellezza e grandezza dell’essere creati maschio e femmina, veicola anche altri messaggi non meno importanti.

    Il corpo è un prodigio
    Il cristianesimo non ha paura del corpo, e quindi del sesso, tant’è vero che lo fa vedere, ammirare e apprezzare. I ragazzi e le ragazze non possono credere che la sessualità è dono di Dio e quindi è buona se chi annuncia questo messaggio ha paura di ammirare e fare ammirare il corpo. Di fronte a un corpo nudo di maschio e di femmina è necessario saper pregare con le parole del salmo 139: «Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio».

    La «bonifica degli occhi»
    I ragazzi e le ragazze sono sommersi da visioni di corpi di maschi e, soprattutto, di femmine. Basta che si fermino un attimo davanti a una qualsiasi edicola debordante di seni e sederi. Basta che rimangano per qualche minuto (ma ci rimangono ore) davanti alla televisione. Basta che – e il caso non è per nulla infrequente – cedano alla curiosità di sbirciare una rivista o una videocassetta porno.
    Quelle che i ragazzi e le ragazze normalmente vedono sono immagini spesso volgari, banali, costruite non per creare stupore ma per suscitare appetiti, per intorbidire lo sguardo e caricarlo di malizia. Soltanto immagini belle possono fare opera di bonifica, annunciando la bella notizia che il corpo non è una trappola per la seduzione e la corruzione, ma uno splendido dono di bellezza.

    Uno stimolo alla cura di sé
    Immagini belle stimolano un atteggiamento positivo nei confronti di tutto ciò che valorizza la bellezza del corpo: l’igiene, la ginnastica, lo sport, il vestito (e quindi la moda), il trucco. Tutte cose che, in genere, la cultura ecclesiastica vede come fumo negli occhi.
    Esse invece, come tutte le realtà umane, sono strumenti che possono essere adoperati per il bene o per il male.
    È inutile pontificare contro la moda e il trucco. I ragazzi e le ragazze diranno di sì, che è così, che sono stupidaggini. Però continueranno a ricorrervi sentendosi giudicati e condannati dalla chiesa.
    È più serio aiutare i ragazzi e le ragazze ad acquisire i criteri per servirsi di questi mezzi in modo intelligente e positivo.

    Ospitare il corpo

    Far vedere i corpi usciti dalle mani di Dio in tutta la loro bellezza non basta. È necessario ospitarli nella loro bellezza e bontà.
    Deriva da qui l’importanza di tutte le forme di animazione teatrale nel rapporto educativo con i ragazzi e le ragazze. Adoperando il corpo per esprimersi, si impara a conoscerlo e ad apprezzarlo, a individuarne la capacità di sedurre (adoperarlo per sé, per prendere) e di donare (adoperarlo per gli altri). Si impara così che la sessualità può essere vissuta per mettersi in vetrina o per il bene del popolo (Ester e Giuditta).
    Altrettanto importante è coinvolgere il corpo dei ragazzi e delle ragazze nella liturgia e nelle celebrazioni. Un corpo che aiuta a pregare diventa inevitabilmente un corpo da rispettare e da non sciupare con comportamenti di bassa lega.
    La convinzione che il corpo è creatura di Dio e tempio dello Spirito spinge verso una sessualità «buona» molto più che lo sbarramento dei «non si vede, non si tocca, non si dice, non si fa». I reticolati fanno nascere la voglia di scappare. I grandi panorami allargano il cuore.
    Ospitare i corpi nella attività educativa significa anche creare un clima di accoglienza per i ragazzi e le ragazze «corpo». Cioè per i ragazzi e le ragazze che, nel pieno dello sviluppo corporeo, sessuale, sentimentale e razionale, non sono ancora capaci di grandi scelte ideali e non hanno ancora un’immagine precisa di se stessi, e quindi non sempre sanno gestire in modo proprio il loro essere e porsi come maschi e femmine. Non sempre si vestono (o si truccano) «bene». Non sempre parlano «bene». Non sempre si atteggiano «bene». Non sempre si comportano «bene».
    L’ospitalità genuinamente cristiana è quella che accoglie i deboli, gli imperfetti, i malati, i peccatori, e li aiuta con pazienza e amore a camminare verso un bene più alto.

    Il «bene» è una conquista

    Viene naturale a questo punto l’ultima indicazione per comunicare ai ragazzi e alle ragazze la proposta cristiana sulla sessualità. Ultima nella pagina, ma prima nella vita. È la pazienza.
    Se il cristianesimo propone una proposta sulla sessualità più alta di quella del «mondo», non è possibile dimenticare che in alto si arriva partendo dal basso.
    Una scala serve se ha tutti i gradini, anche i più bassi. Se avesse soltanto l’ultimo in alto non servirebbe assolutamente a niente.
    Dal basso all’alto si sale con l’allenamento e la fatica, tra stanchezze e cedimenti. In discesa invece, come dice il proverbio, rotolano anche le botti.
    Se la «cultura», cioè il comportamento basato su libere convinzioni e scelte, viene dopo l’istinto, non è possibile pretendere che i ragazzi e le ragazze vivano la loro sessualità partendo dalla «cultura».
    Come fanno i ragazzi e le ragazze a non percepire come falso e inconciliabile con la vita il messaggio della sessualità cristiana se gli ambienti di vita cristiani danno per scontato che quel messaggio non va conquistato, ma deve essere messo in pratica da subito e senza incertezze?
    Quanti ragazzi e ragazze hanno troncato (e troncano) il loro rapporto con la Chiesa perché al primo cedimento di tipo sessuale si sono sentiti classificati e condannati come peccatori? Proviamo un po’ a contarli.
    Nessuno è sciocco da pretendere che ragazzi e ragazze di 13 anni siano in grado di vendere tutti i loro averi per donare il ricavato ai poveri. Perché allora esigere che essi vivano la castità cristiana «da subito»? La castità non è una conquista come la carità? Anzi, non è una conquista della carità? Quando Gesù propose agli apostoli il matrimonio cristiano, essi risposero: «Se è così non conviene sposarsi». Poi pian piano accolsero la proposta del «farsi liberamente eunuchi per il regno dei cieli» e la predicarono agli altri come un «di più».
    È saggio pretendere che i ragazzi e le ragazze siano, a 13 anni, migliori degli apostoli?


    NOTA

    1) Per questa mentalità del confronto può essere utile leggere il mio libro Cristiano? No grazie! Però..., Edizioni Paoline.


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