Nicoletta Grieco
(NPG 1997-09-2)
Questa mattina è ancora più dura alzarsi per Marco.
Ha la bocca impastata da un sonno agitato e dal sapore dei calmanti. Immediatamente, allo schiudere gli occhi, cade su di lui il peso del nuovo giorno, l’ansia di dover vivere e di affrontare i suoi 20 anni.
Non ricorda molto della sera prima, sa di aver urlato, forse di aver aggredito qualcuno; anche questo lo lascia indifferente.
Quello che sente al risveglio è il peso di dover affrontare quella bestia strana, quella malattia che neanche lui vuole accettare. E che lo domina ormai da troppi mesi.
Ha incontrato tanti medici, non crede in nulla di quello che dicono; sa che non riesce a vivere, non riesce ad alzarsi al mattino, non riesce a fare quello che tutti fanno perché la nausea lo sovrasta sin dalle prime luci dell’alba, un’ansia profonda che gli impedisce la vita.
Si alza faticosamente.
Cerca, tra le sue occupazioni, un interesse, uno stimolo.
Le righe del libro si intrecciano senza alcun significato. Prende in mano la sua chitarra, la cosa che più ama al mondo.
La chitarra stride in suoni senza senso: Marco è ancora perdente.
Fuori un cielo pesante sembra schiacciare i suoi pensieri.
Man mano che il giorno procede Marco esce dal torpore e sente in sé montare la rabbia.
La rabbia verso il mondo dei vincenti, di quella razza felice cui la vita sorride; la rabbia verso i suoi genitori che gli hanno fatto credere che poteva essere amato, che poteva vincere, a loro volta amandolo senza condizioni e sottraendolo così alla vita.
Marco non capisce e si ribella a quella malattia che è un misto di depressione e di vita, perché adesso la vita stessa gli pesa come una malattia, e vorrebbe dimenticarla nel sonno, nel torpore, nell’incoscienza.
Non accetta di essere ancora una volta un debole, come da piccolo, quando un compagno gli sferrava un pugno, e lui rimuginava dentro di sé fino a scoppiare.
Non vuole accettare di poter perdere e per questo non cerca aiuto, semplicemente lo pretende.
Pretende l’amore dei suoi genitori come quello delle ragazze; ogni cosa è un giocattolo che lui deve avere, ora e subito.
E se qualcosa non gli riesce, come accade di solito a chi ha vent’anni e si scontra per la prima volta con la vita, il furore monta dentro di lui, esercita la violenza su chi lo ama come quando da bambino si riscattava delle sue sconfitte rotolandosi a terra come un indemoniato.
Marco è intelligente, ha talento; ma non lo sa.
Non riesce a vivere, l’amore che lo circonda lo affonda verso l’abisso. In molti lo consigliano, lo guidano, lo proteggono. Ma lui ha bisogno di sbagliare, di vivere.
Ha voglia di morire, Marco, e di sopire il suo dolore in un interminabile sonno; tuttavia, adesso che è arrivata la sera, sente attenuarsi il morbo che lo rode dentro.
Una calma strana lo inonda, come quando il sonno arriva dopo una lunga fatica.
Forse, pensa Marco, ancora un’alba, un altro giorno...